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Doppia imposizione e Corte di Giustizia: le varie fasi della giurisprudenza.

Giunti a questo punto dell’indagine, si tratta ora di verificare come l’obiettivo comunitario di eliminazione della doppia imposizione sia declinato nella giurisprudenza. Essa rappresenta il motore più agile e flessibile di sviluppo dell’ordinamento comunitario, il quale sta assumendo progressivamente connotati sempre più vicini ad un sistema di common law. Data la rigidità e i limiti intrinseci dell’azione legislativa di integrazione positiva, la giurisprudenza gioca da alcuni decenni un ruolo di primo piano nell’interpretazione del Trattato e dunque nella definizione del contenuto delle libertà fondamentali così come nella declinazione concreta degli obiettivi dell’Unione.

La giurisprudenza europea è chiamata ad un compito estremamente delicato, in quanto, interpretando il Trattato, sta esplorando (o forse piuttosto definendo) i confini dell’influenza del diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali. La dimensione del fenomeno è facilmente intuibile. L’impatto del diritto comunitario, nell’interpretazione data dalla Corte di Giustizia, produce cambiamenti sostanziali nell’ordinamento tributario degli Stati Membri. Tutti i poteri dello Stato sono infatti chiamati a veicolare nel sistema interno le soluzioni del giudice comunitario: il legislatore, la prassi dell’amministrazione fiscale e ovviamente i giudici nazionali sono attori di questo processo, che produce l’effetto di un graduale svuotamento di contenuto della sovranità statale, senza tuttavia cancellarne formalmente la facciata198.

198 Si vedano le riflessioni di Pistone, P., The Impact of ECJ Case Law on National Taxation, in Bulletin

Il processo è in evoluzione e non ha ancora raggiunto lineamenti definitivi: quel che è certo, però, è che la chiave di volta sta nell’esatta delimitazione del concetto di “restrizione fiscale alle libertà di circolazione”, proibita ai sensi del Trattato.

Come si è anticipato199, la giurisprudenza comunitaria più risalente in materia fiscale interpretava le libertà fondamentali come leges speciales rispetto al divieto di discriminazione posto dall’art. 12 (ora art. 18) del Trattato. In questa prima fase, le fattispecie esaminate riguardavano principalmente ipotesi di discriminazione indiretta basata sulla residenza dei contribuenti persone giuridiche (ad esempio, il trattamento delle stabili organizzazioni localizzate in altri Stati Membri200), ovvero il regime dei lavoratori frontalieri persone fisiche201.

Successivamente, la Corte cominciava ad estendere alle altre libertà – con gli adattamenti che si vedranno – le conclusioni raggiunte con riferimento alla libera circolazione delle merci, e, pertanto, ad interpretare le disposizioni sulle libertà fondamentali nel senso che esse proibivano non solo le discriminazioni, ma anche le restrizioni non discriminatorie. Oltre al trattamento fiscale riservato ai cittadini di uno Stato Membro negli altri Stati dell’Unione, dunque, questa seconda generazione di pronunce ha cominciato ad occuparsi di una casistica più ampia, relativa a fattispecie multiformi: il trattamento riservato alle società controllate da soggetti stranieri, o ai soggetti nazionali che controllassero società estere202. Ancora, la giurisprudenza ha affrontato il tema del trattamento meno favorevole delle attività transfrontaliere, che non derivi da un esercizio discriminatorio della potestà fiscale di un singolo Stato: anzi, spesso sono state analizzate situazioni in cui la legislazione interna ometteva di prendere in considerazione eventi favorevoli203 o sfavorevoli al contribuente, verificatisi fuori dalla propria giurisdizione. In altre parole, il sindacato è stato esteso alle situazioni in cui un contribuente reclama l’applicazione del trattamento previsto per le situazioni meramente interne rispetto ad attività che presentano un collegamento con altre giurisdizioni e non sono dunque tassate nello Stato di residenza.

199 V. supra cap. II, par. 2.3.2. 200

Corte di Giustizia, 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint Gobain.

201 Corte di Giustizia, 14 febbraio 1995, causa C-279/93, Schumacker.

202 Si vedano, rispettivamente, le sentenze Corte di Giustizia del 12 dicembre 2002, causa C-324/00,

Lankhorst-Hohorst; e Corte di Giustizia del 18 settembre 2003, causa C-168/01, Bosal Holding. La Corte

si è dunque occupata di verificare la portata concreta del diritto di stabilimento secondario, inteso come diritto di aprire in uno Stato Membro diverso da quello dello stabilimento primario un’agenzia ovvero una filiale o succursale.

203

Se quindi nella prima fase evidenziata si poteva individuare una tendenza a riconoscere l’esistenza di un divieto di doppia imposizione come principio generale, direttamente riconducibile al divieto comunitario di discriminazioni, nella seconda fase – confermata dalla giurisprudenza ormai consolidata – la considerazione del fenomeno della doppia imposizione è mutata e l’affermazione autonoma di un simile principio può dirsi sfumata. La doppia imposizione si configura oggi piuttosto come esempio paradigmatico di restrizione (o, talvolta, di quasi-restrizione: v. infra) alle libertà fondamentali.

Il passaggio da un approccio fondato sul concetto di discriminazione, cioè da un divieto normativamente sancito, ad uno fondato sul concetto di restrizione, cioè ad un divieto di elaborazione solo dottrinale, ha avuto per effetto un’iniziale fortissima espansione dell’impatto comunitario sui sistemi fiscali nazionali. In un secondo memento, però, la Corte ha preferito assumere responsabilmente un atteggiamento cauto di self-restraint, più attento alla salvaguardia di poteri sovrani degli Stati. Di conseguenza, un rilievo sempre maggiore nell’elaborazione giurisprudenziale ha assunto la tipizzazione delle cause giustificative.

È giusto tuttavia dare atto del fatto che, ai numerosi ed innegabili vantaggi dell’armonizzazione negativa, fanno da contrappunto aspetti problematici di non poco momento. E del resto, fin da ora si può accennare che l’operato così incisivo della Corte di Giustizia non è andato esente da critiche. In particolare, molti osservatori ritengono che la Corte agisca in eccesso di potere, invadendo le competenze e ledendo la sovranità fiscale degli Stati Membri. Con le proprie pronunce, essa si arrogherebbe, secondo alcuni, il diritto di ridisegnare gli ordinamenti tributari attuando una politica fiscale giurisprudenziale, e si servirebbe a tal fine, inevitabilmente, di strumenti giuridici inadeguati. La Corte, infatti, non può garantire la neutralità totale del mercato imponendo agli Stati di realizzare allo stesso tempo la neutralità all’importazione e all’esportazione dei capitali; inoltre, anche il divieto di discriminazione presenterebbe notevoli limiti sistematici, non potendo costituire il fondamento per una scelta di riparto dei poteri impositivi, la quale resta sempre e solo una scelta politica204. In questo modo,

204 Graetz, M.J., Warren, A.C., Income Tax Discrimination and the Political and Economic Integration of

Europe, in Yale Law Journal, 2006, vol. 115, p. 1219: Osservano gli autori che «Prohibiting discrimination based on destination is ultimately inconsistent with prohibiting discrimination based on origin. This indeterminacy confirms the limits of non-discrimination as a tool for resolving basic issues of international taxation. The core tax policy issue here is the division of the tax base between source and residence countries, the resolution of which has depended more on compromise and practice than on any

rischiano di passare in secondo piano esigenze di efficienza, equità e gestibilità del mercato, che pur dovrebbero concorrere a delineare le scelte del legislatore fiscale. Inoltre, la Corte viene criticata perché trascura completamente nelle proprie valutazioni la ratio di politica fiscale delle legislazioni nazionali sottoposte al suo scrutinio205.

Quanto alle modalità in cui si manifesta tale eccesso di potere, si pone anche un problema di coerenza. Da più parti, infatti, si rimarca l’incoerente applicazione da parte della Corte di Giustizia dei principi di territorialità e sovranità, da cui deriverebbe la creazione giudiziale di nuovi poteri impositivi. Ciò accade – si sostiene – quando il principio di territorialità viene riconosciuto dalla Corte solo nei confronti dei movimenti in entrata mentre, incoerentemente, non vene accettato quando invocato rispetto ai movimenti in uscita da uno Stato Membro. Sono portate ad esempio di questa asimmetria le pronunce in cui viene indicata come una restrizione anti-comunitaria la limitazione da parte di uno Stato della giurisdizione fiscale rispetto a certe operazioni transfrontaliere206.

Sulla stessa linea di pensiero, si collocano le voci di autori che sottolineano le contraddizioni nella giurisprudenza comunitaria, che non fa una coerente applicazione degli stessi principi, declinandoli in modo diverso a seconda della fattispecie considerata: ad esempio, si comprende solo alla luce di motivazioni politiche, e non certo giuridiche, il fatto che la Corte si preoccupi di tutelare gli Stati Membri contro il doppio utilizzo delle perdite transfrontaliere da parte dei contribuenti, ma non tuteli altrettanto i contribuenti contro la doppia imposizione giuridica da parte degli Stati Membri dei loro profitti. Tale soluzione pare inaccettabile nell’ottica di un mercato interno207 (v. infra).

overreaching principle. Regulating that division by reasoning from a principle of non-discrimination ultimately produces an incoherent result».

205

Graetz, M.J., Warren, A.C., Dividend Taxation in Europe: When the ECJ makes Tax Policy, in Common Market Law Review, 2007, 44, p. 1578.

206 Classico esempio è dato dal problema della compensazione delle perdite transfrontaliere:

generalmente lo Stato della società controllante, poiché non tassa le controllate estere in virtù del principio di territorialità, specularmente non consente nemmeno l’imputazione delle loro perdite. Al ricorrere di determinate condizioni, tuttavia, la giurisprudenza comunitaria ritiene che le libertà fondamentali richiedano la concessione di tale possibilità di imputazione.Rileva questa incongruenza Weber, D., Is the limitation of tax jurisdiction a restriction of the freedom of movement? The ECJ should

show more respect for the principle of territoriality and for its own basic assumptions, in AA.VV., Accounting and Taxation & Assessment of ECJ Case Law, a cura di Lang, M., e Vanistendael, F., 2008,

EATLP International Tax Law Series. Peraltro, in senso opposto, si veda Vanistendael, F., Does the ECJ

have the power of interpretation to build a tax system compatible with the fundamental freedom?, in EC

Tax Review, 2008, 2, p. 53. Secondo questo autore, tutta la riflessione deve partire dal punto di vista che la sovranità fiscale degli Stati Membri non è né esclusiva né assoluta.

207 Kofler G.W., Mason R., Double Taxation: A European “Switch in Time”?, in Columbia Journal of

Già da questo primo accenno a tali problematiche, si comprende l’importanza di un’analisi in chiave critica dell’importante contributo della Corte di Giustizia all’armonizzazione negativa e la necessità di ricostruire il disegno unitario sotteso alla molteplicità delle decisioni. Con l’attenzione sempre rivolta a indagare la portata dell’obiettivo comunitario di eliminare la doppia imposizione, è dunque importante, in via preliminare, chiarire il significato dei concetti di discriminazione, restrizione e disparità, utilizzati o comunque presupposti nel linguaggio della Corte, per poi analizzare nel dettaglio il metodo seguito dalla giurisprudenza, nei suoi punti di forza e di debolezza, nonché le soluzioni che essa offre, con particolare riferimento al delicato equilibrio istituito nella suddivisione delle competenze tra l’Unione e gli Stati Membri, da un lato, e, dall’altro, i rispettivi ruoli assegnati allo Stato della fonte ed allo Stato della residenza nell’ambito delle situazioni di doppia imposizione internazionale, economica e giuridica: tutto questo allo scopo di individuare, conclusivamente, il significato attuale, vivente, dell’obiettivo di eliminazione della doppia imposizione.

3.2 La classificazione degli ostacoli fiscali al mercato: discriminazione,

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