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I tentativi di compressione delle libertà costituzionali e l'applicazione del

All’inizio dell’anno in corso, il Parlamento polacco ha contribuito ad alimentare le tensioni con l'Unione europea e la Comunità internazionale emanando una nuova legge sull'Olocausto120. La legge prevedeva fino a tre anni di carcere o una multa per chi

definiva “polacchi” i campi di sterminio installati dai nazisti in Polonia durante la Seconda guerra mondiale. Per il Parlamento l'uso del termine "campo di sterminio polacco" induceva a pensare che la Polonia avesse avuto una qualche responsabilità nel genocidio nazista. La legge venne accusata di voler comprimere la libertà di espressione e fu duramente criticata da Israele, secondo il quale la Polonia tentava di negare la partecipazione di alcuni polacchi allo sterminio degli ebrei, punendo se necessario sopravvissuti dell'Olocausto che rievocavano tali casi. Il 5 febbraio 2018, il Presidente della Repubblica Andrzej Duda promulgò la legge suddetta ma, contemporaneamente, nutrendo dubbi sulla costituzionalità della legge, presentò ricorso preventivo presso il Tribunale costituzionale. Il 25 giugno 2018 il Governo polacco cedeva alle pressioni di Israele e degli Stati Uniti e presentava un disegno di legge di abrogazione della legge approvata lo scorso gennaio e di fatto mai entrata in vigore per il ricorso in via diretta pendente presso il Tribunale costituzionale. Nei giorni successivi il Parlamento approvava la legge e si chiudeva l'incresciosa vicenda.

Dopo la sostituzione del Presidente del Consiglio Beata Szydło con Mateusz Morawiecki accaduto l'11 dicembre 2017, un ulteriore rimpasto governativo, sempre voluto dal leader di Diritto e Giustizia Jarosław Kaczynski, comportò la rimozione di sei ministri il 10 gennaio 2018. La rimozione che destò particolare scalpore fu quella del ministro degli esteri Witold Waszczykowski con il diplomatico Jacek Czaputowicz. Si 120. J. Sawicki, Si inasprisce il confronto con l'Unione europea, mentre si aprono nuovi capitoli di conflitto con l'estero, in Nomos, le attualita nel diritto, 1, 2018.

presumeva che la sostituzione di Witold Waszczykowski, uno tra i protagonisti degli scontri diplomatici con l’UE negli ultimi anni, fosse stata effettuata per dare all'Europa un segnale di cambiamento.

Il 5 marzo 2018, in applicazione della nuova legge sul Consiglio nazionale della magistratura dell'8 dicembre 2017, il Sejm elesse i nuovi quindici giudici togati. Le opposizioni boicottarono la votazione, in quanto ritenuta poco trasparente poiché furono presentate solo diciotto candidature su un totale di circa diecimila giudici e non venne pubblicato l’elenco delle sottoscrizioni a sostegno dei candidati. L’elezione in blocco avvenne con 267 voti a favore di Diritto e Giustizia e di Kukiz, con nessun voto contrario e due astenuti. Il Presidente del Consiglio nazionale della magistratura Małgorzata Gersdorf preferì rassegnare le dimissioni. Il Consiglio nazionale della magistratura e un gruppo di senatori presentarono ricorso al Tribunale costituzionale sollevando dubbi sulle disposizioni di legge in merito all'elezione dei quindici giudici togati dal parte del Sejm.

Il 20 luglio 2018 il Sejm approvava con la sola maggioranza di Diritto e Giustizia una modifica alla legge elettorale relativamente alle elezioni europee. La modifica consisteva nell'assegnare i seggi direttamente nelle circoscrizioni anziché attribuirli alle liste su scala nazionale prima di procedere al riparto nelle circoscrizioni. Questa modifica tecnica applicata alla formula d’Hondt nell’ambito di dodici circoscrizioni elettorali e con una clausola di sbarramento nazionale del 5%, comportava in realtà una soglia di esclusione partitica stimata del 15% con la conseguenza di ridurre l’accesso al Parlamento a due soli partiti, di cui uno Diritto e Giustizia. Il Presidente della Repubblica Andrzej Duda si rifiutò di promulgarla, in quanto comportava una compressione illegittima del pluralismo politico.

Dopo i riusciti tentativi della maggioranza di Governo di svuotare di significato la Costituzione del 1997 rendendola una dichiarazione politica priva di effettivi contenuti giuridici, il Presidente della Repubblica Andrzej Duda, in cerca di un maggiore protagonismo, tentò di approvare un nuovo testo costituzionale121. Secondo il Capo di

Stato, la Costituzione del 1997 era una Costituzione di transizione post-comunista. Siccome in Parlamento non vi erano i numeri per approvare un nuovo testo costituzionale, Andrzej Duda propose di effettuare un referendum popolare in maniera tale da gettare le basi per un’ampia revisione costituzionale. Come previsto dalla Costituzione, il 20 luglio 2018 il Presidente della Repubblica presentò al Senato, la 121. J. Sawicki, L'esecutivo si prepara a conquistare l'ordine giudiziario che resiste appellandosi a una debole Europa, in Nomos, le attualita nel diritto, 2, 2018.

richiesta di indire un referendum articolato su dieci quesiti riguardanti diverse tematiche quali il cambiamento della forma di governo da parlamentare a semi presidenziale, la modifica del sistema elettorale da proporzionale in maggioritario, l'adesione all'Ue e alla NATO, l'età pensionabile e il rafforzamento dei valori cristiani all'interno della Costituzione. Il 26 luglio il Senato rigettò in toto la richiesta di referendum umiliando pubblicamente il Presidente della Repubblica. L'ultima parola ancora una volta era stata quella di Jarosław Kaczynski che voleva impedire ad Andrzej Duda di assumere maggiori poteri, temendo, al contempo, il danno di immagine che poteva comportare al partito, in caso di una bassa affluenza alle urne.

In applicazione della legge sulla Corte suprema dell'8 dicembre 2017, ventisette giudici su settantadue venivano collocati a riposo per aver compiuto il sessantacinquesimo anno di età. Dodici dei ventisette giudici presentarono, però, richiesta di prorogare il servizio per altri tre anni, allegando certificato medico che ne attestava le ottime condizioni di salute. La decisione finale in merito alla permanenza in carica spettava al Presidente della Repubblica, previo parere favorevole del Consiglio nazionale della magistratura. Questa modifica alla legge era stata approvata nell'aprile 2018 per venire incontro alle richieste dell'Unione europea. La Presidente della Corte suprema Malgorzata Gersdorf rientrava tra i giudici da collocare a riposo ma rifiutò di presentare domanda di proroga. Essa dichiarò di considerarsi a tutti gli effetti un giudice in carica, in quanto, come previsto dalla Costituzione, il suo mandato durava sei anni e terminava ad aprile 2020. Di fronte alla pressioni del Presidente della Repubblica, la Presidente della Corte suprema mantenne le sue convinzioni.

Tuttavia le due parti si accordarono di nominare Jozéf Iwulski come suo successore. Mentre però per Andrzej Duda, Jozéf Iwulski avrebbe svolto il ruolo di Presidente ad

interim della Corte suprema in attesa della nomina di un Presidente definitivo, per

Malgorzata Gersdorf quest'ultimo avrebbe svolto solo funzioni vicarie in sua assenza per ferie o malattia. Il Governo e la maggioranza parlamentare abbracciarono la tesi di Duda mentre la Corte suprema, la magistratura, l'avvocatura, le università e l'opposizione politica abbracciarono la tesi della Gersdorf. Subito dopo l'accordo Andrzej Duda iniziò ad inviare lettere private con le quali informava i giudici della collocazione a riposo anziché emanare atti amministrativi ufficiali come previsto dalla stessa legge. In realtà, dietro questa scelta si celava il timore di dover rispondere nel breve futuro dinanzi al Tribunale di Stato ai sensi dell'art. 145 Cost122.

122. «Il Presidente della Repubblica può essere sottoposto al giudizio del Tribunale di Stato per la violazione della Costituzione, della legge o per la commissione di un delitto».

CAPITOLO SESTO

LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA COME BALUARDO DI

DIFESA ALL'INVOLUZIONE AUTORITARIA

6.1 I ricorsi per inadempimento alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ad

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