Capitolo IV.2.1. “Il suo fondamento…”
4.3. Una “soluzione pragmatica”: il riconoscimento giudiziale e legale dei meccanismi di garanzia sulle merc
4.3.3. L’ulteriore evoluzione del pledge: il cosiddetto field warehousing
Come “field warehousing” veniva qualificato il terzo meccanismo di garanzia che, come il trust receipt e il factor’s lien, era disegnato al fine di rendere possibile il finanziamento con garanzia sui beni del capitale circolante del debitore (inventory). Vista la sua similitudine con il pegno dal quale derivava, l’accettazione di questa figura non fu però così problematica come quella dei suoi contemporanei trust receipt e
factor’s lien.99
97 Su questo modello di garanzia sui crediti vid. infra Capitolo V.2.5. “Un nuovo modello…”.
98 Viene riportato solo il funzionamento del meccanismo senza entrare nell’analisi della sua origine e
della sua evoluzione giurisprudenziale. Per lo studio dettagliato di queste questioni rinviamo a GILMORE, Grant, Security interests in personal property, cit. p.p. 146-178.
99“...presented itself as something old and familiar, like a well-worn pair of shoes; it was a pledge, or a
sort of pledge, or something that was more nearly like a pledge than it was like anything else”.
Il warehouse receipt nacque, infatti, con lo scopo di dare risposta agli inconvenienti derivanti dallo spossessamento tipico del pledge e, concretamente, contro l’inconvenienza di consegnare beni la cui natura (v. gr. voluminosa, deperibile) rendeva impraticabile il suo possesso da parte del creditore. A questo fine, s’ideò una consegna simbolica dei beni tramite la soggezione in pegno di un document of title rappresentativo delle merci. In questo senso si può ritenere che si trattava d’una modalità ancora più evoluta del documentary pledge.100
Una volta accettata la consegna simbolica dei beni attraverso i documenti, mancava determinare chi fosse il legittimato a procedere alla loro emissione. Siccome, salvo rare eccezioni,101 l’effettività del pegno richiedeva la consegna del bene al creditore, non sarebbe stato possibile permetterne l’emissione al proprio pignorante. Se si pensa invece in termini di chattle mortgage, non era l’elemento possessorio, bensì erano gli inconvenienti su citati riguardo la “stock in trade mortgage” a sconsigliarne ugualmente l’utilizzo.102
Con il warehouse receipt, invece, entrava in scena un terzo personaggio: il field
warehouseman. Infatti, erano parti dell’accordo di garanzia (field warehousing arrangement) il debitore finanziato,103 la banca finanziatrice104 ed il terzo depositario (warehouseman). Il warehouseman o warehouse company era un soggetto specializzato alla fornitura di servizi di custodia dei beni immagazzinati ed oggetto della garanzia. Riportiamo qui l’esempio tipico di un produttore di beni stagionali la cui produzione annuale era ottenuta in poche settimane e la vendeva durante tutto l’anno, finché il
100 Vid. supra 4.1. “La strada verso…”.
101 Le eccezioni di cui si ha costanza sono fondamentalmente quella riguardante al “temporary and
limited purpose” (vid. supra nota n. 61) e quella in virtù della quale un contratto di pegno senza
contemporanea consegna del bene costituiva una equitable pledge e, solo una volta consegnato ed acquistato il suo carattere legale, si retrotraeva al momento della conclusione del contratto (relation back
theory). Vid. GILMORE, Grant, Security interests in personal property, cit. p. 155.
102 Vid. supra 4.2. “La pretesa evouluzione…”.
103 Solitamente una piccola o media impresa, né così piccola da non potere affrontare i costi
dell’operazione, né così grande da poter prendere denaro in prestito senza bisogno di costituire una garanzia reale basata sul sequestro delle merci presso un magazzino.
104 Normalmente commercial banks. Pur potendo addirittura trattarsi dello stesso warehouseman ad agire
da ente finanziatore, la pratica finì per separarne i ruoli, configurando la fattispecie in esame con questo caratteristico schema tripartito.
periodo di produzione cominciasse di nuovo. Man mano che i beni erano venduti, si procedeva alla loro liberazione dal magazzino nel quale erano custoditi dal
warehouseman, e il denaro (proceeds) ottenuto dalla vendita si impiegava alla riduzione
del credito vantato dalla banca. Il produttore finanziato cedeva al warehouseman la porzione del suo locale necessaria per il deposito dei beni dopo di ché si procedeva alla sua chiusura in maniera tale che l’accesso al locale non potesse effettuarsi senza il permesso della persona incaricata della sua custodia. Il warehouseman possedeva tramite il suo custode (custodian o warehouse manager) le uniche chiavi del locale e si dava pubblicità alla situazione giuridica tramite appositi segni che avvertivano al pubblico che il locale del produttore era stato intervenuto dal warehouseman (constructive possession).105
L’anello più importante e anche il più debole della catena veniva rappresentato dal custode: normalmente un dipendente dello stesso produttore finanziato che possedeva temporaneamente e mediatamente in nome del finanziatore e che ritornava al suo rapporto d’origine quando si stingeva il warehouse. La scelta di un dipendente dello stesso debitore per compiere la funzione di custodia si giustificava perché si evitavano costi che avrebbero convertito in rinviabile l’operazione. Ciononostante, il custode era istruito dal warehouseman a determinati compiti, come ad esempio il controllo dei beni immagazzinati o il divieto di ritiro dei beni dal warehouse salvo autorizzazione del
warehouseman o della banca finanziatrice. Le condizioni sotto le quali i beni dovevano
essere liberati dal warehouse erano stabilite nel contratto di finanziamento.
Nella modalità più stretta di field warehousing, i beni non erano liberati se non erano successivamente sostituiti da beni dello stesso genere e di pari valore o se il credito garantito non veniva proporzionalmente soddisfatto. Poteva anche darsi che la banca permettesse la liberazione dei beni con la condizione che una quantità di altri beni diversi fossero vincolati alla garanzia e depositati nei locali a d’uopo custoditi.
105 Un altro elemento di questo processo era la notificazione della relazione precisa dalle parti ai creditori
del debitore finanziato. Il GILMORE qualifica tutti questi aspetti pubblicitari come “the warehouseman’s
chain of indices of possession” (GILMORE, Grant: Security..., cit. p. 151) o come “the ritual performance of magic acts” (GILMORE, Grant, “Security Law, Formalism and Article 9”, op. cit., p.