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6.2.4 TRA SPAZIO PUBBLICO E CITTADINANZA: I GRANDI PROGETTI URBAN

Fino a questo punto si è trattato della gentrificazione attraverso il mutarsi della componente sociale all’interno di determinati quartieri, a cui si è dedicato particolare attenzione. L’altra faccia della gentrificazione riguarda la presa di

270 C. Novak e V. Andriola in Tracce di quartieri: il legame sociale nella città che cambia, Milano, FrancoAngeli, 2008, p. 222

271 Novak e Andriola fanno riferimento ad attività cinesi, particolarmente attive nella ristorazione, che si sono specializzate in cucina peruviana essendo presente sul territorio ma non ancora integrata nella produzione di servizi dedicati ad una specifica domanda.

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posizione nel conteso urbano dei grandi progetti. Il problema si pone duplice: da una parte essi determinano un impatto che genera una ricaduta che si estende oltre i relativi confini del progetto. Qui si intende mettere l’accento sul ruolo di determinati progetti urbani che stanno cambiando la città attraverso, da una parte, il tipo di organizzazione sociale che intendono contenere e, dall’altra, che tipo di spazio pubblico determinano. I due aspetti tendono ad una sovrapposizione. Come si vedrà il concetto di “cittadinanza” viene inteso all’interno del modo in cui il progetto vuole che si venga fatto uso dello spazio, dall’altra, lo spazio pubblico diviene l’elemento per provare a comprendere quali funzioni lo spazio adempie nel modo in cui è possibile farne uso.

Nel corso del lavoro si è più volte sostenuto che al conseguirsi di un cambiamento nella sfera economica tende anche a mutare, di conseguenza, gli stessi rapporti sociali che la generano e viceversa. La nozione di “cittadinanza” basata su questo presupposto coincide con l’affermarsi del “Diritto alla città”273 di Henri Lefebvre che, come si vedrà a breve, sarebbe meglio ascrivibile, come sottolinea Mazza, ad un “Diritto alla cittadinanza”. Le riflessioni di Lefebvre sulla “cittadinanza” partono dalla considerazione che il termine è rintracciabile nella nozione di comunità, di bene e di interesse comune e di come questi termini, con l’affermarsi delle politiche neoconservatrici degli anni ’60, determinano una situazione in cui risulta ancora più complicato declinare i termine verso tale concezione: dal momento in cui un generale accordo su ciò che è “bene comune” risultata difficile, nel momento in cui un chiaro senso politico di comunità diminuisce, lo stesso avviene per il senso di appartenenza e cittadinanza274. Nella ricostruzione proposta da Luigi Mazza, l’affermarsi della ragione del mercato determina l’impossibilità di determinare un concetto liberale di cittadinanza, lasciando la sua determinazione al mercato e all’emerge di un’idea negativa di cittadinanza basata sul principio di non interferenza nei diritti e nel determinarsi di obiettivi e interessi privati. La prospettiva proposta da Lefebvre, come si è detto, detiene un forte accento sulla riproduzione spaziale della società, in concomitanza con la questione dei ritmi della vita quotidiana, in cui il processo di urbanizzazione trasforma lo spazio in uno strumento che ripropone il capitale e la classe sociale e come questi sono riscontrabili nella logica di pianificazione della città275. La concezione lefebvriana della cittadinanza si determina in risposta con i bisogni della vita quotidiana, e cioè il bisogno di informazione e di libera espressione, di cultura e di identità nella differenza, dell’urbanità e di tutti i suoi vantaggi, in cui il ruolo dello spazio urbano e della città diventa cruciale nel costruire e ricostruire la cittadinanza276. È appunto la questione dello spazio che diviene una questione chiave: si determina al suo interno una tensione che collega la localizzazione in uno spazio esistente che risponde a determinate funzioni e bisogni e la stessa necessità di spazializzazione delle attività sociali e, di conseguenza, il collegamento tra le pratiche sociali nel

273 Henri Lefebvre pubblica “Le droit à la vile” nel 1968

274 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 133 275 Lefebvre fa riferimento all’utilizzo dello zoning nelle teorie della città funzionale. 276 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 135

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loro insieme e la produzione di uno spazio appropriato. Tali nuovi bisogni necessitano di spazi speciali basati sulla simultaneità e la possibilità di incontro e di scambio, possibile solo quando la qualità essenziale che caratterizza lo spazio è la centralità277. La questione della caratteristica della centralità si ritrova nella continuità simbolica che dovrebbe rendere il centro e la periferia un corpo solo nel dialogo tra memoria e monumentalismo del passato ed interventi moderni, invece che la presente rottura. La continua interazione tra spazio e società diviene per Lefebvre l’elemento essenziale per riflettere sulla società e la riformulazione dell’urbano in cui è necessario distinguere tra la morfologia dello spazio e della società, tra la città, come materia e architettura, e l’urbano, determinato dalla realtà sociale derivante dalle relazioni che ne sono concepite, costruite e ricostruite dal pensiero278. La relazione tra città e urbano compone nella lettura di Lefebvre la concezione della città come opera e, quindi, come un processo costruzione collettiva temporalmente senza conclusione e che dovrebbe essere orientato dal valore d’uso piuttosto che dal valore di scambio: lo spazio non sarebbe organizzato ed istituito, ma diventerebbe modellabile dall’appropriazione di un gruppo sociale in conseguenza dei bisogni, dell’identità, dell’estetica e dell’ideologia. Ma la città come opera sottende anche un aspetto di mediazione nel quale le contraddizioni e i conflitti tra diverse parti possono e devono svilupparsi: la città cambia nel momento in cui la società cambia e questo cambiamento produce sia una modifica nel contesto sociale nel suo insieme e sia nelle dirette relazioni che coinvolgono individui, gruppi, interessi ed istituzioni279. Luigi Mazza declina la concezione lefebvriana del progressivo affievolirsi di un’idea condivisa di cittadinanza in un concomitante affievolirsi del senso civico che renderebbe possibile la condivisione di progetti ed interventi di interesse collettivo realizzabili attraverso il governo del territorio. La crisi della cittadinanza, prosegue Mazza, andrebbe interpretata nelle radici delle contraddizioni nel processo di secolarizzazione dello stato e nel dibattito attraverso la quale si è svolto l’avvenire della regolazione, dell’interesse pubblico e del bene comune e come queste si sono interfacciate con le politiche di governo del territorio280. Se si considera l’insieme delle politiche di governo del territorio, esse stesse risultano chiaramente una forma di regolazione, se pur all’interno di una varietà di definizioni, che possono giustificare un intervento del pubblico nelle attività dei privati per raggiungere un obiettivo di interesse pubblico: in questo modo, la regolazione collegherebbe la nozione di interesse pubblico con la questione della territorializzazione delle politiche pubbliche e, ritornando alla terminologia proposta da Lefebvre, al disegno tramite il controllo che sottende le regole della stessa cittadinanza. Sotto quest’ottica, con il riferimento alla regolazione delle politiche spaziali si potrebbe sottendere la presenza di una forma di controllo o di influenza sociale che è deliberata all’azione dello stato allo scopo di esercitare la sua influenza o un preciso ordine a seconda della “visione” della sua

277 Con il termine “centralità” si intende uno spazio fisicamente e psicologicamente accessibile. 278 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 137

279 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 139 280 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 145

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trasformazione e il grado attraverso la quale riesce ad influenzare i comportamenti di persone e attori sociali281. Nella determinazione conflittuale tra l’”ordine spontaneo” e i fallimenti del mercato, gli interventi regolativi dovrebbero persuadere obiettivi di interesse pubblico piuttosto che specifiche istanze di interessi particolari: risulta spesso complicato distinguere all’interno dell’interesse pubblico tra ciò che è interesse privato di determinati cittadini e ciò che è l’interesse pubblico per tutti i cittadini. Quindi, nella pratica, la regolazione può promuovere interessi specifici ed avere effetti negativi per le attività pubbliche e private in quanto coloro che propongono una proposta regolativa sono essi stessi portatori di interesse che configurerebbe un “interesse pubblico”: una possibile distinzione è possibile solo sulla base di quale valore e obiettivi si fondano. All’interno di questa prospettiva, la questione della “cittadinanza” si declina per Mazza nel suo inverso: quale tipo di cittadinanza emerge attraverso i possibili significati del progetto e come i diversi modi in cui cittadinanza si manifestano al suo interno possono diventare strumento utile per la valutazione dello stesso progetto282. In ottemperanza a questa posizione, Mazza mette alla prova il suo ragionamento analizzando alcuni progetti, il quartiere Santa Giulia e delle proposte emergenti dal concorso per il progetto dell’area dell’ex fiera a Milano.

Il progetto del quartiere Santa Giulia, situato nella periferia sud-est, nella sua originale concezione, si divide in quattro principali parti composta da un grande parco centrale, una parte destinata a edilizia per i redditi medi, una zona destinata a edilizia per la residenza di lusso e, un’altra, destinata al business. Mazza nota come la relazione tra queste parti sia sostanzialmente nulla e come, infatti, l’intero progetto sia caratterizzato da una voluta separazione tra le parti in cui vige una sostanziale autonomia sia fisica che architettonica. La mancanza di una fluidità e continuità del progetto pone in essere la presenza di tre quartieri separati all’interno dello stesso quartiere senza che ci sia la parvenza di un ambiente urbano unico. La divisione emergente nel disegno, per Mazza sottende un progetto creato per differenziare lo spazio in tre differenti profili economici, sociali e politici e suggerisce in cui il parco diventa una possibile “terra di nessuno” con scarsa possibilità di incontro tra le parti283.

Differente invece è la nascita del progetto City Life, sviluppatosi in una zona semicentrale della città, all’interno del quadrilatero della ex-fiera, spostatasi in zona periferica per motivi di spazio. Per il ridisegno dell’area di 250.000 mq è stata indetta una competizione internazionale nel 2004 e una variante del piano comunale ha permesso la possibilità di insediare attività terziare, culturali e commerciali, verde pubblico e residenza di lusso, fino ad un indice di copertura pari al 50%. L’area si contestualizza all’interno di un ambiente urbano densamente urbanizzato, principalmente residenziale. In questo caso, Mazza si concentra su due progetti partecipanti al concorso, il vincitore ed una possibile alternativa. Partendo dalla possibile alternativa, allo scopo di esaltare le differenze, Mazza riconosce nel progetto

281 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 150 282 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 4 283 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 5

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un’attenzione nella fluidità del disegno proposto da Renzo Piano in cui sussiste una continuità spaziale e non emerge una forte tensione tra il vecchio e il nuovo. Il progetto si distingue in due parti facilmente riconoscibili: un parco e una parte costruita, in cui il grattacielo, posto all’estremità più interna del parco, costituisce una connessione tra lo spazio aperto e la parte costruita. Il rapporto con l’esterno, come anticipato, sembra ben integrarsi con il tessuto urbano esistente, nonostante la presenza del grattacielo, in cui l’architettura contemporanea si combina comodamente con l’esistente. Le scelte di disegno hanno permesso la continuità tra la strada e gli spazzi aperti presenti nell’intorno, creando così una fluidità tra l’ambiente esistente e quello progettato: il parco si apre alla città su due dei suoi tre lati in cui, secondo Mazza, l’intenzione sembra quella di diluire il massiccio intervento edilizio e far si che il progetto possa essere assorbito nel contesto. Il rispetto della “memoria” e la continuità tende a bilanciare la relazione tra proprietario e visitatore che, nonostante le differenze, il progetto sembra poter riuscire a stabilire una comune appartenenza all’interno della comunanza tra tradizione e storia della città284.

Il progetto vincitore urbanisticamente si configura in maniera diverse rispetto alla proposta precedente che, alla luce dei ragionamenti di Mazza, risulta “estraneo al passato e al presente”. La proposta si costituisce attraverso tre grattacieli centrali circondati da alti edifici all’interno di un disegno urbano che tende a ignorare il rapporto con il contesto urbano, fino ad esserne sostanzialmente estraneo e contestualizzabile in qualsiasi altra parte del mondo. A differenza del progetto precedente, Mazza nota come in precedenza il grattacielo non risultasse brutalmente un intruso nel contesto, mentre la presenza dei tre grattacieli è estranea e dirompente rispetto il contesto urbano di contorno. La distribuzione tra spazio pubblico e spazio privato, se pur mista, risulta essere una sorta di privatizzazione dello spazio pubblico in cui, lo spazio verde pubblico contiguo con le residenze private (e di lusso) risultano residuali in proporzione all’altezza del nuovo edificato. Secondo Mazza, nel progetto risulta esserci la volontà di manifestare un’idea di rappresentazione e celebrazione, tramite l’architettura e lo spazio, dei valori della città ed economia contemporanea: il mercato globale, l’importanza del business e della finanza. La sua forza attrattiva sta appunto nella distanza dalle ereditate caratteristiche tradizionali, a tal punto da renderlo “impressionante” agli occhi del visitatore e del locale. Mazza si sofferma sul fatto che, appunto, il visitatore ne potrà risultare impressionato, ma ne resta senza una reale senso di compartecipazione in quanto lo spazio resta prima di tutto uno spazio principalmente privato: lo spazio non crea nessuna esclusione, ma sussistono due diversi tipi di cittadinanza ben distinti, il proprietario e il visitare in assenza di un senso di appartenenza in comune285. Il tema della “cittadinanza” e dei grandi progetti urbani ritorna nel sistema della gentrificazione all’interno della logica della Rent Gap, precedentemente descritta. Il forte investimento finanziario si intreccia con il simbolismo del luogo e il determinarsi di un tipo di utenza caratterizzata dalla “cittadinanza” individuata da Mazza.

284 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 6 285 L. Mazza in Planning and citizenship, New York, Routledge, 2016, p. 6

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Come anticipato, coerente con la questione della “cittadinanza” risulta essere il rapporto tra spazio pubblico e proprietà privata, questione emergente e, di fatto, prioritaria per capire le nuove forme di spazio aperto che caratterizzano la città contemporanea. Le stesse trasformazioni inducono ad una concezione dello spazio pubblico ben diverso da come si è soliti riconoscerlo e, in qualche modo, attraverso le possibilità che pongono a disposizione, si pone un sistema di possibile inclusione ed esclusione determinate aspetti di gentrificazione. Verso questa direzione di può o interpretare la lettura di Setti che all’interno di questo rapporto individua una “tensione per fraintendimento” generata dalla proprietà individuale del suolo, gli usi collettivi e i tentativi e le forme di riappropriazione da parte dei cittadini all’interno di un dialogo tra tensioni, attori e forza in campo in conseguenza del ridisegno dello spazio delle trasformazioni urbane in sintonia con il significato di città contemporanea286. Risulta una tensione spesso conflittuale tra forze diverse che entrano in contatto sviluppando condizioni e situazioni terze. Come si è visto, lo spazio della città è sostanzialmente sempre stato luogo di tensione e conflitti e, attraverso la quale, gli spazi tendo a ridefinirsi, in particolar modo nel momento in cui subentrano nuovi e profondi mutamenti. La tensione al cambiamento che Setti indentifica coglie come i grandi progetti che stanno cambiando Milano nell’ultimo decennio sono stati determinati e costruiti sulla base degli investimenti privati in cui le pratiche di uso pubblico e condiviso dello spazio sono regolati dalle logiche della proprietà privata: lo spazio pubblico diviene un luogo privato oggetto di negoziazioni e normazioni e di contesa tra cittadini e soggetti privati (banche e assicurazioni)287. È tendenza nella città contemporanea che i grandi investimenti privati nello spazio urbano siano investiti anche e soprattutto con lo scopo di dare immagine e rappresentazione di sé e, a tal scopo, trovano nei possibili vuoti urbani possibili situazioni interessanti. Se precedentemente si è definita la “cittadinanza” come strumento utile per valutare il disegno urbano, le pratiche nello spazio pubblico e il continuo riassestamento e modellazione degli usi che lo caratterizzano diviene un’ulteriore metro di valutazione del progetto urbano. Ritornando un punto chiave, le trasformazioni e i progetti urbani che impattano nella città modificano anche la percezione del cambiamento all’interno dell’uso degli spazi pubblici e dell’uso che i cittadini ne fanno: emergerebbe una contraddizione di un “pubblico di proprietà privata” determinato da uno spazio regolato e normato e che potrebbe limitare o aprirsi a nuove categorie urbane288. Setti propone tre letture su tre progetti urbani recenti che hanno avuto il merito (o il demerito) di cambiare le condizioni dell’ambiente circostante e della stessa Milano. I progetti individuati nel determinare la frizione sullo spazio pubblico sono il progetto di Porta Nuova, di Porta Volta e, come precedentemente, il già illustrato progetto di City Life. I tre progetti propongono, nella lettura di Setti, tre questioni differenti riguardanti lo spazio pubblico. Il primo progetto, Porta Nuova, fa riferimento al più suo noto spazio, piazza Gae Aulenti. Lo spazio configurante la piazza è definito dal vuoto lasciato dal contorno del

286 G. Setti in Tensioni urbane: ricerche sulla città che cambia, Siracusa, LetteraVentidue, 2017, p. 69 287 G. Setti in Tensioni urbane: ricerche sulla città che cambia, Siracusa, LetteraVentidue, 2017, p. 70 288 G. Setti in Tensioni urbane: ricerche sulla città che cambia, Siracusa, LetteraVentidue, 2017, p. 72

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grattacielo Unicredit e da altri edifici che compongono la sua cornice. Pur essendo identificabile come oggetto residuale rispetto il disegno architettonico, si può coglie nello spazio della piazza una vitalità quasi inaspettata diventando un con il tempo uno dei luoghi chiave nella vita pubblica dei cittadini289. Oltre a configurarsi come una piazza “residuale”, essa si struttura anche come una sorta di enclave sicuro in conseguenza della sua posizione rialzata rispetto il traffico e la stazione poco distante e, come detto, del suo contorno costituito da edifici. La configurazione trasmette una percezione di sicurezza che ha permesso di renderla il palcoscenico di una vita pubblica fatta di tempi e stagioni diversi: il rapido muoversi di chi si dirige verso il posto di lavoro si confronta con i tempi lenti dell’incontro per giovani, bambini e anziani290. Setti nota come piazza Gae Aulenti raccoglie al suo interno diverse forze in gioco determinando connessioni che uniscono oggetti autoreferenziali e autonomi propensi all’individualità più che elementi desiderosi di aprirsi. La tensione che si genera nel suo spazio pubblico evidenzia un contrasto tra l’ambizione della produttività e il riconoscimento iconico del progetto e la necessità di uno spazio da considerarsi condiviso e la possibilità che si sviluppi anche un uso informale dello spazio da parte dei cittadini. Risulta, come già sottolineato, un campo denso di azioni, comportamenti diversi che lo co-abitano con tempi ed usi diversificati producendo dinamiche diverse: diviene un luogo di scontro tra istanze e, allo stesso tempo, armonioso determinando un dinamico equilibrio tra gli attori coinvolti291. La tensione non si mostra qui come un conflitto palese, ma si mostra, come Setti argomenta, in modo da definirlo attraverso la locuzione di “pseudo spazio pubblico” in cui si ha la percezione di essere all’interno di uno spazio pubblico che diviene regolato da istanze private volte a regolarne il comportamento al suo interno dove determinate azioni non sono praticabili e monitorato al fine di evitare attività esterne alle regole della proprietà privata292.

Se il progetto di Porta Garibaldi e di piazza Gae Aulenti è stato definito come uno “pseudo spazio pubblico”, il progetto di Porta Volta e della Fondazione Feltrinelli si distingue per l’assenza di un reale spazio pubblico. Il progetto si colloca di via Pasubio, non distante dalla piazza che ospita Porta Volta e che prosegue in corso Como, e in connessione con il quartiere Paolo Sarpi: il vuoto urbano riempito dal progetto colloca come centralità intermedia. Come in Gae Aulenti, la tensione si colloca ancora nel rapporto tra pubblico e privato, ma che in questo caso risulta meno risolta. Lo spazio definito dall’edificio, anch’esso iconico, ospita un complesso di attività private, come gli uffici della Fondazione

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