2.4 La doppia imposizione nelle indicazioni della soft law
2.4.1 L’impegno della Commissione ad eliminare gli ostacoli al mercato unico:
La prima proposta di riorganizzazione della fiscalità degli Stati membri a livello comunitario risale al 1962, e precisamente, al Rapporto del Comitato Fiscale e
Finanziario (c.d. Neumark168). Il Comitato, secondo il mandato ricevuto, doveva
esaminare se le disparità fiscali esistenti tra gli Stati potevano rappresentare un impedimento, anche solo parziale, all’instaurazione di un mercato comune, e se potevano essere eliminate qualora l’avessero intralciata considerevolmente. Uno dei compiti più importanti del Comitato consisteva nel formulare soluzioni di politica finanziaria che rappresentassero un compromesso razionale tra l’esigenza di buon
167 Englisch, J., Taxation of Cross-Border Dividends and EC Fundamental Freedoms, in Intertax, 2010,
4, p. 200. Dopo alcune pronunce in cui sembrava orientarsi verso l’applicazione di un criterio fatturale, recentemente la Corte ha ribadito l’applicazione del test in base ad un criterio legale: v. nel primo senso, Corte di Giustizia, 26 giugno 2008, causa C-284/08, Burda, par. 71-71; mentre, nel secondo senso, Corte di Giustizia, 17 settembre 2009, causa C-182/08, Glaxo Wellcome, par. 36.
168 Dal nome del presidente di questo gruppo di esperti indipendenti chiamati a coadiuvare l’operato della
funzionamento del mercato comune e la necessità di non ingerirsi nella politica degli Stati membri, intesa a conservare le caratteristiche nazionali risultanti da fattori naturali o dall’evoluzione storica. Si giungeva alla conclusione che «ogni tentativo di unificare completamente la struttura dei sistemi fiscali degli Stati membri della Comunità è a
priori destinato a fallire»169 in quanto non sarebbe stato politicamente realizzabile. Per contro, un certo ravvicinamento delle strutture fiscali sembrò al Comitato una misura ipotizzabile e auspicabile, almeno per raggiungere l’obiettivo primario di eliminare le doppie imposizioni.
Fu il Rapporto Segré170 a sottolineare per la prima volta con particolare forza i rischi che potevano derivare dalla mancanza di un’armonizzazione fiscale sui capitali, e a fornire una prima definizione del concetto di “neutralità fiscale”, intesa come assenza di condizionamenti sulla localizzazione degli investimenti. La rimozione di alcuni ostacoli fiscali si presentava pertanto necessaria per attuare un vero mercato europeo di capitali: in particolare, si prospettava espressamente l’esigenza di eliminare la doppia imposizione internazionale economica e giuridica.
Nonostante queste buone premesse, ben poche cose vennero realizzate in materia di imposte dirette, e di fiscalità delle imprese in generale, nel periodo compreso tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Novanta171.
2.4.2 (segue) La politica tesa al coordinamento dei sistemi nazionali.
Fu una comunicazione della Commissione del 1990172 a definire le nuove
priorità dell’azione comunitaria in materia fiscale: in applicazione del principio di sussidiarietà, non si ritenne più auspicabile armonizzare ad ogni costo il regime fiscale delle persone giuridiche (obiettivo che era alla base di precedenti proposte di Direttive), optando così «per il coordinamento e il ravvicinamento delle politiche fiscali, anziché per il ricorso sistematico all’armonizzazione», senza un’immediata strategia globale, ma piuttosto nell’intento di rimuovere gli ostacoli più importanti alla cooperazione
transfrontaliera (c.d. piecemeal approach)173. La nuova strategia, più rispettosa
169 Rapporto del Comitato Fiscale e Finanziario, Allegato A, Bruxelles, 1962, 31. 170 Rapporto sul mercato europeo dei capitali, Bruxelles, 1966.
171 Sul punto v. Roccatagliata, F., Diritto tributario comunitario, in Corso di diritto tributario
internazionale, a cura di V. Uckmar, CEDAM, Padova, 2002, p. 814 ss.
172 SEC (90) 601 del 20 aprile 1990.
173 Gli ostacoli principali sono stati individuati nel regime più sfavorevole di imposizione delle
dell’autonomia impositiva degli Stati membri, incontrò il favore delle autorità fiscali nazionali.
Contestualmente, la Commissione affidava ad un Comitato di esperti174 il
compito di studiare le prospettive dell’integrazione comunitaria e i risultati delle riforme degli ultimi anni. Il Rapporto del Comitato, incentrato principalmente sulla fiscalità delle imprese, constatava gli effetti distorsivi provocati dalle divergenze tra i sistemi nazionali e concludeva che il loro processo di spontanea convergenza non avrebbe potuto ridurre sensibilmente le distorsioni più gravi al funzionamento del mercato in assenza di un’azione comunitaria. Quest’ultima avrebbe dovuto mirare quindi a eliminare le disposizioni discriminatorie e distorsive dei sistemi nazionali (con particolare riferimento alla doppia imposizione), a fissare un livello minimo di imposizione sulle società per la determinazione della base imponibile, a incoraggiare infine la massima trasparenza delle agevolazioni finalizzate ad attirare investimenti175. Compito della Comunità sarebbe dunque stato quello di definire il quadro generale di regole comuni e i limiti alla concorrenza fiscale, che gli Stati sarebbero tenuti ad osservare nel disegnare i propri sistemi tributari. Rispondendo al Rapporto, la Commissione176 ha indicato che la priorità deve essere data all’eliminazione della doppia imposizione sui flussi di redditi transfrontalieri. Non a caso, il Rapporto Ruding figura tra i testi richiamati alla base delle proposte di modifiche alla Direttiva madre- figlia (v. supra par.2.2.2.1).
Solo in seguito alla nomina del Professor Monti a Commissario europeo per il mercato interno e la fiscalità si è affermato quello che viene definito come global
approach177, per il quale la fiscalità non è un elemento marginale del processo di integrazione europea, ma va collocata nel contesto delle altre politiche comunitarie tese alla rimozione degli ostacoli fiscali al mercato interno. Organizzare sistemi tributari
interne, nella ritenuta alla fonte applicata ai dividendi distribuiti a società madri residenti all’estero, nella ritenuta alla fonte sui pagamenti infragruppo transfrontalieri di royalties e interessi, nelle doppie imposizioni economiche legate alla correzione dei prezzi di trasferimento, l’assenza di disposizioni nazionali che permettessero ad un’impresa di operare una compensazione fra i suoi utili e le perdite subite dalle sue controllate stabilite all’estero.
174 Composto da personalità indipendenti e presieduto dall’ex Ministro delle Finanze olandese Otto
Ruding. È abbondante il contributo della dottrina europea a commento del Rapporto Ruding, del 18 marzo 1992: si rimanda, tra gli altri, a Betten, R., Aspects of the future EC corporation tax system -
Commentary on the Ruding Report and the Commission guidelines, in European Taxation, 1992, 9, p.
314; Chown, J., Commentary on the Ruding Report, in European Taxation, 1992, 4-5, p. 123.
175 Venne in sostanza suggerita una soft tax harmonisation (così definita dalla stessa Commissione in
SEC (2001) 1681, p. 15).
176 Comunicazione al Consiglio e al Parlamento del 27 luglio 1992, SEC (92) 1118.
177 Presentato a Verona nel Documento di discussione per la riunione informale dei Ministri economici e
semplici, equi ed efficaci è indicata come l’unica via per prevenire la doppia imposizione dei flussi di reddito transfrontalieri, ma anche impedire che le transazioni all’interno dell’Unione sfuggano ad ogni forma di imposizione. Quello del coordinamento fiscale è diventato, in sostanza, l’asse principale dell’integrazione positiva operata dal diritto comunitario nel settore dell’imposizione diretta178. La Commissione ha individuato una strategia basata su misure mirate ad affrontare i problemi più urgenti nel breve e medio periodo, tra cui l’introduzione di una base imponibile consolidata per le attività delle imprese a livello comunitario e la soluzione dei conflitti con le Convenzioni contro la doppia imposizione179.
Quanto alle modalità di questo coordinamento, l’esecutivo comunitario ha costantemente indicato la propria preferenza per lo strumento della direttiva, giudicata
come lo strumento più appropriato all’obiettivo perseguito180. In questo contesto vanno
collocate le modifiche alla Direttiva madre-figlia e il pacchetto di misure contro la concorrenza fiscale dannosa, prima analizzate.
Recentemente, constatando ancora una volta l’impossibilità di addivenire ad un’armonizzazione degli ordinamenti nazionali, la Commissione ha ritenuto necessaria un’azione dell’Unione volta a migliorare il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati Membri, anche qualora – ed è questa l’affermazione innovativa – gli ordinamenti
nazionali non si pongano in diretta violazione delle norme comunitarie181.
Coerentemente con l’indirizzo della Corte di Giustizia, dunque, si codifica l’interpretazione larga delle libertà del Trattato, che non autorizza gli Stati a mantenere in vigore discipline discriminatorie né tantomeno restrittive, in assenza di idonea giustificazione.
178
Si veda l’opinione di Pistone, P., Expected and Unexpected Developments of European Integration in
the Field of Direct Taxes, in Intertax, 2007, p. 70.
179 COM (2001)582, del 23 ottobre 2001. V. infra par. 2.4.4.2. 180
In questo senso, si veda, ad esempio, COM (2001)582 del 23 ottobre 2001, punto 4. Una posizione ancora più forte è quella espressa dal Comitato Economico e Sociale Europeo che, in un’opinione espressa sulla bozza presentata dalla Commissione in materia di fiscalità nell’UE nel 1996, ha addirittura suggerito l’inserimento nel Trattato di una nuova disposizione in cui fosse affermato che la doppia imposizione e la doppia non imposizione non sono compatibili con il mercato interno. A chiusura del sistema, la disposizione avrebbe dovuto anche prevedere la responsabilità finale dello Stato di residenza ad assicurare l’eliminazione del fenomeno.
181 «Anche quando le regole fiscali degli Stati membri non confliggono con le regole del Trattato, la
Commissione ritiene inappropriato per un mercato unico che problemi come la doppia imposizione, le incompatibilità tra diversi sistemi fiscali e la mancanza di accesso alle informazioni sulle regole fiscali degli Stati membri scoraggino gli individui a svolgere attività transfrontaliere o li penalizzino quando le svolgono. […] Occorre trovare soluzioni che riconoscano gli interessi legittimi dei cittadini nel settore della libera circolazione». Così COM(2010)769def, par. 2.
Da quanto descritto, emerge la natura del lavoro portato avanti dalla Commissione, che si fa interprete attiva della costituzione materiale dell’Unione. Un lavoro incessante, che attraversa la trama dell’ordinamento comunitario degli ultimi decenni, dapprima in modo sotterraneo come opera di sensibilizzazione ai profili comunitari della fiscalità, poi in termini di azione propulsiva sempre più evidente nella proposizione di atti di armonizzazione, per quanto settoriali. Un lavoro che ha forgiato e accompagnato la crescita della consapevolezza comunitaria che «l’eliminazione [della doppia imposizione] è … un obiettivo e un criterio fondamentale di qualsiasi soluzione
coordinata. Essa … è un classico esempio di ostacolo al mercato interno che deriva
dalla mancanza di coordinamento tra i sistemi fiscali nazionali e che può essere risolto soltanto mediante la cooperazione tra gli Stati Membri»182.
Meritano di essere ricordati alcuni interventi della soft law, più e meno recenti, che premono per la necessità di interventi comunitari per eliminare fenomeni di doppia imposizione: tra le materie interessate, spiccano le forme di tassazione in uscita, le normative in tema di imposizione dei dividendi, la compensazione delle perdite transfrontaliere infragruppo, la tassazione delle stabili organizzazioni, la tassazione dell’energia, la tassazione dei redditi di lavoro transfrontalieri e quella delle transazioni finanziarie183.
2.4.3 Il contributo odierno della Commissione all’evoluzione