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CAPITOLO 3 LA CRONOLOGIA DELLA CIVILTA' SCITO-SAKA

5.3 Caratteri generali del nomadismo

Il nomadismo può essere definito attraverso diversi aspetti, ma la definizione sulla base dell'organizzazione dell'economia sembra essere la più utilizzata (Khazanov 1984, 16). Gli studiosi concordano nel sostenere che il nomadismo pastorale non possa essere completamente separato, dal punto di vista economico, da altre tipologie di food-

producing economies. Infatti, a differenza di quanto ipotizzato in un primo momento

(Lattimore 1940; 1962), non è corretto definire la società pastorale (nomadica) come autosufficiente, poiché essa non può provvedere a tutte le proprie necessità basilari. Ne consegue un inevitabile legame, di varia intensità e tipologia, con il sistema economico agricolo (Khazanov 1984, 69-84; Di Cosmo 1994). Senza l"Outside World"69, con le sue società non nomadiche basate su differenti sistemi economici, i nomadi non potrebbero mai esistere indipendentemente (Khazanov 1984, 2). I gruppi "nomadi" e quelli "sedentari" devono essere dunque considerati insieme, come due diverse facce della stessa medaglia. I nomadi hanno infatti da sempre tentato di incrementare la loro produzione pastorale di base affiancandola con strategie diverse: dallo sfruttamento delle risorse naturali (pesca, caccia, raccolta), all'ampliamento delle zone di pascolo (anche a danno dei terreni agricoli), alle razzie ai danni di comunità sedentarie, fino allo

68 Assumendo spesso un carattere rituale, essi potranno più facilmente essere rinvenuti all'interno dei

contesti funerari, i quali sono però purtroppo molto spesso saccheggiati.

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sviluppo dell'agricoltura e di scambi commerciali di vario tipo. Per questo la loro economia viene definita come una "multi-resource strategy" (Salzman 1972; 2002) che, insieme alla grande variabilità delle sue caratteristiche (per esempio le migrazioni stagionali, l'interazione sociale), la rendono in grado di adattarsi facilmente, e dunque di affermarsi come una strategia altamente efficace, anche nel panorama euroasiatico (Frachetti 2008a).

Tra i fattori più importanti nella genesi delle varie forme di nomadismo, devono essere elencati soprattutto l'ecologia e l'economia, che come abbiamo già più volte sottolineato non devono tuttavia essere considerati gli unici fattori. Tutti questi elementi, insieme alle caratteristiche biologiche degli animali, influiscono sulla composizione e struttura delle mandrie (specie, età, sesso degli animali) (Khazanov 1984, 25). Pecore, capre e, in misura minore, cavalli e bovini hanno una grande capacità di adattamento, che determina la loro ampia diffusione. Nello stesso tempo l'aspetto economico e l'efficacia della pastorizia in precise zone ecologiche sono aspetti fondamentali nella scelta degli animali da allevare. In alcuni casi la mandria è mono- specializzata, in altri è multi-specializzata (formata cioè da specie diverse di animali). Quest'ultimo caso permette sia uno sfruttamento più ampio dei pascoli, che una più efficacie risposta ad eventuali problemi che potrebbero insorgere in una specie o in un'altra, poiché esse hanno caratteristiche (riproduttive, biologiche ecc.) diverse (Khazanov 1984).

Quest'ultimo è un sistema tipico delle steppe euroasiatiche dove cavalli, pecore e bovini pascolano insieme. Il numero di animali, produttivi e non, può variare in base alle necessità della comunità, cioè alla richiesta di diverse tipologie di prodotti, per animali destinati ad attività diverse come il trasporto, o per ragioni culturali. La dimensione minima della mandria risponde alla quantità di animali necessaria per la sussistenza della comunità, quella massima dalla tecnica di gestione della mandria e soprattutto da fattori ecologici, climatici, meteorologici, dalla specie degli animali, dalla struttura del gregge, dalle capacità e dal numero dei pastori, e infine da aspetti culturali. Dunque, nonostante ci siano numerose testimonianze etnografiche in vari contesti culturali (Pallas 1776; Slovtsov 1881; Maisky 1959; Frachetti 2008), risulta piuttosto difficile calcolare le possibili dimensioni delle mandrie/greggi, a causa della grande variabilità presente (Khazanov 1984, 25-32).

Le dimensioni e la composizione del gregge sono uno dei fattori che influiscono sulla mobilità del nomade, che è dovuta principalmente alla ricerca di buoni pascoli e al loro mantenimento in buone condizioni. Gli spostamenti stagionali costituiscono l'elemento chiave per una buona sostenibilità dei pascoli, i quali, soprattutto nelle aree di montagna e nelle steppe, sono in grado di rigenerarsi rapidamente. Il pastoralismo non porta generalmente al deterioramento della copertura vegetale, e in misura moderata può addirittura essere vantaggioso per la sopravvivenza della vegetazione di tipo arido, poiché il bestiame calpesta i semi nel terreno, fertilizza il suolo ed elimina le specie estranee (Khazanov 1984). Un eccessivo sfruttamento dei pascoli, per un periodo troppo lungo o da parte di un numero eccessivo di capi, può al contrario avere conseguenze

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molto gravi: a partire dalla scomparsa delle erbe migliori, sostituite da specie spinose e nutrizionalmente povere, per finire con un indurimento e disseccamento dei suoli, che diventano maggiormente soggetti all'erosione. Una buona gestione dei pascoli permette la loro sostenibilità e il ritorno anno dopo anno nelle stesse aree (Barfield 1993).

Un'altro degli aspetti di fondamentale importanza è costituito dai rapporti dei nomadi con il mondo esterno. I nomadi generalmente sfruttano i terreni e le varie nicchie ecologiche secondo tre principali forme. Nel primo caso presentano una posizione di dominio e sfruttano liberamente i territori in cui si trovano; nel secondo caso utilizzano diverse aree ecologiche divise e lontane fra di loro, e dunque sono costretti ad attraversare territori dove si trovano comunità che utilizzano differenti strategie economiche; infine nel terzo caso i nomadi condividono (totalmente o più spesso parzialmente) le stesse zone degli agricoltori. Quest'ultimo caso è più raro nei territori dell'Eurasia. Il carattere del movimento dei gruppi pastorali tuttavia può essere molto vario, sia per quanto riguarda la durata o la distanza degli spostamenti –la natura ciclica o meno di essi (stagionale, dovuta alle condizioni climatiche e ambientali, o interstagionale, dovuta alla struttura e alla composizione della mandria); la direzionalità verticale (con variazione di altitudine) o orizzontale, lineare o non lineare–, e per altri numerosi aspetti (Khazanov 1984, 37).

La ricostruzione dell'organizzazione sociale del mondo nomadico antico e nello specifico di gruppi come quello scita costituisce un problema di difficile soluzione (Akishev 2000). Uno degli aspetti più interessanti riguarda senza dubbio la questione della proprietà, che generalmente prevedeva la proprietà privata (individuale o famigliare) del bestiame e la proprietà corporativa dei pascoli, (Khazanov 1984), che permetteva una loro migliore gestione. Le principali istituzioni delle società nomadiche risultano essere la famiglia e soprattutto la comunità, il cui ruolo fondamentale nella vita dei nomadi è sottolineato unanimemente (Alimbai 2008, 101). Nel mondo scita, le varie tribù formarono anche delle più ampie confederazioni, guidate da sovrani eletti dal consiglio dei capi (Baypakov 2000, 95). Sulla base dei dati archeologici delle sepolture di epoca scita, si registra una forte differenzazione sociale70 all'interno di queste società, che è stato supposto (Baypakov 2000) fosse formata da tre gruppi sociali principali: elite governativa, gruppo dei guerrieri e sacerdoti, gruppo dei contadini e allevatori. Non ci sono dati archeologici o storici certi su questo tentativo di suddivisione sociale e al momento si rimane nel campo delle ipotesi. La donna sembra avesse un ruolo importante all'interno della società e poteva rivestire anche il ruolo di capo (la regina saka Zarina per esempio) ma generalmente la discendenza sembra fosse patriarcale.

Una caratteristica che distingue gli Sciti è il loro carattere guerresco con una gerarchia fortemente militarizzata, tanto che una delle classi sociali era ritenuta essere proprio quella dei guerrieri. Gli Sciti sono infatti conosciuti dalle fonti come temibili cavalieri e arcieri, assoldati come mercenari anche dall'impero achemenide nelle

70 Tra gli indicatori più utilizzati: la ricchezza del corredo funerario, la complessità tecnica ed

architettonica della struttura, le dimensioni del tumulo e la quantità di lavoro necessaria alla sua realizzazione, le proporzioni del banchetto funerario

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battaglie contro Alessandro Magno. Le loro armi preferite erano l'arco e le frecce (spesso rinvenute all'interno dei corredi funerari), ma anche l'"akinakes" cioè una piccola spada solitamente in ferro, e poi coltelli e mazze da battaglia. All'interno delle tombe son stati ritrovati anche scudi (Rudenko 1960). Erodoto (IV, 64) riporta che gli Sciti erano molto feroci ed avevano rituali molto violenti: infatti erano soliti togliere lo scalpo ai nemici uccisi e bere il loro sangue, e per aver diritto ad una parte del bottino dovevano portare i teschi dei nemici uccisi al sovrano (Murphy, Mallory 2000). Certamente, anche se le fonti forniscono una immagine "esagerata" di questi aspetti, gli Sciti dovevano sfruttare le loro capacità belliche e l'utilizzo del cavallo per compiere razzie, incursioni, sia nei confronti di gruppi sedentari e di agricoltori, sia contro altri gruppi mobili, sia forse anche contro le carovane commerciali (Stark 2012). Quello che appare certo è che i resti ossei provenienti dai contesti funerari mostrano che un'alta percentuale di individui era morta violentemente, a causa di traumi e lesioni ricevuti in battaglia (Jordana et al. 2009)

Nel mondo religioso e rituale nomade l'uso dei tipici edifici di culto utilizzati dalle civiltà sedentarie è assente. Se questi edifici sono generalmente individuabili sulla base di una serie di elementi ricorrenti (Renfrew 1994; Renfrew, Bahn 1991), nel mondo nomade le manifestazioni religiose e i rituali trovano modi e luoghi diversi, e seguono sistemi e modelli spirituali e di aggregazione differenti rispetto alle civiltà sedentarie. Assumono maggiore importanza spazi aperti (Sala 2008), come luoghi di grande valore naturale, paesaggistico e simbolico (grotte, sorgenti, fiumi, vallate, cime montagnose ecc.), i quali spesso diventano importanti santuari naturali. Una notevole manifestazione del ritualismo del mondo scita è costituita per esempio dall'arte rupestre che permette di individuare alcuni veri e propri santuari come nel caso di Tamgaly (Hermann 2011, 2011a; Francfort et al. 1995; Baypakov, Maryashev, Potapov 2006). È stato anche ipotizzato, sulla base di confronti etnografici e sull'iconografia dei petroglifi che un ruolo fondamentale fosse rivestito dallo sciamanesimo (Rozwadowski 2001, 2009, 2012, 2012a; Bosi 2008), anche se non si ha ancora un consenso unanime su questo aspetto (Francfort 2001). Infine, sembrano esistere alcuni "santuari" apparentemente simili ai tumuli funerari, mentre i tradizionali luoghi di sepoltura (kurgan), soprattutto nel caso dei tumuli reali sembrano assumere, sulla base di una serie di elementi (posizione geografica, tipologia struttura, tipologia ritrovamenti ecc..), il ruolo di centro sociale, cultuale e religioso della società come tenteremo di dimostrare. In questi contesti oltre al culto degli antenati e del dio della guerra, si concentravano i rituali e le cerimonie che univano socialmente e tenevano assieme la comunità. Ma questi aspetti saranno maggiormente approfonditi nei capitoli successivi.