Il 3 settembre 2018 il Tribunale distrettuale di Łódz presentava rinvio alla Corte di Giustizia europea costituendo la causa C-558/18. Pochi giorni, dopo il 5 settembre 2018 il Tribunale distrettuale di Varsavia presentava rinvio alla Corte di Giustizia europea costituendo la causa C-563/18. Le due cause venivano riunite148.
La causa C-558/18 riguardava un’azione promossa dal Comune di Łowicz contro l’Erario, rappresentato dal Presidente del voivodato di Łódz dinanzi al Tribunale distrettuale di Łódz. Il Comune sosteneva di aver ricevuto, tra il 2005 e il 2015, risorse insufficienti per l’espletamento delle funzioni ad esso delegate dal Governo centrale e chiedeva il versamento di 2.357.148 zloty per coprire i relativi costi. Il giudice del rinvio osservava che probabilmente la causa sarebbe stata decisa in senso sfavorevole all’Erario. In tal caso, il giudice del rinvio temeva, quindi che potesse essere avviato un procedimento disciplinare nei confronti dei membri del collegio che si pronunciavano in tale causa.
La causa C-563/18 riguardava un’azione penale promossa dalla Procura distrettuale di Płock contro gli imputati V.X., W.W. e X.V. dinanzi al Tribunale distrettuale di Varsavia. Il procedimento principale riguardava l’indagine della Procura distrettuale di 148. Comunicato stampa della Corte di Giustizia dell'Unione europea n. 83/19 del 27 giugno 2019, in www.curia.europa.ue.
Płock sulle attività dei membri di un gruppo criminale organizzato dedito a omicidi e rapimenti di persone a scopo di lucro. Gli imputati si erano dichiarati colpevoli e avevano richiesto il riconoscimento dello status di collaboratori di giustizia per effetto del loro contributo alle autorità per l'applicazione della legge. Alla luce del loro comportamento collaborativo, il giudice del rinvio avrebbe valutato se applicare attenuanti rispetto alla sanzione prevista dal codice penale. L'applicazione di una sanzione meno severa aveva fatto sorgere nel giudice del rinvio il timore reale che tale scelta potesse favorire l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dei membri del collegio che si pronunciavano su tale causa.
I giudici del rinvio nutrivano perplessità in merito al nuovo regime dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici in Polonia e domandavano se fosse compatibile con il diritto dell’Unione. Nel 2017 la Polonia aveva introdotto una riforma della Giustizia, comprensiva di un nuovo regime per i procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici. Nelle loro domande di pronuncia pregiudiziale, i giudici del rinvio osservavano che il ministro della Giustizia aveva acquisito il potere di influire sull’avvio e lo svolgimento dei procedimenti disciplinari nei confronti dei giudici e il Parlamento aveva acquisito influenza sulla composizione del Consiglio nazionale della magistratura, l’organo responsabile della selezione dei giudici idonei ad essere nominati alla nuova sezione disciplinare della Corte suprema. I giudici del rinvio affermavano che, a seguito di questa riforma, gli organi giurisdizionali disciplinari sarebbero diventati uno strumento per rimuovere quei giudici che pronunciavano decisioni non gradite alle autorità minando alla base l’indipendenza dei giudici e aumentando la probabilità che la magistratura venisse utilizzata per fini politici.
Nelle sue conclusioni presentate il 24 settembre 2019 l'Avvocato generale Evgeni Tanchev esaminava, in primo luogo, se la situazione di cui ai procedimenti principali rientrasse nell’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione149. Egli riteneva
che i giudici del rinvio fossero organi idonei a pronunciarsi, in qualità di organi giurisdizionali ai sensi dell’art. 267 TFUE, su questioni relative all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione. Pertanto i giudici del rinvio rientravano nell’ambito di applicazione materiale dell’art. 19 par.1 c.2 TUE e tale disposizione risultava applicabile nelle presenti cause. Nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione
149. Conclusioni dell'Avvocato generale Evgeni Tanchev presentate il 24 settembre 2019 Cause riunite C-558/18 e C-563/18 Miasto Łowicz contro Skarb Państwa – Wojewoda Łódzki (C-558/18), intervenienti: Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Regionalna w Łodzi,) Rzecznik Praw Obywatelskich e Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (precedentemente Prokuratura Okręgowa w Płocku) contro VX, WW, XV (C-563/18), ivi.
ai sensi dell’art. 19 par.1 c.2 TUE, la Corte di Giustizia europea aveva il potere di pronunciarsi sulle violazioni strutturali delle garanzie di indipendenza dei giudici, a tutela dello Stato di diritto, uno dei valori fondamentali su cui si fondava l’Unione europea ai sensi dell’art. 2 TUE e gli Stati membri erano tenuti a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva. Le violazioni strutturali dell’indipendenza dei giudici incidevano inevitabilmente sul meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE e, quindi, sulla capacità dei giudici degli Stati membri di agire in qualità di giudici dell’Unione. Di conseguenza, l’Avvocato generale affermava che la situazione di cui ai procedimenti principali rientrava nell’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione.
In secondo luogo, l’Avvocato generale conduceva un’analisi della ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale. Egli ribadiva che, in conformità alla costante giurisprudenza, era necessario che il giudice nazionale fornisse spiegazioni esaustive sui motivi della richiesta di interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione e sul collegamento che questi stabiliva tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale. Nel caso in cui la risposta della Corte a una questione pregiudiziale la induceva a fornire un parere consultivo su un problema di natura generale o ipotetica, la Corte avrebbe dichiarato tale domanda irricevibile.
Nelle cause C-558/18 e C-563/18 l’Avvocato generale reputava che le ordinanze di rinvio non fornissero spiegazioni sufficienti sul rapporto tra le disposizioni del diritto dell’Unione e la legislazione polacca. Contrariamente ad altre cause in cui è stato chiesto alla Corte di valutare la compatibilità di misure nazionali relative alla riforma del sistema della giustizia in Polonia con le garanzie di indipendenza dei giudici ai sensi dell’art. 19 par.1 c.2 TUE, in queste cause mancavano informazioni in merito alle quali disposizioni del diritto polacco sarebbero da considerarsi incompatibili con le suddette garanzie di indipendenza e sui motivi di tale incompatibilità. Inoltre, le ordinanze di rinvio vertevano su un elemento di condizionamento soggettivo concernente l’impatto del nuovo regime disciplinare sulla capacità dei giudici del rinvio di decidere in modo indipendente. In assenza di una controversia tra le parti interessate in merito, era difficile stabilire se l’indipendenza dei giudici fosse stata compromessa o meno da condizionamenti soggettivi. I giudici del rinvio temevano che, nel caso di adozione di una determinata decisione in tali procedimenti, potesse essere avviato un procedimento disciplinare nei confronti dei membri degli organi giudicanti. Di fatto, l’avvio del procedimento disciplinare non si era ancora verificato. I giudici del rinvio nutrivano un
timore meramente soggettivo, che non si era concretizzato in un procedimento disciplinare e restava di natura ipotetica.
L'Avvocato generale concludeva affermando che la questione concernente una violazione strutturale dell’indipendenza dei giudici ai sensi dell’art. 19 par.1 c.2 TUE restava ipotetica, a causa dell’assenza di informazioni sufficienti sulle modalità con le quali tale violazione si sarebbe verificata e sulle relative motivazioni e a causa dell’assenza di una controversia concreta tra le parti interessate in riferimento all’indipendenza dei giudici. Egli suggeriva alla Corte di Giustizia di dichiarare irricevibili le domande di pronuncia pregiudiziale concernenti le disposizioni nazionali relative ai procedimenti disciplinari dei giudici. Al momento la Corte di Giustizia non ha ancora emesso la sentenza di merito.
In data 3 ottobre 2018 il Tribunale distrettuale di Słubice presentava rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea per la causa C-623/18 avente ad oggetto una controversia sempre legata al nuovo regime disciplinare dei giudici. Allo stato attuale, non è stata ancora pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, non è ancora stata individuata la composizione della Corte, né indicato il nominativo del giudice relatore e dell'Avvocato generale.
In data 28 dicembre 2018 la Corte suprema amministrativa della Polonia sollevava questione pregiudiziale alla Corte europea di Giustizia per la causa C-824/18150. Il rinvio
pregiudiziale scaturiva da cinque ricorsi avverso ordinanze del Consiglio nazionale della magistratura concernenti il mancato inoltro di domande di nomina a giudice della Corte suprema. Con ordinanza n. 318 del 24 agosto 2018, il Consiglio nazionale della magistratura decideva di non chiedere al Presidente della Repubblica di convocare due candidati a ricoprire la funzione di giudice presso la sezione penale della Corte suprema. Con successiva ordinanza n. 330 del 28 agosto 2018 il Consiglio nazionale della magistratura decideva di non chiedere al Presidente della Repubblica di convocare tre candidati a ricoprire la funzione di giudice, questa volta presso la sezione civile della Corte suprema. I cinque candidati le cui domande non venivano inoltrate presentavano ricorsi avverso le suddette ordinanze dinanzi alla Corte suprema amministrativa. Contestualmente alla presentazione dei ricorsi, i ricorrenti chiedevano alla Corte suprema amministrativa l’adozione di provvedimenti provvisori che trovavano accoglimento. Con ordinanza del 25 settembre 2018, suddetta Corte sospendeva
150. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Polonia) il 28 dicembre 2018 — A.B., C.D., E.F., G.H., I.J./Krajowa Rada Sądownictwa (Causa C-824/18), in www.eur-lex.europa.eu.
l’esecuzione dell’ordinanza n. 318/2018 e, con ordinanze del 27 settembre 2018 e dell’8 ottobre 2018, sospendeva l’esecuzione dell’ordinanza n. 330/2018.
La Corte suprema amministrativa dubitava della legittimità secondo il diritto dell’Unione dei rimedi giurisdizionali avverso l’ordinanza emanata nel procedimento riguardante la nomina a giudice della Corte suprema. La questione riguardava le modifiche legislative adottate di recente in Polonia ed in particolare la disposizione normativa secondo la quale l’ordinanza sulla nomina a giudice della Corte suprema, se non impugnata da tutte le parti del procedimento, diveniva definitiva anche nella parte relativa alla decisione sull’inoltro della domanda di nomina a giudice della Corte suprema delle parti del procedimento che non avevano presentato ricorso. Le modifiche introdotte avevano validità solo per le procedure di selezione per i posti di giudice della Corte suprema e non riguardavano invece le procedure di selezione per i posti vacanti presso altri organi giurisdizionali che erano soggetti a standard differenti.
La disciplina di selezione per i posti vacanti di giudice presso la Corte suprema presentava criticità anche in relazione al rispetto dei requisiti previsti nei procedimenti giudiziari. In effetti se l’ordinanza emanata nel procedimento individuale riguardante la nomina a giudice della Corte suprema diventava definitiva ogni volta che la decisione sull’inoltro della domanda di nomina a giudice di tale Corte non veniva impugnata da tutti i partecipanti alla procedura di selezione e quindi anche dal candidato che non aveva nessun interesse alla sua impugnazione, in quanto la sua domanda era già stata inoltrata, i ricorsi proposti dai giudici le cui domande non erano state inoltrate risultavano completamente privi di efficacia.
Per tale motivo, il giudice competente non poteva esercitare un controllo effettivo sullo svolgimento della procedura di selezione in oggetto. Inoltre, l'organo di vigilanza sull’indipendenza dei Tribunali e dei giudici ossia il Consiglio nazionale della magistratura, competente altresì per la procedura in questione, era composto per l'80% da membri prescelti dall'organo legislativo e di conseguenza soggetti a pressioni politiche.
La questione della legittimità dei rimedi giurisdizionali avverso le ordinanze emanate nel procedimento concernente la nomina dei giudici della Corte suprema era collegata alle modifiche legislative che avevano comportato una cessazione anticipata dei giudici in seguito al raggiungimento della nuova età pensionabile. Le procedure di selezione erano infatti state estese anche ai nuovi posti vacanti con la conseguenza che se le modifiche legislative relative all’età pensionabile sarebbero state ritenute incompatibili
con il principio dell’inamovibilità dei giudici, aspetto questo rimesso all’esame della Corte, allora, affinché il controllo potesse considerarsi valido e completo, anche le procedure di selezione dei giudici della Corte suprema sarebbero state sottoposte al controllo del giudice competente per i ricorsi avverso le ordinanze del Consiglio nazionale della magistratura. In questo modo sarebbe stato possibile impedire un’illegittima assegnazione di una posizione che, in realtà, non era mai divenuta vacante.
In conclusione la Corte suprema amministrativa chiedeva alla Corte di Giustizia europea di risolvere i suoi dubbi in merito alla possibile violazione del principio dello Stato di diritto, del diritto a un ricorso effettivo e alla tutela giurisdizionale, del principio di parità di trattamento nell’accesso alla funzione pubblica e della possibilità di ricorrere avverso provvedimenti di rigetto delle candidature e per questo chiamava in causa l'art. 2, gli artt. 4 c.3 terzo periodo, 6 c.1, e 19 c.1 TUE, in combinato disposto con l’art. 47 della CdfUE, l’art. 9 c.1 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio e l’art.267 c. 3 TFUE.
6.8 L'avvio di una nuova procedura d'infrazione nei confronti della Polonia ad