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MILANO OGGI: (R)INNOVAZIONE URBANA TRA IL GLOBALE E IL LOCALE

4.2.2 QUALE NUOVA DOMANDA ABITATIVA?

CAP 5 MILANO OGGI: (R)INNOVAZIONE URBANA TRA IL GLOBALE E IL LOCALE

Nel capitolo precedente si è dato spazio alle riflessioni volte a inquadrare a tratteggiare le dinamiche in atto, senza giungere ad un quadro totalmente esaustivo, ma orientando il lettore nella percezione degli avvenimenti e problematiche emergenti nella fase di adeguamento della città al sistema economico in atto. In quest’ultimo capitolo conclusivo della seconda parte si richiameranno questioni che già emerse allo scopo di attualizzarle e rendere esplicito il modo in cui Milano a raggiunto un determinato successo economico.

Il percorso intrapreso prende di riferimento, come ci si è soffermanti in molti passaggi, i sostanziali cambiamenti dei processi produttivi in seguito ad una crescente globalizzazione, sfociata in crisi e nella conseguente riorganizzazione dello spazio e delle dinamiche socio-economiche, e della stessa globalizzazione di dare un nuovo impulso e ruolo alle città, oggetto di una nuova urbanizzazione156. Ora, si proverà a fare il punto sulle caratteristiche economico e sociali della Milano globale. Ripercorrendo brevemente la storia della città, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, Milano, ma più in generale il nord Italia, si affermano come il motore principale dello sviluppo economico e demografico all’interno del quale si sviluppa sia una notevole crescita industriale che residenziale, non coordinata e orientata da strumenti di pianificazione in grado di gestire la crescita spontanea. Il risultato è stato un visibile sistema caotico, disordinato e scarsamente sviluppato della città e del suo intorno157. Il fenomeno di sviluppo urbano si arresta verso la fine degli anni ’70, quando emerge un nuovo fenomeno di rilocalizzazione della produzione economica e una della popolazione nel territorio limitrofo, oltre alla già nota ricollocazione globale delle stesse attività. Infatti, a partire dalla crisi fordista, riconducibile tra il 1970 e 1980, si assiste da un incremento di aree nuovamente disponibili in conseguenza della dismissione, anche parziale, del settore industriale, attraverso la quale la città e la sua regione urbana dimostra un buon grado di adattabilità contribuendo all’inserimento di diversificati settori economici mantenendo, comunque sia, una notevole quota nel settore manifatturiero. Come in altri contesti europei, gli anni ’80 diventa occasione di un nuovo inizio nella quale si assiste alla metamorfosi della città verso il settore dei servizi e del real estate, e quindi verso un processo di rinnovamento urbano rivolto sia alla riorganizzazione che all’innovazione, per cogliere le possibili opportunità presenti nei grandi impianti industriali e negli edifici della piccola manifattura dismessi. Questi fenomeni di riconversione e sviluppo hanno permesso di limitare la perdita di posti di lavoro presenti in città all’interno di una capacità di resilienza della città stessa. Anche questo processo risulta spinto da scelte e tendenze spontanee e carente di una visione strategica condivisa, come illustrato nel capitolo precedente, in particolare se si considerano le opportunità presenti nell’area metropolitana della città, ma in grado di sostenere lo

156 S. Armondi e S. Di Vita, in Milan: productions, spatial patterns and urban change, London, Routledge, 2017, p. 1 157 S. Armondi e S. Di Vita, in Milan: productions, spatial patterns and urban change, London, Routledge, 2017, p. 8

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sviluppo anche nei periodi di crisi tra gli anni ’90 e il 2008. In particolare, la crisi finanziaria ed economica del 2008 ha avuto ripercussioni sia spaziali che istituzionali, oltre che economiche e sociali, e ha colpito in particolar modo l’assetto delle economie dell’Europa mediterranea, caratterizzate da un alto debito sovrano da rifinanziare, all’interno di una crisi economica dalle componenti strutturali invece che cicliche158. Nonostante l’inizio della crisi mondiale, Milano continua a registrare una discreta performance economica159, migliori di altre città italiane in termini di disoccupazione, presenza di nuove aziende, crescita degli investimenti esteri diretti e limitata svalutazione del patrimonio immobiliare. Il periodo di transizione ha infatti rinforzato la posizione di Milano nel ranking globale posizionandosi all’ottavo posto nella scala globale e in terza posizione a livello europeo per la presenza di connettività160. Tale dato risulta interessante considerando che Milano certifica la sua posizione di forza nonostante i problemi del sistema Italia, di cui Milano non è esente, di efficienza e competitività, ma anche qualità della regolazione e di controllo della corruzione161, che non sono risultati sfavorevoli nello sviluppo di un sistema che vede sia attori pubblici che privati capaci di mobilizzare risorse e attrare dall’esterno investimenti, talenti e tecnologie. Nonostante l’abilità di mantenere un’interessante performance economica nel periodi di crisi, la spazializzazione della stessa ha determinato una riduzione dei progetti a grande scala, che hanno caratterizzato la metamorfosi e lo sviluppo economico della città a partire dagli anni ’80, i quali, all’interno di una ridotta visione strategica e condivisa di uno sviluppo e rinnovamento urbano ancora incompleto, sono state ulteriormente messe in difficoltà dalle politiche di austerità162 che hanno avuto come effetto l’aumento della pressione a livello locale e hanno, almeno indirettamente, stimolato la necessità di diverse forme di innovazione: razionalizzazione dei servizi, la ricerca di nuove forme di governo urbano e di leadership, l’attivazione di progetti temporanei e di spazi e funzioni ibridi163. La necessità di nuove e innovate forme diviene un elemento fondamentale per mantenere non solo la competitività, ma diviene elemento determinante per accrescere il livello dei servizi e delle possibilità economiche offerte dalla città e, in conseguenza, attrarre investimenti per le attività più tradizionali che per quelle a più alto tasso di innovamento. La metamorfosi a cui si sta assistendo, non si conclude esclusivamente verso un orientamento alla produzione, alla finanza e al business,

158 S. Armondi e S. Di Vita, in Milan: productions, spatial patterns and urban change, London, Routledge, 2017, p. 10

159 S. Armondi e S. Di Vita fanno riferimento alle valutazioni dell’OECD 2006 e, successivamente, a lavori redatti da Briata, Di Vita, Pasqui nel 2016, p. 11 160 S. Armondi e S. Di Vita fanno riferimento a lavori Taylor del 2004. C’è da tenere in considerazione che molti osservatori risultano dubbiosi sui risultati proposti da Taylor. Si fa particolare riferimento, più che alla metodologia, ai dati che verrebbero utilizzati che risulterebbero poco aggiornati rispetto alla data a cui l’analisi si riferisce.

161 Si ricorda che Tangentopoli ha visto come protagonista il sistema politico avente sede in Milano e, ancora oggi, ci si chiede quanto il sistema sia effettivamente cambiato (Davigo).

162 Politica introdotta a livello europeo con l’obiettivo di alleviare l’impatto della crisi cercando di ridurre la possibilità accedere a risorse economiche attraverso l’aumento del debito nazionale.

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ma diviene fondamentale sostenere la capacità di favorire attività per il tempo libero: l’attrazione di eventi culturali e manifestazioni, come l’Expo del 2015 e le esibizioni internazionali, necessitano di spazi e strutture volte ad accogliere tali occasioni. La presenza di fondazioni, come Prada e Feltrinelli, di musei, come il Museo del Novecento o il Mudec, e eventi, come la settimana del design e la settimana della moda, risultano opportunità che creano o recuperano spazi e che, in alcuni casi, si localizzano, caratterizzano e specializzano porzioni o interi quartieri. Ne divengono elementi di sviluppo economico, ma, anche e soprattutto, elementi che aumentano l’appeal della città nella competizione globale per l’attrazione del turismo di massa. Di Vita nota che lo stesso piano regolatore164, da una parte, cerca di includere spazi per l’innovazione, come incubatori d’azienda, coworking e spazi per la produzione innovata, all’interno di un sistema di servizi cittadino per facilitare il loro sviluppo, mentre dall’altra, identifica, oltre le aree per grandi progetti urbani, interi distretti soggetti a rinnovazione.

Magatti, parlando della nuova Mediolanum, per riprendere un termine che verrà ripreso nel paragrafo seguente, configura questi aspetti in un frangente in cui “cambiano il ruolo e la natura della città”165 nel quale “le grandi città tornano ad essere l’epicentro di un mutamento che procede riorganizzando le coordinate spazio-temporali della vita sociale ed economica”166 dal quale sorgerebbe la domanda, che in qualche modo ha spinto la riflessione sul tema, della possibilità si continuare a definire la città come si è fatto in passato. Nella lettura proposta da Magatti emerge con forza e, in qualche modo, in distacco con la lettura di Armondi e Di Vita, di una Milano come “getway” piuttosto che motrice:

<<Milano non è più tanto la locomotiva economica italiana quanto la porta di accesso e di collegamento, il punto di connessione tra il sistema delle imprese della penisola, specie delle settentrionali, e il mondo intero.>>167

L’accento verso il ribaltamento di fronte proposto da Magatti risulta particolarmente interessante: si sovrappone ma allo stesso tempo intensifica la proposta precedente. Il rapporto con l’economia italiana rimane significativo, ma il cambio di percezione avviene nel modo in cui viene ridefinito il rapporto tra Milano e l’interesse nazionale. Come si vedrà, ma è utile anticipare parzialmente ora, Magatti evidenzia come la città trova un certo vantaggio posizionale in cui si colloca come punto nevralgico in cui si sovrappongono le tre principali direttrici di sviluppo: il mediterraneo, un

164 Approvato nel 2012

165 M. Magatti in Milano, nodo della rete globale. Un itinerario di analisi e proposte, Milano, Mondadori, 2005, p. 19 166 M. Magatti in Milano, nodo della rete globale. Un itinerario di analisi e proposte, Milano, Mondadori, 2005, p. 20 167 M. Magatti in Milano, nodo della rete globale. Un itinerario di analisi e proposte, Milano, Mondadori, 2005, p. 21

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asse tra l’Europa continentale e settentrionale e l’Est Europa. Questo punto di vista, però, non si concluderebbe in una specifica caratteristica e peculiarità di Milano. Magatti suggerisce l’idea che la città sia essenzialmente un:

<< Nodo-getway, cioè un luogo di scambio, d’incontro, d’interconnessione, saldamente inserito nella rete globale, densamente legato all’economia locale e dinamizzato dalla presenza di un ricco “milieu” tecnologico, oltre che capace di garantire un buon livello di integrazione sociale. […] Milano è un nodo dotato di spiccata identità168[…] ad alta complessità interna e a debole soggettività169 […] >>170

Come nel capitolo precedente, risulta utile tratteggiare l’insieme di elementi che determinato, trascinano e certificano la metamorfosi della città. Si prenderà in considerazione aspetti determinanti come il regionalismo, la questione della rigenerazione urbana e la sharing economy, la questione dei nuovi spazi per la produzione e una rinnovata agenda urbana. Per quanto riguarda la questione delle nuove vulnerabilità, si rimanda alla terza parte e conclusione di questo lavoro che cercherà di chiudere il cerchio della questione.

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