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2.4 RUOLO DELLA CITTÀ-REGIONE NELLA RETE GLOBALE

All’interno del discorso portato avanti finora, si è dato relativamente poco spazio alla transizione della rete di relazioni interna, generalmente identificata nel rapporto centro e periferia, verso una rete di interazioni globali, lontane spazialmente ma vicine dal punto di vista della rapidità delle connessioni telematiche contemporanee.

La globalizzazione ha reso possibile, appunto, una differenziazione territoriale e di specializzazione, rappresentabile attraverso un esteso arcipelago o mosaico di grandi città-regioni, che determina oggi le fondamenta spaziali del nuovo ordine mondiale in cui si sviluppa una tensione tra le dinamiche interne ed esterne alla stessa regione70. L’interesse per le nuove relazioni economiche prende forza a partire dagli anni ’80 con l’emergere di termini come “città-mondo” e “città-globali”71 in cui il concetto viene declinato nella presenza di una “metropoli cosmopolita” quale “plancia di comando” per le operazioni di corporation multinazionali. Quindi, l’attività di elaborazione dati e servizi avanzati, all’interno di una sfera sociale estremamente segmentata, come si è accennato, comporterebbe la presenza di condizioni di polarizzate di ricchezza e povertà, sia tra comparti di città che tra le stesse città e regioni. Scott pone un particolare interessa del ruolo della regione, in cui si colloca la città globale, e nell’insieme delle dinamiche che si generano al suo interno e verso l’esterno. Nello sviluppo dell’urbanizzazione si evince “un’enorme estensione di superfici urbanizzate contigue o semicontigue, spesso distribuite intorno a una metropoli centrale, a volte invece sottoforma di aree metropolitane tra loro giustapposte”72 in cui le questioni economiche e politiche interne alle aree metropolitane, e al loro hinterland, sono fortemente intrecciate in relazioni ad ampio raggio che travalica il confine nazionale e in costante ricerca di un consolidamento delle coalizioni spaziale interna, in risposta ai vincoli e alle opportunità della globalizzazione. Tale dinamica investe sia il mondo urbanizzato che quello in via di sviluppo.

I primi accenni del fenomeno risalgono agli accordi commerciali dei primi anni del dopoguerra73 nel quale i principali paesi capitalisti, le cui le economie interne erano agganciate al confine nazionale, costituiscono un blocco politico entro i confini della pax americana con la creazione di un rudimentale network di accordi internazionali rivolti a regolamentare l’interscambio utile per un mercato in espansione. Per Scott, ciò consiste la creazione di un “nocciolo duro” dell’economia mondiale. Oggi, in risposta ai cambiamenti tecnologici e alle conseguenti ristrutturazioni

70 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 143

71 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 143, fa riferimento ai lavori di Wolff (1982), Hall (1966), Knox (1995) e Sassen (1991).

72 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 144

73 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 146, fa riferimento al sistema Bretton Woods, la Banca Mondiale, il Fmi e il Gatt.

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dell’economia trainante, viene a crearsi una “nuova grammatica sociale dello spazio”74 in cui incomincia a essere visibile una struttura spaziale stratiforme di istituzioni politiche ed economiche che intercettano sia il livello globale che quello locale. Scott individua nuovamente gli aspetti principali caratterizzanti75:

- Una costante aumento delle attività economiche si presenta sottoforma di relazioni transfrontaliere: catene di input-output, flussi migratori, investimenti esteri diretti e flussi monetati. Essi sono aspetti che spesso sono identificati nello spiegare il concetto di “globalizzaizone” che, a loro volta, spingono per la creazione di istituzioni adeguate alla gestione di situazioni difficili, attuali o potenziali, e aventi l’obiettivo di fornire risposte politiche. Esempi sono i forum internazionali di discussione e azione politica come le Nazioni Unite, i G7/G8, L’Ocse, la Banca Mondiale, il Fmi, L’Omc e le Ong, che per quanto le risposte politiche possano risultare limitate nei loro scopi, le loro responsabilità tenderanno ad aumentare.

- All’interno delle medesime pressioni della globalizzazione, si è evidenziata una crescente proliferazione di blocchi multinazionali come l’Unione Europea, il Nafta, il Mercosur, l’Asean, l’Opec orientati al tentativo di approfittare dei benefici e nel controllare l’esternalità negative delle economie che trasbordano il confine nazionale e dei blocchi nazionali.

- Le economie nazionali restano ancora gli elementi dominanti dello scenario globale contemporaneo, pur nella condizione in cui gli stessi stati nazionali non dispongano più degli elementi di autonomia politica sovrana. Le loro economie sono difficilmente distinguibili e colmabili dentro il loro confine.

- Il rafforzamento di forme di organizzazione politica ed economica su scala regionale verso una configurazione di grandi città-regioni globali. Esse costituiscono un mosaico che va a sovrapporsi alla vecchia configurazione centro-periferia dello sviluppo capitalistico in cui si vedono città-regioni non solo nel mondo avanzato, ma sempre di più anche all’interno dei paesi in via di sviluppo. Esse fungono da centro da cui scaturiscono impulsi allo sviluppo economico che tendono poi a diffondersi nel territorio nazionale. Le radici del nuovo sistema di produzione basato sulla cultura e la conoscenza partono da questi nodi strategici da cui vengono gestiti gran parte del sistema globale di scambio di prodotti e servizi.

Scott individua nell’ultimo punto una rinnovata domanda di prossimità sociale, come risultato dei crescenti rendimenti localizzativi appoggiati su specifiche basi socioeconomiche, ma anche come risposta alle pressioni e alle opportunità della globalizzazione. All’interno di questa nuova prossimità, i complessi produttivi funzionano sempre più come piattaforme territoriali per competere all’interno dei mercati globali, che, all’interno della diminuita capacità dello stato di intervenire, impone una scelta tra subire le pressioni o provare a orientale a proprio vantaggio. L’affermarsi della necessità della prossimità può sembrare un aspetto contradditorio all’interno di una contemporaneità in cui i miglioramenti tecnologici nel campo della comunicazione e dei trasporti hanno attenuato la barriera della distanza. Tale logica si osserva nei sistemi di nodi e collegamenti con un’estensione spaziale definita e da una struttura sociale caratterizzata da norme di interazione, legami e simbiosi e, nel quale la relazione è sottoposta a costi localizzativi, in rapporto alla natura del bene scambiato e alla possibilità di strutturare sinergie a seconda dei differenti tipi di agenti

74 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 146, fa riferimento a Badie (1995) 75 Ibidem

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attivi all’interno di un network. Scott spiega che questo fenomeno comprende la localizzazione delle attività produttive come il risultato di effetti combinati e interdipendenti nel quale i costi di transizione e delle esternalità dipenodno dalla specificità tecnologiche, dalla struttura del mercato e dalla natura dei modelli di organizzazione industriale76. L’emerge dei cluster urbani rientra, appunto, nel fenomeno di addensamento localizzativo generato da alti costi transizione ed economie di agglomerazione ben sviluppate:

<<In primo luogo, i costi di transizione, nel capitalismo contemporaneo, tendono ad essere estremamente variabili in funzione della distanza, variabilità che dipende tanto dall’effettiva natura dei contenuti scambiati, quanto dal tipo di canali attraverso i quali essi transitano […]. Entro ciascuno di questi cluster77, le imprese sono spesso strettamente intrecciate l’una con l’altra in network relazionali strategici, dai costi elevatissimi (molti di questi comportano contatti face-to-face), mentre gran parte degli output prodotti circolano con relativa facilità in tutto il mondo. In secondo luogo, le opportunità di appropriarsi di rendimenti crescenti dipendenti da fattori localizzativi sembrano essersi considerevolmente intensificate in molti segmenti dell’economia, dall’avvento dell’economia della cultura e della conoscenza alla fine del XX secolo.>>78

Tali relazioni di cui Scott parla si basano su un’enorme varietà di spillovers informativi, effetti di apprendimento e impulsi innovativi che sono altamente probabili ovunque si verifichino altri costi di transizione al centro del sistema produttivo, bassi costi di transizione o almeno una condivisione importante dei prodotti finali, insieme a economie di agglomerazione altamente sviluppate.

In questa prima parte del lavoro è stato intrapreso un discorso rivolto a far emergere come la centralità dell’urbanità non è determinabile tramite un’unica identificazione comune, ma dico la stessa città, per necessità, risulta continuamente interpretata e reinterpretabile in funzione delle nuove condizioni emergenti. Pur senza essere andati in profondità in determinate logiche, emerge chiaramente la tensione al mutamento che può essere tutto furche riconducibile ad un punto conclusivo. Nonostante qualche accenno già presente, nelle parti successive si intenderà predisporre un discorso che sia rivolto all’individuazione delle conseguenze del mutamento e quali effetti sono visibili nel corpo vivo della città e della società.

76 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 152 77 Scott prende come esempio la Silicon Valley, Hollywood e la City of London. 78 A. J. Scott in Città e regioni nel nuovo capitalismo, Bologna, Il mulino, 2011, p. 152

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PARTE II _ SVILUPPO E DINAMICHE DELLA

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