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La forma della dichiarazione La forma della manifestazione del pensie-

Nel documento Le falsità documentali (pagine 77-80)

di falsità documentale

2. I requisiti essenziali del documento tra visione statica e visione di namica.

2.2. La forma della dichiarazione La forma della manifestazione del pensie-

ro. – La dichiarazione del pensiero deve assumere una forma del tutto particolare.

Sul punto è opportuno distinguere tra forma di manifestazione del pensiero e in-

corporazione. Con la prima espressione si indicano le modalità con le quali il

pensiero si deve manifestare all’esterno; con la seconda ci si riferisce alle modalità con le quali il pensiero manifestato all’esterno si materializza in un determinato supporto.

Si tratta di due problematiche diverse, ma strettamente connesse. Sono diver- se, perché mentre la questione della forma di manifestazione deriva dalla funzione di prova del documento che reclama una capacità comunicativa, la questione del- la incorporazione discende soprattutto dalla funzione di perpetuazione svolta dal documento. Tuttavia, si tratta di problematiche in parte connesse: vero che il supporto non dipende dalla forma di manifestazione del pensiero (un supporto cartaceo può essere utilizzato per incorporare sia segni riconducibili a un sistema di scrittura, sia immagini prodotte mediante lo strumento della fotografia); è an- che vero che la forma di manifestazione può dipendere dal supporto, nel senso che vi sono supporti rispetto ai quali può venire in gioco soltanto una particolare forma di manifestazione del pensiero (es. nastri magnetici rispetto ai quali non si può utilizzare direttamente la forma della scrittura).

In secondo luogo, e soprattutto, si deve osservare come le problematiche poste dall’incorporazione siano particolarmente “delicate” in virtù della costante evolu- zione tecnologica che caratterizza la società moderna. Ecco allora che rispetto a questa tendenza evolutiva tornano ad avere rilievo i due atteggiamenti di fondo che si possono adottare nella concezione del documento: da un lato, si può assu- mere una prospettiva – per così dire – rigida, vólta a valorizzare alcuni profili classici del documento (es. supporto consistente nel materiale cartaceo e mezzo consistente nella scrittura alfabetica o per ideogrammi); dall’altro lato si può adot- tare una prospettiva più aperta e flessibile, capace di rendersi sensibili a tutta quella serie di innovazioni tecnologiche e metamorfosi che si riflettono anche sui rapporti che si formano tra i consociati nel c.d. traffico giuridico.

Ciò premesso, per quanto riguarda la forma della manifestazione del pensiero, posto che si deve utilizzare un sistema di linguaggio comunicativo e comprensibi-

le, capace cioè di esprimere un significato intelligibile da parte di almeno un sog-

getto diverso da quello che rende la dichiarazione [(d) MALINVERNI, 626 ss.; NAPPI, 44 s.], si pone il problema se si possa fare riferimento soltanto a segni ri- conducibili ad un sistema di scrittura, come tale suscettibile di una lettura, oppu-

re anche a segni diversi, la conoscenza dei quali può avvenire o attraverso una percezione visiva diretta e immediata (immagine) oppure mediante l’ascolto (foni- co-sonoro).

In particolare, secondo il prevalente indirizzo della dottrina e della giurispru- denza, nel concetto di documento rientra soltanto tutto ciò che è riconducibile ad un sistema di scrittura, basato, cioè su segni simbolici, come l’alfabeto, gli ideo- grammi e i numeri [ANTOLISEI, 99 s.; NAPPI, 43 ss.; MELONI, 372 s. Nello stesso

senso anche CRISTIANI, 191; BORGOGNO, 55, i quali però restringono il concetto di scrittura a quella in forma alfabetica e numerica. Una posizione del tutto parti- colare è assunta da (d) MALINVERNI, 628 s., il quale identifica la scrittura con quel- la alfabetica, ma come vedremo fa rientrare nel concetto di documento anche le riproduzioni di suoni. In giurisprudenza, cfr. Cass., Sez. V, 13.2.2006, Manfrè, in

CED, n. 10978/2006, dove si afferma che in tema di falsità documentali oggetto di

tutela è la scrittura e non il mezzo che la raccoglie].

Nel senso della targa come documento, cfr. Cass., Sez. V, 19.2.2008, Profeta, in Riv. pen., 2008, 630; Cass., Sez. V, 22.11.2005, Boscaglia, in CED, n. 189/2006; Cass., Sez. V, 20.10.2004, Lombardi, in Riv. pen., 2006, 351; Cass., Sez. V, 11.6.1999, De Salve, in Cass. pen., 2000, 2269; Cass., Sez. II, 29.2.1988, La Tela, in CED, rv 179205; Cass., Sez. II, 3.6.1987, Franco, in Giust. pen., 1988, II, 477; Cass., Sez. II, 13.5.1986, Mauri, in Cass. pen., 1988, 60; Cass., Sez. II, 28.5.1984, Giuntoli, in CED, rv 166594; Cass., Sez. II, 21.2.1983, Bracci, in Riv. pen., 1984, 290.

Se si adotta questa prospettiva è giocoforza concludere che non rientrano nel novero dei documenti le dichiarazioni riprodotte mediante il suono (fonogram- mi), o direttamente mediante immagini (fotografiche, videoregistrazioni), le com- posizioni musicali e i disegni plastici, a meno che, come vedremo tra breve, tali “oggetti” non formino parte integrante di un documento composto.

D’altra parte, sulla scia delle più recenti elaborazioni del documento, c’è da chiedersi se tale concetto non possa essere esteso anche a tutto ciò che è diverso dalla scrittura, quindi immagini e sonoro, e ciò in virtù del fatto che le dichiara- zioni espresse mediante “linguaggi” diversi possono svolgere una funzione identi- ca a quella del documento tradizionalmente concepito, là dove rappresentano una dichiarazione di pensiero comprensibile, giuridicamente rilevante e incorporata su un supporto capace di farla permanere nel tempo. Con la conseguenza che in questa prospettiva si considerano dichiarazioni anche i fonogrammi, così come le fotografie, le videoregistrazione e i disegni plastici, là dove si è in grado di ricavare una dichiarazione di pensiero.

A ben vedere, nella prassi tale contrapposizione finisce per stemperarsi. Da un lato, infatti, per quanto riguarda le riproduzioni sonore, si finisce per attribuire rilevanza alle trascrizioni [Cass., Sez. V, 9.10.1981, Saccà, in Cass. pen., 1983, 66]. Dall’altro lato, per ciò che concerne le riproduzioni visive e i disegni plastici, si deve considerare che essi, come accennato, vengono spesso in rilievo all’interno dei documenti c.d. composti, i quali si caratterizzano per l’esistenza di un’unione stabile tra la dichiarazione documentale avente la forma scritta e un oggetto con forma diversa: esempi tipici possono essere considerati la carta di identità o il pas-

saporto, dove ai dati anagrafici espressi mediante la scrittura si aggiunge anche l’oggetto della fotografia oppure i documenti in materia urbanistica, dove le di- chiarazioni in forma scritta sono accompagnate da progetti e planimetrie. Ebbene, secondo la maggioranza della dottrina e della giurisprudenza, la falsificazione mediante alterazione dell’oggetto della foto o del disegno plastico costituisce una falsità punibile, in virtù della circostanza che l’oggetto non scritto finisce per esse- re parte della dichiarazione, poiché dal primo dipende la completa costituzione del contenuto della seconda [con riferimento alla carta di identità cfr. Cass., Sez. V, 20.1.1982, Prezzana, in Cass. pen., 1983, 1317].

D’altra parte, al di là delle ipotesi dei documenti complessi, permane pur sem- pre il problema di stabilire se possano essere considerati documenti le dichiara- zioni espresse attraverso mezzi diversi dalla scrittura. È bene precisare che non si tratta di una questione meramente concettuale, ma che ha ricadute applicative di un certo rilievo. Si pensi ad esempio al titolo della responsabilità: se si ritiene che le immagini e il suono sono forme di manifestazione, la loro manipolazione inte- grerà gli estremi del falso consumato; se invece non si reputano forme di manife- stazione, per punire a titolo di falso consumato si dovrà attendere la stampa. Ma soprattutto, si pensi alla configurabilità delle falsità ideologiche. Se infatti l’idea del documento complesso può assumere rilevanza per il falso materiale, non può dirsi la stessa cosa per il falso ideologico, in quanto rispetto ad esso ciò che viene in gioco è il contenuto della dichiarazione stessa.

Sul punto si può concludere che, da un lato, tutta una serie di oggetti non co- stituiscono documenti non tanto in virtù del mezzo impiegato, ma per la semplice ragione che essi non sono di per sé in grado di contenere una dichiarazione di pensiero, come ad esempio le mere immagini di fatti. Dall’altro lato, invece, non v’è ragione di escludere dalla categoria dei documenti oggetti come i fonogrammi, video e i disegni plastici, anche se non fanno parte di un documento composto, purché siano capaci di esprimere un pensiero giuridicamente rilevante [(d) MA- LINVERNI, 629, il quale per l’appunto esclude dal concetto di documento le ri-

produzioni fotografiche e cinematografiche, mentre include le registrazioni fono- grafiche].

Altra questione ancora è se possa essere considerato documento la fotografia (nella sostanza la fotocopia) o la videoregistrazione di un documento scritto (v.

infra, Cap. III, 8).

2.2.1. L’incorporazione: oggetto e mezzo. – Per quanto riguarda il requisito

dell’incorporazione [in argomento (d) MALINVERNI, 630 s.], si devono distingue- re due problematiche, quella dell’oggetto ovvero del supporto e quella del mezzo attraverso il quale si realizza l’incorporazione nel supporto. Anche in questo caso si tratta di profili diversi, ma connessi. Da un lato, infatti, può accadere che il tipo di supporto condizioni il mezzo, come avviene ad esempio rispetto al documento informatico dove il carattere “elettronico” del supporto “costringe” all’impiego di un mezzo consistente in un segnale o impulso elettronico. Dall’altro lato, può ac-

cadere che il mezzo sia del tutto indipendente dal supporto: così, ad esempio, ri- spetto a un supporto consistente in una pietra, il mezzo può essere offerto dalla tintura oppure dalla scultura.

In particolare, supporto e mezzo devono essere idonei a conservare la dichia-

razione per un periodo ulteriore rispetto a quello in cui la dichiarazione viene re-

sa. Più problematico è stabilire se questa idoneità a conservare nel tempo la di- chiarazione debba comportare anche una sorta di fissità o intangibilità materiale: per alcuni, infatti, la fissazione deve essere materiale e definitiva, nel senso che una eventuale modifica della dichiarazione deve comportare necessariamente an- che una manipolazione fisica del supporto; per altri, invece, la fissazione può esse- re anche immateriale, nel senso che può avvenire anche rispetto a un supporto la cui modifica materiale non è necessaria ai fini della trasformazione della dichiara- zione. Come vedremo, tale questione si pone soprattutto per i documenti infor- matici [v. infra, Cap. III, 7].

Nel documento Le falsità documentali (pagine 77-80)

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