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Le fiere: un’esperienza diversa

Capitolo 4: I luoghi di consumo

4.2 Le fiere: un’esperienza diversa

«Entrare in una fiera doveva essere come addentrarsi in una vita diversa: c’erano moltitudini di persone mai viste prima, giocolieri, costumi vivaci e serragli pieni di strani animali; c’erano mercanti che vendevano seta, un bene che doveva sembrare incredibilmente di lusso a chi possedeva solo un paio di indumenti ruvidi e tessuti in casa; c’erano inoltre molti oggetti che solo pochi potevano permettersi, ma tutti quelli che accorrevano potevano intravedere possibilità che non erano da tutti i giorni. La fiera non era solo un’occasione per fare commercio; c’era un motivo per cui il periodo fieristico era diverso dal resto dell’anno: era un’occasione per mostrare la propria devozione e celebrare il santo patrono e le tradizioni locali» 525.

In alcuni documenti scritti dell’XI secolo appaiono termini come nundinae, fiera, forum, mercato, usati per indicare il medesimo raduno mercantile, nonostante la fiera e il mercato si differenzino sia per dimensioni che per natura. Lo storico belga Henri Pirenne sostiene che, in contraddizione con la paralisi commerciale dell’epoca carolingia, dal IX secolo i mercati locali pullularono in Europa provvedendo principalmente all’alimentazione quotidiana della popolazione del luogo. Caratterizzati dalla periodicità settimanale e circoscritti spazialmente, costituivano un’attività ridotta a vendite e acquisti al minuto (vendite per deneratas) che soddisfaceva l’istinto di socievolezza proprio degli uomini coinvolgendo negli scambi le diverse comunità delle città e delle campagne526. Spinti dall’incremento della popolazione, dall’acuirsi dei contrasti sociali e dalla precarietà caratteristica di una civiltà puramente rurale quale era quella feudale, mercanti, artigiani, contadini, soldati e pellegrini diedero vita ad una nuova distribuzione degli insediamenti umani nello spazio, segnando profondamente l’ambiente con la loro presenza e rinnovando la società e la mentalità collettiva. Questa nuova realtà caratterizzata dall’incremento del ritmo dei rapporti umani dovuto al rifiorire degli scambi di natura mercantile, ha come polo generatore la piazza del mercato e attribuisce alla fiera la funzione di collegamento e di transito tra più piazze mercantili di rilievo527. La storiografia assegna alla fiera europea una nascita posteriore a quella dei mercati. Questi centri

524 Ivi, p. 37.

525 Cfr. T. Hine, Lo voglio! Perché siamo diventati schiavi dello shopping, op. cit. 526 Cfr.H. Pirenne, Storia economica e sociale del medioevo, Garzanti, Milano, 1967.

527 Cfr. A. Grohmann, “Splendore e decadenza delle fiere”, in AA.VV., Il cammino del commercio. Dal baratto al

di scambi e ritrovi di mercanti di professione che commerciavano all’ingrosso costituirono il tipico aspetto dell’organizzazione economica medievale, fino a tutto il XIII secolo. L’apice del loro splendore si ebbe con l’epoca del commercio ambulante, e la loro decadenza fu accompagnata dallo stanziamento sedentario dei mercanti. Tale era la varietà della mercanzia che comprendevano e il potere di contenere tutti e tutto, che le fiere possono essere paragonate alle esposizioni universali che alla fine del XIX secolo celebrarono scenograficamente la vittoria della scienza e della tecnica nelle grandi città del mondo528.

Tra la fine dell’anno 1000 e l’inizio del 1100 le fiere assunsero un ruolo chiave all’interno delle transazioni commerciali internazionali tanto da riuscire a radunare il “mondo” del commercio europeo529. Soprattutto nella regione francese della Champagne, nella città di Troyes e Provins nelle Fiandre, si sviluppò un commercio gravitante intorno al settore tessile che attirava mercanti di lana da ovest, di seta dal sud e di pellicce da nord. Gli spazi occupati dalla fiera si connotarono come luoghi dell’insolito dove la fuga dalla vita quotidiana prendeva il sopravvento; la temporanea manifestazione di commercio che si allestiva fin dalle sue origini, non perse mai l’implicita funzione di “festa”, “passeggio”, “socialità”. Luoghi del provvisorio, le fiere nacquero per la rappresentazione della merce, anticipazioni della vetrina commerciale. Nel XVII secolo in particolare allo spettacolo-merce si aggiunge lo spettacolo-folla: nell’incisione di Jacques Callot La

fiera dell’Impruneta del 1620, viene infatti messa in risalto con la merce le traiettorie descritte dalla

folla, una moltitudine di compratori, venditori, mendicanti, ladri, saltimbanchi, prostitute e curiosi che nei giorni di festa si radunano dando vita ad una situazione-limite, fuori dalle mura cittadine. Ognuno mosso dai propri interessi di vendere, acquistare, curiosare, stupire, ma pur tutti

528 Cfr. M. Featherstone, Cultura del consumo e postmodernismo, op. cit.

529 “I mercati medievali europei si aprivano al rintocco di una campana, mentre le fiere si aprivano spesso con cerimonie religiose dedicate al santo patrono di cui la fiera celebrava la festività; fare affari prima o dopo l’apertura del mercato o della fiera era severamente proibito. In Inghilterra il tentativo di acquistare merci in viaggio verso un mercato o prima dell’apertura ufficiale delle bancarelle era noto con il termine forestaling, ovvero “accaparramento a fini speculativi”; poiché rappresentava una minaccia per l’integrità del mercato, era soggetto a pesanti multe e sanzioni. Un’infrazione simile, e ugualmente grave, era quella definita engrossing, ossia “incetta”, l’acquisto di partite di un bene da tanti rivenditori diversi per poi rivenderle a un prezzo più alto. In seguito tale pratica divenne famosa con il termine “vendita all’ingrosso” ed è alla base del sistema di vendita al dettaglio che oggi conosciamo. Nel mercato medievale, tuttavia, era una violazione e un peccato, perché tradiva le aspettative di chi operava nei mercati. Solo al mercato la gente aveva accesso a un sistema standardizzato di pesi e misure; chi truffava veniva spesso punito, pubblicamente e immediatamente, addirittura durante lo svolgimento del mercato; chi invece vendeva cibo avariato veniva spesso obbligato a mangiarlo in presenza dei clienti insoddisfatti. Durante le grandi fiere venivano sospese tutte le leggi locali ed entrava in vigore uno speciale codice legale altamente restrittivo. Esistevano perfino i tribunali - in Inghilterra si chiamavano corti di pie powder, una storpiatura del francese pieds poudrés ovvero “piedi polverosi” - che si riunivano soltanto durante la fiera e che cercavano di raggiungere un verdetto e di applicare la sanzione prima della fine della fiera stessa; i giudici di tali corti erano spesso mercanti della fiera costretti a ricoprire tale carica; spesso erano molto severi con i loro concorrenti ed erano sempre sbrigativi: non potevano permettere che i processi andassero per le lunghe, perché temevano di perdere i clienti. Chi si recava alle fiere sembrava aver accettato il rigido sistema giudiziario e le rapide sanzioni, un po’ come chi fa shopping oggi in un centro commerciale accetta restrizioni maggiori di comportamento rispetto a quando si trova per strada”, in T. Hine, Lo voglio! Perché siamo diventati schiavi dello

accomunati dal desiderio ludico e dal clima chiassoso e festaiolo della fiera dove per un giorno ci si dimentica la noia del quotidiano e si entra in un mondo alla rovescia che capovolge abitudini e modi di rapportarsi530. La lastra di Callot è testimone della grande coreografia della fiera, simile a una festa barocca, ed evidenzia come ancora nel XVII, nonostante il collasso del sistema fieristico si fosse già verificato, si realizzassero grandi raduni fieristici su vasti spazi del territorio europeo attirando migliaia di uomini. Furono una serie di circostanze, sul finire del Trecento, a decretare la decadenza della fiera: la crisi del commercio ambulante, lo sviluppo della navigazione e dell’industria tessile, la guerra fra la contea di Fiandra e i re di Francia, la guerra dei cento anni, misero fine all’egemonia fieristica dell’asse Italia-Champagne-Fiandre con una deviazione dei percorsi mercantili che si orientò verso est ed ovest. Ginevra e Lione, Francoforte sul Meno, Lipsia acquistarono rilievo come centri fieristici insieme a centri minori fra cui quelli italiani, sorti nelle aree delle grandi città mercantili che, a partire dal Quattrocento, assunsero un ruolo fondamentale per il commercio internazionale. Infine, col sorgere di grandi Compagnie e l’affermarsi di piazze borsistiche come quelle di Amsterdam, Londra e Amburgo, la funzione delle fiere venne ridotta a garantire particolarismi economici di borgate e città in modo da collegare la produzione agricola e i mercati regionali.