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Il modello di tutela basato sul buon andamento della pubblica ammini-

Nel documento Le falsità documentali (pagine 52-55)

diritto vigente e diritto vivente

2. La “modellistica” delle falsità documental

2.2. Il modello di tutela basato sul buon andamento della pubblica ammini-

strazione. – La configurazione delle falsità documentali può ispirarsi anche a un

altro modello, basato sulla tutela del buon andamento della pubblica amministra- zione. Il punto dal quale si deve partire è la distinzione tra mera attività di docu- mentazione, da intendersi come attività di “trascrizione” e “incorporazione” di un pensiero su un determinato supporto materiale, e attività di documentazione e- spressione dell’esercizio di funzioni pubbliche [in argomento v. anche PREZIOSI, 159 ss.]: mentre la prima può essere posta in essere da qualsiasi soggetto, al con- trario la seconda può essere realizzata soltanto da particolari soggetti qualificati nell’esercizio di funzioni pubbliche.

Ebbene, in presenza di un’attività di documentazione espressione dell’eserci- zio di funzioni pubbliche, proprio in virtù dell’esistenza di uno stretto legame che intercorre tra l’attività di documentazione e la funzione pubblica, l’ordinamento può avere interesse a che tale attività di documentazione si basi su un corretto eser- cizio del potere, ragion per cui essa deve essere esercitata là dove il soggetto è le- gittimato a farlo e secondo le modalità richieste dalla legge.

Anche all’interno di questo modello si devono distinguere due varianti. Da un lato, l’attività di documentazione può consistere in una vera e propria attività di

certificazione pubblica, nel senso che la stessa attività di documentazione rappre-

senta l’esercizio di una specifica e autonoma funzione pubblica, consistente nel- l’attribuire certezza legale al contenuto di una dichiarazione: il pubblico ufficiale dichiara vero il contenuto di determinate dichiarazioni, con la conseguenza che la veridicità di tali dichiarazioni vincola i terzi, giudice compreso, i quali sono “ob- bligati” ad assumere le dichiarazioni certificate come vere (fino a querela di falso) e ai quali è pertanto sottratto il potere di valutare la prova. In questa prospettiva, bene giuridico tutelato può essere il buon andamento della pubblica amministra- zione, se si fa leva soprattutto sul dovere di veridicità che incombe sul pubblico ufficiale al momento dell’esercizio dell’attività: là dove il pubblico ufficiale dichia- ra il falso nell’attribuire fidefacenza a una determinata dichiarazione documentale, egli fa un uso distorto del potere in quanto vìola un dovere di veridicità (e quindi di correttezza) impostogli per il buon esercizio del proprio potere. D’altra parte, v’è anche chi in queste ipotesi individua il bene giuridico tutelato nella stessa fun- zione probatoria del documento: l’atto pubblico fidefacente, proprio perché aven- te valore di prova legale destinata a vincolare la stessa attività del giudice, avrebbe una funzione probatoria specifica, come tale suscettibile di una tutela autonoma.

È interessante notare come in questa prospettiva il potere amministrativo certi- ficativo sia destinato ad incidere, limitandolo, sul potere giurisdizionale e più pre- cisamente sul suo carattere discrezionale. Da ciò consegue, come vedremo meglio in seguito, che il rapporto tra questi due poteri necessita di una disciplina avente rango legislativo, in quanto non può che essere la legge la fonte capace di attribui-

re un primato a quanto attestato da una certificazione rispetto alla libera valutazio- ne del giudice [v. infra, Cap. III, 2].

Dall’altro lato, l’attività di documentazione può consistere in un’attività con-

nessa all’esercizio di una funzione pubblica, nel senso che l’attività di documen-

tazione può svolgere una funzione secondaria e meramente strumentale rispetto a quella pubblica “principale” (si pensi al “potere-dovere” di documentazione in appositi registri del professore universitario rispetto alla sua attività didattica op- pure al potere documentale del medico convenzionato rispetto alla sua attività medica). In queste ipotesi il documento non finisce per avere un valore particola- re dal punto di vista probatorio, bensì dal punto di vista del corretto svolgimento dell’attività amministrativa, anche perché l’atto documentale che “accompagna” l’esercizio della funzione pubblica è destinato ad entrare in un iter amministrativo il cui “corretto” decorso è essenziale per il raggiungimento di scopi pubblici. Ec- co allora che in questa prospettiva il bene giuridico tutelato finisce per coincidere con quello del buon andamento della pubblica amministrazione [RAMPIONI, 138 ss.; PREZIOSI, 180 ss. e 188 ss.], con la conseguenza che si ha una falsità documen-

tale nel momento in cui il pubblico ufficiale abusa del potere che gli è stato confe- rito o perché esercita tale potere quando non esistono i presupposti per esercitar- lo (usurpazione) oppure perché esercita il potere in modo distorto contravvenen- do al dovere di dichiarare il vero incombente sul pubblico ufficiale affinché non si alteri il procedimento amministrativo (abuso in senso stretto).

2.2.1. Le conseguenze di disciplina. – Diversamente da quanto accade per il

modello di tutela basato sull’inganno, dove la specificità del contenuto di disvalo- re è offerta dal documento, nel modello in esame il contenuto di disvalore è e- spresso soprattutto dalla condotta del soggetto agente. Ed infatti, nella prospetti- va di tutela della pubblica amministrazione si tende a distinguere tra la condotta che consiste nella violazione delle regole che legittimano l’esercizio del potere (fal- sità c.d. materiale, che si avrebbe quando il soggetto esercita un potere documen- tale in assenza di legittimazione attuale per farlo) e la condotta che consiste nella violazione delle regole che sono strumentali all’esercizio del potere (falsità c.d. i- deologica, che si avrebbe quando il soggetto esercita un potere documentale che è legittimato ad esercitare, ma in modo distorto, violando nella sostanza un dovere di veridicità) [RAMACCI, 57 ss.; RAMPIONI, 142; CATENACCI, 243; (a) MEZZETTI, 276 ss.; FIANDACA,MUSCO, 582]. In argomento è interessante notare come nella

prospettiva della pubblica amministrazione lo stesso concetto della condotta di falsificazione sia destinato a mutare. Più precisamente, per quanto riguarda la fal- sità ideologica mentre nella prospettiva ingannatoria ciò che è destinato ad assu- mere rilevanza è soprattutto la menzogna in sé e per sé considerata, in quella della pubblica amministrazione ha rilievo soprattutto la violazione di un vero e proprio dovere di veridicità a carattere pubblicistico. Molto più consistenti le particolarità della condotta di falsità materiale, perché mentre nella prospettiva ingannatoria è il pericolo d’inganno che assume rilevanza, diversamente nella prospettiva della

pubblica amministrazione è soprattutto la formazione del documento in assenza dei presupposti di legittimazione che assume rilievo, anche se poi l’atto risulta au- tentico, e quindi esiste una corrispondenza tra autore apparente e autore reale.

Per quanto riguarda il documento, a rigore dovrebbe assumere rilevanza sol- tanto il documento proveniente dal pubblico ufficiale, potendosi poi discutere se adottare una soluzione particolarmente rigorosa, secondo cui dovrebbe assumere rilevanza soltanto l’atto pubblico fidefacente, vale a dire la dichiarazione del pub- blico ufficiale che attesta come vero il contenuto della dichiarazione; oppure una soluzione che attribuisca rilevanza anche all’attività documentale strumentale e con- nessa all’esercizio di una pubblica funzione, e quindi anche a qualsiasi atto pubblico che si inserisce all’interno dell’iter amministrativo. Al contrario, alla scrittura priva-

ta non dovrebbe essere attribuito alcun rilievo, proprio in ragione del fatto che non

comporta un esercizio di poteri pubblici (l’attività di documentazione non è con- nessa all’esercizio di un pubblico potere) [RAMPIONI, 140, il quale attribuisce rile- vanza soltanto alla scrittura privata riconosciuta in giudizio dalla controparte; PRE- ZIOSI, 178 s.]

Tuttavia, rispetto alla scrittura privata, si deve osservare come il discorso muti a seconda della prospettiva che si adotta. Ed infatti, nella prospettiva rigorosa che attribuisce rilevanza alla vera e propria attività di certificazione fidefacente, non c’è dubbio che la scrittura (dichiarazione) privata non dovrebbe avere alcun rilie- vo: anche in presenza di una scrittura privata autenticata (o riconosciuta), ciò che assumerebbe rilevanza è la dichiarazione di autenticità o di riconoscimento, non la scrittura privata in sé e per sé che resta comunque tale. Al contrario nella pro- spettiva meno rigorosa che fa riferimento anche all’attività di documentazione connessa all’esercizio di pubbliche funzioni, il documento che “nasce” privato, non è del tutto indifferente ed estraneo alle esigenze di tutela della pubblica ammini- strazione nel momento in cui si inserisce all’interno di un determinato iter ammi- nistrativo.

Per quanto riguarda il rapporto tra condotta e qualifiche soggettive, punto problematico non è tanto la dichiarazione del soggetto qualificato, bensì quella che il soggetto privato rende al pubblico ufficiale. In particolare, in presenza di una condotta di falsità ideologica occorre ancora una volta distinguere a seconda che si tratti di un’attività di certificazione pubblica o di mera documentazione pub- blica. Nella prima ipotesi, poiché il pubblico ufficiale viene tratto in inganno dal privato (c.d. falso ideologico per induzione), quest’ultimo può essere punito sol- tanto in virtù di una espressa previsione legislativa: mancando il dolo del pubblico ufficiale e non esistendo un dovere di dichiarare il vero incombente sul privato, a causa dell’errore in cui è incorso il pubblico ufficiale, il disvalore della falsità i- deologica non si è concretizzato e quindi il fatto può assumere rilevanza soltanto in presenza di una fattispecie autonoma. Nell’ipotesi di mera attività di documen- tazione strumentale all’esercizio di una pubblica funzione, mancando la dichiara- zione fidefacente del pubblico ufficiale, la falsità ideologica del privato dovrebbe assumere rilevanza nel momento in cui si inserisce all’interno dell’iter amministra- tivo.

In ordine alle falsità materiali, poi, può avere un senso distinguere tra falsità del pubblico ufficiale e falsità del privato in atto pubblico: nel primo caso infatti il soggetto agisce fuori dalla sua competenza, ma si tratta di un’incompetenza – per così dire – relativa, nel senso che il soggetto avrebbe titolo per adottare e documentare l’atto, ma nel caso specifico mancano i presupposti che attualizza- no l’esercizio del potere; nella seconda ipotesi, si ha a che fare invece con una incompetenza assoluta, nel senso che il soggetto è totalmente privo di legittima- zione.

In conclusione, in una prospettiva sistematica complessiva, si può osservare come il falso del privato sia punito soltanto in ordine alla menzogna mediante i delitti di frode, non anche in ordine all’autenticità, verificandosi così un vuoto di tutela. Al contrario, il falso del pubblico ufficiale è punito con riferimento alla au- tenticità, intesa però nella sostanza come una sorta di abuso d’ufficio; e con riferi- mento alla menzogna, senza dubbio per ciò che attiene agli atti pubblici fidefacen- ti, potendosi la tutela estendersi anche a “meri” atti pubblici, verificandosi in que- st’ultima ipotesi una sovrapposizione con la tutela predisposta dai delitti contro la pubblica amministrazione, come ad esempio l’abuso d’ufficio.

Nel documento Le falsità documentali (pagine 52-55)

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