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I romanzi americani degli anni Cinquanta e Sessanta Nella letteratura degl

Sulle spalle del gigante: i “kafkiani” dopo Kafka

3.2. La “lunga ombra” di Franz Kafka

3.2.6. I romanzi americani degli anni Cinquanta e Sessanta Nella letteratura degl

ultimi decenni è inoltre possibile trovare numerose affinità nei romanzi americani degli anni Cinquanta e Sessanta: i tre esempi citati da Sandbank sono quelli di John Barth (1930) e il suo romanzo The End of the Road (La fine della strada, 1958),38 di

36 REX WARNER, The Wild Goose Chase (1937), Faber and Faber, London 2011 (trad. it. La caccia all’oca selvatica,

Einaudi, Torino 1953, traduzione italiana di Carlo Fruttero); The Aerodrome, Penguin Books, Harmondsworth 1944 (trad. it. L’aerodromo, Einaudi, Torino 1959, traduzione italiana di Carlo Fruttero).

37 RUTHVEN TODD, Over the Mountain, Harrap, London 1939; The Lost Traveller, Grey Walls Press, London 1943. 38 JOHN BARTH, The End of the Road, Doubleday, New York 1958 (trad. it. La fine della strada, minimum fax,

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Thomas Pynchon (1937) nel romanzo V. (1963)39 e di Kurt Vonnegut (1922-2007)

con il romanzo Cat’s Cradle (Ghiaccio-nove, 1963).40

Il “kafkiano” in The End of the Road di John Barth riprende l’immagine di Kafka

concepita da Borges: il protagonista Jacob Horner soffre di “cosmopsi” e non riesce a decidere tra tante scelte desiderabili, poiché il valore aggregato delle altre sarebbe sempre maggiore. Ha opinioni contraddittorie su qualsiasi argomento e si ritrova in pratica privo di prospettiva.

La differenza vera tra La fine della strada e le narrazioni kafkiane consiste nella scelta, da parte di John Barth, di scrivere un romanzo prettamente psicologico. Molto diversa è l’impostazione narrativa di Cat’s Cradle di Kurt Vonnegut: gran parte del romanzo è ambientata nell’isola di San Lorenzo, un luogo in cui lottano tra loro diverse religioni: l’autorità dell’isola punisce tutti coloro che seguono la religione bokoniana (un’invenzione di Vonnegut) con il cosiddetto «gancio». Lo strumento ricorda molto da vicino la macchina della morte di In der Strafkolonie.

Più complessa è l’analogia “kafkiana” per V. di Thomas Pynchon, un romanzo che vede intrecciarsi numerose trame, con lo stesso criterio delle storie “multiversione” à la Prometheus (stratagemma narrativo già sfruttato da Jorge Luis Borges). In uno dei capitoli del romanzo, per la precisione il nono, si narra la storia di Kurt Mondaugen, un giovane studente di ingegneria che viene inviato in Africa per capire l’origine di alcuni misteriosi segnali detti «sferici». Gli indigeni popolano una zona che si trova attorno a una fortezza, che ricorda molto il villaggio adiacente al castello in Das

Schloß. Allo stesso tempo, gli indigeni vengono puniti con delle frustate che

ricordano le stesse in Der Proceß e gli strumenti di tortura fanno di nuovo pensare a

In der Strafkolonie. Un’altra analogia è quella tra i misteriosi segnali «sferici» e

l’altrettanto misterioso messaggio telefonico che K. riceve dal Castello: tra l’altro, una volta decifrati i segnali «sferici», il messaggio è: «Die Welt ist alles, was der Fall ist», una citazione di Wittgenstein (presente anche nel romanzo di John Barth).

Anche per quanto riguarda questi tre romanzi americani, Sandbank rileva ancora una tendenza sempre chiarificatrice, magari problematica, ma volta alla “spiegazione”,

39 THOMAS PYNCHON, V., Lippincott, Philadelphia 1963 (trad. it, V., Einaudi, Torino 2017, traduzione italiana di

Giuseppe Natale).

40 KURT VONNEGUT, Cat’s Cradle, Holt, Rinehart and Winston, New York 1963 (trad. it. Ghiaccio-nove, Rizzoli,

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alla “soluzione” degli interrogativi. Elemento che in Kafka, tuttavia, viene sempre a mancare.

Un discorso a parte merita il celebre romanziere americano Philip Roth (1933-2018), che a Kafka è legatissimo anche perché figlio di due immigrati di origine ebraica provenienti dalla Galizia, regione oggi divisa tra Polonia e Ucraina e fino al 1918 appartenente all’Impero Austro-Ungarico.

Noto in tutto il mondo per le traduzioni di romanzi come Portnoy’s Complaint (Il

lamento di Portnoy, 1969), Zuckerman Unbound (Zuckerman scatenato, 1981), American Pastoral (Pastorale americana, 1997), The Human Stain (La macchia umana, 2000) e The Plot Against America (Il complotto contro l’America, 2004), negli

anni Settanta Roth vive una sorta di “periodo kafkiano” in cui, tra altre potenti opere, pubblica il romanzo The Professor of Desire (Il professore di desiderio, 1977)41 e i

racconti lunghi The Breast (Il seno, 1972)42 e I Always Wanted You to Admire my

Fasting. Looking at Kafka (“Ho sempre voluto che ammiraste il mio digiuno” ovvero, Guardando Kafka, 1973).43

Il racconto The Breast trae grandissima ispirazione da Die Verwandlung: il professore associato di letterature comparate David Kepesh, di origini ebraiche, si ritrova

trasformato in un enorme seno femminile. È ancora in grado di parlare e sentire, ma non vede nulla. Comuni a Die Verwandlung ci sono le nuove sensazioni, lo sgomento e i timori degli amici e dei colleghi di lavoro che scoprono la trasformazione. Fatte salve le nette distinzioni (in Roth l’aspetto sessuale è centrale e spesso trattato in modo da suscitare ilarità), tanto Kepesh quanto Gregor Samsa vedono minacciata la propria routine domestica. Un’altra distinzione sta nell’effetto delle trasformazioni: in Kafka la metamorfosi di Gregor appare raccapricciante e “grave” nel senso più solenne del termine, mentre The Breast è un miscuglio di umorismo ebraico e di psicanalisi: il racconto di Roth ha una componente comica notevole. Roth riprende il materiale kafkiano e lo ritrasforma per una narrazione in perfetto stile Roth.

41 PHILIP ROTH, The Professor of Desire, Farrar, Straus & Giroux, New York 1977 (traduzione italiana di Norman

Gobetti in: -, Il professore di desiderio, Einaudi, Torino 2009).

42 PHILIP ROTH, The Breast, Holt, Rinehart and Winston, New York 1972 (traduzione italiana di Silvia Stefani in: -,

Il seno, Einaudi, Torino 2005).

43 PHILIP ROTH, I Always Wanted You to Admire My Fasting. Looking at Kafka, in “American Review” 17, maggio

1973 (traduzione italiana di Norman Gobetti, in: -, Ho sempre voluto che ammiraste il mio digiuno ovvero,

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Il “movimento” che spinge Roth verso Kafka è comunque molto potente: in un dialogo tra Kepesh e il dottor Klinger, il primo afferma che trasformarsi in un seno è un modo per “diventare Kafka”, o meglio “più kafkiano di Kafka”.

Did fiction do this to me […] it might be my way of being a Kafka […] I had the artistic longing without the necessary detachment. I loved the extreme in literature, idolized those who made it, was frustrated by its imagery and power and suggestiveness […] so I took the leap […] I made the word flesh. I have out- Kafkaed Kafka.

È stata la narrativa a ridurmi così? […] Questo potrebbe benissimo essere il mio modo di essere un Kafka […] Amavo l’estremo in letteratura, idolatravo quelli che lo creavano, ero praticamente ipnotizzato dalle immagini e dalla loro suggestione […] Dunque ho fatto il salto. Ho reso la parola carne. Non vede, sono più

kafkiano di Kafka.44

Nello stesso anno in cui pubblica The Breast, Roth continua il suo confronto con Kafka: a quarant’anni, lo scrittore americano vede una foto di Franz Kafka alla sua stessa età, poco prima della morte. All’epoca Roth insegna all’Università della Pennsylvania, a Philadelphia e pubblica un racconto, molto meno noto ai lettori americani, intitolato I Always Wanted You to Admire My Fasting; or Looking at Kafka. Il racconto inizia con una lunga citazione tratta dalla traduzione inglese di Der

Hungerkünstler (racconto pubblicato in volume proprio nel 1924, anno della foto e

della morte, mentre la pubblicazione sulla rivista “Die neue Rundschau” risale al 1922).

Uno degli elementi che colpisce Roth è la magrezza di Kafka nella foto, di qui il collegamento con il racconto del digiunatore:

His face is sharp and skeletal, […] ears shaped and angled on his head like angel wings; an intense, creatively gaze of startled composure – enormous fears,

44 PHILIP ROTH, The Breast, op. cit., pp. 72-73. Traduzione italiana di Silvia Stefani in: -, Il seno, Il Sole 24 ORE,

124 enormous control; a black towel of Levantine hair pulled close around the skull

the only sensuous feature; there is a familiar Jewish flare in the bridge of the nose, the nose itself is long and weighted slightly at the tip – the nose of half the Jewish boys who were my friends in high school. Skulls chiseled like this one were shoveled by the thousands from the ovens. Had he lived, his would have been among them, along with the skulls of his three younger sisters. Of course it is no more horrifying to think of Franz Kafka in Auschwitz than to think of anyone in Auschwitz […], it is just horrifying in its own way. But he died too soon for the holocaust.

Il viso è affilato e scheletrico, […] orecchie con la forma e l’inclinazione delle ali di un angelo; un’espressione intensa e creaturale di sbigottita compostezza – enormi paure, un enorme controllo; unico tratto sensuale, una cuffia nera di capelli levantini tirata sul cranio; c’è una familiare svasatura ebraica nel ponte del naso, un naso lungo e leggermente appesantito in punta – il naso di metà dei ragazzi ebrei che erano miei amici alle superiori. Crani cesellati come questo furono spalati a migliaia dai forni; se fosse sopravvissuto, il suo sarebbe stato fra quelli, insieme ai crani delle tre sorelle minori. Ovviamente pensare a Franz Kafka ad Auschwitz non è più orribile che pensare a chiunque altro ad Auschwitz: è solo orribile a proprio modo. Ma lui morì troppo presto per l’olocausto.45

La riflessione di Roth “trasporta” Kafka nel 1940: immagina che lo scrittore non sia morto di tubercolosi ma sia scampato anche all’Olocausto, e che si sia rifugiato in New Jersey, divenendo l’insegnante di ebraico di un novenne Philip Roth, che intanto segue con sofferenza le sorti degli ebrei in Europa.

Provando compassione per il rifugiato di guerra, Roth invita Kafka a cenare con la sua famiglia: giunta la serata prestabilita, a cena il padre di Roth tenta subito di mettere una buona parola tra Kafka e sua cognata Rhoda, quarantenne. Anche qui, come in The Breast, il motivo kafkiano non toglie nulla alla tipica narrazione

umoristica di Roth:

45 PHILIP ROTH, I Always Wanted You to Admire My Fasting, in The Schocken Book of Contemporary Jewish

Fiction, Schocken, New York 1992, p. 246-247 (traduzione italiana di Norman Gobetti in: -, «Ho sempre voluto che ammiraste il mio digiuno» Guardando Kafka, Einaudi, Torino 2011, pp. 9-10).

125 My aunt Rhoda is forty years old […] she lives with my grandmother and tends

her and her potted plants in the apartment house at the corner of our street. For nearly two decades now my father has been introducing my mother’s forty-year- old ‘baby’ sister to the Jewish bachelors and widowers of New Jersey […]

[…] la zia Rhoda, che vive con mia nonna e si occupa di lei e delle sue piante in vaso nel condominio all’angolo della nostra via. […] Da quasi due decenni mio padre presenta la «sorellina», ora quarantenne, di mia madre agli scapoli e ai vedovi del New Jersey […] 46

Alla fine il dottor Kafka accetta di andare al cinema con la “zia Rhoda”, apprezzando addirittura le sue doti di recitazione e spingendola a recitare in una rappresentazione teatrale di Cechov. Alla fine, Kafka scrive alla donna comunicandole la fine della loro relazione, al che questa si dispera. Il padre di Roth fa capire al figlio che i problemi tra l’insegnante e Rhoda sono di natura sessuale, e il dottor Kafka rimane isolato. Più di un decennio dopo, Roth è all’università e legge un necrologio su una rivista ebraica: è quello del dottor Kafka, morto di tubercolosi in un sanatorio del New Jersey.

Nel racconto di Roth, Kafka non lascia alcuno scritto, e lo scrittore americano

conclude: «No, it simply is not in the cards for Kafka ever to become the Kafka – why,

that would be stranger even than a man turning into an insect. No one would believe it, Kafka least of all».47 In realtà, la figura di Franz Kafka serve a Roth per ricordare la

sua storia familiare, la storia di rifugiati provenienti da quell’Europa (l’Europa di Kafka, appunto) devastata dalla guerra.

Nel romanzo The Professor of Desire, torna la figura di David Kepesh, che insegna letteratura e fa un viaggio a Praga per preparare, tra l’altro, una lezione parzialmente autobiografica che vorrebbe tenere nell’ambito di un corso denominato “Desiderio 341”. Durante il viaggio, visita la tomba dello scrittore e sogna pure di incontrare una

46 PHILIP ROTH, I Always Wanted You to Admire My Fasting, op. cit., p. 257 (traduzione italiana di Norman

Gobetti in: -, Ho sempre voluto che ammiraste il mio digiuno, op. cit., p. 30).

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vecchia signora che si dice essere “la puttana di Kafka”. In realtà, in un corso precedente, Kepesh ha assegnato ai suoi studenti un compito molto particolare: quello di scrivere una risposta alla celebre Lettera al padre di Kafka. Lo stesso Philip Roth affermerà, in seguito, di aver svolto anche lui questo esercizio, ma di essersi concentrato più sulla critica alla madre ebrea che non sulla figura oppressiva del padre: il risultato di tale esercizio è il suo celebre romanzo del 1969 Portnoy’s

Complaint (Il lamento di Portnoy).

Concludendo il discorso sul ruolo di “messaggero kafkiano” di Philip Roth, è

innegabile il contributo che l’autore statunitense ha fornito a quella che ho chiamato “la lunga ombra” del praghese in una letteratura che (anche per motivi storici) ha una grande influenza sul panorama letterario italiano, in cui le traduzioni di Kafka

andranno a collocarsi. Tuttavia, spesso in Roth la visione del sesso è diametralmente opposta, così come i motivi kafkiani vengono utilizzati “per contrasto”.

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