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Il processo di europeizzazione

Le radici dell'integrazione europea possono essere fatte risalire al 1989 quando la Polonia concluse un accordo bilaterale sul commercio e sulla cooperazione con la Cee, seguito pochi mesi dopo da un programma di assistenza economica denominato Phare50.

L'intento era di creare un secondo Piano Marshall per l’Europa dell’Est, per aiutarla nella trasformazione dall’economia socialista a quella capitalista. Trattandosi di operazioni molto difficili e costose, la Cee si rendeva conto che sarebbe convenuto a tutti fare in modo che l'Europa dell'Est riuscisse nell’ambiziosa impresa, ai fini di evitare una probabile destabilizzazione della zona, con i conseguenti rischi di un effetto domino.

Nel frattempo era iniziata una stretta collaborazione tra Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, con lo scopo di unire le forze nel processo di separazione dall’Urss. Tale collaborazione prese il nome di Gruppo di Visegrad. Il 28 Giugno 1991 i tre uscirono dal Comecon, mentre il Patto di Varsavia fu sciolto il 1 Luglio dello stesso anno. Con la caduta dell'Unione sovietica, la Comunità Europea si sentì finalmente libera di agire con decisione in direzione dell’allargamento, per cui venne firmato un accordo di associazione, noto come Accordo Europeo del dicembre 1991. Questo accordo prevedeva la piena liberalizzazione del commercio bilaterale di beni industriali entro dieci anni, una limitata liberalizzazione di servizi e capitali e la cooperazione in diversi settori, allo scopo di avvicinare il quadro politico, socioeconomico e giuridico della Polonia a quello della Cee con l'obiettivo finale dell'ingresso della Polonia. In seguito a questo accordo la Polonia iniziò ad essere costantemente informata su ciò che avveniva 50. Pologne et Hongrie: Actions pour la réconversion économique.

nella Comunità, per familiarizzare con il suo funzionamento e prepararsi alla futura adesione. In tal senso fu istituita un’apposita commissione parlamentare mista Cee- Polonia. Il risultato economico più visibile dell'accordo fu senza dubbio il massiccio ingresso di capitale straniero proveniente dai Paesi europei, che contribuì alla modernizzazione del Paese51.

Il Consiglio europeo di Copenhagen del 21-22 giugno 1993 segnò il momento cruciale per l'adesione della Polonia all'Unione europea, in quanto i Paesi associati vennero formalmente invitati a presentare la propria richiesta di adesione. L'ingresso nell'Unione europea sarebbe stato subordinato al rispetto di questi tre criteri:

a) criterio politico: raggiungimento di una stabilità istituzionale che garantisse il rispetto della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti dell'uomo, nonché il rispetto e la tutela delle minoranze;

b) criterio economico: realizzazione di un'economia di mercato affidabile in grado di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato interne dell'Unione Europea; c) adesione all'"acquis communautaire": capacità di assumersi gli obblighi di tale appartenenza, incluso il perseguimento degli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria.

Il Consiglio europeo di Madrid aggiunse, nel dicembre 1995, la capacità amministrativa ossia l'adeguamento delle strutture amministrative dei Paesi candidati.

La Polonia presentò la propria domanda di adesione il 5 aprile 1994, ma la Commissione europea si pronunciò in merito solo con “Agenda 2000” nel luglio 199752,

aprendo quindi con i Paesi Peco53 i negoziati di adesione.

Il “partenariato di adesione”, avviato per la Polonia il 31 marzo 1998, era quello di istituire uno strumento giuridico che potesse dare un quadro unitario delle tappe di progressivo avvicinamento all’Unione europea con il compito preciso di stabilire per il Paese candidato gli obiettivi di breve e medio termine che restavano ancora da raggiungere e le misure di sostegno necessarie per realizzarli. Per la realizzazione degli obiettivi la Polonia istituì il Comitato per l'integrazione europea composto di diritto dagli undici ministri competenti nelle materie oggetto dei negoziati, al quale si potevano aggiungere anche altri ministri qualora fosse in esame una materia diversa. Nonostante l'impegno profuso i primi rapporti pubblicati dalla Commissione europea nel 1999

51. A. Di Gregorio (a cura di), I sistemi costituzionali dei Paesi dell'Europa centro-orientale, baltica e balcanica, cit., pp. 344-352.

52. I rallentamenti nel processo di adesione furono principalmente dovuti alle difficoltà insorte in relazione alla riforma delle istituzioni europee in previsione del quinto allargamento.

rivelarono delle difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi di breve e medio termine. A rendere più difficile la situazione contribuirono anche le divergenze tra Azione

elettorale Solidarność (Aws), che manteneva posizioni rigide e critiche nei confronti

dell'adesione all' Ue e il suo alleato di Governo Unione per la Liberta (UW) su posizioni invece maggiormente europeiste.

Il passaggio dal Governo di centro-destra di Jerzy Buzek a quello di sinistra di Lezlek Miller comportò una significativa accelerazione nel raggiungimento degli obiettivi necessari per l'adesione. I negoziati di adesione vennero conclusi nel dicembre 2002 e la Polonia firmò il Trattato di adesione all'Unione europea ad Atene il 16 aprile 2003. Ai sensi dell'art. 90 della Costituzione il Trattato comportava il trasferimento di singole competenze dei poteri pubblici nazionali ad un organismo internazionale, per cui si decise, tra la procedura parlamentare aggravata e l'utilizzo del referendum, di ricorrere a quest'ultimo.

Il 7 giugno 2003 gli elettori vennero chiamati a rispondere al seguente quesito: «Acconsentite all'adesione della Repubblica di Polonia all'Unione europea?» Partecipò al referendum solo il 58,85% degli aventi diritto al voto ma il 77,45% dei votanti si espresse a favore dell' adesione. Il Presidente della Repubblica ratificò il Trattato di adesione e il 1° maggio 2004 la Polonia divenne membro dell'Unione europea. L'adesione avvenne congiuntamente ad altri dieci Paesi dell'Europa centrale e orientale quali Repubblica ceca, Repubblica Slovacca, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia.

L'adesione all'Ue comportò indubbi vantaggi economici alla Polonia che accelerò il processo di modernizzazione dell'economia, di costruzione di importanti infrastrutture e di apertura al resto del mondo.

Da un'ottica prettamente giurisprudenziale il processo di integrazione dell'Unione europea determinò un ruolo attivo del Tribunale costituzionale, che da Corte post- comunista si era trasformata in una Corte europea, arbitro dei rapporti tra ordinamento nazionale e ordinamento Ue, tra diritto interno e diritto comunitario. Nella fase di pre- adesione la Corte dimostrava un carattere pro-europeo, richiamando più volte nelle proprie decisioni il diritto europeo e la prassi giurisprudenziale della Corte di Giustizia, anche se in quel periodo il diritto europeo non aveva formalmente forza vincolante in Polonia, in quanto Paese solo candidato all'adesione. Il Tribunale costituzionale, nella sentenza K 15/97 dichiarò che il processo di integrazione europea comportava il dovere per la Polonia di conformare la futura legislazione nazionale a quella europea e di

interpretare la normativa nazionale pre-esistente in modo conforme al diritto europeo. Il Tribunale costituzionale polacco era intervenuto più volte risolvendo i dubbi di carattere interpretativo derivanti dalla necessità di conciliare il principio della prevalenza del diritto comunitario con quello della supremazia della Costituzione sancito all’art. 8 c.1 del testo costituzionale.

Alcune sentenze del Tribunale sono state emblematiche in tal senso: la sentenza K 18/04 del 11 maggio 2005 concernente il Trattato di adesione all'Ue e la sentenza P. 1/05 del 27 aprile 2005 riguardava il mandato di arresto europeo. Nella premessa della sentenza K 18/04 il Tribunale aveva assunto una posizione alquanto aggressiva, escludendo chiaramente qualsiasi possibilità di primato incondizionato del diritto europeo sulle norme costituzionali, in quanto l'adesione all'Ue non doveva minare i principi di supremazia costituzionale e sovranità nazionale. Le norme costituzionali avevano forza vincolante e non potevano essere modificate solo per incoerenza tra norme costituzionali e norme europee, quindi in caso di conflitto tra esse la Polonia avrebbe mantenuto la possibilità di decidere se proporre la modifica della norma europea o uscire dall'Ue. Nell'ultima parte del dispositivo della sentenza, il Tribunale mitigò poi la sua posizione, affermando che gli eventuali contrasti tra norme dovevano essere risolti cercando sempre come prima soluzione di interpretare il diritto interno in maniera conforme al diritto europeo.

Di fatto, poi, come accade praticamente in tutti gli Stati membri la prassi utilizzata è quella di modificare il testo costituzionale e renderlo compatibile con il diritto dell'Ue, possibilmente prima che nuovi accordi internazionali entrino in vigore.

Nella seconda sentenza sul mandato d'arresto europeo, l'atteggiamento del Tribunale è stato molto più europeista. Nonostante avesse rilevato l'evidente incompatibilità della norma con l'art. 55 della Costituzione polacca, che vietava l'estradizione dei cittadini polacchi, il Tribunale riconobbe la supremazia del diritto europeo, indicando come unica soluzione la revisione dell'art. 55.

3.4 Dalla terza coabitazione all'ascesa del partito Diritto e Giustizia (2005 – 2015)

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