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CAPITOLO 3 LA CRONOLOGIA DELLA CIVILTA' SCITO-SAKA

5.1 Definizione di nomadismo

Nell'ambito di questo lavoro ho ritenuto necessario, inserire un breve approfondimento sul fenomeno del nomadismo e su alcune problematiche ad esso collegate, sia a livello generale che, nello specifico, relativamente all'area delle steppe eurasiatiche64. Le comunità nomadiche infatti, si caratterizzano a livello di struttura sociale, religiosa e politica in maniera del tutto specifica, secondo modalità completamente diverse rispetto alle "civiltà sedentarie". Tali caratteristiche influiscono anche sull'oggetto della presente ricerca, ovvero il ruolo e il significato acquisito dal tumulo funerario all'interno della società come parte di un codificato paesaggio rituale e sociale. Infatti il tumulo, oltre ad essere un consueto luogo di sepoltura, acquisisce una serie di funzioni e attributi più "ampi", e in parte "insoliti", che attraverso la semplice analisi archeologica non sono talvolta individuabili, ma che nel corso della nostra discussione devono essere tenuti presenti.

Il nomadismo è un fenomeno tradizionalmente collegato in maniera stretta alle culture del continente eurasiatico e generalmente associabile al concetto di pastoralismo65. La parola nomade, di origine greca (νομαδεσ-nomades) è legata al verbo

"νεμω", che significa "errare, pascolare il gregge, pascolare" (Liddell et al. 1958).

Nomadismo e pastoralismo hanno dunque etimologicamente lo stesso significato (Salzman 2002). Di fatto sono due concetti fortemente collegati, che tradizionalmente erano sentiti come una cosa sola, ma che oggi si tende a tenere distinti (Barfield 1993, 4; Khazanov 1984): da un lato si ha infatti il pastoralismo, concetto riconducibile ad un modo di produzione, e dall'altro il nomadismo, collegato al concetto di mobilità nello spazio. Questo consente, evitando un'aprioristica identificazione dei due elementi, di studiare i rapporti e le relazioni fra i due concetti, permettendo così di teorizzare l'eventuale esistenza di molteplici modelli distinti (Salzman 2002). Banalizzando brutalmente, si può dire che un nomade è quasi sempre pastore (ma, attenzione, non solo un pastore), tuttavia un pastore non è sempre un nomade, dunque i due concetti non sono sempre e perfettamente corrispondenti. Naturalmente il quadro è molto più complesso, data l'esistenza di forme intermedie potenzialmente innumerevoli, molto spesso difficilmente categorizzabili. É dunque opportuno definire le comunità scite

64 Il capitolo si basa su alcune delle opere "classiche" di riferimento sul nomadismo (Khazanov 1984;

Cribb 1991; Barnard, Wendrich 2008; Salzman 2002), alcune delle quali, pur presentando, sotto alcuni punti di vista, approcci ormai in parte o completamente superati o ancora dibattuti, costituiscono tuttavia punti di partenza imprescindibili per qualsiasi discussione dell'argomento. Esse sono state qui utilizzate per definire i caratteri generali di questo fenomeno, integrate con più recenti studi su specifiche aree e contesti culturali relativi alla regione delle steppe euro-asiatiche, più vicini come tematiche al presente studio (Frachetti 2008; 2008a; 2012; Chang 2015; Rosen et al. 2000).

65 L'immagine del nomade libero e egalitario, senza legami estraneo ai problemi tipici delle civiltà

sedentarie è uno stereotipo che si è affermato anche grazie alla letteratura. In realtà la vita del nomade è molto dura ed egli si confronta con numerose difficoltà, cercando sempre di mantenere la propria libertà e di adottare la migliore strategia di sopravvivenza (Chang 2008, 333).

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dell'Asia Centrale come gruppi pastorali, perché tendenzialmente essi non si caratterizzarono quasi mai come puramente nomadi. La loro diffusione su un'area geografica molto vasta, dalle condizioni climatiche, ambientali, ecologiche, ma anche politiche ed economiche differenti, portò queste comunità ad intraprendere processi di adattamento e di sviluppo differenti. Le culture archeologiche dell'Età del Ferro in Asia Centrale vengono definite, soprattutto nella tradizione russa, come "Età dei primi nomadi" (epokha rannikh kochevnikov), avvalorando l'idea che si trattasse di nomadi puri. In realtà il nomadismo puro è un fenomeno piuttosto raro, o limitato, all'interno dell'ampio panorama delle steppe euro-asiatiche, ad alcune regioni dalle condizioni specifiche (Bonora 2008).

Appare dunque naturale domandarsi, chi fossero i nomadi, come vivessero e quali strategie adottassero? Come si può definire un vero nomade, se anche la maggior parte dei pastori che si spostano con tutti i propri beni praticano il foraggiamento, l'agricoltura, il commercio, le razzie? La risposta si trova in un unica, ma complessa parola: mobilità, che costituisce uno degli aspetti del pastoralismo più affascinanti e allo stesso tempo difficili da studiare, poiché essa acquisisce anche una dimensione ideologica, sociale e politica molto importante. La mobilità non è infatti semplicemente determinata dalle condizioni ecologiche e climatiche, ma costituisce una precisa strategia, scelta anche per obiettivi o condizionamenti politici, sociali ed ideologici (Chang 2015, 33-34). Dunque la definizione di nomadismo implica il concetto di un movimento frequente dell'intero gruppo familiare, o dell'intera comunità, e conseguentemente di tutti i beni connessi, soprattutto quelli famigliari compresa l'abitazione, che generalmente ha un carattere mobile. Il nomadismo dunque è strettamente collegato al pastoralismo, ma non preclude altre strategie economiche, e prevede varie forme ed intensità di mobilità (nomadismo puro, semi-nomadismo, nomadismo transumante).

Il nomadismo e soprattutto i nomadi hanno da sempre suscitato un grande fascino nelle civiltà sedentarie, soprattutto per la "stranezza" che caratterizzava il loro stile di vita. Al contrario il mondo nomade non si è mai propriamente interessato alle civiltà sedentarie, se non per aspetti utilitaristici e funzionali alla sua esistenza. I nomadi, a causa delle loro caratteristiche e per le conseguenze dei loro frequenti spostamenti e incursioni, causarono terrore e paura nelle società sedentarie, caratterizzandosi come elemento di disordine e disturbo nell'equilibrio prestabilito. Da ciò derivava la loro frequente caratterizzazione negativa nelle fonti antiche, le quali molto raramente avevano un carattere accademico o un obiettivo scientifico- antropologico, per cui le loro descrizioni appaiono spesso standardizzate e solo raramente forniscono informazioni utili alla ricostruzione delle comunità nomadi del passato. A partire dal medioevo aumentò tuttavia la consapevolezza storica e i nomadi furono studiati, anche se in casi ancora isolati (Rashid al-Din, Ibn Khaldun), come parte del più ampio mondo socio-politico, e non come immagine dell'antipode della civiltà. Fu solo con l'affermazione dei moderni studi storici e antropologici che si iniziò a ricercare il ruolo di gruppi nomadi e pastorali nell'evoluzione e nella storia umana, ma

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con un approccio ancora non sufficientemente "scientifico", che si affermerà nella prima metà del XX secolo, periodo in cui vi furono notevoli progressi nonostante l'approccio precedente continuasse ad essere in parte utilizzato. A partire dagli anni '50 del 900 si affermarono infine le ricerche sul campo e gli studi etnografici sul mondo nomade, che diedero un forte contributo alla disciplina (Khazanov 1984, 7-9).