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2.8. L A NECESSITÀ DI UN NUOVO INTERVENTO DELLA P LENARIA : LE TRE ORDINANZE DI RIMESSIONE

2.8.2. L’ordinanza della Sesta sezione n 2681 del 17 maggio

L’occasione per una rimeditazione in merito all’ordine di esame dei ricorsi viene colta nella strada già aperta dalla Quinta sezione anche dal collegio della Sesta sezione del Consiglio di Stato, che con una lunga ordinanza di rimessione svolge articolate considerazioni soffermandosi principalmente sulla dibattuta questione della legittimazione a ricorrere dell’impresa esclusa.319

La vicenda processuale ha come protagoniste due sole imprese, uniche partecipanti alla gara per l’assentimento in concessione di uno specchio acqueo prospiciente al porto di Napoli. Una volta espletata la procedura di gara e dopo aver assegnato l’aggiudicazione provvisoria ad una delle due imprese, l’autorità portuale, a causa della mancata allegazione della fotocopia del documento di identità, prescritta a pena di esclusione dal bando, decideva di assegnare definitivamente la concessione alla seconda e unica altra impresa partecipante.

L’impresa esclusa, ricorreva in giudizio impugnando sia il provvedimento di esclusione che l’aggiudicazione definitiva in virtù del fatto che, anche la seconda impresa partecipante, poi aggiudicataria, non avesse allegato all’offerta la fotocopia del documento di identità del suo legale rappresentante.

Il TAR rigettava l’impugnazione dell’esclusione e contemporaneamente accoglieva per gli stessi motivi in parte qua il ricorso incidentale proposto dall’aggiudicataria, esaminandolo prioritariamente e dichiarandolo inammissibile per gli ulteriori motivi di esclusione che secondo il controinteressato avrebbero dovuto portare all’esclusione della ricorrente, anche laddove questa avesse prodotto interamente la documentazione richiesta dal bando.

L’impresa riproponeva le proprie doglianze in appello chiedendo, oltre che una diversa interpretazione della normativa che aveva portato il tribunale a ritenere legittima la sua esclusione, l’inapplicabilità nel caso di specie del principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria del 2011.

La Sesta sezione decide così di rimettere interamente la soluzione della controversia all’interpretazione del supremo consesso.

In primo luogo, in merito alla legittimità dell’esclusione, ciò che viene chiesto all’Adunanza Plenaria è l’indicazione di un’interpretazione corretta dell’istituto del “soccorso istruttorio”, a causa dell’incertezza causata dalla formazione di diversi indirizzi giurisprudenziali320.

319 Cons. Stato, Sez. VI, Ord. 17 maggio 2013 n. 2681, in www.giustizia-amministrativa.it.

320 Con la stessa ordinanza, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria le seguenti questioni: a) se, ed eventualmente in che misura, nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 4, comma 2, lett. d) del d.l. 11 maggio 2011, n. 70, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106, possa già ritenersi vigente un principio di tassatività della cause di esclusione dalle gare per l’affidamento di contratti pubblici; b) se, in

In secondo luogo sebbene la rilevanza della questione processuale inerente al rapporto tra i ricorsi, ai fini della soluzione della controversia, sia condizionata alla conferma da parte dell’Adunanza Plenaria dell’interpretazione data dalla sentenza di primo grado in merito alla legittimità dell’esclusione, il collegio in via subordinata, sollecita un ripensamento del principio di diritto affermatosi nel 2011321.

Qualora infatti risolvendo il primo quesito, si ritenesse corretto l’agire dell’amministrazione, confermando la legittimità dell’esclusione, verrebbe ancora in rilievo il problema del rapporto tra i ricorsi in quanto entrambe le imprese lamentano reciprocamente la mancata esclusione l’una dell’altra essendo incorse nello stesso vizio di mancata allegazione della fotocopia del documento di identità, con l’unica differenza che solo una delle due concorrenti è stata per quel motivo esclusa dall’amministrazione. Proprio la macroscopica ed “evidente” illegittimità rende, come sembra emergere dalle considerazioni della sezione remittente, la vicenda idonea a porre l’occasione per un ripensamento della giurisprudenza sul rapporto tra ricorso incidentale e principale, la cui applicazione in questo caso provocherebbe esiti sicuramente “iniqui” 322. Per questo motivo la sezione decide di rimettere la questione, a differenza di quanto fatto dalla Quinta sezione pochi mesi prima, ai sensi del comma terzo323 dell’articolo 99 c.p.a.

Il collegio, fa proprie le maggiori critiche espresse verso l’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, prime fra tutte il mancato rispetto dell’interesse strumentale e del principio di parità delle parti.

particolare, debbano ritenersi illegittime, per la violazione di tale principio, le clausole che impongono a pena di esclusione adempimenti documentali o formali privi di una base normativa espressa; c) se, ed in che misura, ove si dovesse, al contrario, concludere per la validità di dette clausole “atipiche” di esclusione, sia comunque onere per la stazione appaltante, alla luce del generale principio del soccorso istruttorio di cui all’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, invitare il concorrente, prima di disporne l’esclusione, ad una “regolarizzazione” documentale, consentendogli l’eventuale produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la regolarizzazione della forma omessa, nei casi in cui l’omissione formale o documentale non incida sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione e sulla capacità tecnica ed economica del concorrente

321 Qualora difatti si pervenisse, come auspicato nell’ordinanza all’accoglimento dell’indirizzo giurisprudenziale “minoritario”, la riforma della statuizione di primo grado e il rigetto in parte qua del ricorso incidentale porterebbe “de plano” all’esame del ricorso principale senza sollevare un problema di ordine di esame dei ricorsi.

322 Nel caso di specie, l’iniquità cui potrebbe dar luogo una rigida applicazione dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011 appare ancora più evidente se si considera che il ricorrente principale, dopo essere stato aggiudicatario provvisorio, è stato escluso, non perché privo dei requisiti di partecipazione, ma per una mera incompletezza documentale (la mancata allegazione di una fotocopia), che egli, peraltro, sostiene aver caratterizzato anche la posizione dell’aggiudicatario. La disparità di trattamento in concreto verificatasi (in sede amministrativa e all’esito del giudizio di primo grado) risulta particolarmente eclatante, perché l’Amministrazione, nel chiedere alla Avvocatura Distrettuale dello Stato il parere sulla legittimità dell’atto di aggiudicazione provvisoria, ha rappresentato alla medesima Avvocatura che la società appellante non ha prodotto la fotocopia di un documento di identità, senza esporre che anche l’altra impresa, poi divenuta aggiudicataria definitiva era incorsa nella medesima dimenticanza.

323 Questa volta non viene sentita l’esigenza da parte del collegio remittente di ribadire la propria adesione all’indirizzo giurisprudenziale dato dall’Adunanza Plenaria del 2011 sollevando quindi la questione ai sensi del comma terzo dell’articolo 99 c.p.a che appunto come già precedentemente riportato prevede che “se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria, rimette a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso”.

Ciò che viene sottolineato, e che emerge in modo chiaro nella vicenda, è che a fronte di due concorrenti entrambi incorsi in una identica causa di esclusione, la scelta dell’Amministrazione di aggiudicare la gara all’uno o all’altro “sfugge ad ogni possibilità di controllo giurisdizionale,

e diventa la fonte di un effetto irreversibile” in virtù della pretesa priorità logica del ricorso

incidentale.

Il rilievo che muove il collegio remittente e che sembra veramente centrare il “cuore” del problema, è nella rivedibilità della concezione di legittimazione al ricorso recepita dall’Adunanza nel 2011.

La legittimazione come intesa dal supremo consesso è idonea a venire meno nel corso del giudizio, in quanto in quella sede si è accolta una concezione di legittimazione al ricorso

“provvisoria e secundum eventum litis”324.

Secondo l’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011 la ricorrente principale è legittimata ad impugnare l’aggiudicazione fino a quando non si accerti, per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale che non avrebbe dovuto partecipare alla gara, in tal modo facendo dipendere la risoluzione di una questione pregiudiziale di rito dall’esito del giudizio concernente la legittimità, quindi il merito, degli atti del procedimento di gara325.

Tuttavia questa concezione, appare, secondo il collegio una nozione di legittimazione più attinente al processo civile che è ben diverso da quella amministrativo326.

Nel sistema della giustizia amministrativa, la giurisprudenza e la dottrina hanno ormai da tempo recepito una nozione “più marcatamente sostanziale” del concetto di legittimazione al ricorso. Difatti non basta che il ricorrente si “autodichiari titolare dell’interesse che fa valere”, come avviene nel processo civile, ma occorre andare a verificare se ne sia effettivamente titolare, se cioè “egli sia realmente titolare di una posizione giuridica differenziata e normativamente

qualificata”.

Questa differenza nasce in virtù della circostanza che nel processo amministrativo, a differenza di quanto accade nel processo civile, il ricorso potrebbe in teoria essere fondato in quanto l’atto impugnato sia realmente illegittimo, anche se colui che lo propone non è titolare di alcun

324 Punto 32 della motivazione.

325 Il ricorrente principale è così legittimato solo se è “infondato” il ricorso incidentale escludente, o se sono “fondati” i motivi di ricorso principale avverso il provvedimento che ha disposto la propria esclusione.

326 Ritiene il collegio che va invece differenziata tale concezione nei due riti in quanto nel processo civile, la legittimazione consiste nella semplice coincidenza tra il soggetto che propone la domanda e il soggetto che nella stessa si afferma titolare del diritto. In pratica per essere legittimati, nel processo civile, basta, quindi, “che l’attore si autodichiari titolare del diritto che fa valere in giudizio attraverso la domanda. L’attore sconterà, infatti, l’eventuale non verità della sua autodichiarazione con la soccombenza nel merito, cui andrà incontro inevitabilmente se il diritto di cui si è affermato titolare non gli appartiene”.

“interesse a ricorrere”. Per evitare il travalicamento in una giurisdizione di diritto oggettivo si impone quindi una verifica più pregnante sull’esistenza delle condizioni dell’azione,

Secondo il collegio quindi condizionare la sopravvivenza dell’interesse e quindi della legittimazione al ricorso alla fondatezza del ricorso principale verso l’atto di esclusione o all’infondatezza di quello incidentale avverso l’atto di ammissione, finisce per contraddire appunto la tradizionale affermazione che vede nell’interesse “una situazione giuridica a

soddisfazione non garantita, che esiste anche se chi ne è titolare ha torto”.

Non appare insuperabile a questo punto, l’asserzione dell’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011, per cui la “mera partecipazione di fatto alla gara non sia sufficiente per attribuire la legittimazione

al ricorso”.

Mentre l’impresa che non abbia mai partecipato alla gara, infatti, è certamente un quisque de

populo rispetto all’esito e allo svolgimento della stessa in quanto non è certamente titolare di

una posizione differenziata e normativamente qualificata327, la posizione del soggetto che presenta domanda di partecipazione assume, invece, connotati già significativamente diversi. Quest’ultimo in virtù del fatto stesso della partecipazione, diventa per ciò solo, titolare di una posizione non solo differenziata rispetto a tutti coloro che non abbiano mostrato alcun interesse, ma anche normativamente qualificata328, in quanto l’interesse al regolare svolgimento della gara è tutelato direttamente dalle norme che disciplinano l’evidenza pubblica.

Viene quindi sollecitata l’Adunanza a ripensare l’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza n. 4 del 2011 secondo cui l’interesse di chi partecipa alla gara diventa normativamente qualificato solo in seguito al “positivo esito del sindacato sulla ritualità

dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva” in quanto un interesse

sostanziale riceve, di regola, la sua qualificazione normativa direttamente dalla legge, non dal

327 La giurisprudenza tende ormai ad ammettere l’impugnativa anche da parte di chi non abbia partecipato riconoscendo la legittimazione del soggetto che contrasta, in radice, la scelta della stazione appaltante di indire la procedura; la legittimazione dell’operatore economico “di settore”, che intende contestare un “affidamento diretto” o senza gara nonché la legittimazione dell’operatore che manifesta l’intenzione di impugnare una clausola del bando “escludente”, in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione. Si tratta di ipotesi già individuate ed esaminate dall’Adunanza Plenaria n. 4 del 2011 e condivisibilmente ritenute ipotesi relative “ad esigenze e a ragioni peculiari, inidonee a determinare l’affermazione di una nuova regola generale di indifferenziata titolarità della legittimazione al ricorso, basata sulla mera qualificazione soggettiva di imprenditore potenzialmente aspirante all’indizione di una nuova gara”.

328 Cfr. R. CAPONIGRO, Le azioni reciprocamente escludenti tra giurisprudenza europea e nazionale in www.giustizia-amministrativa.it, secondo l’A. tali argomentazioni “affrontano il nodo centrale della questione. La posizione dell’imprenditore che ha presentato domanda nei termini per la partecipazione alla gara è ontologicamente differente da quella dell’imprenditore inerte. La differenziazione della posizione, così per le gare pubbliche di appalto come per i concorsi a pubblico impiego, come per qualsiasi altra richiesta di carattere pretensivo, avviene nel momento in cui la domanda è proposta all’amministrazione. La qualificazione della posizione discende altresì dalla proposizione della domanda di partecipazione in quanto le norme che disciplinano la procedura di gara sono finalizzate non solo al perseguimento dell’interesse pubblico all’individuazione del miglior contraente della stazione appaltante, ma anche alla tutela degli interessi dei concorrenti della procedura.

provvedimento che non può né cancellarne la suddetta protezione che l’ordinamento gli conferisce.

Diversamente opinando si riterrebbe sussistente un inedito potere dell’Amministrazione di selezionare con i provvedimenti di ammissione o di esclusione i soggetti titolari di interessi qualificati e, quindi, di ampliare o restringere la cerchia dei soggetti legittimati ad impugnare i suoi atti.

La soluzione secondo il collegio appare allora essere che “l’interesse al legittimo svolgimento

della procedura di gara, al rispetto delle regole della concorrenza, sia già di per sé un interesse normativamente qualificato, che si soggettivizza in capo al soggetto che partecipa alla gara, perché è proprio il fatto storico di aver partecipato alla gara che rende la posizione di tale soggetto diversa rispetto a quella di chiunque altro329”.

Tale soggetto, quindi, per il fatto stesso della partecipazione, deve essere considerato titolare di un interesse a ricorrere, in cui la pretesa sostanziale sottostante ha ad oggetto il “bene della vita

al rispetto delle regole della concorrenza” che poi si traduce nell’aspirazione

all’aggiudicazione o nella possibilità di conseguirla anche all’esito della ripetizione della gara330.

Osserva poi il collegio, entrando nella questione propriamente tecnica del problema, che il principio della parità delle parti in quanto enunciato nell’articolo 111 della Costituzione giustifica un’interpretazione diversa dell’articolo 76, comma 4 c.p.a. rispetto a quella emergente nel diritto vivente.

329 Commenta questo passaggio dell’ordinanza P. QUINTO, Il valore della legalità amministrativa: in attesa dell’A.P., in www.giustizia-amministrativa.it, 11-12, osservando che l’interesse legittimo che qualifica la posizione di chi partecipa ad una gara, anche indipendentemente da quello che sarà l’esito finale del rapporto concorrenziale, è che il procedimento di gara si svolga nel rispetto delle regole della concorrenza e del procedimento, non si risolva in “vantaggio per alcuno ed un danno per altri”. In questo senso come si legge nella motivazione dell’ordinanza di rimessione “l’interesse alla legalità del procedimento secondo i valori affermati a livello comunitario e nella normativa nazionale, si soggettivizza, in capo al partecipante”, riconoscendogli una posizione differenziata rispetto a tutti gli altri operatori del settore. Non è quindi il risultato pratico, conseguibile dal partecipante concorrente a legittimare la sua azione, che attiene invece alla fondatezza della pretesa, bensì il dato fattuale della sua “volontà partecipativa”, che si estrinseca nella sua attivazione e nella formale presentazione della istanza, a differenza di tutti gli altri. Se così è, alla partecipazione attiva consegue anche il potere-dovere del concorrente di agire giudizialmente in quella “lotta per il diritto”, che rappresenta il formante della legalità nella società civile. 330 Chi è stato definitivamente escluso, per inidoneità del proprio progetto, non può più aggiudicarsi quella’ gara se restano fermi gli effetti della aggiudicazione, ma se questa è annullata perché l’aggiudicatario doveva a sua volta essere escluso può partecipare alla ulteriore gara (ove l’Amministrazione intenda nuovamente bandirla), mantenendo una potenziale posizione di parità con le altre imprese, potendo presentare un progetto che superi i profili della precedente inidoneità. In ogni caso, sembra permanere la legittimazione nei casi in cui la ripetizione della gara possa soddisfare l’interesse del ricorrente; nei casi cioè in cui è possibile che, all’esito della gara rinnovata, il ricorrente risulti aggiudicatario .È quanto può accadere nei casi, come quello in esame, in cui un soggetto escluso per un errore meramente formale si lamenti del fatto che l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere anche l’aggiudicatario (unico concorrente rimasto in gara) per lo stesso errore formale. In tal caso, il principio di parità delle parti e quello della effettività della tutela giurisdizionale sembrano in effetti deporre a favore della perdurante ammissibilità del ricorso, nonostante l’esclusione orami definitiva subita da chi lo propone.

L’articolo si limita a richiamare una disposizione del codice di procedura civile, sull’ordine logico di trattazione, ricognitiva di una “regola di giudizio” costantemente ritenuta mutuata dal processo amministrativo, ma non fa anche rinvio all’applicazione che della stessa regola viene fatta nel rito civile che anche in questo caso deve essere tenuto ben distinto da quello amministrativo331.

L’assenza di specifiche disposizioni innovative sul ricorso incidentale, nel codice del processo amministrativo, evidenzia l’assoluta “neutralità” del conditor iuris e dunque anche dell’art. 76, comma 4 in ordine alla soluzione della questione riguardante i rapporti intercorrenti tra l’esame del ricorso incidentale e quello del ricorso principale, questione strettamente peculiare del solo rito amministrativo332.

In conclusione, sembra essere premura del collegio sottolineare come i principi enunciati dalla richiamata sentenza n. 4 del 2011 comportino tre conseguenze negative.

In primo luogo che l’esito del giudizio dipenda da un atto dell’Amministrazione che con la prospettiva di risultare insindacabile in sede giurisdizionale può risultare la conseguenza di determinazioni arbitrarie e indebitamente sollecitate.

In secondo luogo si è in presenza di un “giudicato del tutto cedevole, poiché l’Amministrazione ispirandosi al principio di legalità al termine del giudizio potrebbe e dovrebbe annullare in sede di autotutela l’atto di ammissione dell’aggiudicatario privo dei requisiti sostanziali e quindi invalidare la conseguente aggiudicazione.

In terzo luogo qualora in sede di giustizia amministrativa non sia presa in considerazione la domanda di annullamento della aggiudicazione, in conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, vi è la concreta possibilità che il perdurante rilievo della illegittimità più o meno evidente dell’atto di ammissione alla gara dell’aggiudicatario sia

331 Viene al tal proposito sollevata l’osservazione che mentre il giudice civile debba seguire l’ordine logico che tenga conto delle regole del processo civile, il giudice amministrativo deve seguire l’ordine logico che tenga conto delle regole del processo amministrativo e, in particolare, della peculiare natura e portata della disciplina del ricorso incidentale in sé e nei suoi rapporti col ricorso principale.

332 Secondo il collegio è significativo il fatto che la “commissione speciale’ incaricata di redigere lo schema del codice del processo amministrativo, consapevole di un diritto vivente così problematico abbia preferito non introdurre una disciplina sul ricorso incidentale innovativa rispetto a quella previgente o comunque volta a superare il principio di diritto affermato dalla sentenza n. 11 del 2008, quale corollario del principio della parità delle parti. Secondo P. QUINTO, Il valore, op.cit., pag. 14, questa è indubbiamente una tesi non esaustiva, se pur ispirata ad una questione dirimente: la diversità ontologica della giurisdizione amministrativa rispetto al giudizio civile, la cui funzione è solo quella di risolvere una controversia privatistica tra i titolari di una posizione giuridica ben definita nei presupposti soggettivi ed oggettivi in un codice di diritto sostanziale. La questione processuale si presta peraltro anche ad una diversa lettura avuto riguardo alla ridefinizione del ricorso incidentale nell’art. 42 c.p.a. e del suo ingresso nel processo come una vera e propria domanda, anch’essa sottoposta ad una valutazione di ammissibilità in termini di legittimazione ed interesse. Di conseguenza nel processo la verifica delle condizioni e dei presupposti legittimanti la formulazione delle domande devono valere in egual modo sia per il ricorrente principale che per il ricorrente incidentale.

sottoposto all’esame di “altri ordini giurisdizionali”, che constatino un pregiudizio economico per la stessa Amministrazione aggiudicatrice e potrebbero giungere a conclusioni incongruenti

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