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I Concept stores

Capitolo 4: I luoghi di consumo

4.9 I Concept stores

A New York nel 1986 lo stilista Ralph Lauren inaugurò una nuova tipologia di negozio ruotante attorno al tema dell’“americanità”, riproponendo la suggestione di un’atmosfera americana che si rifaceva a uno stile di vita ideale e lussuoso, consegnato all’immaginario collettivo da una certa parte di cinema e di letteratura. Anche in Italia lo stilista Elio Fiorucci, precursore di tendenze, negli anni Ottanta riuniva in un unico spazio di vendita moda, gadget, articoli per la casa, con grande attenzione all’atmosfera e allo shopping come esperienza. I cambiamenti intercorsi nelle abitudini di consumo e le mutate esigenze aziendali hanno determinato la genesi di una nuova tipologia di vendita - i concept stores - definibili in un certo senso come gli esponenti del prolungamento dell’attività produttiva attraverso la distribuzione diretta dei prodotti. Questi punti vendita sono concepiti per essere la “piattaforma relazionale” tra le aziende e la clientela target. Delineatisi quindi come una specie di ponte verso il consumatore636, i concept stores o negozi monomarca si sono affiancati, a partire dagli anni Ottanta, ai tradizionali negozi (abbigliamento, calzature, cosmetici e altro) caratterizzati per lo più dall’offerta dei prodotti di diverse marche. Diffusi in tutto il mondo per rappresentare la carta d’identità di una casa di produzione o di una marca, sono luoghi di consumo che fanno propria l’identità dei prodotti e delle marche attraverso una comunicazione che punta all’espressività e alla spettacolarità. L’ambiente negozio si caratterizza per una più accentuata centralità dell’atmosfera e della messa in scena del prodotto rispetto ad altre forme distributive. Interessati dalla «più recente svolta cognitivistica dell’esperienza del luogo di consumo che pone al centro la necessità di coinvolgere attivamente il consumatore/visitatore attraverso dispositivi interattivi e d’interazione, nonché di rinnovare continuamente gli elementi informativi sui quali si attiva il processo di produzione dell’esperienza»637, i concept stores sono oggi sempre

635 La facciata di Orio Center è stata, da metà settembre a fine ottobre del 2007, ricoperta di coccodrilli rossi. “Il centro è stato invaso dalle opere della Cracking Art: oltre 4 mila animali di plastica colorata (pinguini,delfini, tartarughe) esposti all’esterno e all’interno”, tratto da Panorama, 1 Novembre 2007.

636 Cfr. R. Paltrinieri, P. Parmiggiani, L’esperienza del concept store nelle istanze della produzione, in M. Ferraresi, P. Parmiggiani (a cura di), L’esperienza degli spazi di consumo. Il coinvolgimento del consumatore nella città

contemporanea, Franco Angeli, Milano, 2007.

637 R. Paltrinieri, P. Parmiggiani, L’esperienza del concept store nelle istanze della produzione, in M. Ferraresi, P. Parmiggiani, (a cura di), L’esperienza degli spazi di consumo, op. cit. p. 128.

più figli dell’era del marketing esperienziale638. Espressione “totale” della filosofia dell’azienda che rappresenta, coadiuvato dalle tecniche di visual merchandising639 , questo punto vendita stimola i sensi e racconta al consumatore una storia che parla del mondo che rappresenta, permettendo al cliente di portarsi a casa non solo un prodotto ma appunto un’esperienza.

Il processo di spettacolarizzazione che abbiamo tentato di delineare attraverso la storia dei luoghi di consumo giunge all’apice con questa tipologia di canale distributivo La regia sviluppata dell’azienda racconta storie che all’interno del concept store incarnano la filosofia del marchio a beneficio del consumatore spettatore o (del consum-attore) portato a intrattenersi a lungo all’interno di uno spazio che sempre di più si articola per offerta, servizi ed eventi. Nell’attuale scenario di mercato il concept store si caratterizza sempre di più come spazio polivalente, confortevole, ibrido640, che riesce a coniugare divertimento, shopping, tempo libero.

Negli stessi anni in cui Ralph Lauren inaugurava il suo primo concept store, anche Timberland cominciava ad aprire punti vendita nei quali il tema centrale era la natura e il richiamo ai quattro elementi naturali. Tra le tante catene di concept stores diffuse in tutto il globo si possono ricordare gli Original Levi’s Store, i Diesel Store, i Disney Store, Body Shop, Sephora, Sony, Virgin e molti altri641, tutti accomunati dalla capacità di trasmettere la filosofia dell’azienda e il “mondo della marca”642.

Per quanto riguarda l’innovazione che ha investito i concept stores di ultima generazione e che interessa più direttamente il carattere esperienziale di questi luoghi, emblematico ci sembra l’esempio dell’Armani Ginza Tower «una foresta di bambù improvvisamente spuntata nel cuore di Tokyo»643.

L’apertura, celebrata secondo il rito scintoista, ha visto i seimila metri quadri di edificio illuminarsi: le luci delle 1000 foglie di bambù arrampicate lungo i 56 metri di palazzo costituito da 14 piani hanno creato un netto contrasto con le tante insegne accecanti del quartiere commerciale Ginza. La progettazione del concept store più prestigioso di Armani ha coinvolto lo stilista stesso e i due architetti Doriana e Massimilano Fùksas644. Inserendosi in una zona che vanta già notevoli opere architettoniche, tutte dedicate al culto dello shopping, Ginza Tower cerca di imporsi come omaggio

638 Per il concetto di marketing esperienziale rimandiamo al capitolo 3 paragrafo 3.6.

639 Il visual merchandising è l'insieme di operazioni che collocano il prodotto all’interno del punto di vendita in sintonia con le scelte del format (o strategia commerciale) e che riguardano il sistema espositivo, l’ambientazione, l’illuminazione, la grafica. Più in generale, riguardano l’atmosfera prodotta dagli stimoli sensoriali che il prodotto esposto è in grado di indurre nel cliente per attirarne maggiormente l’attenzione e aumentare i volumi di vendita. 640 Sulla natura sempre più ibrida degli spazi del consumo torneremo più avanti.

641 Per una trattazione più esaustiva su questi punti vendita, cfr. V. Codeluppi, Lo spettacolo della merce, op. cit;

www.conceptsecontents.blogosfere.it.

642 Cfr. G. Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, Franco Angeli, Milano, (2003); cfr. A. Semprini,

Marche e mondi possibili, op. cit.

643 Cfr. www.nonsolomoda.mediaset.it.

al Giappone e punto di riferimento per chi è alla ricerca del mondo Armani. Partendo dalla stazione della metropolitana, due piani sotto il livello stradale, si trovano le collezioni Emporio Armani. Salendo, i due piani successivi sono occupati dalle collezioni Giorgio Armani; al quarto piano si trova Armani Casa, costituito da mobili e oggetti di raffinata fattura italiana che trasformano la moda in stile di vita. A un piano più su la prima Armani Spa, rifugio ideale per allontanare il caos della metropoli all’insegna del benessere e al decimo piano la cucina italiana dell’Armani Ristorante. In cima alla torre si trova poi l’Armani Privè645.

Altro caso interessante è quello dei Nike Town allestiti da Nike, particolarmente sensibile alla l’innovazione tecnologica. Il gruppo Nike si propone di trasmettere un’atmosfera tipicamente sportiva che rende i Nike Town veri e propri punti di riferimento e di socializzazione per una clientela eterogenea, appassionata dello sport e del fitness. Concepiti come strumento di informazione, relazione, comunicazione e divertimento, i Nike Town sono definiti dall’azienda come “Inspiration Sports Retail” rientrando a pieno titolo nella tipologia degli shopping experience646: all’acquisto si accosta l’intrattenimento e l’emozione, veicolata dalla filosofia e dai

valori del grande sport647.

Il TAD Concept store, presente a Roma e a Milano, è un altro caso interessante perché capace di sintetizzare l’essenza di una strategia di marketing esperienziale con una comunicazione polisensoriale a trecentossessanta gradi Marianne Cordier, responsabile della direzione artistica degli spazi TAD, sostiene che all’interno del mondo TAD il consumatore si sente libero di acquistare, di coccolarsi e di concedersi qualche ora fuori dalla realtà metropolitana. È un vero stile di vita. Da TAD, il cliente può cominciare con una collezione d’arte, iniziarsi all’arte del profumo, evolvere. Sia quello milanese che quello romano si sviluppano su due piani e hanno una superficie di quasi mille metri quadrati. È l’eclettismo la caratteristica distintiva di questi concept stores, all’interno dei quali l’articolazione dello spazio prevede: collezioni d’arredamento e di tessile, profumi e cosmetici, caffè, aperitivi, servizio di catering, organizzazione di cene ed eventi,

645 Cfr. www.armaniginzatower.com.

646L’interesse verso lo shopping experience come tema di ricerca ha investito in maniera crescente numerose discipline: oltre a quelle aziendali, la psicologia, la sociologia, l’antropologia e la geografia. “Lo shopping experience si presenta in primo luogo come una modalità socio-economica di stare insieme, di instaurare il rapporto più diretto possibile con gli oggetti e con il luogo in cui essi si trovano, e secondariamente di effettuare gli acquisiti necessari tanto da mettere in risalto gli aspetti meno concreti del processo del consumo”, in R. Paltrinieri, P. Parmiggiani, L’esperienza del concept

store nelle istanze della produzione, in M. Ferraresi, P. Parmiggiani, (a cura di), L’esperienza degli spazi di consumo,

op. cit. pp. 123-150.

647 Per un approfondimento sui casi Nike Town rimandiamo allo studio di caso intrapreso nella primavera del 2004 sul Nike Store di Bologna i cui risultati sono contenuti in R. Paltrinieri, P. Parmiggiani, L’esperienza del concept store

nelle istanze della produzione, op. cit., in M. Ferraresi, P. Parmiggiani, (a cura di), L’esperienza degli spazi di consumo,

manicure, parrucchiera, fiori, riviste d’arte e high tech, sperimentazioni artistiche e ultime tendenze musicali648.

Anche i consumi culturali e i luoghi a esso deputati si sono adeguati alla filosofia dei concept stores: esempio rilevante a questo proposito è la catena Virgin megastore presente in molti paesi del mondo e, per quanto riguarda l’Italia, Feltrinelli e Ricordi Media Store.

4.9.1. Dai concept stores ai temporary stores: le ultime tendenze

Il consumatore di oggi è caratterizzato da bisogni sempre più complessi e stratificati649 che sembrano essere soddisfatti dalla trasformazione dell’atto del consumo in un’esperienza gratificante. Gli spazi del consumo si evolvono cercando di appagare questa esigenza, connotandosi come accoglienti e multifunzionali e in grado di veicolare in maniera innovativa il messaggio di marca. Il superamento dell'ottica monodirezionale di alcuni mezzi pubblicitari tradizionali, insieme alla possibilità di interagire sia con il mondo della marca che con i consumatori, sono i fattori che hanno permesso al marketing di considerare il punto vendita sempre più come strumento strategico all'interno del marketing mix, scandendo il suo sviluppo da point of purchase (luogo per il puro atto d'acquisto) a point of permanence (luogo da visitare e ammirare) a point of meeting (spazio di relazione)650. Preso atto delle eccellenti potenzialità comunicative del punto vendita dove intrattenimento, cultura, spettacolo e informazione si mescolano e si compenetrano, si relega in secondo piano il processo di vendita. Particolarmente interessante si presenta allora la formula dei temporary store, negozi “a tempo” che, a dispetto delle tradizionali regole della fidelizzazione, chiudono dopo solo pochi mesi di attività, giocando con il potere di attrazione indotto da un’offerta ricca ma limitata nel tempo. Attraverso l’esperienza di alcuni temporary store, dalla natura “volatile” e sperimentatrice, orientata alla creazione di un evento unico e indimenticabile, si possono delineare le ultime tendenze che investono gli spazi vendita: