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CAPITOLO 3 LA CRONOLOGIA DELLA CIVILTA' SCITO-SAKA

5.5 Il nomadismo nel Semirech'e

I due già citati progetti DMAP-Dzhungar Moutains Archaeology Project e

Kazakh-American Talgar Archaeological Project forniscono preziose informazioni sul

tema del nomadismo pastorale per la regione del Semirech'e. Essi hanno come preciso obiettivo lo studio delle dinamiche pastorali nella regione del Semirech'e e in senso più ampio dell'economia, dell'organizzazione sociale e della struttura delle interazioni dell'Età del Bronzo nelle steppe orientali il primo (Frachetti 2004a); lo studio della natura della mobilità e del rapporto fra comunità sedentarie e nomadiche il secondo (Chang et al. 2002; Chang 2008). In questa regione, a causa delle sue peculiari

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caratteristiche fisiche, il pastoralismo assume generalmente il carattere di transumanza verticale, sia nell'Età del Bronzo (Frachetti 2004; 2008a, 379) che nell'Età del Ferro (Chang et al. 2002; Chang 2008, 334). Queste caratteristiche sono documentate anche grazie a ricchissime fonti etnografiche.

5.5.1 Le fonti etnografiche sul Semirech'e

La ricostruzione delle strategie pastorali della regione è stata possibile anche grazie all'uso delle fonti etnografiche, abbondantemente citate dallo studio di Frachetti (2008) e qui riportate brevemente, le quali mostrano come fino all'inizio del XX secolo lo stile di vita del Semirech'e si basasse sul pastoralismo mobile (Argynbaev 1973; Fedorovich 1973; Masanov 1995), con una produzione agricola molto limitata (Brill Olcott 1981; Kurylev 1977), anche se altre testimonianze sembrano mostrare che la pratica dell'agricoltura fosse in qualche modo praticata già a partire dall'Età del Ferro (Rosen et al. 2000; Benecke 2003) e durante i periodi medievali (Baypakov 1984; Bartol'd, Gibb 1928), soprattutto lungo la valle del fiume Ili e nelle regioni meridionali. Il sistema economico principale era tuttavia basato sul pastoralismo mobile con diverse strategie di adattamento a livello locale, in base alle condizioni politiche, sociali ed ambientali (Frachetti 2008, 112-113).

Gli spostamenti dei pastori kazaki del Tian Shan e dei Monti Dzhungari, conosciuti grazie alle fonti etnografiche, mostrano come la mobilità dei gruppi pastorali della regione, intorno alla fine del XIX sec. d.C., differisca dai tipici modelli migratori del Kazakhstan centrale e meridionale che si caratterizzavano secondo un andamento tipicamente nord-sud. In questa regione la mobilità ha infatti un carattere più irregolare e sfrutta i vantaggi di spostamenti su base verticale nella ricerca di ricchi pascoli e condizioni climatiche ideali, che riducono notevolmente le distanze da percorrere (Carruthers, Miller 1914; Frachetti 2008, 114-115).

Tradizionalmente i pastori kazaki collocavano il loro campo invernale in luoghi precisi e ben studiati dove potessero combattere le avverse condizioni del rigido clima invernale della regione e che dovevano avere caratteristiche specifiche, alcune delle quali riportate da Medvedskii alla fine dell'800: essere protetti dai venti, non avere una copertura di neve troppo alta, avere risorse di acqua e di combustibile a disposizione, avere aree erbose al di sotto del manto nevoso (non superiore ai 15 cm). Tali condizioni si trovano nel Semirech'e in aree collinari di media altezza e nelle valli fluviali delle zone pedemontane. Venivano costruiti anche ripari e stalle per proteggere gli animali dalle basse temperature. Gli inverni rigidi e la mancanza di cibo potevano decimare i greggi, con eventi che avvenivano solitamente con una cadenza decennale (Masanov 1995; Frachetti 2008, 116). Per quanto riguarda la ricerca dei pascoli estivi, non c'era un modello preciso, e si seguiva la presenza d'acqua e la ricchezza dei pascoli stessi. I primi mesi estivi si passavano a quote comprese fra 1200 e 1600 metri, poi si passava ai pascoli più in quota, con erba fresca e temperature più gradevoli, per poi ridiscendere, dopo 3-4 settimane, nei pascoli sub-alpini che nel frattempo erano ricresciuti (Larin 1962), prima di ridiscendere in autunno verso i campi invernali (Frachetti 2008, 117).

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Un aspetto di grande interesse è costituito dai rapporti sociali e politici fra clan pastorali diversi all'interno della stessa regione e, nello specifico, soprattutto il delicato momento di stabilire con precisione l'appropriazione e lo sfruttamento dei richiestissimi pascoli estivi (Masanov 1995). Gruppi pastorali alleati potevano utilizzare e condividere sia le stesse vie di accesso che gli stessi pascoli, ma mai con come un'unica realtà. Questa suddivisione rispecchiava soprattutto i rapporti politici fra i vari gruppi regionali, ma la scelta poteva dipendere anche da altri aspetti ideologici, come il posizionamento delle necropoli e degli altri "spazi rituali" sul territorio, che acquisivano una grande importanza geografica (Frachetti 2008).

L'estate costituiva il periodo in cui avveniva il maggior numero di interazioni sociali fra gruppi diversi, grazie soprattutto a tutta una serie di eventi sociali e rituali (sepolture, riti commemorativi, matrimoni, feste stagionali ecc.) (Frachetti 2008, 119). Questi "contatti" erano occasione per numerosi scambi e interazioni, le cui tipologie (commercio, doni, tributi) e strategie spesso influivano sui modelli di mobilità quasi quanto i fattori ambientali, come del resto avveniva anche per eventuali conflitti di tipo politico (Frachetti 2008, 120). Il controllo di un dato territorio da parte di una comunità pastorale corrispondeva alla possibilità di ottenere scambi e doni da parte delle carovane, e ciò permetteva ad alcuni membri della società di accumulare oggetti esotici o di grande importanza. Dunque la buona riuscita dell'organizzazione politica pastorale si basava anche sulla negoziazione politica dei suoi movimenti. Il confronto con le fonti etnografiche permette dunque di basarsi su analogie nella ricostruzione delle strategie di sfruttamento del territorio e nella costruzione di un paesaggio sociale e politico basato su di una rete di interazioni fra gruppi diversi (Frachetti 2008, 123).

5.5.2 La ricerca archeologica: la regione dello Dzhungar Alatau

Nei territori nord-orientali del Semirech'e, lungo la cosiddetta catena dello Dzhungar Alatau, grazie ad accurate ricognizioni di superficie sono state individuate circa 380 testimonianze archeologiche di varia natura (tombe, insediamenti, petroglifi ecc.), di cui circa l'80 % databile all'Età del Bronzo. Il numero consistente di testimonianze, insieme agli studi di varia natura, hanno permesso di ricostruire le dinamiche occupazionali e di sfruttamento delle risorse di questa regione72. Durante l'Età del Bronzo, nella valle del fiume Koksu si praticava principalmente una forma transumante di pastoralismo mobile di greggi formati da pecore e capre, tra pascoli estivi di alta montagna e pascoli invernali di fondovalle (Frachetti 2008a, 379-380), ma non si praticava agricoltura a causa della povertà dei suoli. Dal punto di vista ambientale sembra che non ci fossero sostanziali differenze con la situazione attuale (Rhodes et al. 1996; Aubekerov, Nigmatova, Frachetti 2003), e che la distribuzione dei pascoli rispecchiasse a grandi linee quella presente (Khotinskiy 1984). La ricchezza dei pascoli variava secondo l'altitudine, con i pascoli di alta montagna (sopra 1400 metri) da

72 La stretta vicinanza geografica della necropoli di Kaspan, oggetto del presente studio, con questa area

geografica, sebbene non comporti necessariamente una situazione simile in tutti gli aspetti, potrebbe suggerire caratteristiche ambientali e dello sfruttamento delle risorse verosimilmente non troppo diversi, sempre tenendo conto delle peculiarità e del posizionamento geografico propri delle due aree.

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3 a 6 volte più produttivi (durante i mesi estivi) rispetto ai pascoli sotto gli 800 m73 (Frachetti 2008, 380-381).

Tuttavia non si può oltremodo semplificare, perché si deve tenere conto di una certa variabilità ambientale da una parte, e di aspetti sociali e rituali dall'altra, che davano forma ad un paesaggio pastorale sempre molto dinamico (Frachetti 2008a, 381). Nella valle del fiume Koksu infatti sono stati ritrovati necropoli e insediamenti che, per posizionamento geografico, dimensioni e tipologia, possono probabilmente essere ricondotti a gruppi diversi, più o meno mobili, della stessa comunità. Alcuni di essi sembrano abitati-satelliti a maggiore carattere stagionale, non sempre facilmente interpretabili, ma senza dubbio rispondenti a precise scelte e modelli distributivi, collegabili a fattori pratici ed "ideologici". Appare evidente che gli insediamenti con tipologie di abitazioni più elaborate si trovino vicino a zone ecologicamente più attraenti e a spazi sociali ben codificati (Frachetti 2008a, 381-388). Quest'ultimi (nella forma di petroglifi e necropoli) dovevano senza dubbio servire per mostrare il possesso, o almeno il controllo di una certa area e soprattutto delle abitazioni/insediamenti ivi presenti, durante l'assenza estiva dei gruppi che vi abitavano (Frachetti 2008a, 389-391). Nel Semirech'e dunque gruppi più o meno grandi di comunità pastorali abitavano soprattutto i bassi piani e le midlands nei mesi invernali, e attraverso una transumanza di tipo verticale sfruttavano i ricchi pascoli alpini. Nella scelta dei territori da sfruttare e occupare, oltre alle fondamentali caratteristiche ecologiche e ambientali, giocavano un ruolo anche altri aspetti come i commerci, l'accesso ai beni più rari, la riscossione di eventuali tributi e le aree tradizionalmente importanti per la comunità di appartenenza.

Durante l'Età del Ferro si registrano una continuità sia nella rioccupazione di insediamenti precedenti che nel continuo utilizzo dei siti di arte rupestre, ma anche una espansione demografica, testimoniata dall'aumento del numero e delle dimensioni degli insediamenti, e un cambiamento della tipologia di sepoltura, passando da necropoli nucleate a kurgan più monumentali sparsi in gran parte dei territori, che mostrano come l'organizzazione e i rapporti fra i vari gruppi Saka abbia modificato il paesaggio pastorale (Frachetti 2008, 141). Inoltre la possibile introduzione dell'agricoltura, anche se in misura molto locale, potrebbe aver modificato l'equilibrio precedente, creando nuove fonti produttive che contribuirono all'espansione di reti commerciali, con l'arricchimento di parte dei gruppi, e la conseguente differenzazione sociale rispecchiata dalle dimensioni dei tumuli. Anche l'organizzazione dei tumuli, in linee, con attenzione all'orientamento e alla omogeneità tipologica e il posizionamento in punti ben visibili, mostra un cambiamento rispetto al periodo precedente, soprattutto nella pianificazione del paesaggio, probabilmente indice di cambiamenti sociali e politici, con gruppi maggiormente coesi e con contatti più ampi (Frachetti 2008, 142-144).

73 La grande differenza di resa fra i pascoli delle steppe, e i pascoli di montagna è uno dei fattori alla base

della transumanza verticale. I pascoli di montagna (1200-2000 metri) sono più produttivi nei mesi estivi, i pascoli più bassi (600-850 metri) nei mesi invernali hanno temperature minori, meno neve ed erbe secche che possono sostenere le mandrie (Frachetti 2008, 105).

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Per quanto riguarda i successivi periodi storici l'attenzione della ricerca è stata concentrata soprattutto sulle grandi città nate lungo il ramo settentrionale della via della seta, in un periodo di forte espansione delle reti commerciali (Baypakov 1998; Frachetti 2008, 145). Il quadro delle comunità pastorali è dunque meno conosciuto archeologicamente. I piccoli insediamenti pastorali sembrano mutare sia tipologicamente (presentano costruzioni con mattoni crudi, oppure in pietra e con sovrastruttura in legno) che nelle dimensioni, nonostante si noti ancora una continuità nella localizzazione. Nelle tipologie di sepolture funerarie si registra una maggiore differenzazione: tumuli di vario tipo, tombe di varia natura, veri e propri mausolei per ricchi o Kazaki letterati (Bartol'd 1963-1977), con una forte continuità nella geografia del paesaggio rituale fino ai giorni nostri, quando i moderni cimiteri, di tradizione islamica, si trovano nelle vicinanze di necropoli medievali del periodo turco e addirittura dell'Età del Ferro e del Bronzo (Frachetti 2008, 145-147).

5.5.3 La ricerca archeologica: la regione della valle di Talgar

Nelle regioni meridionali del Semirech'e, a ridosso delle pendici del Trans-Ili Alatau e nella valle del fiume Ili, al contrario dell'area precedente era praticata anche l'agricoltura. Lo scavo di alcuni insediamenti nell'area di Talgar (Chang et al. 2003; Rosen et al. 2000) ha evidenziato come si coltivassero miglio, grano e orzo e si allevassero bovini, pecore, capre, cavalli e probabilmente cammelli. Gli insediamenti sembrano essere costituiti da abitazioni in parte semisedentarie e in parte stabili nel corso dell'anno, con una parte della comunità impegnata nella coltivazione e un'altra nell'allevamento, secondo una transumanza di tipo verticale. Questi gruppi umani erano formati da gente comune per la quale non è stato possibile individuare le sepolture, che senza dubbio non avevano le dimensioni e la monumentalità dei kurgan reali, abbondantemente rinvenuti nella regione (Gass 2016). Si evidenzia dunque una forte differenzazione sociale, con la presenza di grandi tombe aristocratiche e di una corrispondente elite tribale di rango elevato. Come sottolinea Chang (2008, 337-339) aspetti molto interessanti da analizzare riguardano l'organizzazione della società, le dinamiche e i rapporti fra le comunità agricole e la elite, soprattutto le modalità di scambio e di controllo delle risorse di sussistenza (animali e prodotti derivati, grano) e come queste fossero trasformate in preziosi oggetti di lusso, i quali venivano deposti nelle ricche sepolture aristocratiche, uscendo dai circuiti sociali ed economici della comunità.