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I ricorsi per inadempimento alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ad opera

ottobre 2018 e del 17 dicembre 2018

Il 3 aprile 2018 era entrata in vigore la nuova legge polacca sulla Corte suprema. A norma di tale legge l’età pensionabile dei giudici della Corte suprema era stata abbassata a sessantacinque anni e il nuovo limite di età si applicava alla data di entrata in vigore della legge. La proroga della funzione giudiziaria attiva dei giudici della Corte suprema oltre l’età di sessantacinque anni era possibile dietro presentazione di una dichiarazione indicante la volontà dei giudici di continuare ad esercitare le loro funzioni e di un certificato attestante che il loro stato di salute gli consentiva di far parte di un organo giudicante ed era subordinata all'autorizzazione del Presidente della Repubblica. Pertanto, ai sensi di tale legge, i giudici della Corte suprema in carica che avevano raggiunto l’età di sessantacinque anni prima della data di entrata in vigore della suddetta legge o, al più tardi, il 3 luglio 2018, dovevano andare in pensione il 4 luglio 2018, a meno che avessero presentato, prima del 3 maggio 2018 incluso, la dichiarazione e il certificato summenzionati e sempre che il Presidente della Repubblica gli avesse accordato l’autorizzazione di proroga. Nel prendere tale decisione, il Presidente della Repubblica non era vincolato da criteri prestabiliti e tale decisione non era oggetto di nessun tipo di controllo giurisdizionale. Inoltre, la legge sulla Corte suprema abilitava il Presidente della Repubblica a decidere liberamente, fino al 3 aprile 2019, di aumentare il numero dei giudici presso la Corte suprema.

La legge sul Consiglio nazionale della magistratura comportò la collocazione a riposo di ventisette giudici su settantadue. Di questi quattordici chiesero la proroga delle loro funzioni. Il Presidente della Repubblica, previo parere favorevole del Consiglio nazionale della magistratura concesse la proroga solamente a cinque di essi. I restanti giudici impugnarono il parere negativo formulato nei loro confronti dinanzi a una sezione della Corte suprema che, il 2 agosto 2018, formulò rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia instaurando la causa C-522/18 e interrogandola circa la compatibilità

della riforma sopra menzionata con gli artt. 19 e 4 par. 3 TUE, 267 TFUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali del'Unione europea, nonché con la direttiva 2000/78/CE in materia di parità di trattamento dei lavoratori.

Pochi mesi dopo, il 2 ottobre 2018, la Commissione, a fronte delle reiterate resistenze da parte della Polonia, depositò un ricorso per inadempimento nei confronti dello Stato membro accompagnato da una domanda di tutela cautelare dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell'art. 258 TFUE, instaurando la causa C- 619/18123. La Commissione sosteneva che la legge dell'8 dicembre 2017 sulla Corte

suprema violava il principio di inamovibilità dei giudici nella parte relativa all’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici con effetto retroattivo e violava il principio di indipendenza dei giudici nella parte in cui conferiva al Presidente della Repubblica il potere discrezionale di prorogare il servizio dei giudici. Complessivamente la Polonia era venuta meno agli obblighi incombenti sugli stati membri in forza del combinato disposto dell’art. 19, par.1 c.2 del TUE124 e dell’art. 47

della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea125. In attesa della sentenza, la

Commissione chiedeva alla Corte di ordinare alla Polonia di adottare i seguenti provvedimenti provvisori:

1) sospendere l’applicazione delle disposizioni nazionali relative all’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema;

2) adottare tutte le misure necessarie per garantire che i giudici della Corte suprema interessati dalle disposizioni controverse potessero continuare ad esercitare le loro funzioni, godendo nel contempo dello status e di diritti e condizioni di lavoro identici a quelli precedenti all’entrata in vigore della legge sulla Corte suprema;

3) astenersi dall’adottare qualsiasi provvedimento diretto alla nomina di giudici della Corte suprema in sostituzione di quei giudici interessati da tali disposizioni, nonché qualsiasi provvedimento diretto alla nomina del nuovo primo Presidente della Corte suprema o anche di un Presidente ad interim;

4) comunicare alla Commissione entro un mese dalla notifica dell’ordinanza della 123. M. Aranci, La procedura d'infrazione come strumento di tutela dei valori fondamentali dell'Unione europea. Note a margine della sentenza della Corte di giustizia nella causa Commissione/Polonia in Rivista.eurojus.it, Fascicolo n. 3 – 2019 pp. 49-53.

124. «Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.»

125. «Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.»

Corte, e successivamente ogni mese, tutte le misure adottate dalla Polonia per conformarsi pienamente alla suddetta ordinanza.

Il ricorso alla Corte di Giustizia rappresentava una procedura a carattere meno ampio e molto più puntuale rispetto a quella di cui all’art. 7 c.1 TUE, in quanto concentrata su una singola infrazione del diritto dell’Unione europea, ma certamente più efficace, poiché, in poco più di due mesi e soltanto con un intervento in sede cautelare, aveva comportato almeno un primo e parziale risultato che di certo non era avvenuto in anni di lettere epistolari, pareri e raccomandazioni.

In realtà suddetto ricorso era stato preceduto già da un altro presentato dalla stessa Commissione in data 15 marzo 2018 in merito alla legge sull'organizzazione dei Tribunali ordinari del 12 luglio 2017 instaurando la causa C-192/18. La Commissione contestava la legge del 12 luglio 2017, in quanto introduceva disposizioni che, differenziando l'età pensionabile di uomini e donne che svolgevano la funzione di giudici nei Tribunali ordinari e di pubblici ministeri, abbassando l’età pensionabile applicabile ai giudici di Tribunali ordinari e conferendo al ministro della Giustizia il diritto di decidere in merito al prolungamento del periodo di servizio attivo dei giudici, violavano gli obblighi incombenti sullo Stato polacco in forza dell’art. 157 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e degli artt. 5 lett. a) e 9 par.1 lett. f), della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego nonché ai suoi obblighi derivanti dall’art.19, par.1 c.2, del Trattato sull'Unione europea in combinato disposto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

A seguito del ricorso per inadempimento nella causa C-619/18 presentato dalla Commissione europea, il 19 ottobre 2018 con una procedura particolarmente accelerata consentita dall'art. 160 del regolamento interno, la Corte di giustizia dell’Ue emetteva un'ordinanza cautelare di sospensione dell’applicazione di alcune disposizioni di legge relative all’organizzazione del giudiziario e in particolare della Corte suprema in attesa del giudizio definitivo. La Polonia doveva consentire ai giudici della Corte suprema di continuare ad esercitare le proprie funzioni, di astenersi dall’immissione di nuovi giudici (compresa la nomina di un nuovo Presidente) in sostituzione di quelli sottoposti dalla legge contestata al pensionamento. Con ordinanza successiva del 15 novembre 2018, il Presidente della Corte di Giustizia europea stabiliva di accelerare il procedimento della causa C-619/18, data la gravità del caso in esame.

Nel dettaglio, con la prima ordinanza, la Vice-presidente della Corte Rosario Silva de Lapuerta aveva accolto, in via provvisoria e in attesa che la convenuta potesse presentare le proprie osservazioni, la domanda di pronuncia cautelare della Commissione volta ad ottenere la sospensione della legge sul Consiglio nazionale della magistratura, nonché la re-immissione in ruolo dei magistrati collocati a riposo, in ragione del rischio immediato di un pregiudizio grave ed irreparabile all’effettivo e corretto funzionamento del sistema giudiziario polacco.

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, suddetti provvedimenti provvisori potevano essere accordati dal giudice del procedimento sommario solo nel caso in cui la loro concessione fosse giustificata prima facie in fatto e in diritto e che tali provvedimenti fossero effettivamente urgenti, al fine di evitare un danno grave e irreparabile agli interessi dell’Unione. Il giudice del procedimento sommario effettuava anche un bilanciamento degli interessi in gioco.

Non vi erano dubbi da parte della Corte sulla sussistenza dei presupposti a fondamento della pronuncia cautelare: tanto il fumus boni iuris126, quanto l’urgenza erano comprovati dagli atti di causa disponibili.

In primo luogo, per quanto riguardava la condizione relativa all’esistenza di un fumus

boni iuris, la Vice-presidente sottolineava che gli argomenti presentati dalla

Commissione non apparivano manifestamente irricevibili o privi di fondamento.

In secondo luogo, per quanto atteneva alla condizione relativa all’urgenza, la Vice- presidente osservava che la legge controversa aveva già iniziato ad essere applicata, comportando il pensionamento di un numero significativo di giudici della Corte suprema, tra cui la Presidente e due Presidenti di sezione. Tale circostanza, alla quale si aggiungeva l'aumento del numero di giudici della Corte suprema da novantatré a centoventi disposto dal Presidente della Repubblica, la pubblicazione di più di quarantaquattro posti vacanti presso la Corte suprema, tra cui quello che era occupato dalla prima Presidente, nonché la nomina, ad opera del Presidente della Repubblica di ventisette nuovi giudici stava producendo una ristrutturazione pressoché totale e immediata della composizione della Corte suprema. Qualora il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione nei confronti della Polonia fosse accolto, tutte le decisioni pronunciate dalla Corte suprema fino ad allora risulterebbero essere state adottate senza le garanzie connesse al diritto di avere accesso ad un giudice 126. «Parvenza di buon diritto», indica la presunzione dell'esistenza di sufficienti presupposti per applicare un istituto giuridico, ad esempio i requisiti necessari per ottenere l'ammissione a determinati benefici (come il patrocinio a spese dello Stato) o la pronuncia di determinati provvedimenti del giudice (come i cosiddetti provvedimenti cautelari) in https://www.brocardi.it.

indipendente. Il requisito di indipendenza dei giudici e il diritto all'equo processo rivestivano un’importanza fondamentale ai fini della protezione di tutti i diritti che i singoli traevano dal diritto dell’Unione e della conservazione dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE. Per la Corte la violazione di un diritto fondamentale quale il diritto ad un giudice indipendente, già di per sé atta a provocare un danno grave e irreparabile allo Stato di diritto, era sufficiente a fondare l’adozione di un provvedimento cautelare inaudita altera parte. Per i motivi espressi, la condizione relativa all'urgenza appariva soddisfatta. In terzo luogo, la Vice-presidente esaminava se il bilanciamento degli interessi deponesse a favore dell’emanazione dei provvedimenti provvisori. Essa osservava che, nel caso in cui il ricorso per inadempimento non fosse stato accolto, la concessione dei provvedimenti provvisori richiesti avrebbe avuto solo l’effetto di differire l’applicazione delle disposizioni nazionali controverse.

Pertanto, la Corte di giustizia aveva imposto alla Polonia le misure richieste dalla Commissione ovvero la sospensione dell’efficacia degli articoli rilevanti della legge del dicembre 2017, l’ordine di reintegrare i giudici posti a riposo, l’astensione da ogni ulteriore nomina e, infine, l’obbligo di comunicare mensilmente alla Commissione i provvedimenti adottati in ottemperanza all’ordinanza cautelare.

I provvedimenti provvisori venivano poi confermati dalla successiva ordinanza del 17 dicembre 2018 che aveva definito, all’esito delle osservazioni della Polonia, il procedimento sommario. La Polonia aveva osservato infatti che i motivi sollevati dalla Commissione esigessero un’analisi troppo approfondita per una disamina completa in sede cautelare, che fossero meramente ipotetici e che in altri Stati membri esistessero norme simili per quanto concerneva la permanenza dei giudici in carica. La Corte aveva ritenuto privi di pregio gli argomenti della convenuta quanto all’inesistenza del fumus

boni iuris e alle presunte difficoltà organizzative in capo alla Corte suprema polacca.

Quanto all’urgenza, la Corte ribadiva che, talvolta, le decisioni provvisorie erano necessarie al fine di evitare che la durata della causa principale comportasse un grave ed irreparabile danno agli interessi invocati dalla parte che richiede tutela giuridica. Tra l'altro le disposizioni oggetto di disamina erano già entrate in vigore, perciò occorreva vagliare se l’applicazione delle medesime rischiava di arrecare un vulnus irreversibile al diritto dell’Unione europea. Questa ordinanza ampliava e approfondiva l’impianto argomentativo dell’ordinanza precedente e sottolineava come l’indipendenza dei giudici nazionali fosse essenziale, sia ai fini del corretto funzionamento del meccanismo del rinvio pregiudiziale, sia allo scopo di garantire l’operatività delle forme di cooperazione

giudiziaria in materia civile e penale. Se la Polonia conservasse le misure legislative adottate con conseguente compromissione dell’indipendenza della magistratura, altri Stati membri potrebbero rifiutare di prestare assistenza alle autorità di quel Paese, oltre alle gravi ripercussioni sulle posizioni giuridiche individuali. Per quanto riguarda il bilanciamento degli interessi contrapposti la Polonia non avrebbe sofferto alcun danno a seguito dell'adozione delle misure provvisorie per poi, ottenere ipoteticamente una sentenza definitiva favorevole. In tal caso, infatti gli effetti della riforma risulterebbero soltanto differiti, in caso contrario laddove la convenuta dovesse soccombere senza aver prima ottemperato alle misure cautelari, il danno sarebbe molto più grave.

Le ragioni di urgenza poste dalla Corte di giustizia a fondamento dell’adozione delle misure cautelari avevano portato a legittimare l’accoglimento dell’istanza della Commissione di sottoporre la causa al procedimento accelerato, nel rispetto delle procedure previste dal regolamento. L’assoluta centralità dell’indipendenza dei giudici, nell’ottica di garantire il giusto processo e di tutelare i meccanismi di cooperazione nell’Unione europea, rendeva palese la necessità di fornire una decisione rapida, idonea «ai fini della certezza del diritto, nell’interesse sia dell'Unione sia dello Stato membro interessato, a rimuovere le incertezze riguardanti le questioni fondamentali del diritto dell'Unione127».

La stessa misura, volta a sottoporre la causa a procedimento accelerato è stata adottata per la causa C-522/18 ovvero quella scaturita dal rinvio pregiudiziale della Corte suprema polacca sopra descritta che presentava profili analoghi a quelli sollevati dal ricorso per inadempimento.

L'intervento della giurisdizione europea comportava, per la prima volta, un importantissimo precedente e testimoniava che l'attacco alla divisione dei poteri, all’indipendenza e all'imparzialità del potere giudiziario da parte di uno Stato membro non costituiva un “affare interno” dello Stato stesso, ma coinvolgeva appieno il diritto comunitario e i valori di cui questo si faceva portavoce. La Corte di giustizia europea non era disposta a tollerare l'adozione da parte di uno Stato membro di una legislazione contraria ai valori fondamentali dell'Unione europea e di conseguenza ne impediva il mantenimento. Tuttavia, le alterazioni subite dal sistema costituzionale polacco dal 2015 permanevano intatte almeno sino alla pronuncia definitiva della Corte di giustizia. Assai triste notare che molti giudici polacchi erano già stati sottoposti a procedimenti disciplinari per avere sollevato questioni pregiudiziali europee. Nel frattempo, 127. Corte di giustizia, Ordinanza del 15 novembre 2018, causa C-619/18, Commissione c. Polonia, par. 25.

l’attivazione della procedura di cui all’art. 7 TUE del 20 dicembre 2017 sembrava arenarsi di fronte allo scoglio del principio di unanimità.

La reazione iniziale del Governo polacco è stata di non assecondare la decisione della Corte di Giustizia, ma recuperata lucidità, in pochi giorni decise di dare attuazione all'ordinanza128. La Corte di giustizia europea e la Corte suprema polacca ritenevano

che, trattandosi di un'ordinanza direttamente applicabile era possibile adottare le misure cautelari disposte, attraverso l'emanazione di un dispositivo da parte di quest'ultima. Il Governo e la maggioranza parlamentare, ribadendo il diritto di esercitare la propria sovranità nazionale, optarono invece per approvare una nuova legge ordinaria conforme a quanto richiesto dall'ordinanza del 19 ottobre. Con un velocissimo iter parlamentare di circa tre giorni il Parlamento approvò la legge di modifica alla legge sulla Corte suprema il 23 novembre 2018. La nuova legge disponeva la reintegrazione in carica dei giudici che erano stati collocati a riposo o in procinto di esserlo per il compimento del sessantacinquesimo anno di età. Il Presidente della Repubblica Andrzej Duda promulgò la legge il 17 dicembre 2018. Il ministro della Giustizia polacco dichiarò pubblicamente che l'adozione di questo provvedimento si doveva soltanto al deciso intervento, sin dalla fase cautelare, dei giudici lussemburghesi. Egli e la maggioranza di Governo non intendevano abbandonare il progetto di revisione dell'apparato giudiziario avviato nel 2015.

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