2.2 La doppia imposizione come fenomeno patologico nell’ordinamento
2.2.3 Le altre direttive in tema di doppia imposizione
2.2.3.1 Il pacchetto di misure fiscali adottate nel 1990: la Direttiva Fusioni e la
L’estate del 1990 ha segnato una tappa importante nella creazione di un ordinamento fiscale europeo, perché oltre alla Direttiva madre-figlia, sono state approvate in seno al Consiglio altri due provvedimenti, una direttiva e una Convenzione, portanti discipline di settore volte a prevenire ipotesi di doppia imposizione.
La Direttiva 90/434/CEE, come successivamente modificata dalla Direttiva 2005/19/CE, ha stabilito un regime fiscale comune da applicare a fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi131.
131 Per una descrizione dettagliata del meccanismo previsto dalla Direttiva, si veda Terra, B.J.M., Wattel,
Tale regime impedisce allo Stato della società conferente di prelevare imposte in occasione delle operazioni di ristrutturazione societaria menzionate o del trasferimento di sede di una societas europaea o societas cooperativa europaea, a condizione, però, che gli asset conferiti rimangano nello stesso Stato dopo l’operazione e siano ivi effettivamente connessi ad una stabile organizzazione. La tassazione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti non è però abbandonata ma solo differita alla loro effettiva realizzazione, in modo da evitare l’insorgenza di una duplice imposizione. Infatti, senza questo meccanismo di differimento, lo Stato della società conferente avrebbe tassato la differenza tra il valore di libro e il valore di mercato al momento del trasferimento, mentre lo Stato della società beneficiaria (o Stato di destinazione del trasferimento) avrebbe tassato la differenza tra il valore di libro e il prezzo percepito al momento della vendita degli asset, con la conseguenza che almeno una parte della plusvalenza sarebbe stata tassata due volte. Il prelievo fiscale sarebbe effettuato dai due Stati in due momenti temporali distinti e tuttavia su una base imponibile solo leggermente differente. Il differimento dell’imposizione assicura invece che entrambi gli Stati tassino la plusvalenza al momento della sua effettiva realizzazione, riducendo così le discrepanze temporali e agevolando l’applicazione del credito d’imposta.
Qualora oggetto del trasferimento sia una stabile organizzazione della società conferente situata in uno Stato terzo, l’articolo 10 della Direttiva prevede un’apposita alternativa ad hoc per l’eliminazione della doppia imposizione. O lo Stato della società conferente «rinuncia a ogni diritto all’imposizione di detta stabile organizzazione», o, laddove intenda tassare le plusvalenze generate al momento del trasferimento, deve garantire un credito per le imposte sulle plusvalenze prelevate dallo Stato di stabilimento della stabile organizzazione nel caso in cui quest’ultimo Stato non sia obbligato ad assicurare il differimento.
Per quanto concerne invece la Convenzione di Bruxelles 90/436/CEE, entrata in vigore a seguito di ratifica da parte degli Stati a decorrere dal 1° gennaio 1995 e ora soggetta a rinnovo automatico ogni cinque anni, essa costituisce l’unico esempio di concreta applicazione in campo fiscale dell’art. 293 (ora abrogato)132.
132 Come ha osservato la Corte di Giustizia, infatti, «a prescindere dalla Convenzione 90/436/CEE
relativa all’eliminazione delle doppia imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, nessuna misura di unificazione o di armonizzazione diretta a eliminare le doppia imposizioni è stata adottata nell’ambito comunitario e gli Stati Membri non hanno stipulato, in forza dell’art. 293 CE, nessuna convenzione multilaterale in materia» (sentenza del 5 luglio 2005, causa C-376/03, par. 50).
Si tratta di uno strumento multilaterale volto a regolare a livello comunitario la disciplina dei prezzi di trasferimento nei rapporti fiscali infragruppo, al fine di eliminare le doppie imposizioni che possono sorgere in caso di rettifica degli utili di imprese associate. L’attenzione comunitaria verso il fenomeno della doppia imposizione nell’ambito delle politiche di transfer pricing risale in realtà a molti anni prima, e precisamente al 1976, quando la Commissione avanzò una proposta di direttiva, nella consapevolezza che «è probabile che la doppia imposizione possa provocare distorsioni in situazioni di concorrenza e nei movimenti di capitale e che quindi possa ostacolare l’instaurarsi del mercato comune».
In base alla Convenzione, l’eliminazione di queste doppie imposizioni avviene per mezzo di una procedura arbitrale strettamente scadenziata che mira a ottenere una risoluzione perlopiù concordata delle controversie in materia di transfer pricing, con l’obiettivo finale di una corretta ricollocazione dei profitti trasferiti133.
É peraltro discussa la collocazione della Convenzione all’interno del sistema delle fonti, in quanto la sua natura formale è quella di un trattato internazionale e, a livello contenutistico, recepisce in larga misura la prassi codificata dal Modello OCSE; d’altro canto, in virtù dei suoi obiettivi e del suo inquadramento sistematico, costituisce parte integrante dell’acquis communautaire inteso in senso ampio. Resta, tuttavia, il fatto che, non essendo una fonte comunitaria tipica, è sottratta al sindacato e all’interpretazione della Corte di Giustizia.
Il meccanismo arbitrale così previsto si differenzia per scopi e presupposti dalle discipline contenute nelle altre direttive comunitarie in materia di doppia imposizione: quanto agli scopi, esso infatti affronta il fenomeno della doppia imposizione con misure che operano a posteriori, cioè tende ad eliminarne gli effetti e non a prevenire il suo stesso verificarsi. Sul versante dei presupposti, invece, quella contemplata dalla Convenzione arbitrale è una doppia imposizione che trova fondamento diretto non tanto in norme di legge, quanto negli specifici atti delle amministrazioni fiscali nazionali che procedono alla rettifica degli utili societari. In questo senso, la Convenzione è fortemente innovativa sul piano soggettivo, nella misura in cui può essere considerata come uno dei primi strumenti giuridici che impongono l’obbligo di eliminare la doppia imposizione internazionale in capo alle amministrazioni fiscali dei singoli Stati.
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Per un approfondimento sui temi della Convenzione, si veda il contributo di Morelli, M., I prezzi di
trasferimento nei rapporti fiscali infragruppo, in AA.VV., Lo stato della fiscalità nell’Unione Europea. L’esperienza e l’efficacia dell’armonizzazione, a cura di Adriano Di Pietro, Scuola della Polizia
Nonostante la sua indubbia portata sistematica, occorre tuttavia registrare la scarsissima applicazione della procedura arbitrale134.