Costanzo Ranci intravede intense trasformazioni sociali che hanno modificato la vita sociale, a partire da metà degli anni’80, in diversi punti fondamentali dell’organizzazione sociale:
- L’organizzazione del lavoro salariale tradizionale si è spostato verso forme più flessibili e decentrate orientate alla fornitura di servizio e relazioni.
- È cambiato il mercato abitativo in conseguenza delle spinte verso il decentramento urbano.
- È cambiata la struttura famigliare in seguito a processi di indebolimento delle reti parentali e individualizzazione e ridefinizione dei ruoli sessuali.
- È cambiata la forma morfologia del territorio all’interno di una diffusione urbana più ampia a cui però si assiste ad una specializzazione dell’assetto di molte aree in un nuovo rapporto tra centro e periferia.
- È cambiata la forma della convivenza civile e la fisionomia delle reti di supporto sociale e di partecipazione politica.
Questo stato di cambiamento risulta ormai percettivamente diffuso nella destrutturazione del modello che, fino alla fine degli anni ’70, si fondava su una stretta integrazione tra sistema produttivo industriale e un sistema pubblico di garanzie al salario. Infatti, se negli anni ’80 sono prevalsi processi di destrutturazione e disorganizzazione, a partire dagli anni ’90 sono emersi i primi segni di una nuova organizzazione sociale. All’interno della nuova configurazione si apre un quadro complesso e articolato in cui la sensazione di Ranci è quella di un’elevata problematicità frutto di una disorganizzazione del sistema che rende difficile la sua stessa ricomposizione all’interno di un nuovo equilibrio accettabile. La mancanza di coordinamento tra i diversi attori economici e sociali e dell’asincronia emergente dei diversi sottoinsiemi che li compongono143. Nella confusione che accompagna questi processi di cambiamento, che oscillano tra una maggior possibilità di autodefinizione ed una maggior esposizione al rischio, determinano quattro
142 Si fa riferimento a C. Ranci in Nuove forme di vulnerabilità sociale nel contesto lombardo, p. 256 (Territorio II/III 2004), ma anche in C. Ranci e R. Torri in Milano tra coesione sociale e sviluppo: rapporto su Milano sociale, Milano, Mondadori, 2007
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versanti che, nella riflessione di Ranci, stanno contribuendo a modificare in modo radicale la società, in particolar modo quella lombarda.
In primo luogo, le trasformazioni del mercato del lavoro vanno verso una maggiore vulnerabilità, dovuta al nuovo sistema produttivo, che si manifesta in una minor offerta di garanzie salariali e in una richiesta maggior flessibilità da parte dei lavori offerti sul mercato. La nuova e profonda riorganizzazione del lavoro, si assiste ad una espansione dei lavori di bassa remunerazione sulla spinta del crescente lavoro in subappalto, cottimo e a domicilio, che si verificano nel settore manifatturiero, dell’informalizzazione dei lavori di servizio ad elevata personalizzazione. Ranci nota, attraverso un’indagine campionaria condotta dall’Irer144 nel 2000, le famiglie monoparentali e le famiglie con figli, in cui è presente un solo componente attivo in situazione di l’instabilità o di disoccupazione del “breadwinner”145 comporta una situazione di estrema vulnerabilità economica. La configurazione di tali fenomeni di configura in una conseguente dispersione dei guadagni e dell’occupazione con un aumento della quota di lavoratori privi di tutela nelle fasce più basse, a cui si associa un aumento dei posti di lavoro a reddito elevato: all’interno di questo sistema, Ranci identifica la formazione di un “proletariato dei servizi”146 in conseguenza del crescente impoverimento del ceto medio. Gli anni’90 si caratterizzano anche per un costante aumento del tasso dell’attività femminile correlato ad occupazioni precarie e atipiche in cui la disoccupazione generale è stata assorbita dalla piccola e media impresa all’interno di dinamiche polarizzanti.
In secondo luogo, il disagio nel reddito si trasmette in possibili dinamiche di disagio abitativo in cui la presenza di mercato abitativo più ampio non coincide con una più facile accesso alla risorsa per i redditi bassi e medio-bassi. Questo aspetto è intensificato nelle zone urbane e da un mercato dell’affitto quantitativamente ridotto e non sostenuto da politiche pubbliche. L’osservazione di Ranci si concentra sul fatto che in un sistema abitativo orientato verso la proprietà, l’accesso alla casa in tal senso è particolarmente basso nelle famiglie di recente formazione, delle famiglie monoparentali e di quelle composte da soggetti in condizione di debolezza occupazionale. All’interno di quest’ottica, in cui la diffusione della proprietà è giunta a livelli difficilmente superabili, pone il problema di comprendere quali sono le specifiche condizioni che renderebbero meno desiderabile, se non inconveniente, perseguire l’obiettivo di una casa in proprietà. Nonostante la quota di affitto persista a livelli più alti nel contesto milanese, l’esistenza di vulnerabilità economiche e sociali accentuano i caratteri problematici: la polarizzazione delle famiglie affittuarie si concentra negli strati più alti e più bassi della struttura di classe, ma detiene una forte concentrazione tra la popolazione più giovane e nelle composizioni famigliari monoparentali e dei single, nel quale la fragilità e vulnerabilità finanziaria il costo dell’affitto comporterebbe un notevole peso nel bilancio famigliare. La mutazione economica e sociale comporterebbe
144 Istituto regionale di ricerca della Lombardia
145 Termine inglese che sta indicare l’unico componente della famiglia che genera reddito.
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quindi inequivocabilmente un conseguente mutamento dell’offerta abitativa in risposta alle nuove domande che emergono in particolar modo sulle nuove popolazioni emergenti che vivono il territorio (studenti, anziani e immigrati) e che manifestano uno stato quasi permanente di fragilità e vulnerabilità. Lo sviluppo di questa nuova domanda abitativa si scontra con la rigidità sia del mercato abitativo che delle politiche pubbliche, senza proporre una risposta percorribile.
Un terzo fenomeno osservato da Ranci riguarda la diretta trasformazione della composizione famigliare e il diverso carico che esse si trovano a sostenere. I cambiamenti indotti dalle dinamiche demografiche e dell’età della popolazione favoriscono una composizione di famiglie unipersonali e il crescente peso dell’occupazione femminile, in rottura con il tradizionale rapporto tra reddito famigliare e lavoro maschile. Il modello della famiglia composta dal doppio reddito comporta una profonda riorganizzazione interna nelle questioni di accudimento e, più generalmente, del rapporto tra famiglia e lavoro. Lo stesso aumento della necessità delle donne di partecipare al reddito famigliare rende cruciale l’intensità e la stabilità della loro partecipazione complessiva al mercato del lavoro: se in precedenza la disuguaglianza sociale dipendeva dallo status del capofamiglia, ora dipende dalla capacità della famiglia di combinare risorse differenti in funzione della struttura famigliare, della rete parentale e dei servizi. Ranci osserva che questi ultimi aspetti sono fattori che concorrono a deprimere l’occupazione femminile e che, infatti, il rischio di povertà risulta diffusa tra i single pensionati e famiglie monoparentali con figlio minore in carico, ma risulta quasi inesistente nelle famiglie con presenza di un doppio reddito.
L’ultimo di particolare interesse pone in questione le trasformazioni in atto nel sistema del welfare locale che sembrerebbe rimasto fermo ad un approccio tradizione di ampi trasferimenti monetari verso la famiglia, ma in modo residuale verso i servizi assistenziali, in supporto ai rischi connessi alla perdita del lavoro, ma latente verso la cronicità e alle manifestazioni più recenti di disagio sociale: perdita della casa, tossicodipendenza e solitudine, in particolare. A questa tendenza del welfare nazionale gli enti locali, il volontariato e il sociale privato hanno cercato di far fronte al vuoto creatosi. Il bisogno di accudimento e di cura, aumentato con l’ingresso massiccio nel lavoro dell’occupazione femminile e del diminuire del supporto del sistema parentale, il ruolo del mercato ha giocato un ruolo chiave in un contesto in cui la domanda di tali servizi supera la disponibilità offerta dal pubblico. L’ingresso del privato nel sistema del welfare ha comportato un marcato dualismo in cui le strutture pubbliche tendono ad assorbire una domanda espressa dalla classe sociale più debole e fragile mentre quelle private sono maggiormente accreditate ad una fascia più benestante. Ranci nota che, all’interno del cambio di paradigma, il modello del welfare è rimasto intrappolato in una situazione di mancata sintonia con i rischi sociali ora dominanti, integrata dentro una struttura produttiva e sociale di tipo salariale e non in grado di far fronte alle vulnerabilità che dominano il nuovo ambiente sociale.
I quattro aspetti illustrati raffigurano situazioni facilmente integrabili fra loro: se il sistema complessivo delle trasformazioni ha dato un maggior dinamismo al sistema economico attraverso nuove chance di occupazione e
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relazione, ha anche dato luce ad un ampio processo di precarizzazione sociale a cui è soggetta una crescente parte della popolazione. Nell’ottica di Ranci diventa dunque fondamentale il modo in cui la precarietà e la stabilità viene inserita nei principali sistemi di integrazione sociale: il lavoro, il mercato abitativo, la famiglia e il sistema di welfare in cui la disarticolazione rischia di mettere a rischio i modelli di organizzazione della vita quotidiana sotto la costante minaccia dell’instabilità.