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Il tema della rinegoziazione è stato oggetto di studio e dibattito già da prima dell’emergenza sanitaria. In prima battuta per “rinegoziazione”438 si può intendere l’attività posta in essere

dalle parti al fine di ridiscutere il contenuto di un programma negoziale cui esse si sono precedentemente vincolati contrattualmente439.

Nel nostro ordinamento non si parla di rinegoziazione quale istituto giuridico, bensì potremmo considerarla una fattispecie empirica, che si sostanzia in una iterazione della stipulazione che risulta essere sempre sostitutiva, parziale e relativa al contenuto del contratto originario440.

Il suo scopo sembra individuabile nel riequilibrare un assetto contrattuale alterato da elementi imprevedibili e sopravvenuti rispetto al momento di conclusione dell’accordo, ciò al fine di addivenire a un equilibrio contrattuale più ragionevole per entrambe le parti con la (ri)discussione di elementi contrattuali già esistenti ovvero l’introduzione di patti ulteriori. Il contenuto essenziale dell’accordo originario dovrà persistere, perché il complessivo sovvertimento del regolamento di interessi non permetterebbe di parlare di rapporto “rinegoziato”441.

La rinegoziazione può darsi in tre differenti ipotesi:

• libera scelta delle parti, in vero autorevole dottrina ritiene che la stessa sia riconducibile alla più generale area della trattativa442;

• clausole di rinegoziazione, strumento convenzionale adottato dai contraenti. Seppur l’identificazione degli elementi costitutivi della clausola risulti difficile, è possibile definire tali clausole come “il patto con il quale le parti predispongono dei criteri attraverso i quali giungere ad una reductio ad aequitatem, delle rispettive prestazioni in caso di sopravvenienze di circostanze che ne modifichino sensibilmente il valore originario”443;

• prevista per legge, seppur con un ambito di esplicazione fortemente ridotto a causa del principio della libertà contrattuale, la legge non può sottrarsi al compito di cercare di porre rimedio ad eventuali sopravvenienze che superino la soglia di “normalità”. L’intervento del legislatore, infatti, è circoscritto a ipotesi nelle quali sulla scelta delle parti pesino eventi eccezionali ed imprevedibili.

L’ipotesi che interessa alla nostra trattazione è l’ultima, ovvero quando è il legislatore a prevedere la rinegoziazione444.

Nel nostro ordinamento le sopravvenienze contemplate dal Codice civile sono quelle che rendono la prestazione impossibile o eccessivamente onerosa.

In tema di impossibilità totale sopravvenuta successivamente definiremo meglio le sorti dei contratti per i quali si configurerà un’impossibilità totale, disciplinata all’art. 1463 c.c.

438 Sembra che la stessa debba riferirsi ai soli vincoli nascenti da titoli contrattuali. 439 G.SICCHIERO, La rinegoziazione, in Contr. e impr., 2002.

440 A.GENTILI, La replica della stipula: riproduzione, rinnovazione, rinegoziazione del contratto, in Contr. e

impr., 2003.

441 F.DI CAMILLO, La rinegoziazione dei contratti tra privati, in www.altalex.it. 442 Si veda: F.DI CAMILLO,op.cit.; G.SICCHIERO,op. cit.;A.GENTILI,op.cit. 443 F.DI CAMILLO,op.cit.

444 Sono presenti poi all’interno del Codice ulteriori prescrizioni che sembrano rendere il legislatore

favorevole alla conservazione del vincolo contrattatale ed alla possibilità di modificare lo squilibrio sopravvenuto, si pensi agli artt. 1492 c.c., 1578 c.c., art.1623 c.c., art. 1664 c.c.

Per quanto riguarda invece l’impossibilità parziale445, l’art. 1464 c.c. prevede una sorta di ius

variandi nei termini in cui dispone una possibile riduzione della prestazione della controparte, come alternativa alla risoluzione del contratto.

La previsione di una sorta di rinegoziazione è inserita nell’ultimo comma dell’art. 1467 del c.c., in tema di eccessiva onerosità della prestazione, grazie alla quale la parte contro cui è domandata la risoluzione del contratto può chiedere di modificarne le condizioni446.

Tuttavia, questa possibilità è rimessa alla volontà della parte che si avvantaggia dalle circostanze sopravvenute.

Per eccessiva onerosità si deve intendere un’alterazione significativa del sinallagma contrattuale, che imponga ad una delle parti un sacrificio economico superiore rispetto a quello inizialmente previsto447.

In dottrina si è fatta spazio la tesi per cui tra gli obblighi che costituiscono una specificazione del principio generale di buona fede esecutiva vi sono quelli di cooperazione, i quali imporrebbero di “far aderire il regolamento contrattuale, a suo tempo predisposto, alla reale situazione di fatto nel frattempo evolutasi in un certo modo: in una parola a rendere l’attuazione del regolamento contrattuale congrua rispetto agli interessi dei contraenti”448

In nome della buona fede i contraenti dovrebbero cooperare, apportando le modifiche necessarie affinché torni a esserci un equilibrio delle prestazioni per garantire la continuazione del rapporto contrattuale449.

La previsione della cosiddetta reductio ad aequitatem ha una portata assai ridotta, non solo perché si tratta di una possibilità riservata alla sola parte avvantaggiata, ma anche perché la stessa risulta avere efficacia solo nei contratti di durata450.

Al di fuori di questa ipotesi, il Codice civile non prevede espressamente ulteriori rimedi per eventualità in cui si configuri uno squilibrio delle prestazioni, non necessariamente eccessivo.

Nel contesto dell’emergenza sanitaria che il nostro Paese sta vivendo, risulta necessario implementare rimedi agli squilibri economici determinati dal Covid 19. Sotto questo profilo, il diritto generale dei contratti sembra apparire, in prima istanza, inadeguato ad offrire una risposta accettabile per tutelare le parti451.

Con l’avvento della pandemia moltissime prestazioni sono destinate a diventare impossibili ed altre ad essere considerate dai contraenti eccessivamente onerose.

445 Anche in merito a questa si dirà meglio dopo.

446 La parte la cui prestazione è divenuta impossibile non è esonerata in via automatica dall’adempimento, ma

per poter essere liberata e non incorrere in responsabilità per inadempimento dovrà agire in giudizio al fine di richiedere la risoluzione.

447 Un aumento del “costo” della prestazione rispetto a quello fissato al momento della sottoscrizione del

contratto. È chiaro che per i contratti cosiddetti aleatori, in cui il rischio è intrinseco, non è possibile ammettere la possibilità di un’eccessiva onerosità. Nei contratti disciplinati dall’art. 1468 c.c., ovvero contratti con obbligazioni di una sola delle parti, non è ammessa la possibilità di risoluzione ma è ammessa la possibilità di richiedere una riduzione della prestazione o una modifica delle modalità di esecuzione per ricondurre in equità.

448 F.MACARIO,Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996.

449 L’obbligo di rinegoziazione comporterebbe il dovere di accettare le modifiche proposte o proponendo

soluzioni. Un possibile inadempimento si potrebbe configurare solo in un espresso rifiuto assoluto ed ingiustificato alla rinegoziazione.

450 Ovvero i contratti ad esecuzione periodica o differita.

451 F.MACARIO, Sopravvenienze e rimedi al tempo del “coronavirus”: interesse individuale e solidarietà, in

Autorevole dottrina (Sacco e Roppo), sin dagli anni novanta ha avvallato la teoria per cui prima di giungere alla risoluzione del contratto per sopravvenienze l’ordinamento giuridico dovrebbe favorire delle soluzioni che mirino alla conservazione del vincolo, ciò attraverso l’adeguamento del rapporto contrattuale, le cui pattuizioni originarie non siano più attuabili. Ciò in prima battuta attraverso una rinegoziazione tra le parti, e in secondo luogo con l’intervento del giudice452, il quale miri a valutare se la modifica sia in concreto praticabile o

se sia necessaria la risoluzione.

Il dibattito sulla rinegoziazione, come accennato in precedenza, è ed è stato fervido ed acceso soprattutto negli ultimi vent’anni453,tanto da aver indotto il legislatore alla previsione

di una modifica della disciplina codicistica, sancendo il “diritto delle parti di contratti divenuti eccessivamente onerosi per cause eccezionali ed imprevedibili, di pretendere la loro rinegoziazione secondo buona fede ovvero, in caso di mancato accordo, di chiedere in giudizio l’adeguamento delle condizioni contrattuali in modo che venga ripristinata la proporzione tra le prestazioni originariamente convenuta dalle parti”454.

Tuttavia, l’incombere dell’emergenza non lascia auspicare una possibile realizzazione in tempi brevi della revisione del codice civile. Il Governo, istigato dall’emergenza, ha cercato di arginare le difficoltà con l’art. 88 d.l. n.18/2020, che richiama l’impossibilità sopravvenuta o con l’art.91 d.l. n.18/20455, che rimette al giudice la valutazione

sull’esclusione della responsabilità del debitore.

Tali provvedimenti però si limitano ad arginare l’esigenza pandemica che ci ha investiti e non sono di certo sufficienti a fronteggiare la lacuna presente per risanare gli squilibri economici, né risultano sufficienti a spostare il fulcro di soluzioni estintive del vincolo sul rimedio finalizzato all’adeguamento del regolamento contrattuale.

Il nostro ordinamento contempla, seppur con scarsi risultati di tutela, soltanto l’ipotesi di eccessiva onerosità o impossibilità sopravvenuta, ma risulta necessario considerare tutte le fattispecie interessate di riflesso dal factum principis, o dal rallentamento generale dell’economia, che necessitano di un intervento ad hoc della legislazione d’emergenza. La sola disposizione legislativa, tanto quella rivolta a migliorare la tutela già prevista per le due fattispecie, tanto quella eventualmente inserita per l’ipotesi che ne è priva, non sarebbe comunque sufficiente, in quanto necessiterebbe la prontezza della giurisprudenza a confrontarsi con i nuovi scenari e far un uso corretto dei principi generali di correttezza e buona fede, e dei principi costituzionali di solidarietà sociale.

È necessario quindi che tanto il diritto vivente quando il legislatore diano il loro contributo per la costruzione di un diritto dei contratti più solidale456. Soprattutto alla luce

dell’emergenza che sta creando e continuerà a creare effetti catastrofici sulla nostra economia, sarebbe opportuno incentivare le parti a rinegoziare i propri contratti, per

452 Decisione fondata sui principi di correttezza e buona fede e su una valutazione in termini equitativi dei

risultati.

453 Per ulteriori specificazioni si veda V.ROPPO, Il contratto, in G.IUDICA-P.ZATTI (diretto da), Trattato di

diritto privato, Milano, 2011, 1037 ss; e ancora F.MACARIO, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996; R.TOMMASINI, Revisione del rapporto (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1989.

454 DDL Senato 1151, delega al Governo per la revisione del codice civile.

455 Sebbene la norma sia dettata in materia di contratti pubblici, sarebbe auspicabile ritenere che il principio si

possa estendere a tutti i contratti indipendentemente dall’oggetto e dalla natura dei contraenti. Si pensi all’albergatore che ha stipulato un contratto di locazione per una struttura sita sul Lago di Garda, ma che non potrà giovarsi degli introiti ragionevolmente attesi, e comunque di introiti fortemente ridotti, sempre che la situazione gradatamente si sbloccasse.

rivederli alla luce della situazione e dei futuri scenari che si verranno a creare, invece di prediligere la risoluzione degli stessi.