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La Plenaria del 2011 “al vaglio” delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione: la sentenza n 10294 del

Sul piano costituzionale, l’ambito del sindacato della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato è puntualmente circoscritto ai soli motivi attinenti alla giurisdizione e proprio su questo fronte all’indomani della pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011 la ricorrente esclusa in virtù dell’accoglimento del ricorso incidentale impugna la stessa sentenza292.

289 A parere del Collegio, il secondo degli “interessi” indicati non può dirsi carente una volta accolto il ricorso incidentale dell’aggiudicatario, perché tale circostanza fa, certamente, venire meno l’interesse del ricorrente principale a contestare l’aggiudicazione della gara, ma non elimina il diverso e distinto interesse a coltivare il ricorso al fine di partecipare alla nuova procedura che scaturirebbe dall’accoglimento delle censure contenute nel ricorso principale.

290 Critico R. VILLATA, Ricorso incidentale escludente ed ordine di esame delle questioni un dibattito ancora vivo, in Dir. proc. amm., 2012, 365, su questo passaggio della motivazione. Secondo l’A. appare palese che i secondo interesse vantato dal ricorrente principale non sarebbe altro che la fotocopia del primo poiché l’interesse all’esito della gara contiene il permanere in vita dell’aggiudicazione.

291 Ragionando diversamente si giungerebbe alla conclusione di far dipendere le forme di tutela giurisdizionale, di imprese che si trovano, rispetto all’ammissione alla procedura ad evidenza pubblica, nella medesima posizione, essendo entrambe prive dei requisiti di partecipazione, dagli sviluppi della procedura ad evidenza pubblica. Infatti, la prima classificata conseguirebbe non solo l’aggiudicazione, ma anche un indebito vantaggio processuale, potendo, a seguito dell’impugnazione della seconda classificata, proporre ricorso incidentale con la certezza di paralizzare il ricorso principale. Mentre l’operatore economico giunto secondo, pur potendo dimostrare che il primo classificato si trova nella sua medesima situazione rispetto al mancato possesso dei requisiti di partecipazione, si vedrebbe ‘privato’ dell’interesse di chiedere e ottenere la riedizione della procedura e, quindi, della possibilità di parteciparvi.

292 Corte di Cassazione, SS.UU., 21 giugno 2012, n. 10294 in Urb. e App., 2012, 1017 ss., con seguente nota, Ordine di esame del principale e incidentale: la posizione della Cassazione, di R. DE NICTOLIS.

Vengono così sottoposti all’esame della Corte di Cassazione tre diversi motivi di presunta illegittimità della Plenaria del 2011 con cui vengono lamentati tanto lo sviamento dalle regole sulla giurisdizione quanto l’aver provocato un sostanziale “diniego di giustizia”293.

Con il primo motivo la ricorrente lamentava che l'Adunanza Plenaria avesse ricollegato all'accoglimento del ricorso incidentale un effetto demolitorio che, in realtà, non sussisteva, in quanto la stessa ricorrente avrebbe continuato a mantenere la propria posizione di seconda classificata e, dunque, tanto l'interesse quanto la legittimazione all'impugnazione294.

Il giudice amministrativo aveva sostanzialmente finito con “l'abdicare all'esercizio della

propria funzione giurisdizionale in violazione anche dei principi del giusto processo e della parità delle parti”.

Con il secondo motivo la ricorrente sosteneva che, anche ammettendo la possibilità di apprezzare il ricorso incidentale come una vera e propria domanda capace di travolgere la posizione in graduatoria della stessa ricorrente principale, l'Adunanza Plenaria avrebbe dovuto riconoscere che anche tale domanda postulava lo stesso presupposto, ovverosia quella legittima partecipazione alla gara che, dal canto proprio, aveva specificamente contestato con apposite censure, il cui mancato scrutinio integrava: “un diniego di giustizia che, oltretutto, aveva

procurato alla controinteressata un indebito vantaggio contrario a diritto ed equità”295. Con il terzo motivo, lamentava che la Plenaria avrebbe dovuto rendersi conto che a fronte del fatto che l'esito del giudizio era soggetto a mutare a seconda del ricorso che si esaminava per

293 Nella pronuncia la Cassazione conferma come sia ormai pacifico che nei motivi attinenti alla giurisdizioni rientrino le ipotesi elaborate nell’evoluzione del diritto vivente prodotto dalla giurisprudenza costituzionale e dalla stessa Cassazione. La Corte precisa infatti che: la ricorrente mira correttamente con i suoi tre motivi, a sollevare una questione non meramente processuale, ma di giurisdizione, che anche dopo la riforma dell'art.111 Cost. continua a rappresentare l'unico motivo per il quale possono impugnarsi le pronunce del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. A questo proposito giova però ricordare che le norme sulla giurisdizione hanno subito una profonda evoluzione, passando da limite ai poteri del giudice nei confronti dell'Amministrazione o di altri giudici a strumento per una più appropriata tutela delle parti (Corte cost. n. 77 del 2007). Nell'attuale sistema, cioè, la legge riserva la cognizione di una determinata domanda ad un giudice anziché ad un altro perché su quella specifica causa egli è in grado di fornire al richiedente una risposta più adeguata. In una prospettiva del genere, in cui la funzione giudiziaria evoca, ormai, un'idea più di servizio che d'imperio, può insorgere una questione di giurisdizione non soltanto quando il giudice adito ritenga che la causa debba essere decisa da una diversa autorità giudiziaria, ma anche quando non esamina la richiesta di tutela che gli viene presentata nell'ambito della sua giurisdizione (C. Cass. n. 30254 del 2008). Al riguardo non va, tuttavia, trascurato che, nei limiti del ragionevole, il Legislatore è libero di fissare presupposti e condizioni per attivare o coltivare un processo, per cui se muovendosi nell'ambito di tali ultime disposizioni, il giudice dichiara l'inammissibilità della domanda potrà semmai discutersi di violazione o falsa applicazione delle medesime, ma non di rifiuto di una tutela che la stessa legge non accorda in difetto di date condizioni o presupposti”.

294 La ricorrente deduce nel primo motivo di ricorso il vizio di: "eccesso di potere giurisdizionale per mancato esercizio della funzione giurisdizionale in materia di appalti pubblici sottoposti alla disciplina comunitaria. Illegittimo diniego di legittimazione al processo. Violazione art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c., n. 1 e artt. 1, 2 e 3 c.p.a.".

295 Con il secondo motivo deduceva il difetto di giurisdizione: “sotto altro profilo dell'esercizio del potere giurisdizionale ex art. 111 Cost., art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c., n. 1. Violazione dell'art. 42 c.p.a.. Violazione del principio della parità delle parti nel processo".

primo, la normativa internazionale, comunitaria e nazionale imponeva di esaminarli entrambi, per scongiurare un evidente sviamento della funzione giurisdizionale, intesa come servizio "preordinato ad assicurare la giustizia sostanziale nei rapporti controversi"296.

Il supremo collegio dopo aver ripercorso le posizioni delle due Adunanze Plenarie del 2008 e del 2011, dichiara il ricorso ammissibile in quanto le doglianze della ricorrente oltre che essere in regola con i requisiti di legge risultano rientrare correttamente nell’unico motivo di impugnazione ammesso nei confronti delle decisioni del massimo organo della giustizia amministrativa, ossia tra i motivi attinenti alla giurisdizione.

Tuttavia quanto lamentato dalla ricorrente non viene ritenuto sufficiente per giustificare la cassazione della decisione impugnata, in quanto la stessa non sarebbe la conseguenza di un “aprioristico diniego di giustizia”, bensì del richiamo di norme e principi processuali che, peraltro, erano stati in precedenza diversamente interpretati con la Plenaria del 2008 la quale aveva raggiunto il risultato di ristabilire il “dovuto ordine delle cose” attraverso l'esame di entrambe le censure incrociate.

Dato atto quindi che è stata già sperimentata la praticabilità di una diversa conclusione rispetto a quella raggiunta dalla Plenaria del 2011, ciò induce a riflettere sul fatto che, il giudice dovrebbe privilegiare tra le alternative interpretative quella che assicura e non ostacola la somministrazione della tutela e la piena attuazione della legge.

Questo inoltre conferma che ciò di cui si discute è la bontà o meno di una nuova interpretazione e, dunque, di un possibile “errore di diritto” che non può formare oggetto di doglianza dinnanzi alla Cassazione che per questo rigetta il ricorso297.

In conclusione quindi il collegio dubita dell’assolutezza del principio della pregiudizialità del ricorso incidentale escludente evidenziando come l’approdo cui è giunta la Plenaria del 2011 costituisca solo un possibile esito, seppur poco apprezzabile, dell'interpretazione delle norme e dei principi processuali che presiedono l’esercizio della tutela giurisdizionale.

2.5.1. L’obiter dictum: il monito a ristabilire il “dovuto ordine delle cose”

296 La ricorrente deduceva quindi il difetto per: "mancato esercizio della funzione giurisdizionale derivante dalla violazione del principio della parità delle parti nel processo in conseguenza dell'ordine di trattazione delle domande contrapposte, rimesso alla scelta del giudice. Violazione art. 1 Direttiva 2007/66/CE".

297 Cfr. F.G. SCOCA, Censure paralizzanti incrociate, op. cit., 2161, che criticamente osserva come seppur la sentenza sia chiara nel dispositivo non lo sia altrettanto nella motivazione. Oltre al fatto che i tre motivi sollevati dalla ricorrente non vengono puntualmente esaminati nella motivazione che rimane generica, non risulta coerente la declaratoria di ammissibilità con il rigetto del ricorso. Secondo l’A. infatti o l’errore di diritto comporta e si sostanzia in un diniego di tutela e allora il ricorso oltre che ammissibile deve essere di conseguenza fondato, oppure l’errore di diritto in quanto tale non dovrebbe proprio aprire la strada all’ammissibilità dell’esame del ricorso. La pronuncia apparirebbe nella sostanza come una parere critico e generico dato dalla Cassazione alla Plenaria del 2011.

Seppur quindi la questione venga respinta, ciò che rappresenta sicura fonte di interesse nell’ambito del rapporto tra ricorso principale e incidentale è quanto affermato dalla Cassazione nella motivazione della decisione in un importante obiter dictum.

Il collegio infatti esprime incidenter quello che appare e che viene avvertito anche nei commenti della dottrina, come un vero e proprio “monito” nei confronti del giudice amministrativo. Entrando quindi nel “merito” della questione, senza tuttavia compiere una completa ponderazione degli argomenti favorevoli e contrari all’indirizzo interpretativo del Consiglio di Stato, la Corte rileva come la decisione dell'Adunanza Plenaria non sia stata condivisa da tutti i T.A.R. che si sono in seguito pronunciati ed abbia ricevuto le critiche di una parte della dottrina298.

Questo basterebbe secondo il collegio per denotare una “crisi del sistema” diventato poco attento alle istanze di tutela e che, al contrario, dovrebbe assicurare a tutti la possibilità di ricorrere al giudice per fargli rimediare a quello che illegittimamente è stato fatto dall'Amministrazione. Ciascun interessato dovrebbe avere facoltà di provocare l'intervento del giudice per ripristinare la legalità violata e dare alla vicenda un assetto conforme a quanto stabilito dalla normativa di riferimento. L’accusa, mossa alla Plenaria, sembra quindi essere quella di non consentire il pieno rispetto dell’effettività della tutela giurisdizionale.

Tuttavia come viene rilevato da una parte della dottrina il concetto di ‘effettività` della tutela’’ andrebbe attentamente meditato e riempito di contenuto, rischiando altrimenti di essere una formula vuota. La tutela giurisdizione va garantita, efficacemente e velocemente a chi sia stato realmente leso, non a chi agisca in giudizio temerariamente e senza aver subito lesione, o senza potersi giovare della tutela299.

298 Cfr. R. DE NICTOLIS, Ordine di esame, op. cit., 1024, che afferma criticamente come sul piano formale e costituzionale non spetta alla Cassazione sindacare nel merito processuale le decisioni del Consiglio di Stato, né lanciargli moniti o inviti a rimeditare la questione. Sicché l’obiter dictum della Cassazione è, sul piano dei principi costituzionali e del ruolo delle giurisdizioni, quanto meno inopportuno, per non dire illegittimo per invasione di una sfera di giurisdizione riservata al giudice amministrativo. Sul piano contenutistico, l’articolato e ineccepibile percorso logico e giuridico della Plenaria viene smontato con un generico riferimento alla giurisprudenza dei TAR e dottrina. Rileva l’Annotatrice come non si comprenda perché tale giurisprudenza di primo grado e dottrina dovrebbero avere maggior peso della Plenaria. Inoltre viene obliterato ogni riferimento a giurisprudenza e dottrina favorevoli alla tesi della Plenaria, che pur vi sono.

299 La Plenaria n. 4 del 2011, contrariamente a quanto percepito dalla Cassazione, avrebbe inteso assicurare effettivamente e rapidamente tutela a coloro a cui realmente ne sono destinatati, ponendo un argine ad un proliferare di ricorsi capziosi miranti ad ostacolare la celere aggiudicazione ed esecuzione degli appalti pubblici, ledendo l’attuazione dell’interesse generale e pubblico, in nome di interessi privati ‘‘illegittimi’’ miranti non a conseguire l’aggiudicazione ma a lucrare indebiti risarcimenti del danno a spese della collettività. Cercando di dare un contenuto concreto e giuridicamente fondato all’effettività della tutela e alla parità delle parti, si può dire che tali principi implicano che i concorrenti a una gara di appalto devono essere messi in condizione di contestare tempestivamente ed efficacemente l’aggiudicazione, ossia di accedere ad una tutela giurisdizionale.

Tramite l'interpretazione dell'Adunanza Plenaria, continua la Cassazione, l'esercizio della giurisdizione finisce per convalidare un assetto diverso da quello che si sarebbe ottenuto qualora l’Amministrazione avesse condotto il procedimento secondo le regole.

Ciò genera secondo la Corte di Cassazione indubbiamente delle perplessità che lasciano ancor più insoddisfatti ove si aggiunga che l'aggiudicazione può dare vita ad una posizione preferenziale soltanto qualora sia acquisita in modo legittimo.

Il monito che viene indirizzato al giudice è di tenere a mente che “la realizzazione dell'opera

non rappresenta in ogni caso l'aspirazione dell'ordinamento” come si desume dalla disciplina

contenuta negli articoli 121 e 123 c.p.a. che vengono richiamati nella motivazione. L’attenzione viene quindi reindirizzata verso il processo, e non al risultato finale.

Sottolinea poi il collegio che, in questa materia si richiede da parte del giudice un'attenzione e un controllo ancora più pregnanti al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato. Le Sezioni Unite pervengono “tra le righe” al tranciante giudizio che la decisione della Plenaria se da un lato mina l’effettività della tutela non consentendo adeguatamente l’accesso alla giustizia, dall’altro lato non assicura un efficace controllo sull’operato della pubblica amministrazione300 ledendo interessi quali appunto la tutela della concorrenza e del mercato. Come è stato sottolineato da autorevole dottrina, sembra che la Cassazione voglia far svolgere al giudice amministrativo un ruolo di pubblico ministero o pubblico controllore che tuttavia non rappresenta sicuramente il suo ruolo istituzionale301.

300 Cfr. P. COSMAI, Sull’ordine di esame dei ricorsi invocate la Corte di giustizia e una nuova plenaria, in Corr. Giur., 2013, 842. Che commenta la pronuncia sottolineando che il rischio paventato dalle Sezioni Unite era già stato superato dallo stesso giudice del riparto con la sentenza del 28 maggio 2012, n. 8412 a proposito delle valutazioni tecniche espresse dalle commissioni in sede di concorso nella valutazione degli elaborati dei candidati, dichiarate nella pronuncia sindacabili dal Giudice amministrativo, che, nondimeno, in proposito mostra di serbare un atteggiamento di stampo conservativo, trincerandosi dietro un non liquet ostativo ad un reale ripensamento della gestione della res publica, propugnato dal legislatore, ma non implementato adeguatamente, così da favorire, viceversa, la permanenza e l’ampliamento di una “zona oscura e franca” permeabile a qualsivoglia seria ed effettiva verifica, foriera di altrettante storture ed opzioni scarsamente aderenti all’interesse generale. Il segnalato ordine di esame dei ricorsi per cui opta la Plenaria, secondo le Sezioni Unite, infatti, finisce, per un verso, più in generale, col travolgere il sistema di accesso alla giustizia garantito dal nostro ordinamento, segnatamente collidendo con il principio secondo il quale ciascun interessato ha facoltà di sollecitare l’intervento giudiziale per il ripristino della legalità.

301 Rileva sempre R. DE NICTOLIS, op. e loc. ult. cit., come sia facile obiettare che il processo amministrativo ha subito, che piaccia o no, una evoluzione nel senso di una giurisdizione di tipo soggettivo e non oggettivo. Non spetta al giudice amministrativo assicurare un controllo generalizzato sull’azione amministrativa, ma solo un controllo nei limiti del principio della domanda e dell’interesse ad agire, e nel rispetto delle regole processuali sulla legittimazione al ricorso. Se tali limiti non sono rispettati, nulla può il giudice amministrativo per controllare un atto amministrativo, ancorché illegittimo. Sembra a tutti ovvio che se il ricorso non è tempestivo il giudice non potrà che dichiararlo tardivo, anche se in ipotesi l’aggiudicazione sia palesemente illegittima o addirittura illecita. Non si comprende perché´ lo stesso ragionamento non debba valere quando vengono violare altre regole processuali, in tema di legittimazione ad agire. Violate le regole processuali, il giudice amministrativo non può scendere all’esame del merito processuale del ricorso, e sono altre le sedi che devono garantire il controllo efficace sull’azione amministrativa: l’autotutela amministrativa, il giudice penale, la Corte dei conti, l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il sistema contempla una rete adeguata di

In conclusione il risultato prodotto da tale pronuncia è quello di aver richiamato l’attenzione alle dinamiche processuali, stimolando ad un ripensamento della rigidità delle posizioni prodotte dall’interpretazione della Plenaria del 2011, con l’auspicio che venga ristabilito nel passo già citato della sentenza della Cassazione “il dovuto ordine delle cose” 302.

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