• Non ci sono risultati.

Capital export neutrality e capital import neutrality

1.3 L’approccio tradizionale del diritto internazionale al fenomeno della doppia

1.3.1 I principi internazionali di neutralità e non discriminazione

1.3.1.1 Capital export neutrality e capital import neutrality

Del principio di neutralità economica del fattore fiscale, come prima descritto, esistono in realtà due visioni concorrenti, che possono ricondursi, rispettivamente, alla prospettiva dello Stato della fonte del reddito e a quella dello Stato di residenza del suo percettore. Visioni contrapposte che si dimostrano rilevanti anche ai fini di definire il

37 Mason, R., Tax Discrimination and Capital Neutrality, in World Tax Journal, giugno 2010, p. 126 ss.,

che distingue inbound preferences, inbound restrictions (protectionism), outbound preferences e

concetto stesso di discriminazione, il quale, come ricordato, è essenzialmente un concetto di relazione38.

Nella prospettiva dello Stato della fonte, la neutralità viene intesa come garanzia della parità di trattamento al momento dell’accesso. Si parla dunque in questo caso di

capital import neutrality (CIN, o neutralità all’importazione), facendo riferimento

all’obiettivo che tutte le attività economiche all’interno di un dato Stato subiscano lo stesso grado di pressione fiscale, indipendentemente dalla provenienza nazionale o estera del capitale investito per la produzione di reddito, nonché dal grado di imposizione scontato dai soggetti stranieri nel loro Stato di residenza. La ratio sottostante a questa declinazione del principio di neutralità è quella di promuove l’effettiva concorrenza tra investitori residenti ed esteri all’interno della giurisdizione considerata, prevedendo un trattamento fiscale omogeneo per tutti i soggetti che vi operano.

Tuttavia, anche qualora uno Stato persegua coerentemente una politica di CIN tassando allo stesso modo residenti e non residenti per i loro investimenti nel territorio, la concorrenza tra tali categorie di soggetti potrebbe pur sempre subire una distorsione a causa delle imposte prelevate nello Stato di residenza del soggetto non residente (si pensi all’ipotesi di tassazione del reddito mondiale nello Stato di residenza ad aliquote più elevate di quelle applicate ai residenti dello Stato della fonte). Diversamente, la CIN è realizzata se lo Stato di residenza dell’investitore straniero riconosce un’esenzione totale dei redditi prodotti all’estero dai propri residenti. Da queste osservazioni consegue che la vera neutralità all’importazione non sta nelle capacità di ciascun singolo Stato, in quanto non può essere compiutamente realizzata se non attraverso un

coordinamento con l’imposizione dello Stato di residenza39.

Ponendosi nella prospettiva dello Stato di residenza, al contrario, l’obiettivo della neutralità fiscale si atteggia in termini di capital export neutrality (CEN, o neutralità all’esportazione), cioè di applicazione di uno stesso carico fiscale ad ogni tipo di reddito percepito dai residenti di un determinato Stato, sia esso realizzato nello Stato stesso ovvero all’estero. In questo senso, non si tratta di una forma di neutralità soggettiva (come invece la CIN) quanto piuttosto oggettiva o “territoriale”. Un sistema fiscale garantisce la capital export neutrality quando il fattore fiscale non influenza le

38

V. le considerazioni svolte da Van Raad, K., Nondiscrimination in International Tax Law, Kluwer Law and Taxation Publishers, 1986, p. 7 e ss.. Sui concetti di capital import neutrality e capital export

neutrality, si veda anche l’analisi di Panayi, C., op. cit., p. 6.

39

decisioni dei contribuenti relative alla localizzazione, nazionale o estera, dei propri investimenti. Obiettivo di tali sistemi è dunque promuovere un’allocazione efficiente delle risorse a livello mondiale: gli investimenti scontano le stesse imposte indipendentemente dal luogo in cui sono effettuati; non vi è nemmeno uno sfavore nei confronti di investimenti in Paesi a fiscalità privilegiata.

Una differenza essenziale rispetto alla capital import neutrality sta nel fatto che la neutralità in questa seconda accezione può essere compiutamente realizzata attraverso misure unilaterali adottate dal solo ordinamento dello Stato di residenza: perché ciò accada, infatti, è necessario e sufficiente che tale ultimo Stato (il quale, nell’ipotesi più comune, tassa i propri residenti sull’utile mondiale) applichi un trattamento uguale a redditi di fonte interna e internazionale e conceda un credito d’imposta integrale per le eventuali imposte pagate dai propri residenti all’estero (v infra par. 1.3.3). I redditi esteri sono, quindi, sottoposti allo stesso regime previsto internamente, previo annullamento dell’effetto negativo dell’imposizione estera. Tale onere è interamente addossato allo Stato della residenza, mentre in capo allo Stato della fonte del reddito non viene posto alcun tipo di obbligazione o limite all’esercizio della potestà impositiva sui redditi prodotti nel proprio territorio.

Il sistema di capital export neutrality viene spesso criticato per la gravosità degli oneri amministrativi che comporta (è necessaria una forte collaborazione con le autorità fiscali di altri Stati) e perché fa troppo affidamento nella condotta onesta del contribuente, tenuto a dichiarare fedelmente tutti i redditi percepiti all’estero.

In ogni caso, per rendere fiscalmente neutrali le scelte di localizzazione degli investimenti e di stabilimento della residenza, gli Stati dovrebbero realizzare simultaneamente neutralità all’importazione e all’esportazione. Questo è tuttavia impossibile in mancanza di un’armonizzazione globale delle basi imponibili, delle aliquote e dei metodi di eliminazione della doppia imposizione. Tenendo presente questo presupposto, il problema della tassazione dei redditi transfrontalieri spesso si riduce ad una scelta tra le due diverse forme di neutralità.

L’opzione del resto non è mai netta, e la maggior parte dei sistemi presenta soluzioni miste. Ad esempio, gli ordinamenti che implementano la CEN tendenzialmente non concedono un credito d’imposta integrale per le imposte assolte all’estero, ma limitato all’imposta che sarebbe stata applicata ad un reddito similare di fonte domestica, il che crea una deviazione dal modello e una conseguente distorsione delle scelte di allocazione degli investimenti, che saranno orientati verso gli Stati con un

livello di tassazione inferiore allo Stato di residenza. Inoltre, sempre in questi sistemi, è frequente il differimento dell’imposizione degli utili prodotti da società controllate estere, i quali vengono tassati non al momento della loro maturazione, ma solo al momento del loro effettivo trasferimento alla società madre residente, con un conseguente incentivo a mantenere offshore gli utili prodotti da società estere. Analoghe distorsioni sorgono anche nei sistemi che preferiscono la CIN ma che, ad esempio, concedono l’esenzione solo per gli elementi attivi del reddito estero dei residenti, senza prendere in considerazione gli eventuali elementi negativi, oppure che penalizzano gli investimenti stranieri applicando ritenute alla fonte sui dividendi distribuiti a soci non residenti40.

1.3.1.2 La clausola di non discriminazione convenzionale: caratteri e limiti.

Outline

Documenti correlati