Il 17 ottobre 2018 il ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro sollevava un ricorso in via d’azione al Tribunale costituzionale sulla compatibilità dell’art. 267 TFUE129 con la
Costituzione polacca, in particolare per quanto riguardava la facoltà per i giudici nazionali di presentare rinvii pregiudiziali alla Corte di giustizia europea su questioni 128. J. Sawicki, Dall'Europa un primo serio argine all'involuzione autoritaria in Polonia: ma non si tratta della procedura ex.art. 7 TUE, in Nomos, le attualita nel diritto, 3, 2018 pp. 7.
129. «La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati;
b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione.
Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giurisdizione può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione è tenuta a rivolgersi alla Corte.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile.»
concernenti l’ordinamento giudiziario. Costituiva l'ennesimo tentativo di ostacolare l'indipendenza della magistratura, a maggior ragione che il Tribunale costituzionale si era già pronunciato più volte negli anni precedenti130 confermando la piena legittimità
costituzionale sia del Trattato di adesione della Polonia all’UE sia del TFUE. Una nuova sentenza del Tribunale costituzionale, in aperta contraddizione con quelle precedenti che rilevasse l'incompatibilità della Costituzione polacca con l'art. 267 TFUE, avrebbe provocato la fine dell'uniforme applicazione del diritto europeo tra gli Stati membri e avrebbe rappresentato il preludio di una temuta Polexit.
Il 21 ottobre 2018 si svolgevano in tutto il Paese le elezioni amministrative generali, a livello municipale, distrettuale e regionale. Nel voto per i sedici consigli di voivodato,
Diritto e giustizia si confermò la prima forza politica del paese con il 34,13% , seguita
da Coalizione civica, formata dai partiti Piattaforma civica e Moderna con il 26,97% dei voti e dal Partito contadino polacco (Psl) con il 12,07% dei voti. Un risultato opposto si ottenne invece nell'elezione dei sindaci e dei consiglieri comunali, dove
Diritto e Giustizia venne relegato nella maggior parte dei casi all'opposizione. I sindaci
delle medie e grandi città, tra cui la capitale Varsavia, vennero eletti quasi tutti al primo turno e provenivano principalmente da Coalizione civica.
Il 14 gennaio 2019 il sindaco di Danzica Paweł Adamowicz esponente di
Piattaforma civica venne ucciso a coltellate durante una manifestazione di
beneficenza131. L’omicidio era avvenuto per mano di uno squilibrato che aveva appena
finito di scontare una condanna per rapina a mano armata in una banca, e nulla faceva sospettare che fosse avvenuto su commissione politica, nonostante negli ultimi anni il sindaco era stato oggetto di ampie critiche da parte dei mezzi di informazione legati al Governo. Il cordoglio nel Paese per la sua morte era stato diffuso ma non universale, in quanto la televisione pubblica continuò a trasmettere servizi che mettevano in dubbio la sua onestà e integrità morale. In seguito alle elezioni anticipate, la Vice-sindaco di Danzica Aleksandra Dulkiewicz, vinse con l’82% dei voti. Il partito di Governo Diritto
e giustizia si astenne dal presentare candidature come segno di rispetto per l'assassinio
di un avversario politico.
Nei primi mesi dell'anno 2019 un pericoloso “affair” in cui venne coinvolto Jarosław Kaczynski costituì un'ulteriore prova del deterioramento della democrazia.
Gazeta Wyborcza, il più importante quotidiano liberale e indipendente della Polonia, 130. Vedasi sentenza K 18/04 dell'11 maggio 2005.
131. J. Sawicki, La violenza fisica fa irruzione sulla scena politica in Polonia, in Nomos, le attualita nel diritto, 1, 2019.
entrò in possesso di alcune registrazioni relative a una trattativa d'affari tra Jarosław Kaczynski e un uomo d'affari austriaco suo parente Gerald Birgfellner, durante la quale Kaczynski agiva per contro della società Srebrna, notoriamente legata a Diritto e
Giustizia. Si accordarono per la costruzione di un grattacielo di 190 metri, da 300
milioni di euro, al centro di Varsavia. L'edificio avrebbe dovuto avere la forma di due torri gemelle, in pratica costituiva una sorta di monumento al fratello gemello defunto Lech Kaczynski. Dalle registrazioni emergeva che il partito Diritto e Giustizia e la società Srebrna fossero un'unica entità, proprio in un Paese dove era vietato per i partiti svolgere attività economica. Il prestito necessario per l'investimento doveva essere concesso dalla banca statale, il cui direttore era stato nominato proprio dal Pis. La trattativa si arenò per ragioni di convenienza politica, i grattacieli non vennero mai costruiti e la società Srebrna non pagò il compenso pattuito. Gerald Birgfellner presentò denuncia alla Procura di Varsavia che tardò ad avviare un'azione penale e nel frattempo Jarosław Kaczynski querelò per diffamazione la Gazeta Wyborcza. Le registrazioni indignarono soprattutto l'opinione pubblica già contraria a Diritto e Giustizia mentre non suscitarono particolari dubbi tra i sostenitori del partito.
Il 22 febbraio 2019 il Sejm respinse un voto di sfiducia promosso dall’opposizione di
Piattaforma civica nei confronti del ministro della giustizia Zbigniew Ziobro. La
sfiducia era stata richiesta non solo per la politica di Governo in tema di riforma giudiziaria ma anche per la presunta inattività della Procura di Varsavia a seguito dell'affair di Jarosław Kaczynski, dovuto alla stretta dipendenza della pubblica accusa dal ministro della Giustizia.
Il 25 marzo 2019 il Tribunale costituzionale emise la sentenza K 12/18 in merito all'elezione dei quindici giudici togati del Consiglio nazionale della magistratura e a suo tempo promossa da quest'ultimo congiuntamente ad un gruppo di senatori. Secondo il collegio, nella sua composizione ristretta di cinque componenti, veniva dichiarata conforme all'art. 187 Cost. l’elezione da parte del Sejm dei quindici giudici togati secondo le modalità previste dalla legge dell'8 dicembre 2017. Veniva dichiarata illegittima la facoltà per giudici candidati alle magistrature supreme e ai Tribunali di presentare ricorso a seguito di parere negativo per la loro nomina, rilasciato dallo stesso Consiglio nazionale della magistratura. La competenza che la legge attribuiva al Tribunale supremo amministrativo riguardante specifici aspetti di legalità relativi alle procedure di selezione dei giudici alle magistrature supreme veniva dichiarata illegittima. Quindi, i candidati che non superavano con esito positivo le prove di
selezione non avrebbero potuto ricorrere a nessuna istanza giurisdizionale sebbene questo fosse previsto dall'art. 45 Cost132. La sentenza, in parte contraddittoria con la
giurisprudenza originaria del Tribunale costituzionale soddisfò pienamente il Governo e la maggioranza parlamentare.
Il 10 giugno 2019, il Presidente della Repubblica Andrzej Duda inviò una lettera polemica all’Assemblea generale dei giudici del Tribunale amministrativo supremo (NSA) in occasione dell'anniversario di diversi eventi storici quali l’indipendenza nazionale riacquisita nel 1919, le elezioni del 1989 e l’adesione all’Unione europea del 2004. Il contenuto della lettera accusava la magistratura di interferire nel potere di nomina presidenziale dei giudici, pregiudicando i principi delle democrazie moderne tra cui il sistema di “checks and balances”. In realtà la magistratura amministrativa aveva cercato solo di imporre la trasparenza dei nominativi dei giudici che avevano presentato la propria candidatura per l’elezione del nuovo Consiglio nazionale della magistratura, rinnovato secondo una procedura oltremodo politicizzata all’inizio dell'anno 2018. Il nodo del problema non era, come sollevato da Andrzej Duda, l’atto finale con cui il Capo dello Stato nominava i giudici bensì la trasparenza nella procedura elettorale di un organo, come il Consiglio nazionale della magistratura chiamato a svolgere le procedure di selezione dei giudici stessi, i quali solo di seguito vengono nominati.
Infine, nell'agosto 2019 veniva scoperto un fatto di enorme gravità ossia l'esistenza di una rete costituita informalmente presso il Ministero della giustizia, composta da funzionari e da magistrati distaccati finalizzata a reperire informazioni sulla vita intima dei magistrati e a diffonderle sui social media corredate da insinuazioni, calunnie e anche notizie false. Tale notizia ha provocò le sole dimissioni del Vice-ministro alla giustizia Łukasz Piebiak, ma non del ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, del quale non si riuscì a dimostrare il suo coinvolgimento.