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Precisioni terminologiche preliminar

INCIDENZA NELLA FATTISPECIE DEL PEGNO

2. Precisioni terminologiche preliminar

Il complesso operare dei mercati di capitali si manifesta anche nella specificità del vocabolario utilizzato. Regna sovrana in questo settore la terminologia di tipo economico con la conseguente perdita di precisione tecnica da un punto di vista strettamente giuridico. Per questo motivo, si considera adeguato inaugurare il capitolo con certe precisioni terminologiche preliminari.

Una delle questioni più problematiche sulla quale tutti gli strumenti legali – nazionali, regionali oppure stranieri – devono manifestarsi necessariamente è quella definitrice dei beni (attivi finanziari) su cui il regime giuridico pretenda di operare con la nuova regolazione. La delimitazione dei concetti di “valore mobiliare” e “strumento finanziario” – nella terminologia anglosassone, “security” e “financial instrument” – si dimostra un aspetto chiave per la corretta applicazione delle norme giuridiche del settore.

L’importanza delle definizioni si fa sentire soprattutto nei gruppi di lavoro formati da giuristi provenienti di differenti tradizioni giuridiche, poiché in tantissime occasioni, espressioni identiche universalmente usate possono essere impiegate con distinti significati o con implicazioni di sfumature regionali. Di conseguenza, è diventata una pratica abituale di tecnica legislativa l’inaugurazione della norma giuridica di cui si tratti con un compendio di concetti e definizioni. Queste definizioni costituiscono un meccanismo d’interpretazione autentica dei testi legali che intestano e, salvo che un altro testo legale ci faccia un rinvio espresso, limitano la sua applicazione alla portata della norma giuridica che le comprende. 386

Tutto ciò spiega come anche i testi legali nazionali debbano mettere in ordine i concetti derivanti dall’eterogeneità dei beni oggetto di traffico nei mercati di capitali.

386 Soltanto nell’ambito della normativa comunitaria, per esempio, possiamo individualizzare quattro

diverse definizioni di “financial instruments” (strumento finanziario) e altre quattro di “securities” (valori mobiliari). Tutte sono definizioni ad hoc e senza nessuna pretesa di creare un nuovo concetto giuridico oltre l’ambito delle concrete Direttive comunitarie nelle quali si integrano. Vid. “EU Clearing and Settlement Legal Certainty Group. Compendium of definitions in Community Law”, 2005, p.p. 13, 14 e 30, testo pubblicato presso il sito http://ec.europa.eu/internal_market/financial- markets/clearing/certainty_en.htm.

Nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano il T.U.F.387 contiene, in questo senso, un’elencazione dettagliata dei beni compresi nella locuzione “strumento finanziario”. Così, secondo il secondo comma del suo articolo 1, per “strumenti finanziari” si intendono:

a) Le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul

mercato dei capitali;

b) Le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato

dei capitali;

b-bis) Gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

c) Le quote di fondi comune di investimento;

d) I titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

e) Qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli

strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

f) I contratti “futures” su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su

merci e sui relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

g) I contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute,

su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

h) I contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d’interesse, a valute, a

merci e ai relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i) I contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle

precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d’interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

j) Le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

Come si può osservare, il concetto di strumento finanziario è scomponibile in tre diversi strumenti: i valori mobiliari (che vengono ad essere a loro volta scomponibili in azioni, obbligazioni e titoli assimilabili), gli strumenti del mercato monetario e gli strumenti derivati. In questo modo il nuovo concetto non fa altro che sostituire nel linguaggio del legislatore italiano quello di “valore mobiliare”.388

387

Approvato da Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di

intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996. n. 52. Le sue

modifiche e le date delle loro pubblicazioni sono state riportate supra Capitolo III.5. “La consacrazione legale…”.

388 Per il processo di riordinazione del lessico legislativo italiano in materia di beni di tipo finanziario,

addirittura in precedenza all’entrata in vigore del T.U., si rinvia a LENER, Raffaele, “Strumenti finanziari e servizi di investimento. Profili generali”, Banca Borsa e Titoli di Credito, 1997, I, p.p. 326 e s.s.).

A dire il vero, però, fu la Direttiva n. 93/22/C.E.E.389 a marginalizzare la nozione di valore nell’ambito dell’offerta di servizi finanziari, poiché per la medesima il valore mobiliare era solo uno dei possibili oggetti dell’attività degli intermediari finanziari. In questa maniera, il legislatore comunitario poneva al centro del sistema il diverso e più ampio concetto di “strumento finanziario”. Ancor prima di finire a far parte della regolamentazione del T.U.F. la scelta del legislatore comunitario fu recepita da quello italiano tramite il Decreto Legislativo 23 luglio 1996, n. 415.390 Già da quel momento, era chiaro che il valore mobiliare, anche se usato e conosciuto dalla dottrina italiana, non era l’unico possibile oggetto, e neppure un oggetto necessario, dei servizi d’investimento.

La definizione di “strumento finanziario”, di per se stessa, non fa nessuna distinzione tra strumenti al portatore e nominativi, nemmeno tra strumenti cartolarizzati e dematerializzati. Queste sono proprie del sottotipo valore mobiliare. La prima è classica e riconducibile alla più vasta categoria dei titoli di credito, caratterizzata dalla incorporazione del diritto nel documento cartaceo o “titolo”. La seconda, invece, è attinente al fenomeno della progressiva perdita d’importanza dei titoli come mezzi di rappresentazione dei diritti o valori e, come alcuni hanno suggerito, di corrispondenza tra forme di circolazione dei valori mobiliari e forme di circolazione delle cose mobili.391

La nozione di strumento al portatore o nominativo deve cercarsi nelle provisioni del C.C.It. recanti la disciplina della categoria legale dei “titoli di credito” come documenti fisici o tangibili che rappresentano ed incorporano diritti, abbracciando i titoli azionari i titoli del debito pubblico e i documenti rappresentativi delle merci (vid. articoli 1992 e s.s. C.C.It.). La distinzione si circoscrive all’ambito di quegli “strumenti” che si emettono e negoziano in forma tangibile (i titoli di credito), facendo dipendere l’esercizio e la trasmissione dei diritti sottostanti dall’esistenza e dal possesso del titolo

389

Al giorno d’oggi abrogata dalla Direttiva 2004/39/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21

aprile 2004 (G.U.L.. 145 del 30 aprile 2004).

390 Pubblicato nella G. U. 9 agosto 1996, n.186, e con cui si dava attuazione alla menzionata Direttiva

93/22/CEE., così come alla Direttiva 93/6/CEE del 15 marzo 1993 relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (GU L 141 de 11 giugno 1993).

391 Sul punto vid. LENER, Raffaele, La “dematerializzazione” dei titoli azionari e il sistema monte

stesso. Concretamente, la distinzione si riferisce ai modi in cui ha luogo la trasmissione dei diritti incorporati nei documenti (titoli). Così, per quelli al portatore ci vuole soltanto la trasmissione possessoria o consegna dei medesimi (articolo 1993 C.C.It.) mentre per i nominativi si rende necessaria l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo così come nel registro dell’emittente (articolo 2022 C.C.It.).

Oltre la basilare e oramai classica distinzione tra strumenti (rectius titoli) al portatore e nominativi, durante gli ultimi decenni, ha acquisito speciale rilevanza, addirittura nel linguaggio legale, la differenza tra strumenti dematerializzati e non dematerializzati, a seconda del modo in cui questi sono emessi e negoziati, andando così oltre, almeno per quelli dematerializzati, alla fisicità imposta dal regime dei titoli di credito.

Il termine “dematerializzazione”, quando applicato agli strumenti finanziari, si usa indistintamente per fare riferimento a fenomeni diversi, sempre, riguardanti il suo modello di trattamento. Anche in questo caso, dunque, il disordine terminologico rende necessario un preliminare chiarimento.

In Italia, come si avrà modo di dimostrare in posteriori epigrafi,392 l’esperienza della “dematerializzazione” dei titoli di credito si è protratta in fasi legali successive dando luogo alla polisemia del vocabolo in funzione del livello d’intensità della stessa che dai diversi provvedimenti risulta. Così, può farsi la differenza tra “dematerializzazione in senso debole o della circolazione” e “dematerializzazione in senso forte o totale”.393

Nella prima accezione, “dematerializzazione” è il processo attraverso il quale i valori mobiliari rappresentati da titoli sono immessi in regime d’accentramento presso un’entità di gestione. Con l’accentramento nel seno dell’entità si raggiunge l’immobilizzo dei documenti che, a sua volta, permette che i diritti del titolare passino a essere rappresentati da annotazioni contabili. Con l’immobilizzo dei titoli, inoltre, la loro trasmissione e il loro pignoramento si realizza tramite annotazioni contabili senza bisogno di operare sui documenti. È in questo senso che il fenomeno viene

392 Vid. infra 3.1. “La società...” e 5.2. “La dematerializzazione...”.

393 Per la distinzione tra i due significati di “dematerializzazione” da un punto di vista internazionale, vid.

MARTÍNEZ-CALCERRADA, Irene, “Note on statutory dematerialisation across the European Union”, agosto 2005, pubblicato presso il sito http://ec.europa.eu/internal_market/financial- markets/docs/certainty/background/30_8_5_martinez-calcerrada_en.pdf.

caratterizzato come “dematerializzazione della circolazione”. Si ritiene che esso sia il grado più debole o meno forte di “dematerializzazione” perché l’immobilizzo o accentramento dei titoli non significa la loro estinzione. I titoli sussistono come tali presso l’entità di gestione e possono addirittura esistere e circolare ai margini del sistema d’accentramento. La novità rispetto al regime classico dei valori mobiliari rappresentati da titoli è che la loro mobilizzazione non è più indispensabile per la loro effettiva circolazione.

Nella seconda accezione, invece, “dematerializzazione” è uno stato applicabile non solo a valori mobiliari rappresentati inizialmente da titoli che perdono con posteriorità alla loro emissione la loro materialità cartacea, ma anche a quelli che sono emessi direttamente in modo dematerializzato. I valori mobiliari interessati o i diritti che da essi derivano non possono essere incorporati in titoli, la cui emissione dunque si ritiene esclusa. L’annotazione contabile diventa così, non solo l’unico mezzo adeguato per l’efficace circolazione di questi strumenti, ma anche il loro unico metodo valido di rappresentazione e che sia anche costitutivo dello stesso diritto. Di contro a quello che succede con la mera “dematerializzazione della circolazione”, né l’emittente né il titolare dei diritti derivanti dagli strumenti finanziari possono uscire dal sistema recuperando la fisicità o “cartolarizzazione” dei diritti inerenti agli stessi.

Il legislatore italiano eleva a legale, per la prima volta, il concetto di “dematerializzazione” nel Decreto Euro (Decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213) e lo utilizza, senza proporne una definizione, nel Titolo V del Decreto che regola il regime di gestione accentrata degli strumenti finanziari.

3. Prima fase: il pegno dei titoli-valori immessi nel sistema di deposito centralizzato

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