3.7 Lo stato dell’arte: la responsabilità dell’eliminazione della doppia imposizione
3.7.3 Osservazioni conclusive
L’analisi che precede mette in luce tutte le incongruenze del pensiero della Corte di Giustizia. Il suo tradizionale self restraint rispetto al compimento di scelte di politica fiscale internazionale pare più che altro un’affermazione di comodo e non tanto una radicata convinzione, giuridicamente fondata nella definizione dei rapporti tra diritto comunitario, diritto internazionale e sovranità degli Stati. La giurisprudenza in materia di doppia imposizione economica dimostra chiaramente che quando una materia ricade nell’orbita del diritto comunitario, la Corte non si pone particolari scrupoli a stabilire chiare regole che attuano una vera e propria “ripartizione comunitaria di poteri impositivi” tra Stati Membri. Alla luce di ciò, è evidente come non sia sufficientemente argomentata l’esclusione dei fenomeni di doppia imposizione giuridica e il rifiuto di pronunciarsi in questi casi sull’allocazione dei poteri impositivi, operazione che – all’opposto – viene realizzata alla luce del sole nell’ambito della doppia imposizione economica.
La teorica della Corte, che qui si riassume per linee generali, appare confusa, non convincente. È assolutamente necessaria una revisione dei suoi profili critici e, successivamente, una riconduzione a sistema di tutti i suoi diversi aspetti. Altrimenti, il contributo della giurisprudenza al raggiungimento dell’obiettivo comunitario di eliminazione della doppia imposizione rischia di tradursi in un fallimento.
All’approccio formale applicato alla doppia imposizione giuridica si contrappone l’approccio tipicamente sostanziale prescelto per l’analisi dei fenomeni di doppia imposizione economica. Il primo passo da compiere in vista di una chiarificazione della dottrina della Corte di Giustizia è allora proprio l’estensione dell’approccio economico-fattuale alle fattispecie di doppia imposizione giuridica, riconoscendo il dato fattuale per cui costituiscono anch’esse un serio ostacolo all’esercizio delle libertà del Trattato e devono pertanto essere vagliate sul piano comunitario. Per fare ciò basterebbe riagganciarsi alle affermazioni della dottrina comunitaria più risalente che non si poneva in modo altrettanto rigido e formale: l’Avvocato Generale Léger, nelle conclusioni per la causa Schumacker, riconosceva che qualsiasi «distinzione a seconda della residenza, sebbene indistintamente applicabile ai cittadini nazionali e non nazionali, va equiparata ad una discriminazione» (par. 42)369.
In ogni caso, se anche in futuro la Corte di Giustizia preferisse mantenere un atteggiamento prudenziale, dovrebbe almeno affermare con sicurezza che le situazioni di doppia imposizione giuridica costituiscono ostacoli inaccettabili per il mercato, con la conseguenza di censurare la normativa nazionale di volta in volta esaminata a prescindere dalla formulazione di una regola generale di riparto della giurisdizione. In mancanza di questa basilare presa di posizione, l’unico effetto è quello di porre tutte le conseguenze negative del doppio carico fiscale in capo agli operatori economici. E si tratta di un effetto non solo indesiderabile, ma anche scorretto dal punto di vista “costituzionale”370.
Dal discutibile inquadramento del fenomeno della doppia imposizione giuridica come “quasi restrizione” discende inoltre uno degli aspetti maggiormente controversi, cioè la concezione comunitaria del principio di territorialità dell’imposizione, che denota nell’applicazione fatta dalla giurisprudenza elementi di evidente incoerenza.
369 È la conclusione opposta a quella raggiunta nella sentenza Kerckhaert e Morres citata.
370 Van Thiel, S., Avoiding a Double Burden within the European Union:Comments on Kofler and Rust’s
Infatti, il principio di territorialità viene perlopiù rispettato quando si discute di doppia imposizione giuridica. In questo ambito la Corte di Giustizia preserva rigorosamente i limiti alla giurisdizione degli Stati: poiché lo Stato della residenza non tassa società stabilita all’estero, non è tenuto a garantire ai propri residenti che ricevano un reddito di fonte estera un credito per le imposte sottostanti371.
All’opposto, quando deve analizzare fattispecie di doppia imposizione economica la Corte non si preoccupa minimamente di violare i confini della giurisdizione degli Stati: a seconda delle fattispecie, può allora accadere che il principio di territorialità sia rispettato372 oppure no. La violazione del principio di territorialità si verifica ad esempio rispetto allo Stato di residenza, che pur non preleva l’imposta sulla società estera, ma deve comunque garantire un credito per l’imposta sottostante ai dividendi esteri, in misura uguale a quello previsto per i dividendi interni. In altre parole, quando viene riscontrata una restrizione discriminatoria, questo prevale su qualsiasi istanza di rispetto del principio di territorialità (si pensi alle sentenze
Manninen e ACT Group Litigation)373.
Si comprende così la spontanea convergenza degli ordinamenti europei verso il metodo dell’esenzione, nel tentativo di ristabilire la territorialità dell’imposizione rispettando al contempo le esigenze del diritto comunitario.
Bisogna comunque dare atto che la Corte di Giustizia si trova ad affrontare un compito difficilissimo nel fornire una risposta univoca, una linea guida sicura per realizzare l’obiettivo di eliminare le doppie imposizioni nell’Unione. Essa deve fare i conti, da un lato, con le regole cristallizzate dal sistema internazionale in materia di doppia imposizione giuridica, e, dall’altro, con l’assenza di ogni indicazione nelle fonti
internazionali per quanto riguarda la doppia imposizione economica374.
Allo stato attuale, si possono delineare in questi termini gli obblighi di origine comunitaria dello Stato di residenza. Da un lato, tale Stato non è tenuto ad eliminare gli
371
La doppia imposizione giuridica non può essere contrastata attraverso il contenuto delle libertà fondamentali del Trattato. Così, in chiave critica, Kofler, G., Double Taxation and European Law:
Analysis of jurisprudence, in AA.VV., Double Taxation within the European Union, cit., p. 133.
372 Si pensi al caso dello Stato della fonte che estende la propria giurisdizione sul socio estero: per questo
solo fatto, esso è tenuto ad assicurare la parità di trattamento, estendendo i meccanismi di eliminazione della doppia imposizione previsti internamente. Questo filone giurisprudenziale è all’origine della spinta comunitaria verso l’eliminazione delle ritenute alla fonte (v. par. 3.7.2.1).
373 Wathelet, M., La double imposition et le droit européen, in AA.VV., Le dialogues de la fiscalité, a
cura di Traversa, E., Hermand, O., Navez, E., Deckers, V., Helleputte, C., 2010, ed. Larcier, p. 273.
374
La doppia imposizione economica non costituisce oggetto delle Convenzioni internazionali. Non c’è dunque nel Modello OCSE un schema consolidato di ripartizione dei poteri impositivi a cui la Corte di Giustizia possa ispirarsi (come nel caso della doppia imposizione giuridica). V. Bellingwout, J., Amurta:
effetti pregiudizievoli originati dalla doppia imposizione giuridica subita dai dividendi di fonte estera (non è mai tenuto, in altre parole, ad accordare un credito d’imposta corrispondente alla ritenuta alla fonte estera); mentre dall’altro lato, deve alleviare la doppia imposizione economica, concedendo un credito per l’imposta prelevata all’estero sul reddito della società distributrice.
La giurisprudenza ha tuttavia affermato che, nonostante lo Stato della residenza sia in linea di principio in una posizione migliore per accertare la capacità contributiva complessiva del contribuente e di conseguenza per farsi carico dell’eliminazione della doppia imposizione economica, lo Stato della fonte può essere tenuto a fare lo stesso nella misura in cui eserciti la propria giurisdizione sui soci non residenti (v. supra)375.
In sostanza, l’obbligazione comunitaria di eliminare la doppia imposizione economica discende da una violazione del principio di non discriminazione e il suo contenuto è quello di una garanzia di pari trattamento rispetto alle situazioni domestiche. Ogni Stato quindi ha un’obbligazione autonoma e indipendente, sia che agisca in qualità di Stato della fonte sia in qualità di Stato della residenza.
In mancanza di un criterio di prevalenza o priorità tra le obbligazioni poste a carico dello Stato della fonte e della residenza, gli Stati Membri hanno paventato il rischio che si verifichino ipotesi di doppio sgravio e la paradossale situazione di vantaggio in cui si troverebbero i dividendi transfrontalieri rispetto a quelli interni. La Corte tuttavia ha rifiutato di stabilire questo ordine di priorità, nella convinzione che un’applicazione coerente del principio di non discriminazione porta a scongiurare anche questo paradossale effetto di discriminazione a rovescio376.
Quanto alla doppia imposizione giuridica, i giudici comunitari hanno fatto propria l’impostazione adottata nelle Convenzioni basate sul Modello OCSE, evitando così di pronunciarsi sulla ripartizione di poteri impositivi concordata dagli Stati contraenti. Pertanto, hanno chiaramente indicato che non esiste un principio di origine comunitaria che attribuisca la giurisdizione fiscale sui dividendi in uscita al solo Stato della fonte, con esclusione di ogni potere impositivo da parte dello Stato di residenza. Allo stesso modo, non sono censurabili sul piano comunitario le previsioni di una
375 Tenore, M., Taxation of Cross-Border Dividends in the European Union from Past to Future, in EC
Tax Review, 2010, 2, p. 83. Chéruy, C., Le chant du cygne de la retenue à la source sur les dividendes, cit., p. 151 ss..
376 V. sentenza Denkavi Internationaal. Cfr. Hellerstein W., Kofler G.W., Mason R., Constitutional
Convenzione che non ponga allo Stato di residenza l’obbligo incondizionato di prevenire la doppia imposizione giuridica377.
In sintesi, ecco il quadro di obbligazioni come emerge dalla giurisprudenza:
Doppia imposizione giuridica Doppia imposizione economica
Stato della residenza Deriva da esercizio parallelo di due giurisdizioni: lo Stato non è tenuto a garantire un credito per la ritenuta estera (Kerckhaert,
OESF, Haribo).
Deriva da discriminazione nel sistema nazionale: lo Stato deve garantire uguale trattamento a dividendi nazionali e inbound (Manninen, Lenz, Verkooijen). Stato della fonte (Non vi sono sentenze sul punto,
ma si deve presumere lo stesso approccio seguito per lo Stato di residenza).
Deve rinunciare alla propria ritenuta sui dividendi outbound, se non la prevede nelle situazioni interne (Amurta, Denkavit). Non è tenuto ad estendere il credito ai soci non residenti (ACT
Group Litigation).
In conclusione, non sarebbe difficile individuare in astratto la soluzione comunitaria più efficace e diretta per l’obiettivo di eliminare nell’Unione gli effetti negativi delle doppie imposizioni. Tale soluzione passa attraverso la configurazione di una sovranità impositiva esclusiva, in capo allo Stato di residenza del soggetto percettore finale del reddito, ovvero, in alternativa, in capo allo Stato di origine378.
Lo scenario giurisprudenziale sembra segnare una propensione per il modello di tassazione alla fonte, il che è coerente con la preferenza per la capital import neutrality, più congegnale a garantire l’effettiva concorrenza all’interno di un mercato unico (v.
supra, par. 1.3.1.1 e infra cap. V). Per un’allocazione ottimale dei fattori produttivi,
377 Sentenza Damseaux, par. 23, che fa riferimento alla Convenzione franco-belga. Alla luce di questi
principi, nella sentenza citata la Corte di Giustizia ha salvato la normativa belga impugnata. La strategia seguita dai ricorrenti, tuttavia, non è stata oculata: il signor Damseaux avrebbe forse ottenuto una pronuncia a suo favore se avesse rivolto la propria pretesa alle autorità francesi, giungendo ad un rinvio pregiudiziale alla Corte sulla compatibilità della normativa francese. Qui la Corte avrebbe dovuto impostare il ragionamento sulla base del principio di non discriminazione. È quanto osserva Dassesse, M.,
Double Taxation of Foreign Dividends: The Damseaux Case Aiming at the Wrong Target! Criticism Should Be Directed towards France and not Belgium, in EC Tax Review, 2010, 3, p. 122.
378
Sono state avanzate altre possibili soluzioni, che implicano però un maggiore grado di complessità: ad esempio il prelievo dell’imposta sulle società nello Stato della fonte solo sugli utili mantenuti a riserva e non su quelli distribuiti, la cui tassazione resterebbe allo Stato di residenza. Così Hellerstein W., Kofler G.W., Mason R., Constitutional Restraints on Corporate Tax Integration, cit., p. 22.
infatti, gli investimenti dovrebbero essere effettuati dove i costi della produzione sono meno elevati. Nell’economia globalizzata solo una politica che assicura la neutralità all’importazione garantisce questa efficienza, in quanto pone in competizione tra loro le imprese e non invece i loro proprietari.
La titubanza rispetto ad una decisa affermazione di tale modello deriva dal fatto che la sua applicazione richiede una sistematica violazione della sovranità territoriale dello Stato di residenza (v. dividendi in entrata). La scelta intermedia della Corte è allora comprensibile, perché si propone di non stravolgere i capisaldi del sistema
internazionale379. Ma questa impostazione non sempre coerente finisce per creare
ancora più problemi di quanti ne risolva, incidendo anche sulla prevedibilità delle pronunce e sulla certezza del diritto per gli operatori.
Per affermare il principio di tassazione alla fonte, la Corte dovrebbe, del resto, porsi in contrasto con le scelte operate dal legislatore comunitario nei (pochi) testi dell’armonizzazione positiva, che vanno nel senso di un modello di tassazione alla residenza (v supra cap. II)380.
Alla luce di tutta l’analisi che precede, emerge un interrogativo di carattere generale, che concerne la reale portata del dichiarato obiettivo comunitario di eliminazione delle doppie imposizioni. Occorre chiedersi cioè se il diritto comunitario consenta ancora agli Stati Membri di continuare a definire la propria giurisdizione su base extraterritoriale, in modo tale da provocare inevitabilmente l’insorgere di doppie imposizioni, che sono poi obbligati ad eliminare. Dopo l’abrogazione dell’art. 293 del Trattato e in virtù dell’obbligo di leale collaborazione, gli Stati Membri sono autorizzati a mantenere la previsione di giurisdizioni extraterritoriali solo come assetto di base. Tuttavia, articolando il complesso di regole appena descritte, il diritto comunitario impone loro di concordare reciprocamente misure volte ad eliminare le doppie imposizioni381.
379 Il sistema dei Trattati è fondato su una logica di tassazione alla residenza, che tuttavia ha richiesto in
misura sempre crescente negli ultimi tempi l’introduzione di correttivi basati sulla tassazione alla fonte per determinati elementi di reddito (source State priority rule). È questo un effetto della globalizzazione dei fenomeni economici.
380 In dottrina vi è chi invoca la modifica delle Direttive in materia di fiscalità diretta proprio per
adeguarle ad un modello di tassazione alla fonte più in linea con le esigenze del mercato interno europeo. V. Kemmeren, E., Source of Income in Globalizing Economies: Overview of the Issues and Plea for an
Origin-Based Approach, cit., p. 444.
381 Cfr. Van Thiel, S., Avoiding a Double Burden within the European Union:Comments on Kofler and