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Princìpi di umanità e loro violazione: punizione dei belligeranti avversari.

III. IL NOVECENTO: SECOLO DI GUERRE TOTALI.

3. Lo jus in bello fra le due guerre mondiali: l’analisi di Balladore Pallieri.

3.2 Princìpi di umanità e loro violazione: punizione dei belligeranti avversari.

Vi sono certe esigenze elementari di umanità che il belligerante non può violare, vi sono certi atti brutali che gli è vietato di compiere; e questa regola si estende a qualunque attività spieghi il belligerante; ed anche quando non vi sono norme particolari che limitino il suo agire, quel principio opera come limite generale sempre sussistente; e quando la sfera di libertà dello Stato è eccezionalmente allargata, come quando compie degli atti di rappresaglia, quel limite è ancora presente, ed è bensì consentito allo Stato di violare dei diritti altrui come rappresaglia per la violazione subita, ma sempre rispettando le esigenze umanitarie369.

Anche per Balladore Pallieri l’estrema libertà che di cui godono gli Stati durante il dispiegamento delle ostilità sembra trovare un ostacolo; il rispetto delle regole di umanità rappresenta il limite entro il quale l’intera attività dei contendenti deve essere fatta rientrare.

Ma anche in questo caso, accanto all’affermazione della suprema importanza dei principi di umanità, vengono fatte valere delle riserve e delle limitazioni. Lo spettro della necessità militare, che consentirebbe di derogare a suddetti principi, nonché la difficoltà a precisare il contenuto degli stessi, farebbe venir meno la loro efficacia.

Questo principio, che pervade tutto il diritto internazionale, e che dà luogo a tante e svariate applicazioni nel diritto di pace, spiega la sua influenza pure nel diritto bellico, per quanto lo consentano le necessità della lotta armata. […] E ancora:

367

Giorgio Balladore Pallieri, La guerra, p. 186.

368

Vedi p. 54 del presente lavoro.

149

È questa la norma [il rispetto delle esigenze umanitarie] più generale del diritto bellico, efficace anche quando non ve ne è alcuna altra, e difficilmente precisabile nel suo contenuto, anche per il suo notevole variare nel tempo370.

Alla questione dei principi di umanità – in particolare alla questione della loro violazione – è legato un altro tema molto significativo, connesso, anche in questo caso, alla limitazione dei poteri statali.

Balladore Pallieri, infatti, riconosce ad ogni belligerante la facoltà di punire direttamente gli appartenenti alle forze armate avversarie che abbiano compiuto delle infrazioni di qualche norma del diritto internazionale bellico. Come possiamo vedere, con questa evenienza si vanno a mettere in dubbio due pilastri fondamentali dell’intero sistema internazionale.

Questa potestà, riconosciuta a ciascuno Stato belligerante, è certo singolare ed eccezionale, sia perché una regola ben sicura del diritto internazionale vuole che la responsabilità internazionale degli atti illeciti compiuti da uno Stato ricada esclusivamente sullo Stato medesimo, non anche sugli individui per cui mezzo materialmente l’azione è stata compiuta, sia perché un’altra regola altrettanto sicura del diritto internazionale esclude che gli Stati abbiano giurisdizione rispetto agli atti compiuti da individui quali organi di Stato straniero371.

Quali infrazioni introducono il concetto di responsabilità individuale, solitamente escluso nell’ambito del diritto internazionale? Quali infrazioni consentono agli Stati di avere giurisdizione su individui di altri Stati?

Balladore Pallieri precisa che «solo le violazioni di alcune norme belliche producono quelle conseguenze»372.

È dunque da fare una distinzione fra la violazione di certe o di certe altre norme internazionali e, se si bada al comune carattere della azioni il cui compimento importa la punibilità dell’autore da parte dello Stato avversario, e il comune carattere di queste altre per le quali tale possibilità è esclusa dalla pratica internazionale, non è difficile scorgere che quella eccezionale potestà di punire è concessa a ciascun belligerante solo per le azioni inumane commesse dai belligeranti avversari. […] è soltanto rispetto a certe azioni, maggiormente ripugnanti, che ciascuno Stato si arroga il potere di punire direttamente chiunque le abbia commesse; e cioè è solo per la salvaguardia di certe fondamentali esigenze umanitarie e per reazione contro gli atti barbari e inutilmente crudeli che quell’eccezionale potestà di punire viene concessa a ciascun belligerante373.

Il mancato rispetto delle norme di umanità rappresenta quindi la sola evenienza che consente di contravvenire alla normale prassi del diritto internazionale, che non prevede la diretta responsabilità del singoli per atti imputabili allo Stato di appartenenza e, ancor meno, la possibilità di giudicare belligeranti di uno Stato straniero.

370 Giorgio Balladore Pallieri, La guerra, p. 139. 371

Ibid., p. 383.

372

Ibid., p. 384.

150

Introducendo la tematica della violazione dei principi di umanità, Balladore Pallieri è consapevole di inoltrarsi su un terreno irto di difficoltà, dove le certezze e le opinioni unanimemente condivise scarseggiano.

Con queste domande, il giurista espone le maggiori difficoltà nelle quali la dottrina si è imbattuta sulla questione della punibilità del belligerante che abbia compiuto una violazione dei principi di umanità:

chi deve essere considerato colpevole, e venire sottoposto a pena? Solo coloro che hanno eseguito l’atto imputato, o anche gli organi superiori che hanno impartito l’ordine? Oppure la forte disciplina vigente negli eserciti, e l’avere agito per la necessaria obbedienza agli ordini ricevuti, costituiscono una scusante che esonera da responsabilità l’organo inferiore che ha agito in tali condizioni?374

La questione dell’ubbidienza agli ordini rappresenta il perno intorno al quale ruota l’intera questione della responsabilità.

Per quel poco che è lecito asserire in modo generale intorno a questo problema, sembra doversi notare da un lato che non si può non tenere conto della particolare organizzazione e disciplina militare per cui l’individuo può trovarsi costretto a compiere atti sui quali non ha alcuna libertà di scelta, e che egli ha l’obbligo preciso di compiere e di compiere in quel modo come gli viene ordinato, onde spesso la responsabilità non può su di lui essere fatta gravare, ma solo su coloro che hanno impartiti gli ordini; dall’altro lato è pure da notare che non si può procedere indefinitamente da un comando a un comando superiore fino a far ricadere la responsabilità su persone assai lontane da quelle che hanno compiuto l’azione375.

Se è necessario tenere conto, nel giudicare un belligerante che ha trasgredito ai principi di umanità, della rigida disciplina cui sono sottoposti gli appartenenti alle forze armate – disciplina che non permette di sindacare gli ordini di un superiore –, non si può nemmeno risalire tutta la linea di comando e far ricadere la responsabilità su persone materialmente lontane o estranee al fatto. Il giurista, al riguardo, giunge a questa conclusione:

Solo colui che agisce direttamente e, almeno in certi limiti, liberamente, disponendo o organizzando l’azione considerata illecita, sembra pertanto doversi ritenere colpevole376.

Dunque, solo colui che materialmente organizza e compie l’azione illecita, facendolo con una certa libertà di giudizio, deve rispondere dell’illecito. Il giurista non sembra considerare la possibilità per il subordinato di sottrarsi dall’eseguire un ordine che manifestamente viola princìpi di umanità, come non sembra contemplare l’evenienza che un superiore possa impartire ordini “illeciti” ai suoi sottoposti.

374

Giorgio Balladore Pallieri, La guerra, p. 383.

375

Ibid., p. 384.

151

Non possiamo non ricordare la posizione dell’autore circa il concetto di necessità militare legato alla questione del rispetto delle regole di umanità: pur rappresentando, queste ultime, «un principio che merita rilievo e la cui importanza è notevolissima», «pervade[ndo] tutto il diritto internazionale»377

, il loro rispetto è comunque subordinato alle più alte esigenze belliche.

I princìpi di umanità, di fronte all’obiettivo primario di vincere la guerra, perdono di efficacia; abbiamo già visto come i bombardamenti, se lo richiedono le esigenze belliche, possono avvenire di sorpresa e colpire – anche se incidentalmente – edifici e luoghi dove sicuramente si trovano civili inermi. Il rispetto dei princìpi umanitari, dunque, sembra dover informare la conduzione generale delle ostilità ed evitare, nello specifico, che la violenza venga utilizzata senza alcun scopo bellico. Ecco perché lo stesso Balladore Pallieri, nel fare qualche esempio di utilizzo della violenza non consentito, perché in violazione dei princìpi umanitari, cita i casi di ferimento o uccisione di un nemico già ridotto all’impotenza; in questo caso, ottenuta la resa del belligerante avversario – unico vero scopo nella conduzione delle ostilità – è semplice accanimento e violenza gratuita continuare ad infierire su di lui.

Le considerazioni finali del giurista circa la questione della punibilità del belligerante avversario, sono riservate ad un suo giudizio circa il tentato processo al Kaiser.

L’autore chiarisce che nel caso in cui la violazione della norma internazionale «non implichi il compimento da parte dell’individuo di azioni che nessun uomo per la sua stessa qualità umana dovrebbe compiere verso altri uomini, riprende valore la regola comune per cui si ha solo una violazione internazionale compiuta dallo Stato, e della quale lo Stato soltanto e non i suoi organi sono responsabili»378

. Intuiamo che Balladore Pallieri ritenga fuori da ogni criterio giuridico la volontà di condurre di fronte ad un tribunale l’Imperatore Guglielmo II, per il quale non può essere fatto valere il criterio della responsabilità individuale per la violazione di princìpi umanitari.

Pure in mezzo a molte incertezze, e sebbene l’enunciato criterio sia stato confusamente sentito ed applicato più che coscientemente inteso ed affermato, si può ben dire che la pratica internazionale è in tal senso, punendosi di solito gli appartenenti alle forze armate avversarie solo in quei casi in cui la comune coscienza dei popoli civili insorga contro il compimento da parte loro di certi atti barbari. Da questi retti criteri la pratica internazionale si è dipartita solo nel corso dell’ultima guerra europea, e si ebbero richieste e tentativi di esercizio dell’azione penale nei confronti dell’Imperatore tedesco, allegandosi fantastiche accuse, e le più strane condanne si ebbero talora dai tribunali dell’uno e dell’altro Stato379.

Anche il giurista vede nei tentativi, attuati nel primo dopoguerra, di condurre alla sbarra una personalità politica una brusca inversione di rotta rispetto ai precetti stabiliti dal diritto

377

Giorgio Balladore Pallieri, La guerra, pp. 138-139.

378

Ibid., p. 385.

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internazionale. Accusare l’Imperatore per fatti compiuti nella sua veste di uomo politico, presupponendo, quindi, la responsabilità individuale per atti statali, significa sovvertire l’impianto delle norme fino ad allora vigenti nel campo internazionale.

L’appello alla morale internazionale e alla sacralità dei trattati, insito nelle «fantastiche accuse» al Kaiser, rendono evidente «come nell’immediato dopoguerra andasse perduta ogni serena visione dei problemi giuridici»380

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