Pratiche, vita quotidiana e politiche riflettono il loro mutarsi nella stessa concezione di quartiere che risulta, quindi, come uno dei possibili campi di intersezione tra i cambiamenti sociali ed economici nell’emergere di nuove logiche della quotidianità e delle sue scale geografiche: in questo senso i quartieri rappresentano un terreno comune tra soggetti sociali diversi, nonostante la crescente concentrazione di popolazione svantaggiate e i crescenti effetti della localizzazione residenziale sui destini individuali222. L’esplorazione e la costruzione dei legami di convivenza che si instaurano a livello locale “nella città che cambia” diventa per Marco Cremaschi oggetto di indagine verso come i
218 C. Cellamare in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 42-43 219 C. Cellamare in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 44-45 220 C. Cellamare in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 45 221 C. Cellamare in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 47 222 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 54
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“quartieri”, e i diversi percorsi di trasformazione e convivenza si sviluppano223. Le parole chiave individuate, infatti, generano nuove definizioni di significato tutt’altro che semplice in cui la stessa nozione di quartiere risulta in un certo senso una “scatola nera” oggetto di profonde trasformazioni. Cremaschi nota come la definizione di quartiere è priva di una sua concezione autonoma che sia scissa dal legame sociale e dai rapporti interpersonali. Nonostante il fatto che il quartiere mantenga la sua concezione storica di identità personale, la definizione sperimenta un processo di revival grazie al rinnovamento urbano e l’esito dell’incrocio tra le pratiche sociali locali e la convivenza di gruppi e popolazioni differenti. La convivenza, appunto, è il secondo termine chiamato in causa e si allude al legame sociale che si crea attorno alla dimensione “abitativa”, intesa come senso di appartenenza a luoghi e le relazioni. L’intreccio delle pratiche di appartenenza e appropriazione risultano, in quest’ottica, altamente influenzati da elementi locali e di contesto che possono portare ad esisti complessi e assai differenziati e, quindi, verso diversi modelli di trasformazione. Infine, l’incognita del cambiamento può essere considerato anche come un processo endogeno, di fenomeni più vasti o di politiche che mirano direttamente a specifici “quartieri”: il cambiamento non è una questione del tutto arbitraria e limitata a porzioni ristrette di spazio edificato e ai residenti che lo usano sia simbolicamente che praticamente224. La combinazione dei tre elementi rende, dunque, complessa ogni possibile definizione di quartiere, oggetto di effetti sulle relazioni spaziali e sociali che rimandano ad una concezione di aggregato fisico e ad una concezione di sottocomunità e di omogeneità culturale225.Risulta infatti chiaro come la nozione di quartiere è stata storicamente relazionata all’idea di comunità e di classe lavoratrice e come essa sia facilmente riconducibile alla costruzione dell’idea della città industriale, avente forti relazioni interne e precisi confini in cui “un insieme di issues ed elementi concentrati sia simbolicamente che fisicamente all’interno con confini geografici ben definiti”226. Nel momento in cui si costituiscono modelli di cambiamento risulterebbe problematico cogliere la sovrapposizione di reti sociali diverse che caratterizzano la specificità della dimensione locale rispetto alla omogeneità del quartiere in un’ottica tradizionale e, di conseguenza, farebbe emergere il suo lato negoziale e strategico, intrinseco nella sovrapposizione di reti sociali differenti. Il carattere negoziale sottenderebbe un riconoscimento dell’uso dello spazio all’interno delle relazioni e interazioni di coloro che partecipano, all’interno di uno spazio definito dalle medesime azioni. L’”habitat di significato”, all’interno del quale si declinano le reti di attori con specifiche relazioni strutturali, risorse e obiettivi, per Cremaschi, risulterebbe indotta dal nuovo mondo globalizzato in cui la sovrapposizione tra habitat diversi diviene incerta, problematica e conflittuale che, di conseguenza, inciderebbe sul senso capacità abitativa e di appartenenza al luogo227. Da questo punto di vista, la
223 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 54 224 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 54 225 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 54 226 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 56 227 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 57
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pratica dell’abitare ha subito notevoli evoluzioni nel corso del tempo in dipendenza dai luoghi e dalle strutture materiali, ma anche dal ceto sociale, stile di consumo, etnia e credenza, che in tal senso, genererebbero appartenenza e un senso di comunità. Se il quartiere, dunque, dovrebbe risultare dalla combinazione di habitat locali e dalla conseguente intersezione di significati e processi combinatori delle relazioni sociali all’interno dello spazio, nella città che cambia le pratiche che vengono poste in relazione si trovano all’interno di un possibile conflitto a causa del sovrapporsi di habitat diversi all’interno di uno specifico ambito spaziale che costituisce il luogo e l’identità sociale. Come si è visto in precedenza, la città moderna ha avuto a suo modo il pregio di rendere maggiormente possibile una mescolanza delle classi sociali e culturali, attraverso la prossimità e la concentrazione, permettendo così un ampliarsi delle possibilità disponibili. Con l’incrementarsi della dimensione globale, invece, la forma urbana prende forma a scapito della città in dissolvenza in cui emerge un modello opposto rispetto la città moderna in cui la disuguaglianza sociale e la segregazione spaziale tendono a tornare come elementi caratterizzanti della società228. Secondo Cremaschi, l’individualizzazione crescente indebolirebbe la capacità di integrazione e l’efficacia delle stesse politiche pubbliche: ne sussiste una crisi della stessa forma ideale di città in cui i quartieri divengono oggetto di moda per nuove identità o di relegazione e stigma di marginalità229.
Ciononostante, si è detto nelle pagine precedenti che il meccanismo di costruzione del quartiere e della sua identità non è priva di aspetti di resistenza e di riconfigurazione personale delle dinamiche di fluidità in cui un significato di quartiere continua ad essere presente e in contrasto ad omogeneizzazioni e falsificazioni. Ma nel momento in cui si prende per vero che “la città non fa più società” risulterebbe parzialmente corretto quando si prende in considerazione l’aspetto che le popolazioni più povere appaiono integrate nella città compatta, generalmente nella periferia, ma sostanzialmente escluse dalla città in cui la questione urbana detiene tutta una serie di più complesse interdipendenze. Il legame sociale che si genera diventa per Cremaschi indicatore per pratiche diverse orientate in una possibile direzione conflittuale nel quale l’impatto delle politiche urbane gioca un ruolo nella strutturazione di questi legami. Tali politiche urbane230, pur avendo avuto il pregio di migliorare i luoghi hanno anche sostenuto una progressiva sostituzione della popolazione originaria all’interno di un crescere della mobilità sociale e di una minor tutela verso le economie e forme sociali più deboli. Nella ricerca dei cambiamenti all’interno dei quartieri la stessa direzione del cambiamento non risulta ben chiara se si tiene in considerazione diverse situazioni possibili, soprattutto in considerazione del fatto che le situazioni di polarizzazione e segregazione, se pur di diverso grado, sono strutture spaziali caratterizzanti di tutti i paesi. Ma è l’evoluzione di una popolazione relativamente stabile e/o l’effetto delle trasformazioni che intervengono e il conseguente riflesso di condizioni più strutturali, come l’accessibilità al mercato
228 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 64 229 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 65 230 M. Cremaschi fa particolare rifermento ai programmi comunitari Urban
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del lavoro nella struttura economica attuale, a diventare il punto di interesse231. I grandi cambiamenti occupazionali e demografici hanno avuto effetti contradditori sui quartieri nella loro influenza sul posizionamento sociale e territoriale di appartenenza. Precarietà e fragilità vanno a toccare tendenzialmente tutti gli strati sociali, oltre alle frizioni interculturali, che determinano modelli di cambiamento dei quartieri più complessi e problematici e, quindi, di non facile comparazione232. L’indebolimento dei legami famigliari, comunitari ed anche nazionali sottoposti all’accelerazione dei processi di globalizzazione, di cui si è già accennato, determina una compensazione dell’”azione collettiva comunitarie” volta alla ricostruzione di beni e servizi in un’ottica di costruzione di nuovi legami e di coesione sociale. La riorganizzazione postfordista ha rotto la coincidenza tra prossimità del processo produttivo e residenziale ed ha aperto una prospettiva di riarticolazione più vasta della stessa identità all’interno di un processo di distorsione tra spazio e coscienza sociale, ancora tutto da esplorare e chiarire233.
Di avviso simile, se pur declinato in maniera diversa, risultano le letture di Costanzo Ranci e l’emergere del rapporto tra coesione sociale e sviluppo economico che qualificherebbe la città duale emergente a Milano. All’interno delle fasi di tumultuoso cambiamento che hanno caratterizzato lo sviluppo di Milano dal dopoguerra, a cui si è dedicato la seconda parte, Ranci individua l’emergere di profonde disuguaglianze sociali ed economiche nel periodo del boom, seguite da una fase di riconversione industriale nel quale emerge un problema di marginalità ed esclusione dal mercato del lavoro e dai programmi di welfare che tramutatasi, nell’ultima fase e attuale, nel ricomparire di un più profondo dualismo sociale ed economico caratterizzati da precarietà lavorativa e da sovraccarico famigliare. Tale evoluzione configura un’ulteriore distinzione: il rapporto tra la disuguaglianza di classe sull’asse verticale di top/down si è ricomposto in un asse orizzontale di in/out di accesso ai benefici e alle tutele in contrapposizione a chance più limitate. Si distingue una parte della popolazione che può contare su una determinata stabilità economica e sociale da coloro che vivono la loro posizione all’interno di uno status di precarietà234. Ranci nota come nel sensibile cambiamento che si è posto a Milano, che inevitabilmente ha comportato conflitti ed incertezze, sia avvenuto gestendo e promuovendo il mutamento senza che provocasse ferite permanenti nel suo tessuto urbano, nonostante disagi ed esclusioni siano ancora presenti: la città, almeno fino ad oggi, ha sviluppato un’attitudine nel contenere gli effetti più spiacevoli e distruttivi235. Essendo la transizione post-industriale un processo lontano da una conclusione delle sue dinamiche di riassetto della struttura economica ed occupazionale, la città ha sviluppato una dinamica e ruolo strategico di scala internazionale generando nuove tensioni tra il ruolo della città e della sua regione urbana all’interno di una
231 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 68 232 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 69 233 M. Cremaschi in I territori della città in trasformazione: tattiche e percorsi di ricerca, Milano, FrancoAngeli, 2007, p. 70 234 C. Ranci in Milano tra coesione sociale e sviluppo: rapporto su Milano sociale, Milano, Mondadori, 2007, p. 141-142 235 C. Ranci in Milano tra coesione sociale e sviluppo: rapporto su Milano sociale, Milano, Mondadori, 2007, p. 143
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frammentazione produttiva e della diffusione insediativa. La nuova tensione si manifesta in nuovi squilibri determinati dalle dinamiche migratorie ma anche dal modificarsi dell’organizzazione della vita quotidiana e dei suoi riflessi nell’abito dei rapporti tra le generazioni e di reciproco aiuto236.
È l’emergere del rischio di dualismo urbano in cui si contrappongono i nuovi ceti attratti dalle opportunità della città, che si inseriscono sia in una posizione di previlegio che di marginalità, che potrebbe determinare una ripresa delle disuguaglianze, sospinte sia dal mercato del lavoro che della residenza ora più polarizzanti, secondo logiche di distribuzione del vantaggio difficilmente controllabili dalle politiche e dal governo pubblico237. Nell’indentificare l’esistenza di una città duale si identificherebbe una città in cui i vantaggi sociali e economici prodotti dall’economia globale non sono ridistribuiti sull’intera popolazione e, di conseguenza, la creazione di un gap crescente tra posizione dominante e gruppi marginali risultano in una competitività urbana in un rapporto di dipendenza e subordinazione: lo spazio globalizzato e lo spazio localizzato diventano così due mondi paralleli in cui lo spazio urbano diventa luogo dell’eccellenza e dell’intermodalità e territorio in cui si scaricano i costi sociale ed economici prodotti dalle stesse funzioni. Il tema dello sviluppo e coesione sociale, per Ranci, si scindono all’interno di un’interruzione della sinergia che avevano caratterizzato la crescita urbana in epoca della città fordista.