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Alcune problematiche specifiche poste dal soggetto attivo – Il soggetto attivo pubblico ufficiale pone altre tre problematiche Anzitutto se la qualifica

Nel documento Le falsità documentali (pagine 176-180)

Capitolo IV Le falsità material

2. Le falsità materiali in “documenti” pubblici (artt 476, 477, 482 c.p.) Il bene giuridico tutelato.

2.1. Il soggetto attivo ovvero la distinzione tra pubblico ufficiale (artt 476-

2.1.1. Alcune problematiche specifiche poste dal soggetto attivo – Il soggetto attivo pubblico ufficiale pone altre tre problematiche Anzitutto se la qualifica

soggettiva, nei termini di cui abbiamo detto sopra, debba essere o meno presente al momento della realizzazione del fatto. La risposta non può che essere positiva.

Detto in altri termini, rispetto alle falsità documentali commesse da pubblici uffi- ciali non sembra trovare applicazione l’art. 360 c.p., il quale sancisce che la cessa- zione della qualifica soggettiva, nel momento in cui è commesso il reato, non esclu- de l’esistenza di questo, se il fatto si riferisce all’ufficio esercitato e ciò perché il fatto della falsità materiale presuppone l’esistenza (ancorché potenziale) della qua- lifica soggettiva [di contrario avviso Cass., Sez. V, 26.2.2008, Boccassini, in Giust.

pen., 2009, II, 636, secondo cui «la previsione di cui all’art. 360 c.p. […] pone un

principio di carattere generale»]. Due i corollari derivanti da questo assunto. Da un lato, si punisce ai sensi dell’art. 476 c.p. e non ai sensi dell’art. 482 c.p. il sog- getto che ha commesso i fatti in presenza della qualifica anche se poi le funzioni sono cessate a seguito della revoca. Al riguardo la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che, anche se per effetto della revoca la carica viene meno con effica- cia ex tunc, tuttavia gli effetti degli atti di amministrazione compiuti si devono considerare efficaci [Cass., Sez. III, 21.6.1965, De Giosa, in Giust. pen., 1966, II, 292, con nota di CANTAGALLI]. Dall’altro lato, la falsità commessa dal soggetto che non riveste più la qualifica soggettiva è punibile ai sensi dell’art. 482 c.p. [non condivisibile pertanto Cass., Sez. V, 15.11.2005, Cavallari, in Cass. pen., 2007, 177, che, come abbiamo visto, qualifica falsità materiale del pubblico ufficiale la forma- zione di una circolare dell’assessorato regionale alla sanità, retrodatata, sottoscrit- ta dall’imputato quando non era più Assessore].

no anche il funzionario di fatto. La giurisprudenza attribuisce rilevanza a tale fi- gura, ritenendo che i comportamenti del funzionario di fatto siano punibili ai sen- si dell’art. 476 c.p. invece che sulla base dell’art. 482 c.p.

Così di recente non si è mancato di affermare che «l’illegittimità della delega di pubbliche funzioni, in quanto non prevista dalle norme che regolano la materia, non rende inesistenti gli atti compiuti dal delegato al quale sia di fatto conferita e non lo esime dal rispetto delle regole che regolano gli atti e le funzioni delegate» [Cass., Sez. VI, 21.1.2004, Spinelli, in Cass. pen., 2005, 3854. Nello stesso senso Cass., Sez. V, 18.4.2008, Ascione, in Cass. pen., 2009, 2454, relativa a falsificazione materiale da parte di «un soggetto addetto all’ufficio competente al rila- scio del libretto sanitario con funzioni di compilatore materiale dei libretti e spesso dirigente in assenza del titolare»; Cass., Sez. VI, 26.11.1971, Monaro, in Giust. pen., 1973, II, 57; Cass., Sez. VI, 3.3.1971, Gallo, ivi, 1972, II, 219; Cass., Sez. VI, 7.6.1969, Caiozzi, ivi, 1970, II, 335; App. Cagliari, 12.11.1993, Capelli, in Foro it., 1994, II, 704].

Si tratta di una soluzione condivisibile alla luce di due considerazioni di siste- ma: da un lato, dalla prospettiva della qualifica soggettiva, si deve considerare che la nozione di pubblico ufficiale vigente si basa sul concreto esercizio della funzio- ne pubblica, con la conseguenza che come non è più decisivo il vincolo di dipen- denza soggettiva dell’agente alla p.a., così non pare essere decisiva la legittimità formale di una delega allorquando un soggetto ha finito per esercitare in concreto una certa funzione; dall’altro lato, dalla prospettiva delle falsità, si deve ritenere che l’atto posto in essere in presenza di delega, pur essendo affètto da vizi che ne determinano addirittura l’inesistenza, mantiene comunque una verosimiglianza di validità idonea a trarre in inganno i destinatari dell’atto. Senza considerare poi che un uso distorto del potere pubblico c’è comunque stato.

La terza questione riguarda il modo in cui si stabilisce la competenza in pre-

senza di atti di organi collegiali. Il problema che si pone può essere così sintetiz-

zato: posto che l’atto è per l’appunto di competenza di un organo collegiale, si tratta di stabilire a che titolo debba essere punito il soggetto che, facendo parte dell’organo collegiale, falsifica il documento. Sul punto si possono delineare due orientamenti possibili. Da un lato, si può compiere una distinzione tra Presidente e Segretario che redige il verbale, punibili ai sensi dell’art. 476, e gli altri membri, punibili invece ai sensi dell’art. 482, e ciò perché sono questi due soggetti i titolari di un potere di documentazione, come dimostrato dal fatto che sono soltanto loro a sottoscrivere il documento. Dall’altro lato, si può invece ritenere che siano pu- nibili ai sensi dell’art. 476 anche coloro che ne sono in possesso in ragione del lo- ro ufficio. E la giurisprudenza sembra essersi mossa in questa seconda direzione ispirata ancora una volta alla prospettiva della tutela della pubblica amministra- zione.

Così, in ordine alla falsificazione di un verbale del Consiglio di istituto compiuta dal Preside, si è affermato che «il verbale, redatto dalla segretaria del Consiglio, viene firmato dal Presidente e custodito poi nell’ufficio di presidenza della scuola. Il Preside, quindi, è un vero e proprio de- positario dell’atto ed in quanto tale è tenuto a garantire che non venga manomesso e/o alterato; il fatto si è quindi verificato senz’altro durante l’esercizio di funzioni pubbliche» [Cass., Sez. V, 14.6.2005, Franchino, in Riv. pen., 2006, 1314].

Per quanto riguarda il soggetto privato si pone la questione, in parte già af- frontata [v. retro, Cap. II, 2.1.1.1], se l’incompetenza assoluta del soggetto agen-

te determini o meno l’inesistenza dell’atto e quindi l’irrilevanza della falsificazio-

ne. Come si ricorderà, per una parte della giurisprudenza, l’incompetenza assolu- ta del soggetto agente comporta nella sostanza l’irrilevanza del falso. In questa prospettiva si tende a distinguere tra atti invalidi e atti inesistenti, ricollegando a questi ultimi l’atipicità del fatto: l’inesistenza del documento impedirebbe anche la sussistenza del falso documentale. Ebbene, mentre nell’ipotesi di incompetenza relativa l’atto è solo annullabile, quindi esiste ed è produttivo di effetti, nell’ipo- tesi di incompetenza assoluta l’atto pubblico è giuridicamente inesistente e quindi come tale, non può formare oggetto di falsificazione penalmente rivelante [Cass., Sez. Un., 30.6.1984, Nirella, in Cass. pen., 1985, 587; Cass., Sez. V, 26.4.1989, Bi- nazzi, ivi, 1990, 1919, la quale nel caso specifico conclude nel senso dell’incom- petenza relativa; Cass., Sez. V, 18.1.1985, Trofa, ivi, 1986, 1544; Cass., Sez. V, 13.12.1983, Lia, in CED, rv 162224; Cass., Sez. V, 16.10.1978, Arpaise, in Giur.

it., 1979, II, 386].

Questa ricostruzione non viene accolta da altra parte della giurisprudenza, se- condo la quale il criterio della invalidità o inesistenza giuridica dell’atto è del tutto inidoneo a segnare il confine della rilevanza penale del falso, dal momento che la carenza assoluta di potere del privato, causa di inesistenza giuridica dell’atto, è ele- mento stesso del reato. In buona sostanza, posto che con ogni probabilità non si giungerebbe a un vuoto di tutela, in quanto il fatto potrebbe forse essere punito ai sensi dell’art. 485, tuttavia se dall’incompetenza assoluta si ricavasse l’inesistenza dell’atto e dalla inesistenza dell’atto la non configurabilità del fatto, come conse- guenza si avrebbe che l’art. 482 c.p. non troverebbe mai applicazione.

Così in giurisprudenza si è affermato che «l’invalidità o l’inesistenza giuridica dell’atto deri- vanti dalla stessa falsità non escludono la rilevanza penale del falso, essendo sufficiente per la configurabilità del reato che l’atto appaia valido al momento in cui è posto in essere […] Nella ipotesi di contraffazione di un atto pubblico da parte del privato, è del tutto irrilevante la caren- za assoluta di potere di colui che forma l’atto, perché tale carenza è sì causa di inesistenza giu- ridica dell’atto pubblico, ma anche elemento dello stesso reato, che altrimenti non sarebbe mai configurabile» [Cass., Sez. V, 4.2.2005, Bouhanouche, in CED, n. 24873/2005. In senso confor- me, Cass., Sez. V, 1.4.1987, Rapetti, in Cass. pen., 1989, 206; Cass., Sez. V, 5.7.1990, Cecca- relli, in Foro it., 1993, II, 436; Cass., Sez. V, 20.6.1979, De Filippo, in Cass. pen., 1981, 33]. 2.2. La condotta. – Il secondo requisito che si deve esaminare è la condotta. Pre-

liminarmente occorre osservare che, da un lato, vi sono condotte comuni a tutte le fattispecie di falsità materiale in atto pubblico, quale che sia l’autore (pubblico: artt. 476 e 477 c.p.; privato: artt. 482/476-477 c.p.): si tratta delle condotte di for- mazione (o contraffazione, ai sensi dell’art. 477 c.p.) e di alterazione; dall’altro la- to, v’è una condotta, accompagnata da particolari modalità, prevista soltanto per la falsità materiale in certificati o autorizzazioni (art. 477 c.p., se autore pubblico ufficiale; art. 482/477 c.p., se autore un privato).

Soffermando la nostra attenzione anzitutto su questa seconda condotta consi-

stente nel far apparire come adempiute le condizioni richieste per la validità del documento, si deve notare anzitutto che l’espressione utilizzata si intreccia alla

questione della falsità in atti invalidi, che abbiamo visto in un precedente capitolo (v. retro, Cap. II, 2.1.1.1). Tant’è vero che, proprio dall’utilizzo da parte del legi- slatore di tale espressione, si potrebbe ricavare l’idea che la validità del documen- to costituirebbe un requisito essenziale per la sua stessa esistenza e quindi per la configurabilità del falso.

Al di là di questo aspetto, la previsione in esame non svolge tanto una funzione di incriminazione di una particolare condotta, quanto piuttosto ha come obiettivo quello di ricondurre alcuni atti (rectìus, la falsificazione di alcuni atti) che in realtà costituirebbero atti pubblici, all’interno della fattispecie che punisce la falsifica- zione materiale di certificati e autorizzazioni. Ed infatti, le condizioni richieste per la validità di certificati sono di regola contenute in atti come le legalizzazioni di firme e le vidimazioni che risultano complementari e accedono al certificato e all’autorizzazione.

Ecco allora che, anche secondo la maggioranza della dottrina, la fattispecie di- sciplinerebbe un’ipotesi particolare di contestualità di dichiarazioni contenute in uno stesso documento (documento c.d. complesso), ma aventi natura diversa (cer- tificati o autorizzazioni, da un lato, atti pubblici dall’altro), prevedendo che quan- do la falsità riguarda gli atti pubblici complementari che accedono alle certifica- zioni o alle autorizzazioni, la sanzione applicabile non è quella dell’art. 476 c.p., ma quella dell’art. 477 c.p. [v. per tutti, NAPPI, 71, e la bibliografia ivi richiama- ta]. La ragione di questa equiparazione starebbe nel fatto che in virtù della stru- mentalità degli atti complementari al certificato, i primi sono destinati a perdere di autonomia, risultando così ancora una volta confermata la prospettiva orientata alla tutela della pubblica amministrazione adottata dal nostro legislatore.

Tale ricostruzione, a dire il vero, non può essere esente da critiche. È di tutta evidenza, infatti, come essa determini una sorta di assorbimento di alcune falsità in atti pubblici nelle falsità in certificati e autorizzazioni, assorbimento, tuttavia, non del tutto fondato e razionalmente giustificabile, visto che una fattispecie di minore disvalore (art. 477) finirebbe per assorbire fatti riconducibili a una fatti- specie che invece esprime un contenuto offensivo maggiore (art. 476). Sta di fatto, comunque, che, salvo smentite, la prassi applicativa non ha mai attribuito rilevan- za a questa parte dell’art. 477.

Per quanto riguarda le condotte di formazione e alterazione dell’atto, il di- scorso è destinato a divenire più complesso. Unico profilo certo è che il falso ma-

teriale è del tutto indipendente dalla veridicità della dichiarazione, ragion per cui

integra un falso materiale anche la formazione di un documento vero, ma non au- tentico, come anche l’alterazione di un documento non vero, ma autentico. Al contrario, come vedremo, il falso ideologico presuppone un documento necessa- riamente genuino [v. Cass., Sez. V, 22.4.1997, Saetta, in CED, rv 208015, secondo cui «perché sia configurabile un falso ideologico è necessario che l’attestazione provenga dal suo autore apparente»: sul punto, si v. infra, Cap. V, 2.1.1 e 2.1.2].

Nel documento Le falsità documentali (pagine 176-180)

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