3.7 Lo stato dell’arte: la responsabilità dell’eliminazione della doppia imposizione
3.7.1 La prospettiva dello Stato di residenza
3.7.1.1 Focus sulla doppia imposizione giuridica
Per quanto attiene alla doppia imposizione giuridica, bisogna subito rilevare che la giurisprudenza è costante nell’affermare che lo Stato di residenza non ha alcun obbligo comunitario a concedere un credito d’imposta che copra la ritenuta alla fonte prelevata in un altro Stato. In altre parole, non gli si può in alcun modo addebitare la responsabilità di alleviare la doppia imposizione giuridica sui dividendi inbound.
La Corte giustifica questa presa di posizione in base alla considerazione che le eventuali conseguenze svantaggiose derivanti dall’applicazione di un regime interno intrinsecamente non discriminatorio «derivano dall’esercizio parallelo da parte di due Stati Membri della loro competenza fiscale … Il diritto comunitario al suo stato attuale non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra Stati Membri con
riferimento all’eliminazione della doppia imposizione all’interno della Comunità»341.
In altri termini, la mera qualità di Stato Membro di residenza del beneficiario dei dividendi non può comportare l’obbligo, per tale Stato Membro, di compensare uno
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V. supra par. 3.2.4, con relative note critiche, che saranno riprese a conclusione di questo capitolo.
341 Corte di Giustizia, 14 novembre 2006, causa C-513/06, Kerckhaert e Morres, par. 20-22.
Analogamente, si vedano Corte di Giustizia, 16 luglio 2009, causa C-128/08, Damseaux, par. 27, e Corte di Giustizia, 10 febbraio 2011, cause riunite C-436/08 e C-437/08, Haribo, par. 170-171.
svantaggio fiscale derivante da un’imposizione a catena interamente effettuata dallo Stato Membro di residenza della società distributrice di tali dividendi, nella misura in cui il primo Stato non prevede un regime discriminatorio al suo interno basato sulla
provenienza, nazionale o meno, dei dividendi342.
Pertanto, per la Corte non si tratta di restrizioni vietate dal Trattato e non vi è ragione per gravare lo Stato di residenza dell’obbligo di prevenire gli svantaggi derivanti dalla ripartizione della giurisdizione fiscale tra Stati. Pur ribadendo che l’eliminazione della doppia imposizione all’interno della Comunità figura tra gli obiettivi del Trattato, la Corte prende così le distanze dalla prassi giuridica internazionale e si astiene dal porre la responsabilità di tale eliminazione in capo allo Stato della residenza: ciò significherebbe, infatti, conferire una priorità nell’imposizione allo Stato della fonte343.
La Corte privilegia così una soluzione formalistica, la quale si ferma alla rilevazione che la doppia imposizione giuridica sorge dalla giustapposizione di ordinamenti sovrani (v. supra par. 3.2.5), e pertanto costituisce un fenomeno che si colloca “a monte”, al di fuori della sfera comunitaria.
Si ritiene di non condividere questa impostazione: la constatazione che l’obiettivo di eliminare la doppia imposizione ha natura comunitaria deve essere il punto di partenza del ragionamento, e non un’osservazione incidentale. Di conseguenza, se è vero che gli Stati Membri sono liberi di negoziare tra loro le modalità con cui abolire la doppia imposizione344, è logicamente necessario, quando in concreto tale doppia imposizione non sia eliminata, stabilire a chi imputare la responsabilità per tale omissione.
In linea di principio, considerata la genesi della doppia imposizione giuridica, si dovrebbe ritenere che entrambi gli Stati sono venuti meno alle loro obbligazioni
342 Corte di Giustizia, 20 maggio 2008, C-194/06, Orange European Smallcap Fund, par. 41. La
soluzione sarebbe forse stata differente se la questione pregiudiziale fosse stata sollevata nella prospettiva dello Stato della fonte, il cui sistema manteneva una doppia imposizione economica a danno dei soli dividendi in uscita. In porposito si vedano Spaas T., Weyn A., The Lessons of European Smallcap Fund, in EC Tax Review, 2009, 2, p. 53 e ss.: gli autori sottolineano le incongruenze dell’approccio formalistico seguito dalla Corte di Giustizia nella soluzione dei casi in materia di tassazione dei dividendi, per cui si raggiungono conclusioni diverse a seconda di mere differenze tecniche delle fattispecie, le quali tuttavia producono, in termini economici, gli stessi risultati.
343 Sentenza Damseaux, cit., par. 28 e 34: «La circostanza che sia lo Stato membro della fonte dei
dividendi sia lo Stato Membro di residenza dell’azionista possano tassare tali dividendi non implica che lo Stato di membro di residenza sia tenuto, in forza del diritto comunitario, a prevenire le conseguenza svantaggiose che potrebbero discendere dall’esercizio della competenza così ripartita tra i due Stati Membri».
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comunitarie, avendo contribuito in pari misura alla creazione di una doppia
imposizione345. Così argomentando, ciascuno degli Stati sarebbe titolare di
un’obbligazione indipendente, ed entrambi sopporterebbero solidalmente le conseguenze della violazione (il contribuente potrebbe cioè far valere il proprio diritto nei confronti dell’uno o dell’altro Stato).
Una seconda soluzione, più rispettosa delle decisioni negoziate dagli Stati sul piano internazionale e in linea con l’approccio overall, propende per l’attribuzione di una responsabilità esclusiva ad un singolo Stato. A fondamento di questa attribuzione, è posta la ripartizione di poteri impositivi contenuta nelle Convenzioni in vigore346.
In proposito è stato osservato che, in presenza di una Convenzione, l’eliminazione della doppia imposizione giuridica diventa per gli Stati contraenti non più una facoltà ma un vero e proprio obbligo: stipulando una Convenzione, gli Stati Membri contraenti assumerebbero verso l’ordinamento comunitario l’obbligazione di garantire questo risultato nei loro reciproci rapporti, il che implica accordare un credito per la ritenuta alla fonte effettuata dall’altro Stato contraente.
Questa impostazione ha due conseguenze. La prima: se la Convenzione non contiene la previsione del credito, la ritenuta dello Stato della fonte viola il principio di libera circolazione dei capitali, anche se espressamente autorizzata dalla Convenzione tra i due Stati Membri347, e lo Stato della residenza è “comunitariamente” tenuto ad estendere il credito interno alle situazioni coperte dalla Convenzione. La seconda: se al contrario la Convenzione prevede detto credito, sorge un problema nel caso uno Stato venga meno ai propri impegni convenzionali. Questo accade nelle ipotesi di treaty
override, ma non solo: si pensi alla fattispecie in esame nella causa Kerckhaert e Morres, in cui la Corte non ha censurato la normativa belga contestata, considerando fra
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Quell’esercizio in parallelo di due giurisdizioni per cui lo Stato della residenza tassa i propri residenti sul loro reddito mondiale senza garantire uno sgravio dall’imposizione che hanno subito i loro redditi di fonte estera; lo Stato della fonte preleva una ritenuta sul reddito dei non residenti indipendentemente dalle imposte pagate su quel reddito nello Stato di residenza dell’operatore economico.
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V. Rust., A., How European Law Could Solve Double Taxation, in AA.VV., Double Taxation within
the European Union, cit., p. 148 ss.. Questa soluzione è suggerita anche dalla Commissione Europea, che
proprio con riferimento alla doppia imposizione giuridica causata dalla ritenuta alla fonte estera osserva: «Lo Stato [di residenza] potrebbe obiettare che il suo sistema non è discriminatorio … e che la restrizione deriva dalla ritenuta alla fonte straniera. Quest’argomentazione, tuttavia, non può essere accettata se la convenzione fiscale dello Stato Membro autorizza l’altro Stato ad applicare una ritenuta alla fonte … e se l’articolo 23 impone allo Stato Membro di concedere un credito per questa ritenuta alla fonte. In questo caso, la restrizione alla libera circolazione dei capitali sarebbe causata dallo Stato Membro stesso, e non dallo Stato di provenienza, poiché il modello OCSE e le convenzioni fiscali in vigore stabiliscono che lo Stato di residenza deve riconoscere il credito» (COM (2003)810 def).
347 Dassesse M., Double taxation des dividendes français en Belgique: ‘Traité contre la double
imposition’ ne veut pas dire ‘Traité pour organiser la double imposition’, in Revue Générale de Fiscalité,
l’altro che la disciplina della Convenzione franco-belga non era stata fatta oggetto del rinvio pregiudiziale348. Secondo questa concezione, anche potendo sostenere l’assenza di una violazione della Convenzione, lo Stato di residenza che la abbia stipulata sarebbe per ciò stesso tenuto a garantire il credito per la ritenuta estera, a meno di porsi in violazione del diritto comunitario349. Questa ricostruzione non confligge, ma “supera” l’atteggiamento di self restraint adottato dalla giurisprudenza recente, per cui «la Corte non è competente … a pronunciarsi sull’eventuale violazione, da parte di uno Stato contraente, delle disposizioni di convenzioni bilaterali concluse dagli Stati Membri»350.
Alla luce di tutto ciò, si può riassumere in questo modo la posizione comunitaria dello Stato di residenza rispetto alla doppia imposizione giuridica: al fine di eliminare la responsabilità solidale prima descritta, Stato della fonte e della residenza devono accordarsi per definire un’assegnazione esclusiva di giurisdizione o, se optano per una giurisdizione condivisa, per applicare un’esenzione con progressività o un credito d’imposta ordinario nello Stato di residenza351.