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CAPITOLO 8 RICOSTRUZIONE DELLA STRUTTURA DEI KURGAN E DEL RITUALE FUNERARIO DI KASPAN: CONFRONTI.

8.3 Confronti: violazione e chiusura rituale della sepoltura

Cercando confronti per questo tipo di pratica è emerso che non si tratta di un rituale non attestato precedentemente: esso infatti sarebbe, anche se raramente, presente nei territori dell'Asia Centrale già a partire dall'Età del Bronzo. Questa pratica, solo recentemente discussa, e su cui si inizia ora a porre una maggiore attenzione, nella letteratura di lingua inglese viene generalmente definita come "ritual robbing" (Bendezu-Sarmiento et al. 2008). In ambito russo più che di saccheggio rituale si era parlato di un saccheggio necessario/utilitaristico (Kuz'mina 1965), ipotizzando per esempio che durante l'Età del Bronzo nel momento del bisogno, ad esempio in occasione di conflitti, alcune tombe della regione del Semirech'e e del Kirghizistan, potessero essere state riaperte per recuperare le armi in esse contenute.

Nella necropoli di Sintashta, databile all'Età del Bronzo (1800 a.C.), è stato suggerito (Zdanovich, Zdanovich 2002) che nel rituale di sepoltura ci fossero due passaggi distinti: la prima fase legata alla sepoltura e al momento di decomposizione (ipotizzando il concetto di una "casa dei morti") e la seconda fase nel momento in cui il defunto veniva simbolicamente trasformato in un antenato, attraverso una serie di passaggi rituali (riti secondari) che avrebbero anche potuto includere una violazione rituale della tomba.

Altri possibili confronti si potrebbero trovare nella regione di Tuva. Nella valle del fiume Eerbek sono state scavate alcune necropoli, dove al di sotto di un unico tumulo funerario si trovavano, all'interno di profonde fosse dotate di una struttura in legno, alcune sepolture circondate da altre sepolture (soprattutto di bambini) in ciste di pietra e tronchi di legno. Il 90% di queste tombe erano state distrutte originariamente, prima della costruzione del tumulo, il che dunque farebbe ipotizzare un aspetto rituale oppure una deliberata azione di damnatio memoriae da parte di un gruppo o di una comunità nemica.

Un altro esempio è costituito dalla necropoli di Beloe Ozero-3 dove sono stati scavati quattro kurgan reali (così individuati sulla base della complessità dell'architettura e dei resti del corredo), le cui fosse erano state tutte depredate prima della costruzione del tumulo. Inoltre dopo la violazione e distruzione le fosse erano state letteralmente sigillate con uno strato di argilla portata dal vicino lago, secondo un rituale che richiama da vicino il caso della necropoli di Kaspan. Un sistema simile è

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stato individuato anche nei kurgan della cultura di Uyuskaya, dove l'argilla è stata usata per sigillare le sepolture (Kilunovskaya 2014). Informazioni interessanti sul fenomeno della riapertura dei tumuli sembrano provenire anche dai recenti studi sulle tracce secondarie sulle ossa, che mostrerebbero come il saccheggio avvenisse subito dopo la sepoltura, come attestato per il Kazakhstan centrale nell'Età del Bronzo (Bendezu- Sarmiento et al. 2008; Bendezu-Sarmiento, Grizeaud 2011) e per la steppa degli Urali meridionali nel periodo antico Sarmatico (Loyer 2014).

Nella maggior parte dei casi in cui si ipotizza una riapertura e una violazione della sepoltura dopo un breve arco di tempo, questa interpretazione si basa sul ritrovamento delle ossa ancora parzialmente articolate, che dimostra che al momento della riapertura della sepoltura, il corpo non si era ancora completamente decomposto, e le ossa erano ancora tenute assieme da tendini e tessuti, dimostrando che la fase di completa scheletrizzazione non era ancora stata raggiunta. I resti scheletrici rinvenuti nei kurgan di Kaspan non presentano però connessione anatomiche che dimostrino come, al momento del saccheggio, il corpo non fosse ancora totalmente decomposto, anzi, essi sono stati rinvenuti totalmente dispersi su una profondità di oltre 3 metri. In assenza di altre analisi, non possiamo sapere con esattezza quanto tempo dopo la sepoltura sia avvenuta la violazione.

Il fatto che le ossa fossero completamente sparse e naturalmente disarticolate potrebbe dimostrare che la violazione sia avvenuta dopo che il corpo si era totalmente decomposto, il che, anche se si suppone che sia stato lasciato a decomporre all'aperto, avrebbe comunque richiesto una notevole quantità di tempo. Inoltre le analisi osteologiche hanno mostrato tracce di trapanazione post-mortem sul teschio femminile del Kurgan n. 1 di Kaspan che potrebbero indicare una pratica di imbalsamazione e dunque la volontà di preservare il corpo nel tempo. Queste pratiche (sia la trapanazione

post-mortem, che il processo di imbalsamazione) presentano una stretta correlazione

con i gruppi elitari delle comunità scite della prima Età del Ferro. Il loro utilizzo rientra all'interno del ritualismo e dell'ideologia funeraria delle culture scite, che prevedevano processi di imbalsamazione e mummificazione. Purtroppo esse non sono frequentemente attestate archelogicamente, sia perché si trattava di pratiche eseguite sporadicamente, sia perché i frequenti saccheggi del contesto di deposizione, con la conseguente compromissione dei relativi contesti archeologici riducono fortemente la qualità e l'affidabilità del dato. La pratica della mummificazione in ambito scita è testimoniata da Erodoto (IV.71), ma è stata attestata archeologicamente (Murphy 2000) soprattutto nei rari contesti delle tombe gelate, come ad esempio nelle necropoli di Pazyryk (Rudenko 1970), Ukok (Derevyanko, Molodin 2000; Molodin, Polosmak 2016) e Berel (Francfort, Ligabue, Samashev 2000), ma anche in Siberia meridionale nelle culture di Tagar e Tashtyk (Bokovenko 1995; 2006); e nella regione di Tuva nelle culture di Balgazin, Urbujun e Uyuk (Murphy 2000; 2001; Murphy, Mallory 2000; Grach 1980).

Recentemente una maggiore attenzione è stata rivolta anche allo studio delle tracce di manipolazioni post-mortem, consistenti sia nelle tracce di taglio sulle ossa che in vere e proprie trapanazioni del cranio che illustrano aspetti senza dubbio

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fondamentali del rituale funerario e della preparazione del defunto alla sepoltura (Beysenov, Kitov 2014; Kitov, Beysenov 2015; Kitov, Kitov, Oralbai 2016; Bendezu- Sarmiento 2007; Bendezu-Sarmiento et al. 2008). La pratica della trapanazione post-

mortem in particolare è attesta in un area piuttosto ampia, nel Kazakhstan centrale e

Asia Centrale, Siberia meridionale e occidentale, Mongolia, regione di Tuva e dei monti Altai. Le trapanazioni sono particolarmente attestate in alcune necropoli (Taldy-2, Karashok, Akbeit) della cultura di Tasmola, ma anche nelle sepolture di Pazyryk, nella cultura di Saglinskoy, nella cultura di Tagar del bacino del Minusinsk (Mednikova 2000). Era una pratica attestata sporadicamente ma indicava l'esistenza di complesse tradizioni rituali in ambito funerario, soprattutto in contesti di ambito reale (Beysenov et

al. 2015).

La spiegazione alternativa al ritrovamento delle ossa sparse in tutta la tomba è che i corpi siano stati volontariamente smembrati e dispersi all'interno del riempimento, o che siano stati lasciati esposti per un lungo periodo di tempo prima delle fasi finali del rituale funerario, e la chiusura della sepoltura. Questa particolare operazione però male si accorderebbe con la volontà di preservare intatti i corpi attraverso la pratica della mummificazione. È altresì vero che l'operazione di smembramento dei corpi è una pratica che è stata proposta anche per altre regioni, come l'Uzbekistan (Francfort 2005), sulla base di quanto testimoniato da testi religiosi e inni dell'Avesta (Boyce 1975; 1982), i quali riportano come, secondo lo Zoroastrismo, i corpi erano lasciati esposti e scarnificati da cani e ad altri animali saprofagi prima della sepoltura finale, per evitare che la decomposizione del corpo che è un atto considerato fortemente impuro avvenisse nel terreno, che è un elemento sacro. Questa pratica forse era praticata anche in Siberia e Mongolia, come sarebbe testimoniato da evidenze archeologiche ed etnologiche (Bendezu-Sarmiento et al. 2008).

Naturalmente non si tratta di una pratica tipica della cultura scita, ma in regioni di confine e fortemente permeabili, non si può escludere che ci fossero state delle influenze esterne sui costumi funerari sciti. Possibili influenze dello Zoroastrismo sono state suggerite anche per una serie di strutture di carattere culturale rinvenute sull'altopiano di Ustyurt, fra lago d'Aral e Mar Caspio,databili al IV-II sec. a.C. e attribuite a gruppi di cultura sarmata (Olkhovskiy 2000). Possibili tracce dovute alla scarnificazione da parte di animali o durante il rituale di violazione potrebbero forse essere rivelate da più accurate analisi osteologiche, e potrebbero nel caso della necropoli di Kaspan fare chiarezza sulle modalità e lo svolgimento del rituale funerario dei due grandi kurgan.

183 APPARATO ICONOGRAFICO

Fig. 12 Mappa (da Google Earth) con la collocazione geografica della necropoli di Kaspan

Fig. 13 Mappa con la localizzazione delle varie aree di pascolo e relative altitudini, vicine alla necropoli di Kaspan

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Fig. 14 Mappa dei monumenti censiti nella regione di Taldy-Kurgan (da Carta Archeologica del Kazakhstan 1960, f. 32)

Fig. 15 Decorazione in bronzo raffigurante una capra di montagna, dal "tesoro di Agabas" (da Polidovich 2011, fig. 1.1, p.125)

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Fig. 16 Anomalia magnetica registrata nel Kurgan n. 1 (Per cortesia dell'EGG di Trieste)

Fig. 17 Profili ottenuti dalle analisi GPR che mostrano la stratificazione superficiale del tumulo e l'originaria base di esso (per cortesia dell'EGG di Trieste)

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Fig. 18 Risultati della tomografia sismica sul Kurgan n.1 (per cortesia dell'EGG di Trieste)

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Fig. 20 Posizionamento delle principali catene di kurgan nella necropoli di Kaspan e loro rapporto con i corsi d'acqua

Fig. 21 Area della necropoli di Kaspan con le moderne estive coltivazioni di cereali che hanno disturbato i kurgan di minori dimensioni (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

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Fig. 22 Immagine Google Earth con la localizzazione dei kurgan che compongono la catena di Kaspan 6

Fig. 23 Ricostruzione topografica dei 4 principali kurgan della catena di Kaspan 6 (per cortesia dell'EGG di Trieste)

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Fig. 24 Testimone di terra largo 2 m lasciato al centro del Kurgan n. 4 (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

Fig. 25 Stele ritrovata caduta orizzontalmente sulla sommità del Kurgan n. 4 (Foto di G. Bazarbaeva)

190 Fig. 26 Sezione N, Kaspan 6 Kurgan 4

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Fig. 27 Sezione del Kurgan n. 4 che mostra la presenza del basamento compattato (L1) e del terrapieno circolare a sezione triangolare (L2, L3) (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

Fig. 28 Sezione del Kurgan n. 4 che mostra la presenza del basamento compattato (L1), del terrapieno circolare a sezione triangolare (L2, L3) e il rivestimento in pietra (L5) (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

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Fig. 29 Basamento in pietra (L5) che riveste la parte bassa del tumulo (lato Est) (foto di G. Bazarbaeva)

Fig. 30 Basamento in pietra (L5) che riveste la parte bassa del tumulo (lato Ovest) (Foto di G. Bazarbaeva)

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Fig. 31 Foto che mostra il riempimento compatto (L8) al centro dell'imbuto in corso di scavo e la struttura del tumulo circostante (foto di G. Bazarbaeva)

Fig. 32 Particolare che mostra la stratificazione dell'accumulo (L8) all'interno dell'"imbuto" dovuta all'utilizzo di acqua per compattare il riempimento (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

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Fig. 33 Primo livello di riempimento in pietre al di sopra della fossa (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

Fig. 34 Multipli strati di pietre individuati sopra la fossa, ma scavati come un unico livello (L8) (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

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Fig. 35 Strato di pietre (L9) sopra al riempimento delle due fosse (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

Fig. 36 Margini della fossa settentrionale (L11) prima dello scavo (Archivio CSRL, foto di E. Barinova)

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Fig.37 La piccola fossa (L12) prima dello scavo (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

Fig. 38 Pianta schematica delle due fosse (L11, L12)e delle buche di palo (L10) (disegno di L. Crescioli, N. Fior)

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Fig. 39 Particolare della stratificazione interna (L13) alla piccola fossa, creata dalla presenza di acqua (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

Fig. 40 Particolare della stratificazione interna (L13) alla piccola fossa, in rapporto con le pietre e il margine della fossa stessa (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

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Fig. 41 Particolare della parete della fossa con le almeno tre superfici concentriche intorno al reale margine della fossa (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

Fig.42 Particolare del margine della fossa e della superficie creatasi con la presenza di acqua (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

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Fig. 43 Particolare del riempimento sabbioso (L15) lungo il margine della fossa principale (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

Fig. 44 Primo strato di pietre (L16) rinvenuto all'interno della fossa principale (foto di G. Bazarbaeva)

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Fig. 45 Scheletro di cane in deposizione primaria rinvenuto sul margine sud-occidentale della fossa (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)

Fig. 46 Secondo strato di riempimento (L18) di pietre interno alla fossa (Archivio CSRL, foto di L. Crescioli)