• Non ci sono risultati.

L’ammissibilità della responsabilità individuale nel diritto umano e internazionale: Pietro Nuvolone e Giuliano Vassalli.

V. L’ITALIA E LA SECONDA GUERRA MONDIALE.

2. La «vexata quaestio» 382 della responsabilità individuale nel diritto internazionale.

2.1 L’ammissibilità della responsabilità individuale nel diritto umano e internazionale: Pietro Nuvolone e Giuliano Vassalli.

Nell’aprile del 1945, quando le ceneri del conflitto erano ancora calde, il giurista Pietro Nuvolone dette alle stampe il suo La punizione dei crimini di guerra385. Nella Premessa, l’autore

afferma l’importanza, nonché l’urgenza, di trattare un simile argomento, reso così attuale dai recenti eventi bellici. Se il tema dei crimini di guerra non è totalmente nuovo, essendo stato sollevato già in occasione del primo conflitto mondiale, Nuvolone ritiene che con la guerra appena conclusa si sia resa necessaria una valutazione più ampia, che comprenda, accanto ai consueti crimini di guerra, quelli di lesa umanità. Considerando i fatti che hanno caratterizzato il secondo conflitto mondiale, si è fatta forte l’idea, nell’opinione pubblica come nelle classi dirigenti, della necessità di punire coloro che si sono macchiati, oltre che di violazioni dello jus in bello, di disumane atrocità.

Il giurista è consapevole delle difficoltà che un’indagine volta a chiarire il contenuto e la forma di questa categoria di delitti, da lui definiti di lesa umanità, può incontrare. L’autore, infatti, ritiene che, se i crimini di guerra possono essere inquadrati nelle categorie tradizionali del diritto internazionale, per i delitti di lesa umanità sia necessario fare appello ad un altro ordinamento, che non coincide né con quello interno né con quello internazionale. Ma avremo modo di ritornare su questo importante punto. Per il momento, all’autore preme risolvere, o quantomeno tentare di risolvere, la spinosa questione dell’ammissibilità della responsabilità individuale (penale) nel diritto internazionale. Così facendo, si potrà chiarire chi sia il soggetto delle eventuali violazioni del diritto internazionale e, più specificamente, chi possa ritenersi responsabile di atti di lesa umanità.

Innanzitutto, l’autore afferma che la dottrina non è unanime di fronte al tema della responsabilità nel diritto internazionale; l’unico punto di accordo fra i giuristi risiede nell’ammettere che la società internazionale sia una società di Stati. Altra questione è riconoscere che il diritto internazionale, oltre a prevedere la responsabilità statale, contempli anche la responsabilità degli individui.

Nuvolone, preliminarmente, si sofferma sulla natura dell’illecito penale, per poi passare al suo inserimento nel diritto internazionale. La prima annotazione che fa riguarda quella che da lui è definita la caratteristica primaria della responsabilità penale, ossia, di essere prettamente individuale.

L’autore prosegue nella sua trattazione con l’intenzione di screditare l’assunto, da alcuni sostenuto, che si possa configurare una responsabilità penale per gli Stati.

157

Lo Stato, essendo una persona giuridica, non può in alcun modo, per Nuvolone, agire penalmente:

[…] la persona giuridica [è] incapace, per sua natura, di un comportamento suscettibile di quella valutazione soggettiva (capacità di agire penalmente e di patire le conseguenze dell’illecito penale) che è presupposto inderogabile per l’affermazione di una responsabilità penale386.

Con ciò non si vuole escludere che lo Stato possa compiere atti illeciti secondo il diritto internazionale, bensì si afferma che essi non possano mai avere carattere penale. Conseguentemente, la sanzione di tali illiceità non potrà mai essere individuale, ma dovrà ricadere sull’intero corpus dei cittadini che compongono lo Stato.

Le conseguenze degli atti posti in essere dalla persona giuridica (ci riferiamo qui in modo particolare al tipo della corporazione cui appartiene anche lo stato) ricadono su tutte le persone fisiche che ne formano il corpus; ma è evidente che tale fatto costituisce una deviazione dal comune principio giuridico, per cui ciascuno deve subire le conseguenza dei propri atti: quindi può giustificarsi solo in funzione dello scopo per cui la persona giuridica è riconosciuta dal diritto. Ma, oltre a questa condizione, un’altra dev’essere adempiuta: che l’incidenza della sanzione, non sia, per la particolare natura di questa, essenzialmente personale. Quindi, anzitutto, si deve trattare di atti che rientrano nella sfera di competenza della persona giuridica, cioè in quell’ambito di attività per cui la persona giuridica è sorta e giustifica la propria esistenza. Tali atti possono evidentemente generare forma di responsabilità (civile, finanziaria) che, facendo capo alla persona giuridica, ricadono sopra i suoi membri […]387.

Dunque, per quanto riguarda le misure economiche o politiche che il diritto internazionale prevede qualora uno Stato compia un illecito (vedi, ad esempio, le sanzioni previste dall’articolo 16 della Società delle Nazioni), non si potrà mai parlare, per esse, di sanzioni penali.

Nuvolone ammette che, generalmente, gli strenui sostenitori dell’assoluta sovranità statale tendono ad escludere la sussistenza della responsabilità individuale nel campo internazionale; nell’affermare ciò, alcuni sostengono che le violazioni del diritto internazionale non si possano mai configurare come illeciti penali– perché ciò comporterebbe ammettere la responsabilità individuale –; altri, invece, ricorrono allo stratagemma già accennato di ammettere la responsabilità penale anche per gli Stati.

[…] l’affacciarsi del problema della responsabilità penale nel campo del diritto internazionale porta immediatamente sul piano di discussione lo stesso concetto del diritto internazionale nella sua essenza e nei suoi limiti. E ciò non deve recar meraviglia: perché la caratteristica della responsabilità penale è precisamente di essere individuale; ed è chiaro quindi che si debbano incontrare resistenze più o meno palesi per ammetterne la configurazione in un campo del diritto tradizionalmente legato al principio della responsabilità statuale388.

386

Pietro Nuvolone, La punizione dei crimini di guerra, p. 17.

387

Ibid., p. 19.

158

Avendo stabilito categoricamente che la responsabilità penale è unicamente personale, Nuvolone si appresta ad indagare se sia «configurabile una responsabilità penale individuale per atti contrari al diritto internazionale»389

.

Innanzitutto, a detta del giurista, la dottrina italiana ha raggiunto una sorta di compromesso fra due opposte teorie: quella della dottrina inglese, la quale ammette la responsabilità individuale nel diritto internazionale, e l’altra, propria della dottrina tedesca, che la esclude categoricamente.

Abbiamo, qui, in sostanza, un punto di vista intermedio; mentre per la dottrina inglese la violazione delle norme internazionali porta in molti casi come conseguenza una responsabilità individuale e, invece, per la dottrina tedesca tale responsabilità deve sempre escludersi; secondo il punto di vista del Balladore Pallieri i singoli devono essere chiamati, in via eccezionale, a rispondere non già, in genere, delle violazioni di norme internazionali, ma soltanto di quelle che potrebbero chiamarsi delitti di lesa umanità390.

La teoria di Balladore Pallieri sull’argomento – che già conosciamo – viene presa da Nuvolone come emblema della posizione italiana sull’argomento. Il giurista non appare però completamente soddisfatto della soluzione raggiunta, la quale lascia in sospeso questioni fondamentali.

Come si determina il concetto di azione inumana? Quali sono le fonti formali o materiali cui si deve fare ricorso? E fino a che punto domina esclusiva la responsabilità degli stati, che poi viene ad innestarsi con la responsabilità individuale o ad essere da questa sostituita? Sono problemi che rimangono aperti391.

La soluzione proposta da Nuvolone rappresenta una sorta di ammissione della sostanziale incapacità dell’attuale diritto internazionale di punire quei crimini di lesa umanità, per i quali lo stesso Balladore Pallieri aveva previsto la punizione dei diretti responsabili. Tali crimini, allo stato attuale, non trovano fondamento giuridico né nel diritto internazionale, né nel diritto interno. È necessario, secondo Nuvolone, fare ricorso ad un altro ordinamento, privo di una sistemazione giuridica e dunque non ancora formalmente vigente, ma il cui valore trascende ogni considerazione tecnica: il diritto umano. Avremo modo di tornare più diffusamente sui caratteri di questo particolare ordinamento; per il momento, ci basti cogliere l’importanza di questa affermazione in relazione alla tematica della responsabilità individuale nel diritto internazionale.

L’autore, innanzitutto, ammette che membri della società internazionale siano unicamente gli Stati; ma ciò non esclude che soggetti di diritto internazionale possano essere anche gli individui, in quanto questo diritto riconosce ad essi diritti e doveri. Qui si inserisce un importante passaggio, che differenzia il diritto internazionale da quello umano:

I rapporti giuridici internazionali in cui l’individuo è parte non sono, però, mai rapporti tra individui, ma tra gli individui e gli stati. I rapporti tra gli individui sono, invece, presi in considerazione o dal diritto interno o dal diritto

389

Pietro Nuvolone, La punizione dei crimini di guerra, p. 21.

390

Ibid., p. 13.

159

umano […]. Una responsabilità individuale di diritto internazionale è, dunque, ammissibile. L’individuo è chiamato a rispondere della violazione di una norma internazionale non in quanto uomo, semplicemente, ma in quanto uomo qualificato dall’appartenenza a uno stato. Una responsabilità dell’individuo in quanto uomo, indipendentemente da ogni qualificazione politica, è concepibile soltanto in un ordine diverso da quello internazionale: cioè in una comunità di cui gli individui siano i soggetti primari con un corrispondente sistema di norme giuridiche392.

La definizione che Nuvolone dà di comunità umana, alla quale applicare il diritto umano, chiarisce il significato dell’intero ragionamento del giurista: essa è «la società di tutti gli uomini considerati

da un punto di vista universale»393.

Con tale definizione si vuol mettere in chiaro che essa non si identifica con l’umanità presa nella sua accezione statistica, ma con l’umanità in quanto portatrice di alcuni interessi fondamentali, comuni nella loro essenza, anche se essi assumono forma diverse a seconda dei tempi e del luoghi, a tutti gli uomini394.

I delitti di lesa umanità si presentano quindi come la categoria di reato strettamente di competenza del diritto umano, in quanto tali delitti si presentano come lesivi di princìpi assoluti ed universalmente validi, a prescindere da ogni altro ordinamento giuridico.

Vien da sé che Nuvolone abbia previsto una soluzione relativa al problema dell’organo competente a punire i responsabili di crimini di lesa umanità; «da un punto di vista generale, è evidente che titolare dello ius puniendi è la stessa comunità umana»395. L’autore non si inganna, però, circa la

concreta fattibilità di tale soluzione. Egli ammette che, attualmente, la comunità umana manchi di un’organizzazione giuridica che le permetta di esercitare il diritto di punire. Quale soluzione adottare?

La soluzione più conveniente non può essere che quella di fare esercitare lo ius puniendi da quegli organismi che, sia pure nei confronti di un gruppo sociale limitato, sono già attrezzati per l’attuazione coattiva del diritto: precisamente gli stati, e, per essi, i governi che li rappresentano. Gli stati possono invero, attraverso un accordo, creare delle magistrature soprastatuali col compito di giudicare di quei delitti; e, in effetti, nell’ordine internazionale, magistrature del genere sono già state create, anche se con finalità diverse. In tale senso l’ordine internazionale presterebbe la sua organizzazione per l’attuazione del diritto umano. Ma, anche in mancanza di un organo giudiziario sovra statuale creato dagli accordi tra gli stati, gli stati possono in qualche modo, certo imperfetto, esercitare per delega della società umana lo ius puniendi396.

Per concludere con Nuvolone, evidenziamo come per il giurista non ci siano dubbi circa la necessità, nonché l’importanza, di configurare la responsabilità individuale nel diritto internazionale. Se le attuali incertezze dell’ordinamento internazionale non consentono una precisa sistemazione e concettualizzazione della responsabilità individuale, nel momento in cui la comunità

392

Pietro Nuvolone, La punizione dei crimini di guerra, p. 28.

393 Ibid., p. 61 (corsivo nel testo). 394

Ivi.

395

Ibid., p. 100.

160

umana riuscirà a darsi una forma stabile, nonché giuridica, il principio della responsabilità individuale non potrà più essere messo in dubbio.

La precoce volontà manifestata dalle potenze alleate di punire i criminali di guerra costituendo un tribunale internazionale397

, non può che essere vista di buon occhio dal nostro giurista; essa appare l’unica soluzione attuabile, mancando, per il momento, un organo giudiziario proprio della comunità umana.

Il giurista Giuliano Vassalli, a poco meno di un anno dalla pubblicazione de La punizione dei

crimini di guerra del suo collega nonché coetaneo Nuvolone, espresse, in una prolusione letta il 31

gennaio 1946 dalla cattedra di diritto penale dell’Università di Genova398, elogi per l’opera suddetta,

da lui definita «come l’unica monografia che sia uscita sinora in Italia sul difficile argomento dei crimini di guerra»399.

Pur apprezzando lo sforzo compiuto dal giurista bergamasco di dare una sistemazione allo scottante ed attualissimo tema della punizione dei criminali di guerra, Vassalli non condivide la soluzione alla quale egli giunge. Il tentativo messo in atto da Nuvolone di conferire validità giuridica ai delitti di lesa umanità facendo appello ad un diritto umano ancora da costruire, non convince totalmente il giurista perugino.

Vassalli non comprende come sia possibile conferire valore positivo – cosa che Nuvolone fa – a quei precetti morali che dovrebbero costituire l’ordinamento umano. Il giurista bergamasco, infatti, pone come norma giuridica fondamentale della comunità umana la massima biblica che ognuno

deve trattare l’altro come pretende di essere trattato lui stesso.

Ma la tesi medesima non può resistere alla critica che se ne può fare sotto varii punti di vista. Fondamentale è, a nostro avviso, il rilievo che quel diritto umano, del quale l’unico precetto veramente chiaro è un precetto evangelico o un precetto morale, non può essere considerato in alcun modo un diritto positivo, ma rappresenta invece una più moderna e forse più felice formulazione del diritto naturale: di quel diritto naturale del quale invano alcuni scrittori han cercato di dimostrare la positività e che invece, proprio, in tanto ha un autonomo rilievo e una sua ragion d’essere concettuale in quanto non è, o almeno non è necessariamente, diritto positivo400.

Inoltre, la stessa difficoltà di stabilire delle regole precise su cosa sia la morale, valide per tutti in ogni tempo, porta a non preferire la strada tracciata da Nuvolone.

397

Scrivendo Nuvolone nell’aprile 1945, non può egli esprimere giudizi più circostanziati circa la volontà alleata di punire i criminali di guerra. Egli, comunque, non mancò di avvertire delle difficoltà alle quali il progetto di punizione di detti criminali sarebbe andato incontro. Avremo comunque modo di tornarci nel prosieguo del lavoro.

398

Il testo della prolusione suddetta è stato raccolto nel libro Giuliano Vassalli, La giustizia internazionale penale, Giuffrè, 1995, con il titolo I delitti contro l’umanità e il problema giuridico della loro punizione. Il testo del 1995 consiste in una selezione di testi del giurista circa il tema della giustizia internazionale. Le citazioni che seguiranno saranno tratte da questo testo.

399

Giuliano Vassalli, La giustizia internazionale penale, p. 22.

161

Chi ci garantisce che il diritto umano non possa divenire il diritto nazista della razza e del sangue e la morale non sia la morale di guerra e la morale del più forte e che si chiami diritto umano o diritto naturale quello applicato ai tempi della Santa Inquisizione o nei processi alla streghe?401

Il diritto umano, proprio per la volubilità della sua natura, non può divenire un sicuro appiglio per combattere e sanzionare le violazioni di cui l’uomo si rende colpevole nei confronti dell’altro uomo. Questo compito viene – anche se ancora in maniera embrionale – assolto dal diritto internazionale, il quale, negli ultimi decenni, ha dato prova di aver assimilato e compreso l’importanza di categorizzare, e conseguentemente sanzionare, quelle gravi violazioni che prendono il nome di crimini contro l’umanità. Il diritto internazionale, proprio per la sua natura di strumento positivo, che sa cogliere le sempre più pressanti richieste di civiltà e umanità, rappresenta l’unica forma di tutela nei confronti di quegli atroci crimini che il secondo conflitto mondiale ha portato alla ribalta. Di fronte a ciò, la costruzione di un diritto umano al quale affidare i compiti già assolti dal diritto umano appare, se non illogica, quantomeno superflua.

Ma chi è che segna codesti progressi [morali e sociali] […] se non il diritto positivo, e precisamente quel diritto internazionale che ogni giorno più dovrà apparire la risultante giuridica della comune coscienza dei popoli? Di fronte agli orrori che tuttora si stanno commettendo in tante parti del mondo, ed anche nell’Europa d’oggi, quale rimedio offre il diritto umano? Bisogna invece ricorrere al suo strumento positivo, il diritto internazionale402.

E se Nuvolone, per dare valore alla sua tesi, afferma che il vantaggio delle leggi d’umanità è quello di essere universali e quindi non legate ad accordi specifici fra le nazioni, Vassalli così risponde:

Certamente, è così: ma sono pur sempre norme di diritto internazionale, interpretabili dunque in relazione a tutte le altre norme di diritto internazionale e alla stregua di quanto detto nei preamboli delle […] convezioni dell’Aja: le esigenze sempre progressive della civilizzazione. Sono queste esigenze che spiegano l’avvenuta presa in considerazione da parte del diritto internazionale di quei delitti contro l’umanità in senso stretto che sono i delitti di oppressione politica o razziale […] in virtù dei quali il Nuvolone ha creduto di dover uscire dagli schemi del diritto internazionale per venire alla costruzione, che a questo punto può sembrare inutile, del diritto positivo umano403.

Vassalli, infine, non riesce a comprendere come Nuvolone, pur ammettendo che il diritto internazionale contempli la responsabilità penale individuale, abbia dovuto far ricorso al diritto umano per ottenere la suddetta per i crimini di lesa umanità. Anche in questo, il giurista perugino trova conferma dell’inutilità dello sforzo fatto dal collega nel postulare la necessità di un altro ordinamento oltre a quello internazionale.

Per quanto riguarda il tema della responsabilità individuale, al centro di questo nostro paragrafo, vediamo come Vassalli non ha dubbi nell’affermarne l’esistenza nel diritto internazionale vigente.

401

Giuliano Vassalli, La giustizia internazionale penale, p. 40.

402

Ivi.

162

Rispetto a Nuvolone, compie però un passo successivo. Ricordiamo come per il giurista bergamasco la responsabilità statale per illeciti internazionali non poteva mai assumere il carattere di responsabilità penale ma solo civile e, conseguentemente, le sanzioni generate dall’illecito andavano a colpire la collettività costituente lo Stato stesso. Gli illeciti statali, dunque, non sono, per definizione, personali.

Vassalli sembra non considerare di vitale importanza la distinzione fra persone fisiche e persone giuridiche, ritenendo che, in sostanza, sia che si tratti di un illecito statale o che si tratti di un illecito compiuto dal singolo, in ogni caso saranno gli individui, in prima persona, a doverne rispondere.

[…] si ha oggi […] un duplice ordine di sanzioni per cui lo Stato viene costretto a sopportare, come conseguenza della violazione da esso commessa dei suoi obblighi internazionali, la punizione delle persone fisiche che furono i suoi organi nella violazione e di tutti quei soggetti che ebbero a collaborare con tali persone. In fondo la responsabilità penale delle persone giuridiche si risolve sempre, là dove è ammessa, in quella individuale dei loro dirigenti, amministratori e membri, nessuno dei quali può invocare indiscriminatamente d’aver agito in conformità d’un ordine superiore o per il bene della persona giuridica stessa. Si pensi inoltre, da un lato, che tutti gli atti dello Stato sono sempre attribuibili a una o più persone individuali e, dall’altro, che per un principio del quale si conoscono numerosissime applicazioni in ogni ordinamento giuridico, un soggetto può violare, p.es., per correità con un altro, una sfera giuridica che è del tutto estranea ai suoi diritti e doveri404.

Se ricordiamo, Nuvolone aveva affermato che la caratteristica del diritto internazionale era quella di considerare gli uomini non in quanto uomini, ma in quanto appartenenti ad un determinato Stato. Di conseguenza, l’uomo politico che commette un illecito internazionale non ne risponderà in prima persona, ma potrà far valere la sua qualità di uomo politico, che in ultima analisi, lo esonererà da qualsiasi responsabilità individuale.

Nel campo del diritto internazionale, è evidente che di nessuna responsabilità può farsi carico ai governanti. Essi agiscono per la tutela di interessi che l’ordine internazionale considera aventi un valore assoluto; anche quando con la loro azione essi violano alcune norme di diritto internazionale che limitano l’esercizio del diritto di ricorso alla guerra,

Outline

Documenti correlati