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Il diritto vigente Una questione preliminare: tentativo di razionaliz zazione di un sistema iperframmentato.

Nel documento Le falsità documentali (pagine 58-62)

diritto vigente e diritto vivente

3. Il diritto vigente Una questione preliminare: tentativo di razionaliz zazione di un sistema iperframmentato.

Esaurita la disamina dei possibili modelli di tutela ai quali si può ispirare una legislazione positiva, adesso si tratta di vedere quale possa essere il modello adot- tato dal legislatore italiano del 1930. A questo fine, un contributo importante può essere offerto dal modo in cui è stato “organizzato” il sistema delle falsità docu- mentali.

Una prima distinzione che può essere compiuta è tra norme che prevedono

fattispecie incriminatrici (476-490), norme di disciplina (491 e 493-bis) e norme definitorie (492) [come vedremo rispetto agli artt. 491-bis e 493 si discute se siano

norme definitorie o di disciplina: v. infra, Cap. III, 1]. Accantonate le norme di disciplina e quelle definitorie, in quanto di scarso rilievo ai nostri scopi, per quan- to riguarda la sistematica delle fattispecie incriminatrici, un ruolo fondamentale è ricoperto dalla condotta. Ed infatti, sulla base della tipologia di condotta si può compiere un’ulteriore distinzione tra le fattispecie che puniscono le condotte di falsificazione, vale a dire le falsità materiali e le ideologiche (476-485), e quelle che puniscono condotte diverse, vale a dire la falsità in foglio firmato in bianco, l’uso di documento falso e la soppressione di quello vero (486-490), dovendosi tuttavia precisare fin d’ora che mentre le falsità in foglio firmato in bianco risultano pro- blematiche, in quanto ancora discussa è la natura della loro condotta (486-488) [v. infra, Cap. VI, 2], al contrario l’uso (489) e la distruzione (490) sono – per così dire – autonome, potendovisi ravvisare un contenuto di disvalore del tutto pecu- liare.

Concentrando la nostra attenzione sulle falsità materiali e su quelle ideologi-

che (476-485), a causa della consistente frammentazione del sistema, si possono

adottare (e si adottano) ben tre diverse chiavi di lettura.

Anzitutto, in una prospettiva di particolare fedeltà al testo legislativo, l’ulte- riore razionalizzazione del sistema può avvenire sulla base della tipologia di do-

cumento [ANTOLISEI, 112 ss.; FIANDACA,MUSCO, 585 ss.; MELONI, 394 ss.]. In quest’ottica si distingue tra falsità in documenti pubblici (476-480 e 482-483) e falsità in scritture private (481, 484 e 485). Non solo, ma una volta compiuta que- sta ripartizione, all’interno di ogni gruppo di fattispecie, si tende ulteriormente a

distinguere a seconda della tipologia di condotta. Ed infatti, all’interno delle falsi- tà in atti pubblici si distingue tra falsità materiali (476, 477, 482) e falsità ideologi- che (479, 480, 483), rispetto alle quali si può compiere un’ennesima distinzione a seconda che soggetto autore sia un pubblico ufficiale (476 e 477 per quanto ri- guarda le falsità materiali; 479 e 480 per quanto riguarda le falsità ideologiche) oppure un privato (482, falsità materiale, 483, falsità ideologica). Ma anche all’in- terno delle falsità in scritture private si distingue tra falsità materiali (485) e falsità ideologiche (481 e 484). Dovendosi notare poi come finisca per tornare in gioco il criterio del documento, visto che tra i documenti pubblici si distingue tra atti pubblici o atti pubblici fidefacenti (476 e 479), da un lato, e certificati o autoriz- zazioni (477 e 480), dall’altro, mentre tra le scritture private si distingue tra quelle non aventi alcun rilievo pubblicistico (485) e quelle invece che hanno tale rilievo (certificati e registri/notificazioni previsti rispettivamente dagli artt. 481 e 484).

In secondo luogo, adottando una prospettiva meno aderente al testo legislati- vo, si può utilizzare il criterio distintivo della tipologia di condotta. In quest’ot- tica si distingue pertanto tra falsità materiali e falsità ideologiche. D’altra parte, ancora una volta, all’interno di ciascuna tipologia di condotta si può compiere una distinzione ulteriore tra atti pubblici oppure scritture private. Così, per quan- to riguarda le falsità materiali si hanno quelle in atti pubblici (476, 477, 482) – dove si può poi ulteriormente distinguere a seconda che soggetto attivo sia un pubblico ufficiale (476 e 477) oppure un soggetto non qualificato (482) –, e quelle in scritture private (485). Identica articolazione caratterizza le falsità ideologiche: in atti pubblici [479, 480, 483, dove si può poi ulteriormente distinguere tra quel- le commesse da pubblici ufficiali (479 e 480) e quelle commesse da privato(483)]; oppure in scritture private (481, 484).

Infine, non si può trascurare il recente tentativo di un’ulteriore e diversa lettu- ra del sistema delle falsità documentali, basata sulla distinzione tra due diversi

blocchi, uno – per così dire – a carattere pubblicistico, orientato soprattutto alla

tutela del buon andamento della pubblica amministrazione, ed uno invece a carat- tere privatistico-individualistico che si muove invece in una prospettiva inganna- toria [spunti in tal senso in GRANDE, 56 e 57; (a) GIACONA, 27 s. e 292 s.]. In particolare, le falsità in atti pubblici (476-480 e 483) sarebbero orientate soprat- tutto alla tutela del buon andamento della pubblica amministrazione; diversamen- te, le falsità in scrittura privata sarebbero ispirate a un modello basato sulla ido- neità ingannatoria (artt. 485, 481 e 484). Non solo, ma questa diversa prospettiva sarebbe confermata dal diverso assetto strutturale delle fattispecie. Da un lato, le falsità in atto pubblico si presentano infatti maggiormente formali, quelle in scrit- tura privata si caratterizzano invece per un elemento finalistico ulteriore consi- stente nella finalità di procurare a sé o ad altri un profitto o di recare ad altri un danno: e com’è stato notato «trattasi di un ponte che, soggettivamente, pone in collegamento la condotta falsificatoria con la potenziale lesione ad un bene indi- viduale inespresso, ma sussunto ed indiziato nel tessuto del dolo specifico di ulte- riore offesa» [CRIMI, 312]. Dall’altro lato, si deve notare che nel falso in scrittura privata, alla condotta di falsificazione si aggiunge la condotta ulteriore di uso

personale o di autorizzazione all’uso della scrittura privata falsificata da parte di terzi. Ebbene, la ratio di entrambe queste peculiarità sembra risiedere nel fatto che là dove intervengono i pubblici poteri la tutela si formalizza, mentre là dove si tratta di documenti privati la prospettiva ingannatoria induce verso una con- cretizzazione.

3.1. Il modello adottato dal legislatore: tra idoneità ingannatoria e tutela del

buon andamento della pubblica amministrazione. – Quale che sia la sistemati-

ca che s’intende adottare, si deve ritenere che il modello configurato dal nostro legislatore sia riconducibile in parte al modello ingannatorio e in parte al modello

posto a tutela della pubblica amministrazione.

Ed infatti, se ci si basa sul criterio della tipologia di documento, la distinzione cardine tra atto pubblico e scrittura privata è perfettamente coerente con il mo- dello ingannatorio: proprio perché la fiducia riposta nell’atto pubblico è maggiore di quella riposta nella scrittura privata, è del tutto evidente che il disvalore delle falsità in atto pubblico sia destinato ad essere maggiore rispetto a quello delle fal- sità private. Al contrario, dalla prospettiva della tutela della pubblica amministra- zione la distinzione tra atto pubblico e scrittura privata non ha molto senso, per la semplice ragione che la falsità in scrittura privata non implica l’uso distorto di un’at- tività documentale connessa a funzioni pubbliche, con la conseguenza che, a rigo- re, non dovrebbe essere prevista.

D’altra parte, l’ulteriore distinzione tra falsità materiale e falsità ideologica, si giustifica soprattutto nella prospettiva della tutela della pubblica amministrazio- ne. Ed infatti, in un’ottica ingannatoria, tale distinzione all’interno degli atti pub- blici non ha molto senso, perché ciò che interessa è l’inganno, quale che sia la condotta che lo concretizza; nelle falsità in scritture private, poi, la falsità ideolo- gica o assume piena rilevanza oppure non assume alcuna rilevanza: tuttavia nel nostro sistema assume rilevanza soltanto per alcune tipologie di scrittura privata aventi – per così dire – una certa rilevanza pubblica [artt. 481 e 484]. Al contra- rio, nella prospettiva della tutela della pubblica amministrazione è del tutto evi- dente come rispetto ai documenti pubblici il tipo di condotta acquisti un rilievo molto significativo, visto che mentre la falsità materiale consiste in una vera e pro- pria usurpazione del potere, al contrario la falsità ideologica rappresenta un abuso del potere pubblico. Non solo, ma la falsità ideologica in scritture private assume un senso se si considera che essa è estesa a scritture private che sono – per così di- re – destinate ad entrare in relazione con i pubblici poteri.

Ed ancora, la distinzione basata sul soggetto attivo all’interno delle falsità in at- ti pubblici ha una logica soprattutto in una prospettiva di tutela della pubblica amministrazione. Ed infatti, ben diversa risulta essere la falsità a seconda che ri- guardi il pubblico ufficiale che svolge la funzione pubblica e che quindi strumen- talizza l’attività di documentazione di cui è titolare oppure il privato che invece è del tutto privo della funzione pubblica e della corrispondente attività di docu- mentazione. Al contrario, la rilevanza attribuita al soggetto attivo sembra giustifi-

carsi solo parzialmente dalla prospettiva dell’inganno, avendo un senso rispetto alla falsità ideologica (la menzogna del pubblico ufficiale esprime maggiore disva- lore di quella del privato), non anche rispetto a quella materiale, dove chi agisce, agisce sempre al fuori di una pubblica funzione.

Infine, le ulteriori distinzioni a seconda della tipologia dell’atto sono coerenti con la prospettiva della tutela della pubblica amministrazione. In particolare, le distinzioni all’interno delle falsità in atti pubblici non hanno senso in ordine alla fi- ducia, dove conta la “macrodistinzione” tra atto pubblico e scrittura privata. La di- stinzione basata su tipologie di atti si giustifica solo con riferimento alla attività com- piuta dal pubblico ufficiale in un’ottica di pubblica amministrazione, soprattutto poi se si estende la rilevanza anche a documenti pubblici diversi da quello fidefa- cente.

Ma anche se si privilegia il criterio della tipologia di condotta, il risultato a cui si approda è quello di un sistema in parte orientato alla tutela della fiducia dei consociati e in parte diretto alla tutela della pubblica amministrazione. Ed infatti, la distinzione all’interno delle falsità materiali tra quelle poste in essere in atti pubblici o in scrittura privata ha senso, ancora una volta, soprattutto in una pro- spettiva ingannatoria, mutando la fiducia riposta nelle diverse tipologie di docu- mento, non anche in una prospettiva di tutela della pubblica amministrazione, dove la falsità materiale in scrittura privata non dovrebbe assumere alcuna rile- vanza. Non solo, ma le falsità materiali sono formulate in termini diversi a secon- da che si tratti di documenti pubblici oppure di scritture private, poiché nella prima ipotesi il disvalore è esclusivamente incentrato sulle condotte di falsifica- zione, mentre nella seconda si richiedono anche il dolo specifico del vantaggio o del recare un danno e soprattutto l’uso del documento falso: differenza di formu- lazione spiegabile solo con la volontà del legislatore di apprestare una tutela anti- cipata ai documenti pubblici ovvero più “concreta” nei documenti privati. Tutta- via, l’ulteriore distinzione all’interno delle falsità in atti pubblici basata sul sogget- to attivo (pubblico ufficiale o privato) ha senso in una prospettiva di tutela della pubblica amministrazione, non anche in quella ingannatoria, poiché in quest’ul- tima prospettiva il pubblico ufficiale che falsifica l’atto agisce necessariamente fuo- ri dai pubblici poteri e quindi è sempre un privato. Parimenti, la distinzione all’in- terno delle falsità ideologiche tra quelle poste in essere in atti pubblici o in scrittu- re private ha senso dalla prospettiva ingannatoria, non anche da quella della pub- blica amministrazione. Dovendosi tuttavia notare come, nel momento in cui si di- stingue all’interno delle falsità ideologiche in documento pubblico quella posta in essere dal pubblico ufficiale e quella realizzata dal privato, torni ad assumere rile- vanza il carattere pubblicistico della legittimazione all’esercizio del potere di do- cumentazione-certificazione. Così come l’utilizzo dell’espressione “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità” all’interno di tutte le fattispecie che punisco- no tali falsità, lascia pensare che il legislatore, in piena sintonia con il modello a tutela della pubblica amministrazione, si sia riferito solo agli atti pubblici fidefa- centi.

che adottando l’ultimo criterio di sistemazione, basato sulla distinzione tra il blocco

a carattere pubblicistico e quello a carattere privatistico-individualistico. Non solo,

ma a differenza delle altre, questa lettura consente di compiere una reale razionaliz- zazione, proprio perché permette di differenziare le due anime, uscendo così da quella ambiguità di fondo che caratterizza le altre letture. Tuttavia, non si può fare a meno di sottolineare come possano residuare alcuni margini di ambiguità. In parti- colare, se è vero che il primo blocco è posto a tutela soprattutto della pubblica am- ministrazione, tuttavia può tornare in gioco la prospettiva ingannatoria soprattutto là dove si attribuisce rilevanza alla falsità ideologica in atto pubblico commessa dal privato: come avremo modo di vedere, se tale disposizione non viene interpretata in termini rigorosi, è conseguenza inevitabile che essa finisca per essere utilizzata per dare rilevanza a qualsiasi dichiarazione del privato destinata a ingannare la pubblica amministrazione.

4. Il diritto vivente. Una conferma della “doppia anima” delle falsità

Nel documento Le falsità documentali (pagine 58-62)

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