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progressivo aumento dell’inquinamento e ancora, i drastici cambiamenti climatici e la conseguente preoccupazione che da essi scaturisce, hanno indotto gli individui ad essere maggiormente sensibili a nuovi modelli di consumo543. Questa spinta nella direzione di

nuovi comportamenti di consumi alternativi sfocia nella volontà di adottare soluzioni sostenibili anche nel sistema consumistico. Uno di questi nuovi modelli è la cosiddetta “Sharing Economy”, l’economia dello scambio, della condivisione. Inoltre, la volontà delle persone di unirsi in un gruppo, di connettersi per creare una comunità, è stata amplificata enormemente dall’avvento dei social network, che hanno dato quindi un importante contributo alla nascita e alla diffusione di questo rivoluzionario fenomeno.

L’idea di fondo della Sharing Economy è quella che accomuna un insieme di pratiche, modelli e piattaforme che, grazie all’avvento delle nuove tecnologie e di una comunità, permette ai singoli individui o alle imprese di condividere l’accesso a prodotti, servizi ed esperienze. Definire questo modello economico non è semplice, invero in letteratura troviamo molte definizioni a riguardo. Rachel Botsman definisce questo fenomeno come “an economic model based on sharing underutilized assets from spaces to skills to stuff for monetary or non-monetary benefits”544. Nello studio “Commercial Orientation in Grassroots

Social Innovation: Insights from the Sharing Economy” lo stesso fenomeno viene definito come un modello economico che consiste nello scambiare, condividere, barattare, commerciare o noleggiare beni e servizi per mezzo delle moderne tecnologie e di un marketplace peer-to- peer attraverso modalità innovative e su scala così ampia di consumatori come non era mai stato prima545. La Sharing Economy, infatti, ha reso possibile la creazione di nuovi mercati

ed attività economiche che prima di essa non avrebbero avuto un’attuazione. Ogni singolo individuo può trasformarsi in un piccolo imprenditore generando delle entrate economiche semplicemente rendendo accessibile quello che possiede, inteso come bene fisico, ad esempio un box auto, una tenda da campeggio, un appartamento (che in caso contrario rimarrebbe inoccupato) ma anche mettendo a disposizione delle proprie abilità o competenze. Questo modello economico infatti ha il grande vantaggio di includere la condivisione di conoscenze, abilità, informazioni, viaggi ed esperienze.

La Sharing Economy coinvolge al suo interno una molteplicità di settori, per citarne alcuni quello dei trasporti, del noleggio, della tecnologia, degli alloggi, del turismo. Quest’ultimo, forse, quello che più velocemente è riuscito ad assorbire i meccanismi delle innovazioni tecnologiche, anche grazie alla sua natura intrinseca di servizi immateriali e di interazioni sociali.546 La condivisione applicata al settore turistico permette di attuare un approccio

bottom-up, dove le persone sono spinte, sfruttando le potenzialità della rete, a scambiarsi beni e servizi nello scenario di una solidarietà reciproca. Non è raro che il turista ricorra all’utilizzo di BlaBlaCar per ridurre le spese di viaggio. Non solo, ma in un’ottica di sostenibilità ambientale la condivisione del mezzo di trasporto può portare ad una riduzione delle emissioni attese ove non si fosse condiviso il viaggio. Vi è la possibilità di

543 M. Lathi, J. Selosmaa, Introduction to the sharing economy, in A Fair Share: Towards a New Collaborative

Economy, Chapter 1, Published by Atena Kustannus Oy, Helsinki, 2013.

544 R. Botsman, The sharing economy lacks a shared definition, in collaborativeconsumption.com, 2013.

545 C. J. Martin, P. Upham, L. Budd, Commercial orientation in grassroots social innovation: insights from the sharing

economy, in Ecological Economics, Vol. 118, 2015, pp. 240-251.

546 E. Martella, Turismo 3.0 – Il turismo collaborativo nell’era della sharing economy. Disponibile su

trovare alloggio durante il viaggio presso casa di sconosciuti, prenotando un posto letto da loro offerto su Airbnb. Si può interagire con nuove persone grazie alla piattaforma Guide Me Right, la quale permette ai turisti di entrare in contatto con i cittadini del luogo che fanno vivere al turista delle attività tipiche della città. Ecco quindi che questo modello è fonte di sostenibilità a tutto tondo, sia per il pilastro economico, sia per il pilastro ambientale, sia per quello sociale.

La scelta di usufruire di strutture locali per immergersi nella quotidianità dei residenti, mangiando i loro prodotti enogastronomici tipici, prendendo parte alle loro iniziative (feste paesane, tradizioni, ecc.) contribuisce a ridurre la distanza tra il turista e i locali. È, forse, questo l’aspetto più vero e autentico di questo nuovo modello economico, ben raccontato da Gea Scancarello, la quale nel libro “Mi fido di Te” ha definito alla perfezione questa nuova rivoluzione. L’autrice ha scritto: “Si chiama Sharing Economy ed è l’economia della condivisione che sta rivoluzionando il mondo. Nel pieno della crisi contribuisce a ripensare il capitalismo in una logica redistributiva: le voci di costo si trasformano in risorse. E le persone possono riappropriarsi di occasioni sociali. Infatti, sono cooperazione, fiducia, generosità, gratuità a generare valore”.547

Oggi le compagnie che riescono ad avere il maggiore successo nel settore turistico sono proprio quelle che riescono a rispondere a questa sfida attraverso l’innovazione, l’utilizzo esperto della tecnologia, di nuovi e differenziati programmi di marketing, uno staff qualificato e, infine, ad un avvicinamento e ad una sempre più importante comprensione dei propri clienti. Il focus principale deve essere rivolto a ciò che i viaggiatori stanno cercando nella loro esperienza di viaggio, piuttosto al “come” essi viaggiano. Gli individui stanno modificando in maniera rapida e sostanziale anche il loro modo di viaggiare e di conseguenza gli effetti stanno avendo un fortissimo impatto sull’industria turistica, che oggi più che mai, è in continua e crescente evoluzione. Il livello di penetrazione della Sharing Economy nel turismo è molto vario a seconda dei paesi in esame. Il mercato è molto sviluppato in America del Nord e in Europa, dove le piattaforme digitali stanno già operando con successo da diversi anni, mentre in America Latina, Asia si sta sviluppando ora la consapevolezza del forte potenziale e delle opportunità che questo fenomeno può dare al settore turistico.

Emerge una nuova figura di turista, il “turista protagonista”, dove l’ospite vuole vivere l’esperenzialità della fruizione turistica, volendo essere accolto come amico e non come mero veicolo di guadagno. Ci si vuole differenziare dai prodotti standardizzati offerti dalle catene alberghiere o di ristorazione, dai pacchetti “all inclusive” in villaggi turistici, che pur essendo all’avanguardia in molti aspetti, appaiono ormai tristi e limitanti rispetto alla volontà del turista di vivere esperienze, ci si vuole distaccare dal fenomeno del turismo di massa.

Più volte all’interno del capitolo abbiamo sottolineato come la presenza di queste piattaforme sul mercato permetta di velocizzare e semplificare le relazioni tra individui e superare quelle barriere fra i consumatori stessi e le imprese. Tuttavia, è bene anche dire che queste nuove piattaforme digitali possono essere considerate anche delle disruptive innovation. Ci si riferisce ad un particolare tipo di innovazioni che sono “distruttive” nel senso che riescono a stravolgere la modalità in cui i consumatori sono soliti approcciarsi ai mercati di beni e/o servizi, delineando nuove prospettive per la concorrenza tra le imprese. Tale fenomeno è correlato principalmente alle nuove imprese, alle start-up, le quali avendo una sola idea di business possono concentrarsi pienamente su di essa e svilupparla fino in

fondo, cosa che un’impresa consolidata nel mercato è più in difficoltà a fare in quanto deve scegliere tra le molteplici idee che vengono proposte al suo interno.

Prendendo ad esempio il caso di Airbnb, quando è nato nel 2008 ha creato una domanda di mercato dove questa non esisteva ancora, dove i grandi leader del mercato avevano lasciato scoperto il mercato. Infatti, Airbnb in origine si chiamava “Airbed & Breakfast”, nome derivante dal fatto che i fondatori, in occasione del meeting dell’Industrial Designers Society of America a San Francisco, hanno comprato tre materassi gonfiabili e sistemati all’interno del loro appartamento hanno offerto alloggio, tramite il sito internet, a coloro che non erano riusciti per tempo a prenotare un albergo o che comunque non potessero permetterselo. Si evince come i fondatori siano stati in grado di lanciare un’idea innovativa, che ha “distrutto” il mercato e lo ha rivoluzionato.

Prima di addentrarci nel mondo delle piattaforme peer-to-peer, è bene dare una generale spiegazione di che cosa si intenda per “peer-to-peer economy”. In linea generale si intende un modello economico decentralizzato all’interno del quale due attori, in linea di massima due persone, interagiscono per acquistare o vendere beni e servizi direttamente tra di loro senza intermediazione da parte di terze parti o senza l’utilizzo di una società di business. Il rapporto avviene quindi direttamente tra l’acquirente del bene e/o servizio e il venditore dello stesso. Aspetto molto rilevante per lo sviluppo di questo mercato e delle successive piattaforme dove avviene lo scambio, è stato il notevole svilupparsi delle nuove tecnologie e internet. Invero come ha affermato Nicholas A. Johnson in aggiunta alla maggiore semplicità di accedere a Internet ha “enabling the ready exchange of data concerning location, availability, price, access and so on”.548

Le piattaforme che possiamo trovare in questo nuovo modello economico, quello della Sharing Economy, possono essere molteplici a seconda del loro fine ultimo, ovvero se esse sono a scopo di lucro o organizzazioni no profit. A seconda della loro struttura di mercato possono distinguersi quindi in peer-to-peer o business-to-peer, noi ci concentreremo in maniera più specifica sulle prime. Se andiamo a prendere un esempio specifico nel settore turistico possiamo vedere Airbnb, che segue un orientamento di profitto che mette in contatto direttamente l’host con l’interessato, quindi una struttura tipicamente peer-to-peer. Analizziamo con riferimento al settore turistico le piattaforme di accomodation sharing, ovvero quelle piattaforme che consento di mettere in affitto camere e/o appartamenti per un limitato arco temporale. Sono molteplici le piattaforme che permettono la fruizione di questo servizio, in particolare ricordiamo Airbnb e Booking.com tra le più importanti. È importante notare come questo settore, quello delle P2P accommodation, sta crescendo e sta vivendo un cambiamento rapido e indipendente. In letteratura non emergono molti dati per stimare la dimensione di tale settore, tuttavia esistono degli studi che ci possono venire incontro. Un primo lavoro della World Economic Forum che prevede un aumento fino al 17% (oggi siamo circa al 7%) dei profitti derivanti dal settore alberghiero sarà dovuto ad affitti di breve termine549. Il secondo studio condotto dalla Mastercard ha stimato che

l’ammontare delle transazioni economiche derivanti dall’economia del P2P accommodation sia intorno ai 75 miliardi di dollari550.

Il fenomeno dell’economia P2P accommodation ha sperimentato negli ultimi anni una notevole crescita che sta ora rallentando nei mercati maturi, ovvero quei mercati che hanno

548 N. A. Johnson, Sharing, collaborative consumption and Web 2.0, EWP 26, Editors Dr. Bart Cammaerts and Dr.

Nick Anstead, MEDIA@LSE Electronic Working Papers, 2013.

549 World Economic Forum (WEF), Digital Transformation Initiative: Aviation, Travel and Tourism

Industry, 2017.

iniziato per prima ad accogliere questo nuovo modello economico, ad esempio luoghi come Nord America ed Europa che hanno sempre avuto una forte concentrazione turistica e un’ottima possibilità di accesso alla rete. In uno studio condotto da Morgan Stanley551 ha

mostrato che il tasso di crescita delle piatteforme in questi mercati è passato dal 7.9% nel 2015 al 3.3% nel 2017, diminuzione dovuta anche ad un sempre maggiore intervento di normative e ad una pubblicità negativa di queste piattaforme. Il fulcro della crescita e dello sviluppo di queste piattaforme si è spostato nei paesi in via di sviluppo. Il numero di arrivi di Airbnb è cresciuto sostanzialmente in paesi come l’Indonesia, le Filippine, l’India e la Cina, quest’ultima ha registrato un totale di 3.290.000 ospiti che si traducono in un incremento del tasso di arrivi da un anno all’altro del 268%. Anche altre piattaforme, ad esempio Homeaway.com, registrano simili crescite in paesi come Cuba, Giappone, Brasile, Argentina, Sudafrica, India, Singapore, Cina ecc.

Figura 1 - Growth of Airbnb Guest Arrivals in “Low-Income” and “Lower-Middle-Income” Countries, 2014–2017

La crescita di queste piattaforme di peer-to-peer accommodation è stata guidata da molteplici fattori come:

- Il numero delle persone che viaggiano è aumenta annualmente;

- Le compagnie aeree low cost hanno consentito gli spostamenti ad una porzione sempre più estesa di popolazione;

- Le OTA (Online Travel Agencies) hanno ottenuto sempre più fiducia e consensi da parte dei consumatori;

- Le tecnologie digitali bancarie hanno permesso i pagamenti con metodi sempre più semplici e rapidi;

- Le tecnologie digitali hanno, inoltre, ridotto in maniera importante i costi per la ricerca e la verifica delle prenotazioni in alloggi, siano essi hotel, B&B, appartamenti;

- Le recensioni da parte sia da parte dei gestori che da parte dei turisti hanno aiutato ad aumentare il livello di fiducia reciproca;

- La maggiore ricerca da parte dei viaggiatori di vivere esperienze e non semplicemente di visitare luoghi.

La P2P accommodation economy è strutturata in tre parti: le piattaforme digitali, il fornitore del servizio di alloggio e il fruitore di questo servizio, ovvero l’ospite. Il ruolo che assume la piattaforma digitale è quello di fornire la tecnologia per far sì che l’ospite possa incontrare in un mercato digitale un alloggio, vuoi un appartamento, vuoi una stanza, messa a disposizione da un fornitore, che solitamente è il proprietario di quell’immobile, o parte di esso. Queste piattaforme assumono quindi il ruolo di intermediario tra le due parti, mettendole in contatto per espletare la prenotazione e il pagamento per la permanenza in struttura. Le Digital Matching firms creano quindi un mercato online dove mettono a disposizione il loro servizio di intermediazione dietro ad una commissione dal pagamento dell’ospite all’ospitante.

Figura 2 – L’ecosistema del P2P accommodation

Per quanto riguarda la prima componente, quella delle piattaforme, è bene specificare che non esiste solo il modello P2P accommodation ma esistono altre forme in cui questo rapporto possa avvenire. Nelle P2P accommodation, il fornitore stabilisce un prezzo per l’affitto e l’ospite paga direttamente presso la struttura (ad esempio, Homestay.com) oppure il compenso viene pagato alla piattaforma che poi si occuperà di trasferire i soldi al fornitore del servizio (ad esempio, Airbnb), in entrambi i casi la piattaforma preleva una tassa per la transazione (le commissioni variano a seconda della piattaforma utilizzata) dal fornitore o dal consumatore, o da entrambi. Un secondo modello è quello dello scambio reciproco di alloggio, dove si realizzano scambi di appartamenti, con un soggetto che risiede temporaneamente nell’appartamento dell’altro e viceversa, e questa forma non prevede che ci sia un pagamento per l’affitto, ma la piattaforma fa pagare ad entrambi gli utilizzatori una tassa per il servizio. Un esempio di questo tipo di piattaforma è GuestToGuest. Un terzo modello per queste piattaforme è quello dell’alloggio gratuito, dove le piattaforme non richiedono alcun pagamento.

I fornitori delle strutture sono particolarmente presenti in Europa, circa il 58% del totale e nel Nord America con il 28%. È interessante vedere la distribuzione di genere all’interno di queste piattaforme e, a questo proposito, Airbnb in uno dei suoi report ha inoltre detto che le donne che forniscono alloggi sono più del 55% degli host totali e anche la piattaforma Homestay.com conferma questa tendenza, dove la percentuale degli host femminili è del 64%. Gli unici continenti in controtendenza sono l’Asia, dove le donne rappresentano il

37%, e l’Africa, dove sono il 47%. È anche interessante vedere come sono distribuiti i fornitori per classi di età: nel 2017 gli host sotto i 34 anni sono solamente il 28%, tra i 35 e i 54 anni sono il 49% e il 23% dai 55 anni in su. All’inizio la maggior parte degli host erano i giovani, mentre ora la tendenza mostra come questo fenomeno abbia avuto un successo anche nelle generazioni precedenti, le quali si sono dimostrate in grado di capire e sfruttare le potenzialità di questo nuovo modello economico. Inoltre, la P2P accommodation si è sviluppata anche oltre la primaria funzione di offrire posti letto nelle prime case, infatti molti host utilizzano anche seconde case come strutture, proprio per aumentare i propri proventi e diminuire i costi di mantenimento delle stesse, che altrimenti rimarrebbero vuote. Infine, per quanto riguarda gli ospiti molte sono le categorie coinvolte in questo ambito. Sicuramente i millenials dominano il mercato del P2P accommodation, ma si stanno sviluppando sempre più altre porzioni della popolazione. In particolare, i Business travellers, ovvero coloro che viaggiano molto per lavoro, sono un mercato in via di sviluppo, infatti sempre più lavoratori si appoggiano a queste piattaforme per il loro soggiorno di lavoro in città diverse dalla loro.

2. REGOLAMENTAZIONE DELLE PIATTAFORME DIGITALI (Giovanni Guida)