Si sono già sottolineati gli effetti economici derivanti da una duplicazione di imposte sul piano internazionale, così come l’assenza di soluzioni giuridiche al problema al di fuori di quelle parziali adottate tramite le Convenzioni tra singoli Stati. Per la sua stessa natura, il fenomeno di doppia imposizione attenta alla neutralità delle scelte degli operatori economici, turbando il buon funzionamento di un mercato, e ostacolando pertanto la sua crescita e il suo sviluppo in termini di competitività81. Fa aumentare il costo delle attività economiche, riducendo proporzionalmente gli utili ritraibili dalle operazioni transfrontaliere.
La questione assume toni particolarmente critici e la ricerca di una soluzione diventa ineludibile, qualora si entri in una logica sovranazionale che si pone l’obiettivo di integrare i sistemi nazionali all’interno di un mercato unico, come quello dell’Unione Europea.
Se queste osservazioni valgono per la doppia imposizione in generale, aspetti specifici sono sollevati dalla doppia imposizione di tipo economico. Essa, in particolare, disincentivando la distribuzione di utili da parte delle società (al fine di differire la tassazione del dividendo), ostacola lo sviluppo del mercato dei capitali europeo, riducendo i capitali disponibili e alterandone l’allocazione (è più conveniente infatti non reinvestire i profitti tratti da precedenti investimenti, e di conseguenza, viene disincentivata perfino la creazione di nuove imprese e attività).
Da un punto di vista giuridico, per effettuare una valutazione in chiave comunitaria di questo fenomeno è necessario innanzitutto svolgere una ricognizione delle fonti del diritto specificamente coinvolte dal fenomeno.
Imprescindibile punto di partenza a livello sistematico è il richiamo alle finalità della cooperazione europea (enunciate nell’articolo 2 del previgente Trattato UE), fra cui essenzialmente quella di instaurare il mercato comune, quale «spazio di libertà,
80 V. Sacchetto, C., op. cit., par. 2.
81 De Wolf M., Souveraineté fiscale et principe de non discrimination dans la jurisprudence de la Court
sicurezza e giustizia», promuovendo «il rafforzamento della coesione economica e sociale e l’instaurazione di un’unione economica e monetaria». Alla luce di queste finalità, è già evidente l’inammissibilità di qualsiasi disciplina nazionale che ostacoli i privati e le imprese nello svolgimento di operazioni economiche transfrontaliere, escludendoli in tal modo dai vantaggi del mercato comune82. La nozione di mercato comune, elaborata dalla Corte nella sua costante giurisprudenza, postula l’eliminazione di ogni intralcio agli scambi intracomunitari, ponendosi come obiettivo ultimo la fusione dei mercati nazionali in un mercato unico, il più possibile simile ad un vero e proprio mercato interno. È importante pertanto sottolineare che i vantaggi di tale mercato devono essere garantiti, oltre che a imprenditori e professionisti, anche ai privati che intendano effettuare operazioni economiche oltre le frontiere nazionali.
Scendendo dai principi ispiratori del sistema alle norme positive del diritto primario, i profili critici della doppia imposizione in un mercato unico sono essenzialmente di duplice natura: da un punto di vista, per così dire, “individuale”, la doppia imposizione ostacola i singoli operatori nel libero esercizio delle attività economiche, il quale costituisce il cardine fondamentale del mercato; da un punto di vista “comparativo”, invece, si crea un problema di disparità di trattamento tra operatori basato sulla localizzazione delle loro scelte di investimento, il che rileva sotto un duplice aspetto, in quanto discriminazione ma anche in quanto distorsione nella posizione concorrenziale degli investitori transnazionali, che vedono indebolirsi inter
alia la loro capacità di autofinanziamento. E’ dunque immediato il riferimento alle
norme del Trattato che sanciscono il principio di non discriminazione e le libertà fondamentali di circolazione di merci, persone, capitali, servizi e la libertà di stabilimento, da un lato, e, dall’altro lato, le norme in materia di tutela della concorrenza.
Inoltre, il tema della doppia imposizione economica è ormai da decenni all’attenzione degli organi esecutivi comunitari: già nel Rapporto Ruding, la Commissione Europea riconosceva che l’esclusione dei dividendi transfrontalieri dai rimedi contro la doppia imposizione economica previsti per i dividendi interni
conduceva ad una «frammentazione del mercato dei capitali nella Comunità»83. Come si
avrà modo di approfondire in seguito, l’azione della Commissione dunque è da sempre
82
È questo il monito esplicitamente affermato dalla Corte di Giustizia in un arresto relativo al tema della doppia imposizione (seppur in campo IVA): Corte di Giustizia, 5 maggio 1982, causa C-15/81, Gaston
Schul.
83
volta a incoraggiare l’armonizzazione nel campo delle imposte dirette, l’unificazione delle basi imponibili e l’integrazione dei livelli di imposizione84. Tuttavia, tale azione propositiva deve scontare l’assenza di una competenza diretta dell’Unione in materia fiscale e la generale mancanza di consenso da parte degli Stati membri verso misure comunitarie che intacchino materie ancora assegnate alla loro sovranità.
Alle carenze del diritto positivo e della soft law ha cercato e cerca di porre rimedio l’opera di armonizzazione negativa della Corte di Giustizia.
La sfida sottesa al percorso che si intraprende, dunque, è segnata in partenza da questa apparente contraddizione del quadro comunitario, in cui la doppia imposizione è
formalmente ignorata85 dal sistema, ma si pone sostanzialmente in contrasto con i suoi
principi ispiratori.
84 «Come era già stato evidenziato dalla relazione Ruding del 1992, il modo in cui gli Stati Membri
riducono la doppia imposizione degli utili aziendali distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi è fonte di discriminazioni che ostacolano i flussi d'investimenti transfrontalieri e tendono a frammentare i mercati finanziari della Comunità. È indispensabile quindi eliminare queste discriminazioni per rendere più competitivi i mercati finanziari dell’UE, aumentare la liquidità del mercato, razionalizzare la distribuzione del capitale e offrire una più ampia scelta agli investitori», Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo del 19 dicembre 2003, Tassazione dei dividendi delle persone fisiche nel mercato interno, COM(2003)810 final.
85 Tanto è più vero in seguito all’abrogazione dell’ex art. 293 del Trattato UE nella nuova formulazione