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La formazione – La condotta di formazione si presenta invece più pro-

Nel documento Le falsità documentali (pagine 187-190)

Capitolo IV Le falsità material

2. Le falsità materiali in “documenti” pubblici (artt 476, 477, 482 c.p.) Il bene giuridico tutelato.

2.1. Il soggetto attivo ovvero la distinzione tra pubblico ufficiale (artt 476-

2.2.2. La formazione – La condotta di formazione si presenta invece più pro-

blematica, in quanto il concetto muta a seconda della prospettiva di fondo da cui si muove. Unico profilo condiviso da tutti è l’idea che tale comportamento consi- ste nella creazione di un documento prima inesistente [FIANDACA,MUSCO, 586;

CRISTIANI, 12; MEZZETTI, 288). Mentre sembra essere un problema del tutto pri- vo di ricadute applicative quello relativo alla eventuale esistenza o meno di una formazione parziale.

Ebbene, se si muove dalla prospettiva delle funzioni del documento, per for- mazione si deve intendere la creazione ex nihil di un atto non autentico. E in que-

sta prospettiva, il concetto di formazione finisce per essere identico, sia nell’ipo- tesi di falsità commessa da pubblico ufficiale, sia in quella di falsità commessa da privato: in entrambi i casi ciò che assume rilevanza è per l’appunto la non corri- spondenza tra autore apparente e autore reale. Così, se si tratta di pubblico uffi- ciale, si potrà parlare di formazione di un atto pubblico falso perché non genuino, quando il pubblico ufficiale forma un atto utilizzando la sottoscrizione di un’altra persona esistente, tendenzialmente, ma non necessariamente coincidente con un collega (art. 476 c.p.); se si tratta di privato, si avrà formazione quando ancora una volta si redige “dal nulla” un atto pubblico (art. 482/476 c.p.).

Diversamente, se si muove dalla prospettiva della tutela del buon andamento

della pubblica amministrazione, non solo il concetto di formazione finisce per es-

sere diverso da quello precedente, ma addirittura è diverso a seconda che si tratti di soggetto pubblico oppure di soggetto privato. Ed infatti, in presenza di un

soggetto pubblico, per formazione si intenderà non solo la formazione di un do-

cumento non autentico, ma anche la formazione di un documento in assenza delle condizioni che legittimano l’esercizio attuale dei poteri documentali, ancorché si tratti di documento genuino: in entrambe le ipotesi il pubblico ufficiale ha redatto una dichiarazione mentre doveva astenersene, perché mancavano i presupposti per l’esercizio del potere documentale. Come si ricorderà, il discorso sarebbe de- stinato a complicarsi rispetto alla condotta di formazione di un documento non genuino: in questa ipotesi il pubblico ufficiale agisce come pubblico ufficiale, an- corché a rigore privo di una competenza anche solo relativa, oppure agisce da pri- vato? La risposta adottata è comunque nel senso dell’esistenza della qualifica pub- blicistica [v. retro, 2.1].

Nell’ipotesi in cui ad agire sia un soggetto privato, per formazione si deve in- tendere la creazione di un documento non genuino. Posto infatti che il soggetto privato agisce – per così dire – in assenza totale dei poteri, è evidente che il crite- rio dell’assenza delle condizioni che legittimano l’esercizio attuale del potere non può valere. Ecco allora che, se non si vuole finire per non applicare mai l’art. 482 con riferimento alla condotta di formazione, si deve concludere che il concetto di formazione è diverso da quello dell’art. 476 c.p., dovendosi quindi far leva sulla genuinità.

Se quanto detto è vero, con riferimento alla condotta di formazione, la siste-

matica complessiva può essere allora così sintetizzata:

– se si muove dalla prospettiva dell’autenticità, la condotta incide sempre e soltanto sulla genuinità, quale che sia il soggetto, con la conseguenza che non è punibile come falso la formazione da parte di un pubblico ufficiale di un atto fal- so confezionato in assenza dei presupposti per redigerlo, trattandosi di atto ge- nuino;

– se si muove dalla prospettiva della tutela della pubblica amministrazione, si adotta il criterio della mancanza di legittimazione attuale, con la conseguenza che è punibile sia la formazione da parte del pubblico ufficiale di un atto inesistente, ancorché genuino, sia la formazione da parte del pubblico ufficiale di un atto non genuino (in entrambi i casi sono assenti le condizioni che legittimano il potere).

Con la conseguenza che la reale differenza tra questi due modelli riguarda la formazione di un atto inesistente ancorché genuino da parte di un pubblico uffi- ciale.

Ebbene, la giurisprudenza sembra muoversi in entrambe le prospettive, a se- conda che la falsità sia commessa da un pubblico ufficiale oppure da un privato e a seconda del tipo di condotta (formazione o alterazione). Nella prima ipotesi (pubblico ufficiale), il modello che viene adottato è quello che si ispira alla tutela del buon andamento della pubblica amministrazione. Tuttavia, mentre l’alterazio- ne, come abbiamo visto, è concepita come non autenticità (anche perché il pub- blico ufficiale che altera un documento genuino a rigore è del tutto sprovvisto di potere), la formazione è concepita come assenza dei presupposti che legittimano l’esercizio del potere, e si ha non solo quando si crea un atto non genuino, ma an- che, e soprattutto, quando si crea un atto del tutto inesistente, ancorché genuino.

Così in argomento si è affermato che «il falso era da qualificarsi materiale, ovvero come as- sorbente della falsità ideologica. Difatti, secondo quanto ritenuto, prima di rapportare il fatto alla previsione conclusiva dell’art. 479 c.p., di “attestazione falsa di fatti dei quali l’atto è desti- nato a provare la verità”, si osserva che manca in ciascun caso lo stesso presupposto della ne- cessità di formazione grafica del documento, e cioè lo svolgimento in qualsiasi data di alcuna attività dell’organo della p.a. da attestare a verbale» [Cass., Sez. V, 27.9.2005, Strada, in Riv. pen., 2006, 1345, relativa alla formazione da parte di un funzionario amministrativo di un ver- bale in cui si era fatta apparire come tenuta una riunione della Giunta esecutiva dell’istituto sco- lastico. Nello stesso senso, cfr. Cass., Sez. V, 1.6.1984, Fogu, ivi, 1985, 319, dove si afferma che «si ha falsità materiale, e non falsità ideologica, quando, pur non essendovi divergenza fra auto- re apparente e autore reale, la falsità investe l’intero atto nella sua realtà fenomenica, nel senso che si fa apparire come venuto ad esistenza un atto che, in realtà, non è mai stato formato». In dottrina, NAPPI, 87 ss., il quale ricomprende nel concetto di formazione, quella di una scrittura

che appare provenire da un autore diverso da quello effettivo (c.d. contraffazione di provenien- za), come anche la formazione di una scrittura che documenta un atto inesistente (c.d. docu- mentazione di atto inesistente). Tuttavia lo stesso Autore riconduce al concetto di formazione anche la falsa indicazione della data e del luogo, che invece, come si vedrà subito, è più oppor- tuno ricondurre alle ipotesi di falso ideologico].

Con riferimento alle falsità del privato (artt. 482/476-477), la formazione e l’alterazione sono concepite in termini di non autenticità, e quindi di mancata cor- rispondenza tra autore apparente e autore reale.

Come accennato, un profilo particolare che merita attenzione riguarda la con- dotta consistente nella falsificazione della data e del luogo (NAPPI, 90 s.). Se ri- spetto ai documenti privati non c’è dubbio che si tratta di falsità ideologica, come tale non punibile, al contrario quando si tratta di pubblici ufficiali, si pone il pro- blema di stabilire se si tratta di falsità materiale oppure di falsità ideologica. La gran parte della dottrina ritiene infatti che la falsa rappresentazione della data e del luogo determini una falsità materiale [NAPPI, 90, sulla scia di Carnelutti]. Eb- bene, se la data falsa è apposta in assenza di potere attuale, non c’è dubbio che si tratti di falsità materiale [Cass., Sez. V, 15.11.2005, Cavallari, in Cass. pen., 2007, 177; Cass., Sez. V, 14.3.2000, De Marco, ivi, 2001, 1790], dovendosi notare come la falsa indicazione del luogo e della data altro non sono che l’espediente utilizza-

to per far apparire legittimato chi invece legittimato non è [per una considerazio- ne analoga, v. NAPPI, 90]; se invece è apposta in presenza delle condizioni che le-

gittimano l’esercizio del potere, si tratta di falsità ideologica. E per stabilire se vi sia o meno l’attualità del potere si dovrà andare a verificare se i fatti o gli atti ai quali l’attività di documentazione si riferisce sono stati o meno realizzati o adottati.

Un’attenzione particolare merita anche un recente filone giurisprudenziale re- lativo alla applicazione ad alcuni bovini di marchi auricolari e passaporti apparte- nenti ad altri bovini. Per la giurisprudenza tale comportamento integrerebbe gli estremi di una condotta di contraffazione, perché, indipendentemente dall’altera- zione materiale, il documento subirebbe un’immutazione della veridicità del suo contenuto originario (Cass., Sez. I, 1.4.2004, Provaroni, in Cass. pen., 2006, 516). Di contrario avviso, un’altra parte della giurisprudenza, secondo cui la condotta di falsità materiale deve incidere sulla scrittura passando attraverso l’incisione del supporto incorporante, il quale invece in questa ipotesi non subisce alcuna modi- fica (Cass., Sez. I, 14.7.2004, Gentile, in CED, n. 34098/2004). Sembra che in queste ipotesi manchi la condotta delle falsità materiali, in quanto l’applicazione del marchio a un diverso bovino non incide sul documento consistente nell’auri- colare ovvero, detto in altri termini, il bovino non può essere considerato il sup- porto sul quale è incardinata la dichiarazione identificata con l’auricolare.

Nel documento Le falsità documentali (pagine 187-190)

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