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Il movimento: stazioni ferroviarie, passages, boulevards

Capitolo 4: I luoghi di consumo

4.5 Il movimento: stazioni ferroviarie, passages, boulevards

Nell’Ottocento l’intensificarsi dei rapporti industriali portò significativi cambiamenti in grado di rivoluzionare sia i rapporti sociali che l’architettura urbana, quest’ultima destinata a cambiare volto davanti alla crescente industrializzazione, nuovo principio fondante di organizzazione della società. La nuova borghesia, le masse prodotte dall’industrializzazione e l’intensa urbanizzazione ponevano forti problemi di integrazione e cambiamenti visibili sull’identità delle città. Nei centri storici delle città antiche avrebbe preso «piede così un conflitto tra le ragioni della cultura e dello sviluppo

552 La centralità occupata dalle insegne e dalle vetrine commerciali nell’arredo scenografico delle città moderne non passò inosservata agli occhi di Walter Benjamin che nel descrivere le insegne dei negozi nella Mosca comunista del 1927 riconosce “un gusto primitivo (in cui) l’imbonimento è ancor sempre legato al racconto, all’esempio, all’aneddoto”, mentre ribadisce che “la réclame occidentale invece convince in primo luogo attraverso il dispendio di denaro che la ditta ostenta”, in W. Benjamin, Immagini di città, Einaudi, Torino, 1971, p. 40.

553 V. Codeluppi, Lo spettacolo della merce, op. cit. p.41. 554 Ivi, p. 43.

economico industriale»555: le due figure che rappresentarono le città a partire dall’800 furono pertanto quella del produttore e quella del cittadino.

I nuovi ordini sociali dovettero necessariamente rispecchiarsi in un mutato ordine urbano, rispondente a una nuova disciplina del lavoro e a una nuova cultura del consumo, adeguato ai bisogni della produzione industriale e alle funzioni commerciali e culturali esplicate dalla città. Gian Domenico Amendola scrive a proposito di tali mutamenti: «Le aree più interessate da queste trasformazioni divengono quelle centrali delle città. Tuttavia, con le trasformazioni spaziali urbanistiche cambiano anche le diverse culture della città. La modernizzazione urbana comporta un adeguamento dei modi di vita tradizionali alla nuova realtà dell’industria, del commercio e delle stesse funzioni urbane. Il disciplinamento dei modi di vita delle classi lavoratrici e la formazione dell’identità sociale della nuova borghesia attorno alla cultura del consumo costituiscono gli esiti dei processi di trasformazione urbanistica e culturale avviati dalla metà del XIX secolo»556.

La città Ottocentesca, affascinata dal futuro e dalla tecnologia che si sperava potesse controllare fattori rigidi come lo spazio e il tempo, era dotata di luoghi simbolo: la fabbrica e la stazione ferroviaria. Accanto ad esse si diffusero nuovi spazi promossi da una cultura del tempo libero e del consumo in continua espansione. Le prime stazioni ferroviarie, emblema del progresso e dell’economia, sorsero nelle vicinanze delle antiche mura segnando l’ingresso in città. Ma tra il 1840 e il 1850 si insediarono già nel centro urbano, diventando veri e propri monumenti, espressione della grandezza della città stessa. Costituite da alte gallerie in ferro e vetro, abbellite da quadri, stucchi, decorazioni, le stazioni offrivano ai passeggeri spazi coperti, lussuosi, all’altezza degli ambienti che l’elité viaggiatrice era abituata a frequentare. Il 900 fu il secolo della “proletarizzazione” delle stazioni divenute nel corso del tempo sempre più semplici e funzionali, sempre più spesso punto di riferimento per gli immigrati. Intorno agli anni ’50, il treno perse la sua valenza mitica legata al viaggio, all’avventura e al lusso e i quartieri nei pressi delle stazioni cominciarono a essere percepiti come degradati. Parigi fu tra le prime città dell’Ottocento a cambiare il suo volto in funzione delle nuove regole urbane e sociali instauratesi con l’arrivo dell’industrializzazione: vie strette e senza marciapiedi, risalenti al Medioevo, vennero sostituite da larghi corsi più appropriati alle moltiplicate attività commerciali, unite sempre più spesso a quelle ludiche, di relazioni sociali e di affari. La “metropolizzazione del sociale” e l’aumentare delle attività commerciali e di svago, crearono bisogno di nuovi spazi dedicati al consumo. La galleria fu un esempio mirabile di urbanistica funzionale rispondente a questa esigenza. Realizzata con

555 M. Torres, Luoghi magnetici. Spazi pubblici nella città moderna e contemporanea, FrancoAngeli, Milano, 2000, p. 58.

556 G. Amendola, La città postmoderna. Paure e magie della metropoli contemporanea, Editori Laterza, Bari, 1997, p. 124.

un’armatura in ferro e pareti in vetro, questa struttura apparve presto in ogni città commerciale, da Napoli a Genova, da Londra a Bruxelles557; ma la prima costruita fu la galleria del Palais Royal di Parigi, luogo di incontro e di consumo per le classi agiate parigine, realizzata alle fine del Settecento.

I materiali impiegati per la costruzione dei passages rappresentavano all’epoca la tecnologia più avanzata: il ferro esprimeva bene la modernità e il vetro permetteva la penetrazione della luce naturale all’interno della struttura. L’illuminazione a gas, molto più potente di quella a olio, insieme alla luce naturale, riempiva lo spazio interno di un fascino splendente e lussuoso, rendendo le merci esposte più attraenti. «Nei passages, i vetri sovrastanti filtravano la luce, producendo una illuminazione quasi acquatica in grado di creare una sorta di effetto sogno, per dare vita a luoghi a metà strada tra quelli reali e quelli della fantasia»558.

Walter Benjamin li descriveva così: «corridoi ricoperti di vetro e dalle pareti intarsiate di marmo, che attraversano interi caseggiati, i cui proprietari si sono uniti per queste speculazioni. Sui due lati di questi corridoi, che ricevono luce dall’alto, si succedono i più eleganti negozi, sicché un passage del genere è una città, un mondo in miniatura, nel quale chi ha voglia di fare acquisti può trovare tutto ciò di cui ha bisogno. Durante i rovesci di pioggia improvvisi, i passages diventano l’asilo di tutti coloro che la pioggia coglie di sorpresa, consentendo una passeggiata sicura, anche se circoscritta, da cui traggono profitto anche i commercianti»559.

Luoghi di transito come le stazioni ferroviarie e le esposizioni universali, è al loro interno che prende forma una nuova figura: il flâneur. Pur sentendosi aggredito dalla folla, egli vive e si nutre di essa; come l’uomo della folla di Poe560, il flâneur di Benjamin è un elemento della città, che «gli si apre come un paesaggio e lo circonda come una stanza»561.

Racchiudendo una serie di botteghe, caffè e ristoranti, i passages allontanavano i negozi dalle strade più affollate, ingombre di veicoli e baccano: «Il commercio e il traffico sono le componenti della strada», scrive Walter Benjamin, «All’interno dei passages, la seconda componente è venuta meno; il loro traffico è rudimentale. Il passage è soltanto strada sensuale del commercio, fatta solo per risvegliare il desiderio. Poiché in questa strada le linfe vitali ristagnano, le merci proliferano ai suoi bordi, intrecciandosi in relazioni fantastiche come i tessuti di una ferita che non si rimargina»562.

557 Tra le gallerie più belle costruite durante il corso dell’Ottocento si possono citare, come esempio, la Piccadilly Arcade (1810), la Royal Opera Arcade (1818), la Burlington Arcade (1819) e la Lowther Arcade (1831). Cfr. V. Codeluppi, Lo spettacolo della merce, op. cit.

558 V. Codeluppi, Lo spettacolo della merce, op. cit. p. 50.

559 W. Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo, Einaudi, Torino, 1986, p. 77. 560 E. A. Poe, “L’uomo della folla”, in Opere scelte, Milano, Mondadori, 1972. 561 W. Benjamin, Parigi capitale del XIX secolo, op. cit., p. 84.

Pur isolandosi dalla città, i passages continuarono a intessere con questa una relazione stretta: in continuità architettonica con le strade e le piazze, furono però allo stesso tempo spazi chiusi. La loro natura pertanto era ambigua, fluttuante tra uno “spazio” dentro, vissuto come spazio di differenziazione sociale, sicuro, rassicurante, onirico, e uno spazio “fuori”, rumoroso, affollato e pertanto insicuro. I passages entrarono poi in crisi in concomitanza con la concezione haussmanniana dello spazio urbano, basato su grandi viali alberati, sulla rigida separazione tra la funzione commerciale e quella abitativa e sul gigantismo delle costruzioni; le modeste dimensioni dei passages e la loro doppia natura, commerciale e abitativa, apparvero obsolete.

Dopo il 1860, i passages subirono una fase monumentale segnata dall’imponenza delle costruzioni563, ma di lì a poco queste strutture sarebbero state scalzate da nuovi luoghi di consumo più rispondenti a una produzione di beni sempre più massificata.

Nelle città Ottocentesche anche il boulevard era spazio della socialità e del tempo libero che si configurava associato alle attività commerciali, residenziali e dello spettacolo. I boulevards erano caratterizzati da un’architettura classicista, dalla ricca decorazione dei palazzi pubblici, dalle strade larghe, dritte e alberate. Ciò che dava “movimento” in questi spazi era la presenza delle donne attratte dalle merci di consumo e dalla possibilità di esibire in uno spazio così grande, su una specie di palcoscenico all’aperto, la propria identità di classe, attraverso i consumi. I più famosi furono quelli parigini564 che insieme ai grandi magazzini erano spazi di socialità in cui trovavano piena espressione le nuove forme estetizzanti di vita culturale della società parigina.

«Espressione più completa della vita e della città moderna» così come sono stati definiti da Torres565, i boulevards si configuravano come spazi della mobilità, del tempo libero e dello spettacolo in grado di cambiare i modi di vivere, di stare insieme nonché la cultura. La forma spaziale lineare con ampi marciapiedi sui quali camminare guardando le vetrine dei grandi magazzini, dei negozi o dei caffè affacciati sulla strada, invogliò al rito della passeggiata che sempre più spesso si sostituì ad altri modi e luoghi della socialità (i caffè, gli hôtels). La promenade, lo scambio degli sguardi con gli altri, la comunicazione visuale, cominciavano a porsi come nuovi principi organizzatori della vita sociale; i boulevards erano una delle espressioni di questa novità,

563 La prima galleria monumentale è nata ad Amburgo. In Italia si distinsero alcune gallerie monumentali che avrebbero segnato lo spirito dell’epoca: la galleria Vittorio Emanuele II a Milano, inaugurata nel 1877, ispirerà nel secolo successivo, insieme ai palazzi di cristallo e alle stazioni ferroviarie, le coperture vetrate degli shopping centers.

564Il sistema dei boulevards fa parte del programma globale e a lungo termine previsto da Georges-Eugéne Haussmann, nominato nel 1853 Barone Prefetto della Senna. La nomina di Haussmann è da leggersi nel quadro di una ristrutturazione dell’amministrazione prefettizia e di una concentrazione dei pieni poteri in materia urbanistica nelle mani dell’imperatore Napoleone III. I “Grands Travaux”, destinati a rivoluzionare l’aspetto della capitale francese, si posero in continuità con una serie di trasformazioni già in atto, ma fu la portata innovativa del programma di interventi presentato nel 1853 e realizzato nei 15 anni seguenti, che permise di pensare alla città nella sua globalità. Gli interventi previsti avevano l’intento di risolvere problemi contingenti, collocandosi però all’interno di un progetto di più ampio respiro, a carattere urbano. Cfr. http://www.kosmograph.com/urbanism/industriale/.

perfettamente rispondenti a un diverso modo di vivere la città e a una nuova idea di spazio, caratterizzato dalla distanza tra gli individui, la distanza tra questi e gli edifici: al primato dello sguardo verrà affidata la gestione dei contatti e delle relazioni sociali566.

Le nuove città con i boulevards costituivano uno spettacolo emozionante provocato dalla geometria, dal gigantismo, dai palazzi con effetto pomposo e dall’eclettismo presente nello stile architettonico. Tutto questo si univa allo spettacolo che producevano le vetrine dei grandi magazzini, dei negozi e dello scorrere delle merci, suscitando le emozioni - che derivavano dai piaceri dell’occhio - nei passanti - consumatori. Allo stesso tempo, una sovrapposizione crescente tra lo spazio pubblico vissuto emotivamente, le attività di consumo e di svago e la cultura del consumo, assegnavano al consumo stesso non solo un valore utilitaristico, bensì anche un valore simbolico.