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L’immaginario come piace a noi, l’immaginario di ogg

Capitolo 3: Verso un capitalismo simbolico

3.5 Dioniso e Apollo

3.5.2 L’immaginario come piace a noi, l’immaginario di ogg

Considerandone il campo semantico, l’aggettivo immaginario possiede il potere di evocare la produzione d’immagini. Come sostiene Eduardo Colombo «L’immaginazione - l’immaginario – evoca nella sua accezione corrente la produzione di illusioni, sogni, simboli, chimere, evasioni dalla dura realtà dei fatti. Il mondo immaginario, così definito dalla tradizione estetica e scientifica, resta confinato nell’ambito della letteratura, della poesia, delle arti»356. È ancora lo stesso autore a sottolineare che «tra l’immagine e l’immaginario si stendono tutte le possibilità della funzione significante. L’immagine […] tende a riprodurre gli oggetti del mondo sensibile secondo il modello della rappresentazione […] L’immagine – copia […] arricchisce l’immaginario con i concetti di fantasia e fantastico. Così la materia dell’immaginario è la rappresentazione nei molteplici registri dell’immagine»357. Cornelius Castoriadis, nella prefazione all’edizione originale de “L’istituzione

immaginaria della società”, scrive: «ciò che chiamo immaginario non ha niente a che vedere con

quello che alcune correnti psicoanalitiche chiamano “immaginario”, cioè con lo “speculare”, il quale è evidentemente solo immagine di e immagine rispecchiata, ossia riflesso, o ancora sottoprodotto dell’ontologia platonica (eidolon)»358. L’immaginario non deriva quindi, secondo l’intellettuale greco, dall’immagine allo specchio ma è piuttosto lo specchio stesso e la sua possibilità ad essere opera dell’immaginario, «opera ex nihilo».

Ispirandosi alla fallacia del mito platonico della caverna, per il quale il mondo è immagine riflessa di una qualche realtà/verità superiore, l’immaginario può essere considerato come lo speculare e il fittizio, il riflesso di qualche cosa. Diversamente, l’immaginario «è creazione incessante ed essenzialmente indeterminata (sociale-storica e psichica) di figure/forme/immagini, a partire da cui

354 M. Ferraresi, La società del consumo, Carocci, Roma, 2005, p. 99. 355S. Zizek, Benvenuti nel deserto del reale, Meltemi, Roma, 2002.

356 E. Colombo (a cura di), L’immaginario capovolto, Elèuthera, Milano, 1987, p. 8. 357 E. Colombo (a cura di), L’immaginario capovolto, Elèuthera, Milano, 1987, p. 25.

soltanto si può parlare di “qualche cosa”»359. Secondo quanto suggerisce l’antropologo Gilbert Durand, «il tragitto antropologico, cioè l’incessante scambio che esiste a livello dell’immaginario tra le pulsioni soggettive assimilatrici e le intimazioni oggettive provenienti dall’ambiente cosmico e sociale»360 è l’unica via per comprendere cosa sia l’immaginario, ossia il frutto di uno scambio costante tra individuo e ambiente circostante. La prospettiva psicoanalitica di Castoriadis propone l’istituzione immaginaria della società come qualcosa maggiore della somma di «immaginario sociale» e «immaginazione della psiche», tanto che la società è istituzione delle significazioni immaginarie e sociali che conferiscono senso a tutto ciò che si prospetta dentro e fuori la società stessa: «la significazione immaginaria e sociale fa essere le cose come quelle cose determinate, le pone come essenti, come quelle che sono; essa è principio di esistenza, principio di pensiero, principio di azione»361. L’immaginario è dunque il modo d’essere dello storico-sociale, è al contempo creazione di senso di una società e istituzione sociale del reale e del razionale.

La chiave di lettura proposta vede la società come qualcosa che è opera dell’uomo ma che «non può essere colta dentro un pensiero che identifica pensiero ed essere, soggetto e oggetto, ma soltanto a partire dallo specifico rapporto che intercorre fra la psiche (immaginazione radicale) e l’istituzione

sociale che ne attua la socializzazione mediante la costituzione del reale, l’accesso al linguaggio

comune e al fare efficace, e che è a sua volta opera dell’immaginario sociale come potere creativo del collettivo umano impersonale, forma-formante che si dà nelle diverse forme sociali storicamente istituite, ma allo stesso tempo le ingloba e le trascende»362. La società quindi si costruisce sull’immaginario che ingloba essa e i soggetti che la compongono. Ma i soggetti, pur muovendosi all’interno di quell’orizzonte comune di senso che Immanuel Kant definiva esperienza e Edmund Husserl denominava Lebenswelt, non sono riducibili ad (né sono il mero riflesso di) esso.

L’immaginario si radica così su ciò che la sociologia fenomenologica definisce senso comune363, senza per questo ridursi a questo. Partendo dal presupposto che la realtà è una costruzione sociale, i processi di interpretazione e di azioni che gli individui mettono in atto sulla base dell’ordine simbolico condiviso, finiscono per influire sullo stesso ordine simbolico.

Prendiamo ad esempio il consumo culturale: sicuramente esso è condizionato dai prodotti dell’industria culturale (e dai fini che essa di volta in volta si prefigge: commerciali, politici, ideologici, etc.); altra variabile che entra in gioco è la “cultura oggettiva”, intesa come un corpus di saperi e di prodotti culturali, di oggetti e di tecniche di carattere sovra individuale. Va poi infine

359Ibidem.

360 G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale, Dedalo, Bari, 1995, pp. 31-32.

361 P. Barcellona, Introduzione, in C. Castoriadis, L’istituzione immaginaria della società, op. cit., p. XIX. 362Ivi, p. XXII.

considerata la “cultura soggettiva” delle persone concrete, siano spettatori o consumatori. Il processo d’interazione tra queste tre variabili corrisponde ad un processo di produzione. Pur considerando la dimensione legata all’intrattenimento o all’evasione (dimensione importante ma che spesso è sovrastimata e trattata come avesse solo una valenza negativa) del consumo, in questo caso culturale, siamo convinti del fatto che le immagini e le narrazioni veicolate da prodotti diversi permettono ai soggetti di elaborare una percezione dell’esistenza e della realtà dotata di significato; questo conduce, o meglio può condurre, a esplorare “province di significato” più vaste di quelle abituali. Così che quello che si è sperimentato, può, grazie all’immaginazione che si ritrova dentro la quotidianità stessa, modificare condotte, atteggiamenti e aspirazioni364.

L’interazione tra l’ordine simbolico e le pratiche quotidiane richiama una certa circolarità: la descrizione del mondo influenza le pratiche ed esse, a loro volta, influenzano la rappresentazione del mondo, nonché il modo in cui noi esperiamo la vita quotidiana.

Ci ritroviamo, a differenza di quanti rapportano l’immaginario allo speculare del mito della caverna, su un livello epistemologico diverso, che lega l’idea d’immaginario a una definizione della realtà come «costruzione sociale»365. Per cui, riflettere sull’immaginario sociale e sulla genesi storica e sociale dei nostri modi di immaginare la realtà significa interpretare questa ricostruzione/conoscenza non come una progressiva perdita, ma come un’addizione sostanziale: «la costruzione provvisoria ed esitante di nuovi modi di guardare la realtà»366.