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I requisiti d’efficacia: il terzo comma dell’articolo 2787 C.C.It e la “rotatività” della garanzia

CONCRETE FATTISPECIE ITALIANE DI PEGNO CON FUNZIONAMENTO ATIPICO

2. Il pegno di valori mobiliari in amministrazione patrimoniale

2.2. I requisiti d’efficacia: il terzo comma dell’articolo 2787 C.C.It e la “rotatività” della garanzia

La forma scritta e la data certa sono requisiti necessari,375 non per la costituzione o per l’esistenza del pegno, giacché per questa è sufficiente la volontà di dare in pegno e la consegna del bene, ma per fare valere il diritto di prelazione del creditore pignoratizio in confronto ad altri possibili creditori con garanzia sul bene, cioè per la sua efficacia erga

373

Nello stesso senso, vid. gli articoli 1870 C.C.E. e articolo 569-19 C.C.Cat.

374 Il divieto di uso del bene da parte del “terzo designato” (2º comma dell’articolo 2786 C.C.It.)

deriverebbe dalla sua equiparazione alla figura del depositario e dalla conseguente applicazione analogica dell’articolo 1170 C.C.It.. Per la qualificazione in termini di deposito della posizione giuridica del terzo designato vid. GABRIELLI, Enrico, Il pegno, cit. p. 123 e bibliografia lì citata.

375 Vale a dire che il requisito di scrittura con data certa è considerato prescindibile quando risulta “da

polizza o da altra scrittura di enti che, debitamente autorizzati, compiono professionalmente operazioni di credito su pegno” (4º comma dell’articolo 2787 C.C.It.). In quest’ultima ipotesi, la prova può essere

offerta con qualsiasi mezzo. Vid. in questo senso e con un ampio ventaglio di note bibliografiche e referenze giurisprudenziali, GABRIELLI, Enrico, Il pegno, cit. p. 98.

omnes.376 Per giunta, il suo rispetto sarà fondamentale in relazione alla determinazione delle condizioni di revocabilità dell’operazione (articolo 2901 C.C.It. per la revocatoria ordinaria, e 1º comma dell’articolo 67 della Legge Fallimentare377 per la revocatoria concorsuale).

L’eventuale costituzione di un diritto di pegno sui valori immessi in gestione patrimoniale doveva conciliarsi con le caratteristiche economiche del servizio, che imponevano la costante sostituzione dei beni oggetto del patrimonio amministrato.

Se un bene pignorato, descritto ed individualizzato nella scrittura di costituzione della garanzia in compimento degli articoli citati, era sottomesso al regime di gestione si vedeva inevitabilmente soggetto al suo funzionamento e “condannato” ad essere sostituito. A priori l’attività svolta del mandatario comporterebbe il venire meno della garanzia, perché si richiederebbe una nuova scrittura con data certa e con indicazione del credito garantito e del bene (nuovo) gravato. Soltanto a partire dal compimento del requisito scritturale comincerebbe l’efficacia della garanzia. Lo stesso accadrebbe se il pegno fosse costituito sui valori già in possesso o sotto controllo del mandatario già sottomessi agli avatari della gestione.

La questione che si poneva era, dunque, come potessero essere compatibili entrambi i rapporti – di garanzia e di gestione – quando erano contemporaneamente progettati sugli stessi beni. Bisognava chiarire se il pegno inizialmente costituito su determinati valori potesse passare a gravarne altri come effetto della sostituzione inerente all’attività di gestione e senza comportare il rinnovo della garanzia. Questi interrogativi furono gli aspetti più controversi della fattispecie ed ispirarono proposte di configurazione della garanzia che, interpretando in maniera flessibile lo schema proposto dal C.C.It., erano dirette a provare la compatibilità funzionale d’entrambe le figure.

376

Vid. RUBINO, Domenico, “La responsabilità patrimoniale. Il pegno”, a VASSALLI, Filippo (dir.),

Trattato di diritto civile,Torino, 1962, p.p. 227 e ss o, più di recente, GABRIELLI, Enrico, “Il pegno”,

cit. p.p. 95 e s.s. Per un’analisi in profondità del requisito della data certa e la sua prova vid. “COLOMBO, Giovanni E., “Pegno bancario: le clausole di estensione, la prova della data”, Banca Borsa

e Titoli di Credito, I, 1982, p.p. 193 e s.s., in speciale p.p. 207 – 214.

377 Legge Fallimentare approvata da Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 e modificata dal Decreto

A tal fine, la dottrina e la giurisprudenza fecero ricorso al concetto di “rotatività” della garanzia.378 Era esclusa anzitutto l’estensione automatica della garanzia su valori diversi da quelli sui quali essa si era costituita originariamente per il semplice fatto della sostituzione degli stessi da parte del gestore. Contemporaneamente, però, si difendeva l’ammissibilità dell’efficacia d’una clausola introdotta nel negozio costitutivo di garanzia – il cosiddetto “patto di rotatività” – diretta ad indicare i valori sui quali il pegno originariamente costituito potrebbe estendersi o trasferirsi. In questo modo le parti potrebbero introdurre, come manifestazione della loro autonomia della volontà, un patto di sostituzione dei concreti beni soggetti alla garanzia. Questo patto dovrebbe fare riferimento al contratto di gestione (mandato) e descrivere, nel modo più dettagliato possibile, le modalità ed i criteri di sostituzione dei valori. In questa maniera, le concrete operazioni di sostituzione verrebbero integrate in un procedimento unitario e predisposto dalle parti senza modificare il rapporto originario.379

Per tutto ciò, il pegno dei valori immessi in gestione, pur formalizzandosi secondo le formalità tipiche del pegno di beni mobili, ricadrebbe non sui concreti valori gestiti ma sui valori che di volta in volta avrebbero conformato l’oggetto della gestione, a patto che la scrittura di costituzione avesse evidenziato quest’aspetto dinamico.380 In realtà, nella concreta fattispecie, una rigida lettura che non permettesse quest’operazione convertirebbe in inviabile economicamente la costituzione d’una siffatta garanzia sui valori se per ogni operazione di sostituzione si dovesse dare nuovo compimento ai requisiti di costituzione ed efficacia della garanzia.381

378

Vid. supra Capitolo III.2. “La rotatività…”.

379 Si diceva che, “…le successive sostituzioni o estensioni dell’oggetto, operando all’interno di un

procedimento unitario, non modificano il rapporto dando luogo a nuove costituzioni di pegno, ma, nel permanere della sua identità, ne evidenziano unicamente il profilo dinamico e causale” (GABRIELLI, Enrico, Il pegno anomalo, cit., p. 191).

380 Vid. in questo senso, BOCHICCHIO, Francesco, op. cit., p. 392.

381 Sul punto vid. LENER, secondo il quale, “non è chi non veda come una simile rigida lettura del

dettato normativo rischierebbe di rendere l’operazione di cui si discute non (utilmente) praticabile con riferimento al servizio di gestione di portafogli di investimento, non essendo concretamente ipotizzabile – per gli eccessivi costi e appesantimenti amministrativi del servizio stesso – una continua individuazione dei valori che entrano nei patrimoni gestiti, alla costituzione (rectius: al trasferimento) del vincolo sui quali, peraltro, dovrebbe a rigore darsi (con bollatura o altri sistemi) data certa” (LENER, Raffaele, “Pegno di titoli dematerializzati...”, cit. p. 594).

Comunque, il pegno di valori in amministrazione patrimoniale evidenzia un’ipotesi in cui la configurazione dell’oggetto del pegno si vede condizionata da un primo negozio giuridico – il “contratto di gestione di patrimoni” – che gli impone l’adattamento ai suoi avatari. Il pegno agisce come mero recettore delle peculiarità imposte dall’attività di gestione basate sulla continua sostituzione dei beni gestiti e parallelamente pignorati.

L’adattamento del pegno permette la funzione di garanzia che gli è inerente. Nella gestione, i beni possono essere sostituiti perché l’attività del gestore è diretta all’ottenimento di un’utilità che non è specifica dei beni concreti o identificati il cui possesso gli è stato trasmesso. Quest’utilità è il valore e, nella misura che anche la funzione di garanzia contempli il concreto bene dato in pegno dall’ottica di questa medesima utilità, ne permetterà la sostituzione.

In definitiva, la gestione impone la “rotatività” dei beni e la garanzia la riceve o si vi adatta. Come conseguenza di ciò, può osservarsi come i beni passino a funzionare come se fossero fungibili giacché possono essere sostituiti nella sua funzione di garanzia e grazie all’attività di gestione con altri beni della stessa specie. I problemi non si situano, quindi, in un possibile pregiudizio del creditore pignoratizio che godrà sempre e malgrado le operazioni di sostituzioni della soggezione dei beni in relazione al suo credito. Le difficoltà sorgeranno, piuttosto, nel conciliare gli interessi delle parti nel rapporto di garanzia con gli interessi di quei terzi creditori del costituente che possano vedersi pregiudicati o defraudati dal continuo rinnovo dei beni oggetto del pegno combinato con il mantenimento della data iniziale di costituzione e, pertanto, di quella a partire della quale si intende operante la prelazione ai sensi del terzo comma dell’articolo 2787 C.C.It.

CAPITOLO VII

L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI SISTEMI DI CUSTODIA E

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