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L’autore della dichiarazione – Dalla funzione di garanzia svolta dal docu-

Nel documento Le falsità documentali (pagine 80-83)

di falsità documentale

2. I requisiti essenziali del documento tra visione statica e visione di namica.

2.3. L’autore della dichiarazione – Dalla funzione di garanzia svolta dal docu-

mento si ricava che la dichiarazione deve essere riconducibile a un autore [(d) MALINVERNI, 626 s.; BORGOGNO, 57]. Assolutamente pacifica, pertanto, sia in dottrina che in giurisprudenza, l’idea che dal documento stesso, dal suo “tenore”, si debba essere in grado di ricavare un soggetto qualificabile come autore appa-

rente della dichiarazione, a cui cioè la dichiarazione è attribuibile, con la conse-

guenza che una dichiarazione anonima, vale a dire del tutto priva di un autore ri- sultante dal documento, non può essere qualificata tale [ANTOLISEI, 100, secon-

do il quale «lo scritto veramente anonimo […] non costituisce documento»; (d) MALINVERNI, 626].

Al di là di questo profilo pacifico, il requisito dell’autore pone un problema molto delicato: si discute, infatti, se questo autore apparente debba essere o me-

no riconducibile anche a una persona realmente esistente. Ed infatti, per un pri- mo indirizzo è necessario che l’autore apparente sia concretamente identificabile,

con la conseguenza che se esso risulta del tutto immaginario o così diffuso da non poter essere personalmente identificato allora non può esservi falsità per inesi- stenza del documento [(d) MALINVERNI, 627]. In presenza di un autore immagi-

nario, tutt’al più, là dove ne sussistano tutti gli estremi, si potrà parlare di truffa, in virtù del fatto che è stato posto in essere un artifizio, ma non di falsità.

Per altro orientamento, invece, non importa che l’autore apparente sia real- mente esistente, con la conseguenza che anche un autore immaginario configura

il documento e quindi la falsità.

Così, in giurisprudenza si è affermato che la falsità materiale «sussiste anche quando il do- cumento sia sottoscritto con nomi di persone inesistenti o puramente immaginarie, attesa la le- sione della pubblica fede, sicuramente integrata dall’apposizione di una firma non riferibile al suo autore materiale» [Cass., Sez. V, 2.12.2005, Maiorano, in CED, n. 44033/2005. Per ulteriori precedenti, cfr. Cass., Sez. VI, 14.7.2004, D’Amato, in CED, n. 30817/2004; Cass., Sez. V, 2.3.1982, Selva, in Giust. pen., 1982, II, 649; Cass., Sez. V, 18.10.1978, Vaccarini, in CED, rv

140770; Cass., Sez. V, 9.6.1977, Marinelli, in Giust. pen., 1978, II, 99; Cass., Sez. V, 10.4.1973, Moviello, in CED, rv 124724; Cass., Sez. III, 23.11.1967, Maretto, in CED, rv 106629; Cass., Sez. V, 9.101967, Nobile, in Giust. pen., 1968, II, 380, la quale esclude la re- sponsabilità solo in caso di uso di pseudonimo consolidato da uso costante. In dottrina cfr. NAP- PI, 31].

Questo secondo orientamento non è condivisibile. Ad esso è sottesa una con-

cezione del falso strettamente connessa con l’inganno, e più precisamente una concezione in cui la componente ingannatoria assume un ruolo preminente: attri- buire rilevanza al fatto che la firma non sia riconducibile all’autore materiale ha senso infatti solo se si muove dall’idea che il falso documentale deve essere diretto ad ingannare il destinatario. Diversamente, in una prospettiva di autenticità-ge- nuinità della dichiarazione, e quindi di corrispondenza tra autore reale e autore apparente, va da sé che l’esistenza di un soggetto reale costituisce un presuppo-

sto essenziale affinché poi si possa verificare la corrispondenza o meno tra auto- re apparente ed autore reale. In altre parole, l’occultamento della esistenza di un

soggetto reale dichiarante impedisce di affermare l’esistenza di un documento, proprio perché impedisce di poter valutare in un secondo momento la corrispon- denza o meno tra autore reale ed autore apparente.

Molto spesso questo requisito della identificabilità attraverso il documento di un soggetto esistente viene confuso con l’autenticità del documento, affermando che ai fini dell’esistenza della dichiarazione è necessario che vi sia una corrispon- denza tra autore apparente e autore reale [in questo senso v. MELONI, 369]. Si tratta tuttavia di due profili assolutamente distinti, in quanto è ben possibile che dal documento si ricavi un soggetto realmente esistente (requisito necessario ai fini dell’esistenza del documento) e che tuttavia questo soggetto non sia l’autore reale della dichiarazione (falsità materiale).

Ecco allora che, in ordine all’autore, è opportuno distinguere tre diversi profi-

li che danno luogo a tre indagini diverse. Anzitutto si deve verificare se dal do-

cumento emerga o meno un autore apparente: se manca l’autore apparente il do- cumento non esiste e quindi si deve concludere nel senso della atipicità del fatto per mancanza dell’oggetto materiale. In secondo luogo, una volta accertata l’esi- stenza di un autore apparente, si deve stabilire se a questo autore apparente corri- sponda un soggetto che esiste (o è esistito) nella realtà: se la verifica dà esito posi- tivo, allora la dichiarazione esiste; se invece dà esito negativo, la dichiarazione non esiste ed ancora una volta il fatto risulta atipico per mancanza dell’oggetto mate- riale. Infine, una volta emersa l’esistenza di un autore “esistente” (reale), si dovrà verificare se la dichiarazione apparente è stata davvero realizzata dall’autore esi- stente (corrispondenza tra autore apparente ed autore reale): se tale verifica dà esito positivo, allora la dichiarazione esiste ed è autentica e quindi il fatto è atipico per mancanza della condotta; se invece dà esito negativo, la dichiarazione esiste, ma non è autentica, e quindi il fatto risulta tipico.

Nella identificazione dell’autore apparente e per la verifica della effettiva esi- stenza dell’autore apparente, non c’è dubbio che la sottoscrizione è destinata ad assumere un ruolo fondamentale, proprio perché la sottoscrizione contiene il no-

me e il cognome attribuibili a un determinato soggetto. Tuttavia, non sono poche le ipotesi in cui la sottoscrizione non gioca un ruolo così decisivo [BORGOGNO, 57, il quale afferma che «la sottoscrizione è soltanto uno dei modi – anche se cer- tamente il più consueto e privilegiato – attraverso i quali l’ordinamento mira a fornire certezza in ordine alla provenienza di un documento da un determinato autore»].

Ed infatti, l’identificazione dell’autore apparente, ma soprattutto la reale esi- stenza di un autore apparente si può ricavare anche quando si utilizza un sopran- nome o uno pseudonimo oppure si utilizza una sigla o un sigillo oppure la sotto- scrizione non è leggibile o risulta addirittura mancante. Da condividere è pertanto quell’orientamento della giurisprudenza, secondo cui in difetto di una sottoscri- zione la provenienza del documento da un soggetto esistente può essere ricavata facendo riferimento ad altri elementi, anche in considerazione del fatto che alcuni documenti sono per loro natura privi di sottoscrizione: essenziale è che si sia effet- tivamente in grado di individuare una persona reale determinata (sempre basan- dosi sul tenore del documento), e purché la sottoscrizione non sia richiesta ad

substantiam dalla legge.

In ordine alla sottoscrizione come elemento non necessario ai fini della esistenza penalistica del documento v. anche Cass., Sez. II, 13.12.2006, Cozzi, in CED, n. 42448/2006; Cass., Sez. V, 7.6.2001, Sevi, in Cass. pen., 2002, 2755; Cass., Sez. V, 17.12.1992, Masucci, in CED, rv 193800; Cass., Sez. V, 26.4.1989, Binazzi, in Cass. pen., 1990, 1919; Cass., Sez. V, 10.1.1989, Gho Gianrobert, ivi, 1991, 418; Cass., Sez. V, 1.6.1988, Bortolotti, in CED, rv 181720; Cass., Sez. V, 24.2.1988, Toffalini, in CED, rv 178183; Cass., Sez. V, 1.3.1985, Bravin, in CED, rv 170808. Contra, Cass., Sez. IV, 9.3.2004, Fratini, in CED, n. 20228/2004; Cass., Sez. V, 22.10.2003, Trofa, in CED, n. 4016/2004; Cass., Sez. VI, 21.4.1978, Serafini, in Cass. pen., 1980, 1285, secondo cui l’atto privo di firma determina l’inesistenza del documento.

Per quanto riguarda gli atti collegiali, per la giurisprudenza non è necessaria la sottoscri- zione di tutti i membri del collegio, ma soltanto quella del Presidente e del Segretario [Cass., Sez. V, 24.2.1989, Cirillo, in Cass. pen., 1991, 1221. Si v. anche Cass., Sez. V, 7.11.1997, Tedesco, in Riv. pen., 1998, 159 ss., dove si afferma che «a nulla rileva l’eventuale mancanza di sottoscrizione di qualche commissario, essendo sufficiente per la sussistenza di un atto pubblico in senso giuridico, la possibilità di identificare in modo certo la persona da cui l’atto proviene»].

Ciò che rileva è in sostanza la presenza nel documento di elementi utili alla indi- viduazione dell’autore apparente. Si pensi al caso in cui un soggetto utilizza una car- ta intestata ad altro soggetto, apponendo una firma illeggibile: nonostante l’im- possibilità di leggere la firma, dal tenore del documento, e più precisamente dalla carta intestata, emerge un autore esistente, con la conseguenza che se tale autore esistente non risulta poi essere l’autore reale, venendo a mancare la corrisponden- za tra l’autore apparente e quello reale, il documento risulterà materialmente falso [v. Cass., Sez. V, 11.3.2009, Marcuzzi, in CED, n. 31728/2009].

Nel documento Le falsità documentali (pagine 80-83)

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