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CAPITOLO 3 LA CRONOLOGIA DELLA CIVILTA' SCITO-SAKA

4.4 Le fonti storiche

Le fonti scritte che forniscono informazioni sugli Sciti sono sporadiche, frammentarie e si limitano, ad esclusione di alcuni rari casi come la narrazione di Erodoto nel IV libro delle Historiae, a pochi isolati riferimenti. Queste fonti devono essere analizzate criticamente, poiché nel tentativo di una ricostruzione storica esse non risultano sempre attendibili, sia in quanto si caratterizzano talvolta per la loro natura mitologico-leggendaria, propagandistica (con stereotipi o distorsioni intenzionali), o poiché chi scriveva visse lontano, nel tempo e nello spazio, rispetto ai fatti narrati. La distanza culturale non permetteva inoltre di comprendere pienamente culture diverse, e dunque portava a possibili fraintendimenti. È molto comune inoltre il fenomeno, ben visibile per esempio nel caso della cultura greca, secondo il quale gli autori, soprattutto gli storici, continuano a citare una tradizione o un'opera letteraria precedente, che di fatto costituisce la singola fonte più antica, più volte ripresa o modificata.

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Tra le fonti principali è necessario ricordare quelle greche, persiane, indiane e cinesi che sotto il nome di Sciti e Saka comprendono gruppi diversi, tra i quali Sciti, Sauromati, Massageti, Issedoni, Arimaspi, Asii, Saka Haumavargā, Saka Tigrakaudā ecc., in relazione ad aree geografiche differenti. Questi nomi sono presenti nelle varie fonti ed hanno talvolta una collocazione incerta, spesso un carattere mitologico, tuttavia mostrano la tendenza ad individuare l'esistenza di gruppi culturali regionali all'interno del più vasto orizzonte culturale scita, fenomeno ampiamente dimostrato anche dai dati archeologici.

Le fonti assire, persiane e greche fanno riferimento principalmente ai gruppi sciti occidentali, con i quali essi vennero, in tempi, modi e luoghi diversi, in contatto. Spesso questi riferimenti letterari sono incerti: Erodoto per esempio sostiene (I, 201-205) che i Massageti hanno molte affinità con gli Sciti, ma li mantiene distinti, mentre Ctesia di Cnido, medico personale del re Artaserse II (404-359 a.C.) riferisce ai Massageti come Saka (etimologicamente la traduzione di Massageti potrebbe essere "Grandi Saka") (Bonora 2008, 77), che dunque sarebbero i nomadi localizzati oltre il fiume Syr Darya. L'individuazione geografica dei vari gruppi appare piuttosto problematica e incerta, e non è questo il luogo per approfondire tale questione.

4.4.1 Fonti assire

Le più antiche attestazioni storiche degli Sciti si trovano in testi del periodo del sovrano assiro Esarhaddon (681-669 a.C.) che riferiscono la presenza di iš-ku-za-ai / aš-

gu-za-ai, un termine derivato dal tema škuz-/šguz-, simile al termine greco Skyth- "Sciti"

(Parlato 2000), con i quali sia gli Assiri che i Medi ebbero una serie di scontri militari (Parlato 2000, 67; Phillips 1972, 130). Un termine similare, Ashkuzai o Iakuzai, sembra apparire anche nel Vecchio Testamento nella forma corrotta Ashkenaz, attestata nella Genesi (10,3) e nel libro di Geremia (51,27) (Szemerényi 1980, 7).

4.4.2 Fonti classiche/greche

Le fonti greche sono tra le più complete ed approfondite, poiché i Greci entrarono realmente a contatto con gli Sciti, e se non vogliamo sbilanciarci affermando che diedero vita con essi ad una vera e propria cultura "ibrida", certamente risentirono profondamente delle reciproche influenze sulle sponde settentrionali del Mar Nero, dove colonie greche esistevano già a partire dal VII sec. a.C. Le fonti greche menzionano i vari gruppi sciti sottolineando la loro comune cultura ed economia di tipo pastorale e nomadico. La grande maggioranza delle informazioni proviene però dal racconto di Erodoto (logos scitico), inserito nel IV libro della sua più famosa opera le

Historiae, le quali costituiscono un vero e proprio trattato etnografico, "un saggio di

antropologia culturale ante litteram" (Parlato 2000, 67). Esso rappresenta un ricchissimo e approfondito resoconto sul mondo culturale scita, nonostante si dibatta sulla veridicità o meno del testo dello storico greco, che si affronta attraverso diversi e talvolta antitetici criteri interpretativi. A. Ivantchik (2011, 71-75) individua due principali approcci interpretativi nei confronti del testo di Erodoto: un approccio "filologico", che considera la sua opera come un'opera letteraria con tutte le relative problematiche, e un approccio "storico" che invece lo considera principalmente come

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una fonte storica. Ma i due approcci dovrebbero integrarsi, poiché le Historiae sono un'opera letteraria, ma l'obiettivo dichiarato di Erodoto era di descrivere la realtà dei fatti, e la questione di una possibile distorsione degli elementi narrati deve essere ricondotta sul piano della sua natura volontaria o involontaria (Ivantchik 2011).

La letteratura critica sul testo erodoteo è ampia. F. Hartog (1988) ritiene che il racconto di Erodoto non sia attendibile storicamente e che esso possa essere letto secondo la contrapposizione di una serie di nuclei tematici, come per esempio "cultura- natura", "centro-periferia", "guerra-pace" ecc., e che dunque la descrizione della cultura scita possa essere spiegata e percepita solo nell'ottica e in relazione delle caratteristiche della sua (di Erodoto) cultura greca, con gli Sciti che verrebbero rappresentati come una immagine riflessa dei Greci (Ivantchik 2011). Fehling (1989), addirittura afferma che i racconti di Erodoto sono semplici topoi letterari e dunque non affidabili storicamente, mentre Pritchett (1993) successivamente criticò entrambi gli approcci. La realtà è che i dati archeologici, insieme a quelli provenienti da altre fonti (per esempio dall'Avesta e dall'etnografia osseta), sembrano per alcuni aspetti confermare il racconto di Erodoto e dunque la veridicità di molte delle vicende narrate. Il libro IV narra le due campagne militari di Dario in Scizia e Libia che costituiscono, seguendo il consueto modulo erodoteo, il pretesto per approfondire i temi legati a questi popoli che lo interessavano maggiormente, fra cui: le origini e la storia degli Sciti, la geografia della Scizia e le regioni più lontane con i suoi abitanti, la cultura scita, tra cui soprattutto i sacrifici, gli indovini, la religione, i rituali funerari e la popolazione. Alcuni di questi temi hanno suscitato un particolare interesse, portando a numerosi studi, come per quanto riguarda le tombe e il funerale del re scita (Ivantchik 2011; Thordarson 1988, Schiltz 1994).

Numerose altre fonti, greche prima e romane dopo, fanno riferimento ai Saka/Sciti. I loro principali intenti sono il tentativo di ricostruire la collocazione geografica di questi popoli e la narrazione dei vari scontri e battaglie che essi ebbero con i Medi e gli Achemenidi. Fra i più importanti autori possiamo citare Diodoro (II, 34,1; II, 43,6), Ctesia e Senofonte (I,1,4). Arriano (III, 8,3; VII, 10,5) e Quinto Curzio Rufo (V, 9,5; VII,4,6; VIII, 4, 20) ricordano che i Saka furono fra le popolazioni che si opposero al tentativo di Alessandro Magno di penetrare nelle steppe dell'Asia Centrale. Anche Strabone, nella sua opera Geografia, fa alcuni riferimenti ai Saka del Ponto (VIII, 2; VIII, 4) e poi descrive la situazione a est del Mar Caspio (XI.8.2) (Yablonsky 1995, 194; Kuz'mina 2007, 380).

Gli Sciti sono stati spesso citati anche nelle opere di storici romani della prima metà del I millennio d.C. (Polieno XII, 12; Claudio Ptolomeo IV, 12; Eliano; Ammiano Marcellino XXIII, 60) (Yablonsky 1995). In altre fonti più tarde o riferibili all'Impero romano d'Oriente, l'etnonimo Sciti acquisisce un significato diverso: veniva variamente utilizzato per indicare popoli diversi, genericamente i "barbari" del Nord, oppure gli abitanti della Scizia, o singoli popoli quali Goti (autori come Dexippo, Eunapio), Unni

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(Zosimus) o Avari (Evagrio), talvolta anche con un uso misto, a seconda dell'autore62 (Nechaeva 2012).

4.4.3 Le fonti persiane

La più antica fonte iranica è attestata nella prima colonna dell'iscrizione di Dario a Bīsutūn (Db 16-17), (Kent 1953, p. 117), dove sono elencate le numerose (23) province sotto il controllo di Dario (Parlato 2000, 73), tra cui figura anche il popolo dei Saka. La provincia Saka è citata anche in seguito (Db 21), tra le province che si erano ribellate al re Dario. Nella V colonna si trova poi un altro riferimento, seguito da un epiteto che probabilmente contraddistingue un gruppo Saka, o un gruppo di tribù ben preciso, i Saka dal cappello a punta, che erano guidati dal sovrano Skunkha (Fig. 10).

Fig. 10 Rilievo ed iscrizione di Bīsutūn, con la raffigurazione dei Saka "dal cappello a punta" (da King, Thompson 1907, Pl. XIII)

Altre numerose iscrizioni iraniche riportano attestazioni dell'etnonimo Saka (Szemerényi 1980). Tra le più importanti ricordiamo l'iscrizione nell'Apadana di Persepoli costruita da Dario. Il rilievo sul lato meridionale della scalinata orientale mostra una processione dei popoli che portano tributo al re Dario il Grande: fra i numerosi popoli rappresentati compaiono anche i Saka Tigrakauda che indossano abiti da cavaliere, mantelli e alti cappelli. I Saka sono rappresentati con le armi, a differenza

62 Il fenomeno di chiamare con questo termine i popoli che in epoche diverse abitavano la regione che era

stata la Scizia è probabilmente riconducibile a motivazioni diverse, dall'influenza delle culture classiche, alla volontà degli autori di seguire esempi e stile più antichi (quello erodoteo in primis). Inoltre nella letteratura greca si era formato un topos secondo il quale gli Sciti rappresentavano l'estremità antropologica, etnica e geografica del Nord (Nechaeva 2012, 19).

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degli altri popoli, e ciò dimostrerebbe che essi non fossero completamente sotto il controllo degli Achemenidi, ma che godessero di una certa libertà (ref).

4.4.4 Fonti indiane

Nell'Avesta si trovano i più antichi riferimenti alla presenza di tribù nomadi nell'Asia Centrale: "Tura dai cavalli veloci" (Yasht XVII, 55-56) e Danava-Tura (Yasht XIII, 37-38), che secondo Abayev (1956, 43-45) erano i Saka che abitavano lungo le sponde del fiume Syr Darya (Yablonsky 1995, 194). Molto più numerosi i riferimenti più tardi ai cosiddetti "Indo-Sciti"63, cioè Sciti che, a causa dell'arrivo di altri popoli, migrarono nell'Asia Meridionale tra il II sec. a.C. e il IV sec. d.C., dove portarono una fase di instabilità e di guerriglia con i regni locali e gli altri gruppi nomadici. Questi gruppi sono citati in numerosi testi in lingua sanscrita tra cui Purana, Manusmriti,

Ramayana, Mahabharata e Kalakacaryakathanaka (Puri 1994). 4.4.5 Le fonti cinesi

Riferimenti ai gruppi sciti dell'Asia Centrale sembrano comparire anche in alcune fonti cinesi (Bichurin 1950), soprattutto negli "Annali della dinastia Han". I regni sedentari del mondo cinese entrarono in contatto con i gruppi nomadici a causa di una serie di migrazioni. Secondo le fonti cinesi gli Yuezhi, sconfitti dagli Xognu furono costretti a migrare verso ovest, dove incontrarono i "Sai" (cinese 塞) che furono costretti a migrare verso sud in direzione delle regioni della valle di Ferghana e la Sogdiana. L'ideogramma cinese potrebbe essere letto anche come Sök, e corrisponderebbe ai gruppi chiamati Sakas in Sanscrito (Franke 1957, 676-677).

63 Gli Indo-Sciti aprono un grande numero di differenti problematiche, legate ad un contesto geografico,

storico, culturale, diverso da quello degli Sciti e dei Saka dell'Asia Centrale, il quale, non rientrando nei già vasti margini del presente studio, non sono in questa sede presi in considerazione e approfonditi.

114 5 IL FENOMENO DEL NOMADISMO