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I LIMITI ALLA CD “ AUTONOMIA PROCEDURALE ” DEGLI S TATI MEMBRI NELLA DISCIPLINA DEL CONTEZIOSO IN MATERIA DEI CONTRATTI PUBBLIC

S TATI MEMBRI NELL ’ EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA DELLA C ORTE DI GIUSTIZIA DELL ’U NIONE E UROPEA

4. I LIMITI ALLA CD “ AUTONOMIA PROCEDURALE ” DEGLI S TATI MEMBRI NELLA DISCIPLINA DEL CONTEZIOSO IN MATERIA DEI CONTRATTI PUBBLIC

Contraltare dell’assenza di una competenza procedurale dell’Unione nella “materia procedurale”, è la permanenza, come visto, nella stessa materia, di un’autonomia normativa e organizzativa degli Stati membri.

L’individuazione del giudice competente e delle modalità di esercizio delle azioni a tutela delle posizioni protette dal diritto dell’Unione Europea spetta quindi a ciascun Stato membro nell’esercizio della propria autonomia procedurale.

In forza dello stesso principio, il criterio da applicare per stabilire se il giudice del singolo Stato possa (o debba), anche in presenza di regole nazionali che lo vietino, valutare d'ufficio la compatibilità del diritto nazionale con la normativa euro-unitaria, è elastico e comporta in definitiva che di volta in volta si accerti se la norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l'applicazione del diritto comunitario49.

Come avverte attenta dottrina, quando si parla di autonomia procedurale degli Stati membri bisogna distinguere chiaramente fra quelle ipotesi in cui questa autonomia sussiste, ma subisce delle limitazioni forti a seguito delle indicazioni fornite al riguardo dalla giurisprudenza comunitaria, qualificandosi perciò più correttamente come “competenza procedurale funzionalizzata” e quelle ipotesi, invece, in cui questa autonomia scompare del tutto, perché esistono previsioni normative comunitarie specifiche in materia procedurale e non vi è perciò alcuna competenza residua degli Stati membri in materia, neppure nella forma “funzionalizzata”50.

Il Legislatore dell’Unione infatti, pur senza intervenire in maniera completa sulla materia, ha stabilito, prima con le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE e ancor più incisivamente con la direttiva 2007/66/CE, requisiti minimi e stringenti per le procedure di ricorso in materia

49 In diverse pronunce la CGUE ha infatti affermato che la salvaguardia dei principi del primato e degli effetti diretti del diritto euro-unitario impone la disapplicazione degli istituti processuali nazionali suscettibili di interferire con norme europee o che possano ostacolarne l’effettività. (v., in tal senso, sentenze “Rewe- Zentralfinanz” e “Rewe-Zentral”, in C-33/76, in particolare il punto 5; e in C‑228/96, in particolare il punto 18, nonché “Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation”, C‑362/12, in particolare il punto 31). Cfr. CGUE, 6 ottobre 2015, in C‑69/14, laddove si afferma che in mancanza di una disciplina dell’Unione (nella specie in materia di ripetizione di imposte nazionali indebitamente percepite), «spetta a ciascuno Stato membro, in virtù del principio dell’autonomia processuale, designare i giudici competenti e stabilire le modalità processuali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai contribuenti in forza del diritto dell’Unione».

di contratti pubblici contribuendo in tal modo a conferire maggiore concretezza al principio di effettività della tutela.

Dal punto di vista della base giuridica, la dottrina ha tuttavia osservato che l’emanazione della direttiva ricorsi è espressione di un potere giuridico (rectius normativo) dell’Unione dalla “vaga consistenza”51.

Nella Proposta di direttiva n. 66 (cfr. «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del

Consiglio che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici», COM/2006/0195 def.) la Commissione

individuava la base giuridica dell’intervento normativo nel principio di sussidiarietà in quanto gli «obiettivi della proposta non possono essere realizzati in maniera soddisfacente

con l’azione degli Stati membri» evidenziando significativamente che «nonostante gli sviluppi della giurisprudenza a partire dal 1999 e i successivi interventi di alcuni Stati membri, soprattutto a seguito delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione, gli Stati membri continuano a presentare notevoli differenze per quanto riguarda l'efficacia dei ricorsi nel settore degli appalti pubblici. L’assenza di garanzia di ricorsi efficaci non incoraggia inoltre le imprese comunitarie a presentare offerte al di fuori del paese d'origine. L'esperienza degli ultimi anni indica che gli interventi isolati e disparati di alcuni Stati membri non potranno eliminare tale incertezza del diritto».

Sebbene le “direttive ricorsi” in materia di contratti pubblici non siano l’unico esempio di normativa comunitaria che detti regole dettagliate anche in tema di procedura, sono tuttavia l’unico esempio di disposizioni di rango europeo contenenti regole processuali comuni la cui base giuridica esclusiva sia l’art. 95 CE52.

Queste norme si inquadrano in quello specifico scenario, già evocato, di competenza comunitaria “eccezionale” in materia procedurale individuato dalla CGUE sin dalla pronuncia Rewe.

In questa fondamentale sentenza la Corte aveva infatti sottolineato che «gli artt. 100-102 e

235 del Trattato consentono, eventualmente, di adottare i provvedimenti necessari per ovviare alle divergenze fra le relative disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di vari Stati membri, qualora tali divergenze risultassero atte a provocare distorsioni o a nuocere al funzionamento del mercato comune. In effetti come emerge dalla

51 M. P. CHITI, Le misteriose sanzioni alternative nella direttiva ricorsi ed i limiti dell’ingerenza dell’Unione Europea nel diritto processuale, op. cit., 160.

lettura del primo considerando di entrambe le direttive ricorsi, il problema che sta alla base della loro adozione era proprio l’esigenza di garantire l’effettività delle direttive comunitaria che coordinano l’aggiudicazione degli appalti pubblici nei vari settori […]»

La direttiva 66, sulla base del principio di sussidiarietà mira infatti a “rafforzare”, quasi intervenendo a loro sostegno, gli strumenti di ricorso predisposti dagli Stati membri, ritenuti inefficaci rispetto agli obiettivi dell’armonizzazione e, a tal fine, modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, relative alle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, rispettivamente nei settori ordinari e nei settori speciali.

Sebbene la nuova direttiva operi formalmente come novella delle due precedenti, essa apporta radicali sostituzioni e integrazioni, atteggiandosi, nella sostanza, ad un nuovo corpo normativo53.

Gli ambiti di intervento della direttiva 66 riguardano, in particolare: (i) l’impedimento alla stipula del contratto per un certo lasso temporale dopo l’aggiudicazione, e, in prosieguo, per effetto di un ricorso avverso l’aggiudicazione (artt. 1, 2, 2-bis, 2-ter, direttiva 89/665/CEE; artt. 1, 2, 2-bis, 2-ter, direttiva 92/13/CEE); (ii) la sorte del contratto dopo l’annullamento dell’aggiudicazione (art. 2, § 7, artt. 2-quinquies e2-sexies, direttiva 89/665/CEE; art. 2, § 6; artt. 2-quinquies e 2-sexies, direttiva 92/13/CEE) nei suoi rapporti con le esigenze imperative legate ad un interesse generale (considerando 22); (iii) il termine di decadenza per il ricorso avverso l’aggiudicazione e gli altri provvedimenti inerenti una procedura di affidamento (artt. 2-quater e 2-septies, direttiva 89/665/CEE; artt. 2- quater e 2-septies, direttiva 92/13/CEE); (iv) la tutela risarcitoria per equivalente e in forma specifica (art. 2, direttiva 89/665/CEE; art. 2, direttiva 92/13/CEE); (v) la tutela cautelare d’urgenza (artt. 1 e 2, direttiva 89/665/CEE; artt. 1 e 2, direttiva 92/13/CEE).; (vi) le cd. sanzioni alternative irrogabili nei confronti delle stazioni appaltanti (art. 2-sexies delle direttive).

È stato così evidenziato che la direttiva 66 interviene in maniera più incisiva rispetto alle due precedenti, riducendo ancora l’ambito della competenza procedurale degli Stati membri nel settore specifico dei contratti pubblici.

In questo specifico settore infatti – come si è già anticipato – l’Unione ha esercitato una competenza normativa derivante dall’art. 95 CE, sicché rispetto alle suddette previsioni normative, contenute nelle direttive, scompare del tutto la competenza procedurale degli Stati membri.

53 R. DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva ricorsi nel codice appalti e nel nuovo codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amminsitrativa.it, 4.

La dottrina ha quindi evidenziato che in questo specifico ambito, quel che rimane agli Stati membri è soltanto quella «competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai

mezzi” prevista dall’art. 249, comma 3 CE, per il fatto che la normativa in parola è stata adottata per il tramite dello strumento normativo della direttiva e del regolamento […] Per quel che concerne l'ambito che risulta normato dalle direttive ricorsi, valgono le regole dell’effetto diretto e del primato del diritto procedurale comunitario su quel diritto procedurale nazionale che si ponga in contrasto con le previsioni di queste direttive»54.

5. L’APPLICAZIONE DELLE “DIRETTIVE RICORSI” E IL RAPPORTO CON LE “DIRETTIVE

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