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Il problema del falso in fotocopia – Infine, un’attenzione particolare de-

Nel documento Le falsità documentali (pagine 190-192)

Capitolo IV Le falsità material

2. Le falsità materiali in “documenti” pubblici (artt 476, 477, 482 c.p.) Il bene giuridico tutelato.

2.1. Il soggetto attivo ovvero la distinzione tra pubblico ufficiale (artt 476-

2.2.3. Il problema del falso in fotocopia – Infine, un’attenzione particolare de-

ve essere dedicata alla riproduzione fotostatica, dovendosi chiarire se la creazione di una fotocopia di un documento integri o meno gli estremi della falsità materiale nella forma della contraffazione.

È bene precisare che il problema si pone quando il soggetto ha prodotto diret- tamente la fotocopia: se infatti il soggetto altera una fotocopia che non ha prodot- to, risponde di falso in scrittura privata, là dove sussistano tutti i requisiti di tale fattispecie e si ritenga che la fotocopia di per sé integri un documento rilevante ai fini del diritto penale (v. retro, Cap. III, 8).

Quando il soggetto ha prodotto direttamente la copia, unico punto pacifico è che il titolo del reato dipende dalla natura del documento che si simula: se atto pubblico, artt. 476-482, se certificato, artt. 477-482. Al di là di questo aspetto, si devono registrare diverse soluzioni. Per un primo orientamento la creazione della

mera copia fotostatica senza una sua autenticazione, non integra una falsità pu- nibile.

Così si è affermato che «la copia fotostatica non ha, di per sé, valore e tenore di documento perché non è idonea né ontologicamente né giuridicamente, a svolgere alcuna funzione proba- toria e a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. Ai sensi dell’art. 478 c.p., infatti, la copia di un atto, pubblico o privato, è penalmente apprezzabile soltanto se rilasciata dal pubblico ufficiale in forma legale, di norma con l’autenticazione e, quindi, con l’atte- stazione di conformità all’originale […] La copia fotostatica, dunque, è produttiva di effetti giu- ridici soltanto se autenticata o non espressamente disconosciuta. Negli altri casi, non ha valore di documento e non è inquadrabile nel falso documentale» [Cass., Sez. V, 5.5.1998, Detti, in

Cass. pen., 1998, 3433. Nello stesso senso v. Cass., Sez. V, 8.6.2005, Concone, ivi, 2006, 4071; Cass., Sez. V, 4.3.1999, Pegoraro, ivi, 2000, 1594; Cass., Sez. V, 17.6.1996, Jacobacci, ivi, 1997, 2055; Cass., Sez. V, 2.2.1995, Pinto, in CED, rv 200667; Cass., Sez. V, 8.2.1991, Bertuzzi, in CED, rv 187084; Cass., Sez. V, 13.3.1986, Confaloni, in CED, rv 172658; Trib. Monza, 12.5.2008, M.L.A., in Riv. pen., 2009, 1161. Per una approfondita critica di tale orien- tamento v. Cass., Sez. V, 2.12.2004, Polloni, in Giust. pen., 2006, II, 362].

Espressa in questi termini, la soluzione a ben vedere non è chiara. Da un lato, si può voler dire che la mera copia fotostatica di per sé costituisce una falsità ma- teriale, ma che per assumere rilevanza penale necessita di una autenticazione. Tut- tavia, in questo senso si tratterebbe di una soluzione addirittura errata: se la copia fotostatica genuina è autenticata un problema di falso non si pone in termini asso- luti in quanto si tratta di documento autentico conforme all’originale.

Dall’altro lato, si può voler dire che la mera copia fotostatica non costituisce falsità materiale, necessitando di una successiva manipolazione e di una autentica- zione. Così intesa, si tratterebbe però dell’ipotesi particolare prevista dall’art. 478 c.p., che punisce il falso in copia autenticata. L’ipotesi che qui interessa riguarda invece la “mera” riproduzione fotostatica non autenticata. Detto in altri termini, questo primo orientamento sembra confondere il problema del se la fotocopia possa costituire documento falsificabile (problema dove può assumere rilevanza la questione della autenticazione: v. retro, Cap. III, 8) con la questione della simula- zione di un documento mediante la fotocopia (dove la questione della autentica- zione non assume alcuna rilevanza).

Per altro orientamento, la formazione della copia fotostatica può integrare gli estremi della falsità materiale, aprendosi però il problema di stabilire quando ciò accada. Per un primo indirizzo si deve fare riferimento al modo in cui la fotoco-

pia viene utilizzata, nel senso che devono esserci modalità di utilizzo tali da far

apparire la fotocopia come originale e quindi trarre in inganno i terzi.

Così in giurisprudenza si è affermato che «allorché la copia di un documento si presenti con caratteristiche tali da volere sembrare un originale, ed averne l’apparenza, e venga usata non come fotocopia ma come originale, ovvero quando la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme, la contraffazione è sanzionabile ex artt. 476 o 477 c.p. a seconda della natura del documento» [Cass., Sez. V, 14.12.2007, Favia, in Riv. pen., 2008, 630 s. Nello stesso senso, v. Cass. Sez. V, 5.5.2009, Bi- squera, in Riv. pen., 2010, 670; Cass., Sez. V, 1.10.2008, Urso, in CED, n. 40280/2008; Cass., Sez. V, 19.3.2008, Maresta, in Riv. pen., 2009, 94; Cass., Sez. V, 7.2.2006, Ceri, in Giust. pen., 2007, II, 159, tutte relative a un’ipotesi in cui si era apposto sul parabrezza una copia del con- trassegno per invalidi; Cass., Sez. V, 28.11.2005, Daja, in CED, n. 12954/2006; Cass., Sez. V, 23.11.2005, Colda, in CED, n. 272/2006; Cass., Sez. V, 24.10.2005, Bagnasco, in CED, n. 5/2006; Cass., Sez. V, 5.7.2005, Artigiani, in CED, n. 29519/2005; Cass., Sez. V, 2.12.2004, Polloni, in Giust. pen., 2006, II, 362; Cass., Sez. V, 22.5.1998, Celestini, ivi, 1999, II, 531; Cass., Sez. V, 5.5.1998, Detti, in Cass. pen., 1998, 3433; Cass., Sez. V, 31.10.1995, Monzani, ivi, 1997, 410. In dottrina, v. NAPPI, 94].

Anche questo indirizzo, ispirato a una prospettiva meramente ingannatoria,

non può essere condiviso. L’utilizzo di una fotocopia non comporta infatti l’alte-

là dove ne sussistano tutti gli estremi, la truffa. Ciò è confermato da quella giuri- sprudenza in cui non si contesta la produzione di una fotocopia, ma appunto la realizzazione di un documento che non si manifesta come fotocopia dell’origi- nale, con la conseguenza che si considera punibile solo la fotocopia che per l’ap- punto si manifesta come tale e quindi non rappresenta un artifizio [Cass., Sez. V, 22.5.1998, Celestini, in Giust. pen., 1999, II, 531, dove si evidenzia che il permes- so di parcheggio era contraffatto con mezzi sofisticati e del tutto identico all’ori- ginale, per dimensioni, colore, forma, dati riportati, tipo di stampa dei dati, e che dunque “non si manifestava come fotocopia dell’originale].

Più condivisibile, pertanto un altro indirizzo, che si basa su un criterio ogget- tivo, per cui lo stesso soggetto che produce la copia fotostatica deve compiere an-

che un’attività di alterazione che vada ad incidere sulla fotocopia prodotta. Con

la conseguenza che l’utilizzo della mera fotocopia in assenza di una sua ulteriore alterazione non integra il falso ma eventualmente soltanto la truffa.

In questa prospettiva, dopo aver ribadito in termini non del tutto condivisibili che «la falsa riproduzione fotostatica di un documento non integra alcun reato di falso poiché una mera ri- produzione fotostatica è atto privo di rilevanza», si è correttamente affermato che «a diversa conclusione dovrebbe pervenirsi solo nel caso in cui la riproduzione fotostatica apparisse e ve- nisse utilizzata come documento originale, mediante occultamento delle caratteristiche di que- st’ultimo o costituisse un fotomontaggio con l’apparenza di atto originale» [Cass., Sez. II, 26.5.2005, Piras, in Guida dir., 2005, 35, 104. Nello stesso senso, Cass., Sez. V, 16.7.2008, Favia, in CED, n. 37337/2008, relativa a un’ipotesi in cui dopo la scannerizzazione di un documento, si sono ag- giunte alcune parole; Cass., Sez. V, 18.1.2008, Iacolino, in CED, n. 7423/2008, Cass., Sez. V, 27.5.2005, Rinversi, in CED, n. 30855/2005 e Cass., Sez. V, 15.4.1999, Domenici, in Cass. pen., 2000, 1594, tutte e tre relative a un fotomontaggio; Cass., Sez. V, 1.2.2006, Ripa, in Giust. pen., II, 159; Cass., Sez. V, 11.7.2005, Di Croce, in Cass. pen., 2007, 182, relativa alla alterazione di una fotocopia di un certificato del servizio veterinario; Cass., Sez. V, 17.3.2005, Corso, in CED, n. 16001/2005, relativa alla alterazione di una fotocopia di sentenza; Cass., Sez. V, 19.2.2004, Rovaris, in CED, n. 13902/2004].

Su un piano – per così dire – probatorio-processuale, si può porre il problema di come trattare le ipotesi in cui manca l’originale rispetto al quale deve essere compiuto il raffronto con la copia. Da un lato, si potrebbe sostenere che l’esisten- za dell’originale è indispensabile, in quanto senza un parametro di riferimento non sarebbe possibile “verificare” le divergenze. Tuttavia, sembra preferibile rite- nere non necessaria l’esistenza dell’originale, essendo sufficiente una sua ricostru- zione in termini indizianti.

Nel documento Le falsità documentali (pagine 190-192)

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