Un tentativo di lettura tra il modo e il contesto in cui la prima migrazione si è manifestata e la seconda migrazione si sta oggi manifestando risulta utile per far emergere quali sono le principali differenze e, quindi, le conseguenti difficoltà e problematiche che ne emergono. Nelle pagine precedenti si è provato ad evidenziare come l’integrazione della prima migrazione fosse il risultato non tanto di una integrazione nel luogo di abitazione, ma attraverso la convivenza e la condivisione degli obiettivi di vita attraverso il lavoro o, in contrapposizione, la condivisione delle problematiche di vita
116 A. Petrillo in La periferia nuova, FrancoAngeli, Milano, 2018, p. 36 117 A. Petrillo in La periferia nuova, FrancoAngeli, Milano, 2018, p. 39
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quotidiana, manifestatesi attraverso malumori e prospettive comuni. Se la prima immigrazione si interseca in un sistema economico di forte crescita, che ha permesso e favorito un tasso di occupazione crescente in grado di assorbire la stessa domanda di lavoro della nuova popolazione migrante, il cambio economico oggi emergente limiterebbe, quando direttamente non impraticabile, la possibilità del medesimo meccanismo di integrazione. Si è provato a mettere in luce come il rapporto tra economia e società sia sostanzialmente cambiato dal punto di vista della strutturazione del lavoro e dell’emergere di una precarietà diversa, e forse più forte, da quella precedente seguendo, in un primo tempo, il modo in cui il rapporto tra spazio e disuguaglianze nella periferia sta prendendo piede. Nel paragrafo precedente, si è evidenziato si è infatti evidenziato come questo cambio di paradigma necessiti anche di una concezione diversa di ciò che potrebbe essere la periferia contemporanea. Ciò che ieri poteva essere considerata una difficoltà nell’integrazione, oggi prende le sembianze di un conflitto culturale e di accesso alle risorse, oltre che alle ben note difficoltà di governo e gestione dei flussi migratori118. Il ruolo dell’immigrazione all’interno della periferia risulterebbe ancora poco compresa. La situazione italiana mostra differenze rispetto gli altri contesti: la carenza di politiche istituzionalizzate in grado di governare la situazione ha fatto sì che non si può riscontrare, se non in rari casi, una situazione di ghettizzazione etnica, come nelle realtà dei ghetti americani o della banlieues parigine. Infatti, nota Petrillo che la varietà dei modelli insediativi dei migranti, i meccanismi della loro circolazione, diversa dai modelli tradizioni delle “catene migratorie”, si manifesta in maniera divergente tra le diverse politiche messe in atto a livello locale, in cui il ruolo margine delle politiche di edilizia pubblica e di una visione unitaria delle politiche migratorie governative, ha determinato la presenza del migrante in città all’interno di un grado di mixité scarsamente segregativa119. Aldo Bonomi, nel suo libro Milano ai tempi delle moltitudini, dedica particolare attenzione allo sviluppo storico della città e delle nuove questioni sociali emergenti, di cui la nuova migrazione fa parte. Già ci si è soffermati più volte sul cambio dei rapporti tra centro e periferia e di come questo fatto abbia, in diverso modo, accentuato un già esistente conflitto tra una popolazione inclusa e la percezione di una popolazione esclusa. L’invisibilità derivante dalle condizioni di scarsa visibilità rispetto alla popolazione “inclusa”, rammenta Bonomi, spesso risponde all’esigenza di esorcizzare e confinare nell’invisibilità chi, nella sua condizione, manifesta alla stessa popolazione garantita la possibile vulnerabilità ai rischi sociali in cui, la stessa vulnerabilità, produrrebbe una presenza sul territorio, ma non una politica a riguardo120. Tra queste figure destinate all’invisibilità fanno parte le nuove figure sociali che danno luogo alla nuova forza lavoro immigrata, ai precari del lavoro in cui l’intermittenza del lavoro funge da intrappolamento all’interno nei nuovi “lavori servili” e del terziario “povero” ed informale che si sviluppano nella fascia nascosta
118 SI fa riferimento ai resoconti proposti da John Foot in Milano dopo il miracolo. Particolare enfasi viene data a tre racconti riguardanti eventi e vicende riguardanti la popolazione straniera.
119 A. Petrillo in La periferia nuova, FrancoAngeli, Milano, 2018, p. 64
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dell’economia globale121. La periferia sociale e umana di Milano, a cui Bonomi fa riferimento, trova nella periferizzazione un sistema di processi di allontanamento ed emarginazione in cui lo sradicamento non coinciderebbe con una nuova classe sociale in grado di produrre un’azione collettiva comune. Quel che l’autore definisce come il “terzo cerchio” si identifica in un campo in cui le moltitudini sono frammentate e sostenute da un insieme di individui che hanno poco in comune, se non la medesima condizione in cui esiste un progressivo logoramento e destabilizzazione dei legami di identità tradizionale e di carenza delle possibilità di autonomia Individuale122. Ciò che viene ricondotto nel neo-proletariato dei servizi dequalificati, emerso come componente fondamentale della città globale in risposta e in sostegno delle domande dei settori sociali della terziarizzazione alta, individua nella popolazione giovane, nell’immigrazione extracomunitaria e nei disoccupati fuoriusciti dal fordismo il reclutamento privilegiato. Se per la popolazione giovane risulta, nella maggior parte dei casi, un passaggio temporaneo per ragioni di auto mantenimento e, per coloro scarti del fordismo, rappresenta spesso un’alternativa obbligata alla disoccupazione, per la popolazione migrante sussiste la tendenza a creare un’offerta di lavoro per determinate occupazioni non più accettate dalla maggioranza della forza lavoro nazionale a causa della crescita culturale: la crescita dell’occupazione nel terziario dequalificato è infatti trainata da un modello di inserimento dei flussi di immigrazione nel mercato del lavoro locale123. L’economia informale, oltre che uno dei caratteri del cambiamento dell’economia urbana e della globalizzazione, diviene da aspetto residuale, anomalo o di sopravvivenza a componente integrante e presente della struttura economica, lontano da una sua formalizzazione. Tale processo, ritiene Bonomi, assume l’aspetto di una riorganizzazione dal basso dello spazio e delle pratiche produttive interne alla comunità migrante e di reinterpretazione da parte dei soggetti che si inurbano del contesto di riferimento urbano in cui approdano124. Ben diverso è invece, continua Bonomi, l’economia sommersa prodotta dall’alto o dall’esterno, che si genera conflittualmente con l’economia urbana formale e costituita da dalle trasformazioni del processo produttivo e dalla domanda di lavoro che contraddistinguono la transizione post-fordista. I flussi migratori e la disponibilità di manodopera immigrata a basso costo fortificano il sistema dell’economia in subappalto e determinate condizioni di lavoro povere o domiciliare125. Esiste anche un terzo fenomeno che ha preso piede, Bonomi identifica all’interno dell’economia informale anche quella domestica e comunitaria che si lega a dinamiche di reciprocità che, pur commerciando merce legale, scivola nell’illegalità dal punto di vista legislativo. In tutto questo, una situazione di clandestinità rende strutturalmente precario il percorso lavorativo del migrante.
121 A. Bonomi fa riferimento ai lavori della commodities come le pulizie, manutenzioni, edilizia, traslochi, facchinaggio, ristorazione collettiva, ed ecc.. 122 A. Bonomi in Milano ai tempi delle moltitudini, Milano, Mondadori, 2008, p. 125-126
123 A. Bonomi in Milano ai tempi delle moltitudini, Milano, Mondadori, 2008, p. 141 124 A. Bonomi in Milano ai tempi delle moltitudini, Milano, Mondadori, 2008, p. 155 125 Ibidem
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Il paradosso che sembra emergere risulta nel ritorno in auge di vecchie pratiche di lavoro, come quello domestico e servile, necessari per un nuovo tipo di domanda per i servizi alla persona e alla famiglia di determinati strati di popolazione e professionisti ad alto reddito e, in conseguenza, anche di una più ristretta capacità del walfare di produrre una possibile risposta a livello pubblico. Come si vedrà in seguito, in particolare nella seconda parte del successivo capitolo, si indagherà con una maggior profondità questo aspetto.
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CAP 4 _ ANALISI, RIFLESSIONI E DILEMMI SU LA MILANO POST-METROPOLI
126I capitoli che seguono in chiusura della seconda parte mettono momentaneamente in pausa il filo del discorso come portato avanti fino a questo momento, senza, ovviamente dimenticarsene. L’oggetto in questione si sposta da una lettura sul corpo della periferia verso un’attenzione generale sulla città in cui, da una parte, si cerca di riempire di informazioni rilevanti per proseguire il modo in cui la città di Milano si sta evolvendo, concentrandosi, da una parte, sulle relazioni geo-politiche e amministrative emergenti e, dall’altra, si riprenderà il discorso appena concluso riprendendo e allargando le dinamiche emerse e interpretandole attraverso le ricadute su altri aspetti della fisica e non. Gli scritti a cui si fa riferimento possono sembrare datati rispetto l’accelerazione con cui il mondo, e la città, sta cambiando. Ma sicuramente hanno il pregio di aver interpretato tali questioni in un momento in cui determinate dinamiche stavano prendendo luogo e necessitavano di una prima messa a fuoco del modo in cui la città le stava interpretando, coinvolgere o trascinare.
Balducci, aprendo le riflessioni a riguardo della Milano post-metropoli, allude all’immagine di una città con un popoloso motore pulsante, accerchiata da una periferia tendente allo sprawl in cui si attestano funzioni di più basso livello e nel quale, a partire dagli anni ’80, si tende a perdere la connessione e interconnessioni presenti all’interno di un’allargata sfera delle interazioni sociali. L’interpretazione politica, fortemente legata ad una visione di metropoli, fatica a riconoscere i problemi e le risorse presenti sul territorio, all’interno di una interpretazione che risulta gravemente incompleta127. L’interpretazione del nuovo paradigma diventerebbe fattore necessario per comprendere una serie di nuove dinamiche che, con il loro svilupparsi, stanno diventando sistematiche: lo svuotamento del centro in favore dell’hinterland e la collocazione di nuove funzioni commerciali e direzionali fuori dagli ambiti precedentemente dedicati per il loro sviluppo. La determinazione di un nuovo paradigma, all’interno del un suo riconoscimento che supera l’immaginario tradizionale, risulterebbe per Balducci un compito che non si può limitare alla risoluzione di un problema analitico e descrittivo, ma implicherebbe tutto un risvolto più profondo in cui la nuova geografia dello sviluppo influisce sul modo in cui le stesse politiche determinano l’interazione tra attori e governance. Parafrasando Scott e Harvey all’interno della prima parte, è emerso chiaramente come oggi le interazioni avvengono all’interno di un territorio simultaneamente più ampio e complesso che non risulterebbe più governabile all’interno di logiche
126 I paragrafi che seguiranno prendo interamente spunto dal convegno tenutosi al Politecnico di Milano in data Marzo 2004 che sono stati oggetto di pubblicazione della rivista Territorio del II/III trimestre del 2004. Essendo il convegno relativamente datato, si porrà particolare attenzione nel comprendere le emergenze e nell’evitare “conclusioni” che pur avendo sicuramente senso possono essere messe in crisi dal rapido modo in cui lo sviluppo tende a mostrarsi.
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settoriali e referenziali. Le emergenti difficoltà emergenti derivano, appunto, dalla divergenza tra la domanda all’interno della materia viva della società e le risposte proposte dalle politiche in conseguenza di una complicata interpretazione dei processi di crisi e di innovazione che, inevitabilmente, investono l’economia, la società e il territorio in maniera non sempre percettibile.
Al di là delle difficoltà e perplessità riguardanti lo sviluppo, la regione urbana Milanese risulta un dei territori più produttivi e dinamici a livello italiano e, in particolar modo, nel contesto europeo128. Il modo attraverso la quale l’innovazione sociale è stata in grado di raggiungere una transizione dall’assetto produttivo centrato sulla grande impresa manufatturiera in maniera relativamente poco traumatica, rispetto ad altri contesti. Il processo di terziarizzazione, caratteristico dei processi post-fordisti, sembra essere giunta ad una stabilizzazione nel quale non sembra che l’economia urbana risulti completamente dedicata ai servizi129. La transizione verso “l’economia della conoscenza” ha permesso alla regione urbana milanese di mantenere e rafforzare le reti lunghe e corte che connettono a diverso raggio il sistema produttivo anche attraverso il suo ruolo predominante nella localizzazione di attività innovative e delle multinazionali nel settore delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione. La stessa svolta nel paradigma economico caratterizza, come si è visto, anche cambiamenti profondi nella riorganizzazione degli assetti sociali in cui si assiste al mutamento della struttura della famiglia, più numerose ma anche più frammentate, l’invecchiamento progressivo della popolazione e il contrasto tra la popolazione tendenzialmente più stanziale, gli anziani, e una fortemente mobile, oltre ad un incremento della popolazione straniera. Dall’altra parte si assiste anche ad un maggior rischio ambientale e infrastrutturale, dove la congestione e l’inquinamento necessitano un’attenzione da parte delle politiche pubbliche. In conseguenza dei vantaggi competitivi e della capacità degli attori metropolitani di produrre innovazione sociale, al contempo, a partire dagli anni ’90, Balducci evidenzia una difficoltà delle politiche pubbliche di trattare i principali problemi in relazione ai servizi pubblici alla persona e alle imprese e alle scelte di pianificazione in abito ambientale, infrastrutturale e insediativo che intercetti i problemi riguardanti, tra le tante, il traffico, la mobilità e la qualità urbana e degli spazi pubblici.
I paragrafi che seguono verranno trattate tematiche specifiche ricadenti in due principali blocchi. In un primo si intende mettere in evidenza le problematiche a livello di governance in qui emerge una visione prese dall’alto, mente, nella seconda, si proverà ad entrare con maggior profondità su tematiche che riprendono i ragionamenti emersi in precedenza attraverso una visuale presa dal basso e dal lato delle dinamiche che si instaurano dal punto di vista delle pratiche. La diversa categorizzazione vuole, da una parte, completare il discorso, fino a questo punto accennato, del modo in cui la città è governata e del modo in cui sono state colte determinate opportunità e, dall’altra, implementare
128 A. Balducci in Milano dopo la metropoli, Territorio II/III trimestre 2004, p. 10
129 A. Balducci evidenzia come nel 2000 gli addetti nelle aziende strettamente manufatturiere sono il 31% a livello provinciale. Il dato sale al 41% se si considera la provincia con esclusione di Milano e scende al 19% nel capoluogo.
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il discorso precedentemente svolto orientandolo verso le domande emergenti dal punto di vista sociale in riflesso alle nuove dinamiche che si instaurano sul lato delle pratiche. Pur partendo da approcci configurazioni diverse, nelle riflessioni emerge una contaminazione reciproca interessante.