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Gli studi sulla ricostruzione paleo-ambientale del Semirech'e e sull'utilizzo del territorio

2 LA DIMENSIONE GEOGRAFICA E AMBIENTALE

2.3 Il Kazakhstan: caratteristiche naturali, clima e geografia, flora e fauna

2.4.2 Gli studi sulla ricostruzione paleo-ambientale del Semirech'e e sull'utilizzo del territorio

Recenti analisi geologiche di specifiche aree del Semirech'e (Blättermann et al. 2012; Blättermann 2013; Macklin et al. 2015; Deom et al. 2012) hanno tentato di indagare i mutamenti geo-ambientali di queste aree per meglio studiarne le dinamiche occupazionali, ma soprattutto le dinamiche di sfruttamento del territorio nell'antichità. All'interno della vasta regione del Semirech'e solo alcune aree sono state oggetto di questo tipo di studi e, dunque, al momento è possibile tracciare un quadro generale della storia geologica e paleo-ambientale dell'intera regione, ma non un quadro generale dello sfruttamento dei territori da parte delle comunità antiche, per i quali è necessario limitarci ai singoli casi studio: le valli di Issyk (Blättermann 2013) e di Talgar (Macklin

et al. 2015; Rosen et al. 2000) sulla pendice Settentrionale del Tian Shan, e la valle del

fiume Koksu (Frachetti 2008) nella catena dello Dzhungar Alatau.

Dal punto di vista geologico la parte meridionale del Semirech'e si caratterizza per quattro tipologie di paesaggio ad una distanza molto ravvicinata (a partire da sud

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verso nord): le alte montagne del Tien Shan, una fascia pedemontana in loess43, una fascia di sedimenti alluvionali e infine le basse ed aride pianure settentrionali (Fig. 7).

Fig. 7 Quattro tipologie di paesaggio che caratterizzano il Semirech'e meridionale (da Blättermann 2013, fig. 12, p.40)

Fig. 8 Conoidi alluvionali ai piedi della catena Trans-Ili Alatau (da Macklin et al. 2015, fig. 1, p. 86)

43 Si tratta di un tipo di sedimento di origine eolica, molto fine, spesso provenienti da depositi non

consolidati di origine glaciale, che risentono ampiamente dell'erosione da parte del vento. Il più grande esempio è l'altopiano del Loess in Cina (Dodonov 1991; Shi, Shao 2000; Heller, Lyu 1986; Sun 2002).

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L'aspetto geomorfologico del Semirech'e risente inevitabilmente in maniera profonda della presenza di attività glaciali, con vallate dalla tipica forma ad U e montagne con cime appuntite. Il Trans-ili Alatau con vette superiori ai 4500 metri costituisce una sorta di barriera da ovest a est che blocca le masse umide provenienti da ovest e crea un sistema pluviale piuttosto ricco. La meteorizzazione fisica o meccanica è intensa, quindi una grande quantità di materiale si è ammassato a causa dell'erosione (Blättermann et al. 2012; Blättermann 2013). Questo fenomeno ha originato numerosi conoidi alluvionali (circa 40 in questa area) (Fig.8), formati dai numerosi fiumi e corsi d'acqua che nascono dai ghiacciai e dalle nevi perenni della catena del Tian Shan e che vanno a immettersi nel fiume Ili. Essi sono in leggera pendenza e sono costituiti da fertili terre, oggi usate per ampie coltivazioni di cereali e, come vedremo, molto utilizzate anche nell'antichità.

Dallo studio delle limitrofe vallate dei fiumi Issyk e Talgar è emerso che l'utilizzo del territorio si caratterizza secondo modalità diverse nei vari periodi cronologici. Nella media Età del Bronzo ad esempio, i siti di cultura Andronovo della valle di Talgar erano collocati nelle terre alte (uplands) (Panyushika et al. 2012), ma non nella valle o nel conoide alluvionale, poiché questo era un periodo di condizioni climatiche calde e secche, che risultava in un periodo di incisione di canali nel fiume Talgar (Macklin et al. 2015, 93). Durante l'Età del Ferro, in cui sembra prevalere un periodo di stabilità nei livelli dei letti dei canali e fiumi, il panorama cambia radicalmente e si registrano sia una intensa attività agricola che numerosi insediamenti sul conoide e nella valle di Talgar, ma anche sugli altri conoidi limitrofi, soprattutto dal V al III sec. a.C.44.

In questa fase anche i numerosi kurgan delle élite scite vengono realizzati nell'area alluvionale dei conoidi che, nonostante costituiscano ambienti geologicamente molto dinamici e soggetti ad alluvioni, sembrano non aver procurato distruzioni nei tumuli, dimostrando che i gruppi sciti avevano potevano avere almeno una minima conoscenza dell'ambiente naturale in cui vivevano. Questo potrebbe inoltre dimostrare che, almeno negli ultimi 2500 anni, nelle aree dei conoidi alluvionali si sia avuta una notevole stabilità geologica, mentre nelle aree dei bacini idrografici (catchment area) si è verificato un aumento dei processi di erosione (Blättermann et al. 2012, 50). È stato dimostrato che necropoli e insediamenti erano disposti solitamente lungo i bracci minori dei fiumi (Fig. 9), i quali dovevano essere manualmente irregimentati per farvi giungere le acque per irrigare le terrazze agricole circostanti. Era fondamentale che l'acqua arrivasse in giusta quantità, poiché vi era il rischio che un afflusso troppo cospicuo potesse erodere e incidere i canali troppo profondamente in un terreno di natura altamente friabile. Nel Kazakhstan Meridionale la portata maggiore dei fiumi, e dunque il massimo potenziale (ma anche massimo pericolo) per questa pratica di agricoltura ad

44 Anche nella valle di Issyk sono stati rinvenuti insediamenti databili all'Età del Ferro, uno dei quali si

trova grossomodo allo stesso livello di quello di Turgen (Blatterman 2013, fig. 9, 33), e in generale gli insediamenti sembrano collocarsi nel punto di passaggio fra la fascia di Loess e la piana alluvionale (Blattermann 2013, fig. 13, 41), dove ne sono stati trovati circa una ventina (Gass 2016, 174; carta 19, 514) nella intera fascia settentrionale del Trans-Ili Alatau.

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esondazione sembra essere dunque associato con un periodo di condizioni fredde ed umide.

Fig. 9 Distribuzione dei siti archeologici nel conoide alluvionale di Talgar in rapporto ai corsi d'acqua (da Macklin et al. 2015 fig.3, p.88)

Il contesto della valle di Talgar sembra tuttavia indicare che la massima espansione degli insediamenti sia avvenuta nella tarda Età del Ferro, in una fase relativamente calda e secca, con una forte stabilità del livello dei canali, ma con una scarsa portata di acqua. La stabilità dei canali sembra dunque essere l'elemento più importante per la buona riuscita di questa tipologia di agricoltura (Macklin et al. 2015, 93-94), anche se l'afflusso di acqua era minore. Se, come vedremo tra poco, tendenzialmente i cambiamenti nelle strategie di adattamento delle varie comunità vengono associati a mutamenti climatici, tuttavia il caso appena illustrato mostra un fenomeno durato circa due secoli (400-200 a.C.), che non corrisponde direttamente ad evidenti cambiamenti climatici, ma che naturalmente si verifica in una fase di condizioni climatiche ottimali. La sua buona riuscita finale deve essere ricercata soprattutto nelle capacità dei gruppi umani locali di sfruttare e applicare a queste favorevoli condizioni naturali le loro conoscenze (Macklin et al. 2015, 94). Questo caso mostra dunque le difficoltà di interpretazione di fenomeni che variano regionalmente e a cui concorrono numerose e diverse variabili, che devono essere analizzate in maniera organica per poter ricostruire correttamente le dinamiche antiche.

Tradizionalmente infatti, gli studiosi (Weiss 2000; Staubwasser, Weiss, 2006; Weiss et al. 1993; Drysdale et al. 2006; Arz, Lamy, Pätzold 2006; Migowski et al.

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2006), relativamente ad alcune aree del pianeta come il continente asiatico occidentale (Mesopotamia, Anatolia, Levante), o il continente indiano (Possehl 1997; Gupta 2004), hanno ipotizzato, in vari momenti dell'Olocene (11700- Presente), una coesistenza e un rapporto di causalità fra improvvisi cambiamenti climatici e il collasso di società agricole, o più genericamente radicali cambiamenti sociali e culturali (Staubwasser, Weiss 2006). Tuttavia più recentemente, in alcuni casi, questa associazione è stata in parte criticata o completamente rifiutata (Coombes, Barber 2005; Possehl 1997). Il binomio mutamento climatico - cambiamento sociale è stato proposto anche per la regione oggetto del presente studio, dove, secondo la visione tradizionale (Christian 1998) che si basa sull'ipotesi di un cambiamento climatico durante il Bronzo Antico, contraddistinto da condizioni calde e umide si utilizzava una strategia mista costituita da agricoltura e allevamento, mentre a partire dall'Età del Ferro antico (800 a.C. circa), in corrispondenza di un clima più freddo e asciutto, si utilizzava un'economia pastorale seminomadica. Un simile approccio di natura genericamente "deterministica" è stato più recentemente messo in dubbio, anche relativamente a questa regione, da parte di alcuni studiosi (Chang 2008; 2012; Frachetti 2012; Murphy et al. 2013), i quali pur evidenziando la possibile e forse probabile connessione fra cambiamento climatico e dinamiche insediamentali, sottolineano la necessità di approfondire gli studi sulla regione, data l'assenza di ricognizioni archeologiche multi-periodo, e di analisi geologiche e idrologiche ricostruttive dell'ambiente olocenico (Macklin et al. 2015, 86). Purtroppo infatti l'evoluzione delle numerose valli fluviali in relazione ai cambiamenti climatici dell'Olocene è ancora in larga parte non studiata nella regione del Semirech'e, così come le fluttuazioni idroclimatiche, le quali variano a livello di microscala e conseguentemente possono avere effetti differenti a livello regionale. Questo è valido soprattutto per l'impatto dei differenti effetti sulla cosiddetta "agricoltura ad esondazione" (floodwater farming), ovvero l'agricoltura che utilizza l'acqua ottenuta dalle inondazioni artificiali dei campi coltivati (Blättermann et al. 2012), una pratica apparentemente ancora utilizzata in alcune aree del Kazakhstan Meridionale (Macklin et

al. 2015) e le cui fluttuazioni possono aver giocato un ruolo fondamentale soprattutto

nelle civiltà "fluviali" delle aree più aride dove si praticava questo tipo di agricoltura (Macklin, Lewin 2015).