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IV: Un discorso universalistico sensibile alle differenze: il caso delle mutilazioni genitali femminili.

IV.I Sulla corporeità.

IV.8 Il conteso italiano.

La dottoressa somala Sirad Salad Hassan ha condotto, fra il 1991 e il 1993, uno studio epidemiologico-statistico su 304 donne somale di età compresa fra gli 11 e i 48 anni, residenti in Toscana allo scopo di contribuire ad una ricognizione della pratica di mgf sul territorio. La ricercatrice giungeva in quegli anni alla drammatica conclusione che anche in alcune città italiane, le bambine venivano mutilate sul

tavolo da cucina, nelle proprie abitazioni, da esperte fatte venire appositamente dai paesi di provenienza.

Il disgusto, tra le emozioni che Nussbaum ha meglio espresso nei suoi scritti, costituisce un elemento espressivo diffuso nella rappresentazione della pratica sia rispetto a chi da osservatore si accosta ad i suoi aspetti più cruenti, sia da parte di chi, sostenendola, esprime disgusto verso coloro che, non essendosi sottoposte, hanno voluto esporsi alla disapprovazione, alla critica e alla profonda condanna di chi ne è sostenitore ed artefice. Il disgusto, in alcune circostanze, come quella che caratterizza la condotta mutilatoria, rappresenta un’espressione culturale necessaria a comprendere il carattere identitario e relazionale degli individui di un gruppo, di una comunità. In contrapposizione al disgusto, altre forme emozionali, come il rispetto e l’empatia, possono favorire la sintonizzazione immaginativa, da cui possa derivare una politica dell’umanità sensibile ai temi della giustizia sociale. In questo modo è possibile una prospettiva valida per ricondurre la capacità di autocomprenderci in relazione all’esperienza e all’immaginazione della vita degli altri; una concezione che vede nella cura la possibilità di intervenire efficacemente nelle relazioni umane.

In Italia il fenomeno è presente nel territorio in modo non omogeneo e stratificato: “le donne provenienti dai paesi africani […] a tradizione escissoria sono circa 110

413M. C. Nussbaum, Non-Relative Virtues: An Aristotelian Approach, cit., p. 243. 414M.C. Nussbaum, Judging other cultures, cit., p 128.

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mila. Le donne di età inferiore ai 17 anni, potenziali vittime attuali o future del fenomeno sono circa 4.600”.415 Dalle stime più recenti effettuate sulla base di dati Istat che riguardano la residenza ed i permessi di soggiorno al 2008, si rileva una presenza di donne vittime di mgf residenti in Italia pari a 35.000 e una presenza di minori potenziali vittime di mgf residenti in Italia pari a 1.100.416

La pratica di mgf affronta una questione controversa che in Italia ha avuto risalto ad intermittenza ed in relazione ai fatti di cronaca, che hanno fatto emergere con veemenza questioni solo apparentemente latenti. Si è trattato per lo più di incursioni giornalistiche che hanno dedicato uno spazio marginale alle donne direttamente interessate, tratteggiate come vittime di un fenomeno che ha significativamente trascurato la presenza di donne che, di contro, hanno profuso un costante impegno per l’eradicazione della pratica. La voce narrante appare distante dai soggetti coinvolti e di rilevanza marginale sembrano le iniziative di sensibilizzazione e di formazione dedicate ai minori.417

Nel dibattito italiano appare ormai unanime il giudizio sulla dannosità della pratica di mgf che può generare conseguenze negative su molti aspetti della vita.

Essa, in particolare nel tipo I/II, può generare incapacitazione nella sfera della sessualità, costituendo un limite fisico e psicologico importante in caso di parto (III tipo); può comportare complicanze come infiammazioni e altri disturbi che determinano la compromissione della salute riproduttiva della donna (per la tipologia II/III)”.418 Ed è proprio nella dimensione della maternità, che la pratica di mgf

intende apparentemente tutelare, che si riscontrano i peggiori effetti sulla salute della

415Report 2009, Valutazione quantitativa e qualitativa del fenomeno delle mutilazioni genitali in

Italia, cit., p. 11. L’unica stima che vede concordi più fonti è quella di 1 irregolare ogni 5 regolari, quindi al numero dei regolari andrebbe aggiunto tendenzialmente un 20% in più di irregolari. Per una generale valutazione si veda in merito il Report XX di Caritas/Migrantes, Dossier Statistico Immigrazione 2010, Roma, Edizioni Idos, 2010, pp. 20-23; per quanto riguarda i dati relativi al territorio siciliano, Ivi, pp. 445-452.

416Report 2009, Valutazione quantitativa e qualitativa del fenomeno delle mutilazioni genitali in

Italia, cit., p. 14. Il dato di riferimento è costituito dall’incidenza media del fenomeno nei paesi d’origine, che si collocherebbe con una media ponderata che tiene conto della numerosità delle presenze provenienti da ciascuno dei 26 Paesi, intorno al 46%. Certamente le donne che si sono trasferite in Italia provenienti da quei Paesi presentano un tasso di incidenza inferiore, pertanto una stima attendibile si aggira intorno al 30%. Il che significa che tra le 110 mila donne provenienti da quei Paesi africani in cui viene praticata la mutilazione genitale, quelle che probabilmente hanno subito questa pratica sono circa 35 mila. Possiamo dunque parlare di circa 35 mila donne africane soggiornanti in Italia che hanno subito questa pratica, per lo più nel Paese di origine.

417Cfr. A. Coppola, Kenia, in fuga dalle mutilazioni, in “Corriere della Sera”, 08 febbraio 2003 anche

F. Fanelli-A. Rizzo, Le MGF nella stampa divulgativa e scientifica: modelli culturali, criticità e linee di sviluppo, in A. Forteschi-O. Gargano, Corpi consapevoli. MGF e integrazione nello stato di diritto, cit., p. 57.

418Per una ricognizione sui diversi tipi di intervento mutilatorio si veda in Report 2009, Valutazione

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donna. Più che sul decorso della gravidanza, è sullo svolgimento del parto che si registrano le problematiche più gravi: si pensi ad effetti nocivi come lacerazioni della vulva e fistole ostetriche. Tanto che in molti casi è necessario procedere alla deinfibulazione che permette alla donne di avere un parto naturale sebbene la tendenza prevalentemente riscontrata sia quella di praticare il taglio cesareo.419

Il rischio di mortalità materna misura la probabilità di morte che una donna corre nell'arco della vita per eventi connessi alla gravidanza e al parto. Su 536.000 decessi materni stimati nel 2005, il 99% sono avvenuti in Paesi in via di sviluppo, di cui l'84% concentrato in Africa Sub sahariana (265.000 decessi, circa la metà di quelli totali). Il rischio correlato alla maternità e al parto è accentuato dalla diseguaglianza economica, dal momento che le donne con alto reddito ricevono assistenza molto più frequentemente delle donne povere; tale differenza diventa ancora più marcata nel caso della popolazione rurale, che risulta più svantaggiata rispetto a quella urbana nella possibilità di accesso alle risorse sanitarie.

Figura 2: Principali cause di mortalità materna a livello globale nel 2005. (fonte WHO-2005)

L’intervento di deinfibulazione, ormai prassi chirurgica consolidata in alcuni centri specializzati, può essere effettuato attraverso la ricostruzione plastica della vagina, tecnica già adottata in Inghilterra, e con la ricostruzione del clitoride avviata in Francia dal ginecologo Pierre Foldès; si tratta di pratiche diffuse anche in paesi come il Burkina Faso.420 Presso il centro in cui opera il Dott. Abdulcadir Omar Hussen, le donne che scelgono di effettuare la deinfibulazione vengono

419 Dato che viene confermato dall’esito dei colloqui con alcuni medici ginecologi di consultori

presenti nella provincia di Catania e di Ragusa, intervistati nel corso dell’attività di studio.

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accompagnate in un percorso di riappropriazione psico-fisica di una dignità compromessa.

In generale, sul piano del rapporto medico-paziente si registrano notevoli difficoltà riconducibili il più delle volte ad una scarsa relazione comunicativa. Sono spesso sbrigativi ed inadeguati i colloqui durante i quali il medico indaga, talvolta con eccessiva cautela, le problematiche che la paziente presenta, affinché si possa raggiungere una presa di coscienza e la possibilità per la paziente di riappropriarsi della sua corporeità. Particolarmente importante è poi la possibilità che si instauri un rapporto di dialogo attivo tra medico e paziente, nel caso in cui si avvii un discorso che porti verso l’intervento di deinfibulazione. È ciò che raccomanda il medico somalo Abdulcadir che sottolinea l’importanza che la donna interessata dall’intervento di deinfibulazione sia resa consapevole delle conseguenze che l’intervento comporta.421 Il medico somalo riferisce della opportunità che nei nostri paesi la discussione sulle mgf sia affrontata a partire da una riflessione etica legata alla dignità della donna e alle implicazioni della cultura patriarcale. Non bisogna tuttavia trascurare quelle motivazioni estetiche che sono prevalenti nella determinazione della scelta di praticare la mutilazione, confermando la forte pressione che la società esercita sull’individuo, modificando l’aspetto fisico dei suoi membri per ragioni di tipo culturale. Il medico somalo riferisce del caso di una donna somala che successivamente al parto, aveva espresso la richiesta di essere re- infibulata. La mancata accettazione della sua richiesta l'aveva poi spinta ad adire le vie legali, sostenendo che molte donne occidentali avevano liberamente potuto effettuare interventi di ringiovanimento genitale.

Il caso italiano, oggi regolamentato dalla legge n. 7 del 9 gennaio 2006,422 merita particolare attenzione in quanto sembra placare un complesso dibattito sulla liceità

421O. H. Abdulcadir-L. Catania, La Deinfibulazione, “Toscana Medica”, 1, 2006, pp. 16-18. Nel

Centro ospedaliero Careggi di Firenze, dove opera il dottor Abdulcadir, vengono effettuate ricerche che intervengono sulle donne in base al tipo di mutilazione, con particolare riferimento al terzo tipo (infibulazione). Tale intervento coinvolge donne provenienti dal Mali, dal Sudan, dalla Somalia, dall’Etiopia, dall’Eritrea e dall’Egitto.

422 La legge n. 7 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 Gennaio 2006, stabilisce il reato

specifico di MGF sancito dalla legge sulle Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile, che detta le misure necessarie per prevenire, contrastare e reprimere tali pratiche quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine. stabilisce che «Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una MGF è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di MGF la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.». Le disposizioni dell’articolo 583-bis si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, o quando

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della pratica e sulla possibilità di adottare un rito alternativo. La questione vede al centro del dibattito la proposta del dottor Abdulcadir, ginecologo presso l’ospedale Careggi di Firenze,423 in prima linea nella cura medica e chirurgica delle patologie infettive e funzionali correlate alle mgf. La proposta di sostituire le pratiche invasive con un rito alternativo meno violento, veniva sottoposta nel 2004 al vaglio del Comitato di bioetica che affrontava la questione della liceità deontologica, giuridica ed etica della partecipazione da parte dei medici al rito alternativo.

Molte critiche sono state avanzate al sistema sanitario nazionale italiano circa la negazione di ogni forma di pratica rituale riferibile alle mgf, determinando di conseguenza la tendenza ad effettuare clandestinamente la pratica di escissione e mutilazione. Si tratta di una critica che fa leva sul principio di limitazione del danno. D’altra parte si è trattato, per i sostenitori del rito simbolico alternativo, di comprendere la necessità di riempire quel vuoto lasciato dalle pratiche che se non compreso, rischia di mietere vittime ancora una volta tra le donne più vulnerabili. I processi di cambiamento sono lunghi e la loro efficacia rimanda alla possibilità degli individui di esserne attivamente partecipi. Tuttavia la commissione di bioetica ribadiva in quella circostanza che pur nel rispetto delle tradizioni, la partecipazione del medico ad atti di mutilazione rituale in assenza di indicazione clinico-terapeutica, contrastava con i fondamentali principi della bioetica come quello di non maleficenza. L’ampio dibattito che ha riguardato la possibilità di medicalizzazione424

la mutilazione è eseguita su cittadino italiano o su uno straniero residente in Italia. La legge è consultabile al sito http://www.camera.it/parlam/leggi/06007.htm

423La proposta avanzata nel 2004 dal ginecologo somalo, alla luce delle difficoltà di modificare

convinzioni ampiamente radicate, aveva proposto in alternativa alle pratiche lesive la sunna levissima una puntura rituale praticata sul prepuzio della clitoride da effettuarsi in anestesia locale. Una soluzione di compromesso era stata avanzata alcuni anni prima anche negli Stati Uniti e in Olanda ma in tutti i casi la proposta venne condannata come inaccettabile dall’opinione pubblica. La proposta di escissione simbolica sostenuta dall’Asl di Firenze avrebbe avallato una prospettiva di genere, tanto più rilevante quanto più la pratica risulta essere appannaggio delle donne, non solo in quanto destinatarie ma in quanto protagoniste di quegli interventi che vedono protagoniste le donne. Il medico Abdulkadir evidenzia una serie di implicazioni connesse alla pratica di mgf: di tipo biologico (Le bambine/donne sono esposte a inutili rischi per la salute Si tratta di un danno psicofisico non necessario perché non dettato da intenti terapeutici ) anche etiche (Errato valore della dignità femminile; Errato valore gerarchico della donna; Innaturale disuguaglianza della libertà nell’atto sessuale tra uomo (controllo della sessualità femminile) e donna (sottomissione, paura, terrore e dolore; residuo di una fossilizzata e antica cultura patriarcale ). Si veda C. Sella, Le mutilazioni genitali femminili come cultural orientated crime, in “Diritto penale XXI secolo”, 2, 2007, pp. 298-299 anche A. Facchi, Politiche del diritto, mutilazioni genitali femminili e teorie femministe: al cune osservazioni, in “Diritto immigrazione e cittadinanza, 4, 2004, pp. 14 e ss.

424Si veda il Parere della Commissione regionale di Bioetica del 9 marzo 2004: “Prevenzione delle

Mutilazioni Genitali Femminili (MGF): liceità etica, deontologica e giuridica della partecipazione dei medici alla pratica di un rito alternativo”. Sulla circoncisione maschile: Cfr. Comitato nazionale di Bioetica, La circoncisione: profili bioetici in Parere del 25 settembre 1998, pp. 18-31. M. L. Di Pietro-M. Cicerone, La circoncisione maschile sui neonati, in “Medicina e morale”, 2, 2000, pp.

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della pratica presso le ASL, destava perplessità in seno al coinvolgimento del personale sanitario nell’attuazione della pratica di escissione-infibulazione, sia nei paesi di provenienza, sia nei paesi occidentali di destinazione dei processi migratori, mettendo il discussione la liceità di ospedalizzare un intervento che nel suo significato originario assumeva un carattere di pratica mutilatoria. Siamo negli anni della discussione preliminare all’emanazione della legge oggi vigente. L’Italia, un paese in cui la pratica dell’infibulazione risulta prevalente, essendo le donne immigrate provenienti in numero significativo da paesi come Somalia ed Eritrea, dove il 98% delle donne hanno subito questo tipo di mutilazione, si registra un numero esiguo di casi giudiziari trattati, in assenza di una legge specifica, secondo norme penali riconducibili al reato di lesioni personali gravi.

Nel documento della Commissione della Regione Toscana, il rito simbolico alternativo era invece inteso come soluzione compromissoria, che avrebbe tollerato, per un periodo transitorio in vista della definitiva eradicazione, una forma lieve di sunna al fine di minimizzare il pericolo per le donne.

Ogni singola capacità fondamentale si presenta come una molteplice stratificazione di livelli di realtà in cui essa può compiersi, fino ad un livello minimo limite che compromette la dignità di essere umano. Una persona è tale nella misura in cui risponde usualmente, alle caratteristiche espresse dagli indicatori di umanità che la definiscono tale. Dal momento che non tutti e non sempre i soggetti sono nella condizione di esprimere a pieno la propria dignità di persona, esiste poi il problema di stabilire se ipotetici indicatori di umanità vadano considerati a livello orientativo ed euristico o se invece siano da realizzare nella concreta esistenza dell’individuo in causa. Nella visione della Nussbaum, la persona viene intesa come valore in un’ottica che può andare da una condizione massima di passività ad una condizione massima di attività. Pertanto bisognerebbe valutare in seno alla discussione sulle mgf, la possibilità di stabilire che esistano criteri di determinazione della dignità della persona, per eventualmente distinguere all’interno della pratica tra forme di sunna

levissima e interventi più invasivi.

1069-1072. Recentemente si assiste ad un incremento, soprattutto nei paesi in cui l’incidenza della pratica è più consistente come in Egitto, ad una crescente richiesta di medicalizzazione dell’intervento rescissorio per le donne. Cfr. A. Lewnes (a cura di), Cambiare una convenzione sociale dannosa: la pratica della escissione/mutilazione genitale femminile, Digest Innocenti, Firenze, Giuntina, 2005, p 26.

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La dott.ssa Maryan Ismail425 è invece una convinta assertrice che il rito alternativo non sia una valida strategia per prevenire il ricorso agli interventi demolitori, perché

questi sono così profondamente radicati nella cultura di alcuni popoli e sostenuti da argomenti quali il garantire la castità, la salute e la bellezza della donna e l'onore della sua famiglia, da far sì che ci saranno sempre familiari che, non riconoscendo l'escissione voluta nella pratica simbolica, sottoporranno in un secondo momento la bambina alla mutilazione. La Pasquinelli fa altresì notare che, dal punto di vista

antropologico, il rito simbolico rappresentato dalla sunna, riveli una logica interna al significato delle mgf, “all’idea che comunque quei corpi di donne debbono essere disciplinati e sottoposti a un intervento che se non ne altera la morfologia e l’estetica, come fa l’infibulazione, ne sposta e ne consacra a livello simbolico gli stessi significati. Nel confermare questa forma di controllo del corpo femminile la sunna si rivela la più insidiosa delle Mgf, dal momento che riducendo al minimo la manipolazione dei corpi, ne accredita un’immagine innocua che costituisce l’ostacolo più grande alla loro abolizione”.426 Bisogna tuttavia rilevare che in molta letteratura internazionale, soprattutto egiziana, si affronti in questi anni l’opportunità di promuovere un rito simbolico alternativo meno violento e meno invasivo rispetto alla pratica di infibulazione. Una questione rilevante sollevata dalla proposta di medicalizzazione è poi l’importanza che la particolarità rituale della pratica, diversa per comunità e territorio, possa essere rispettata anche nella forma simbolica. Ciò è possibile solo se le proposte di rito alternativo vengono formulate all’interno della stessa comunità interessata. Sebbene tale prospettiva possa rivelarsi insidiosa, bisogna riconoscere, seguendo l’approccio delle capabilities, che “l’elenco delle capacità indispensabili che il buon legislatore deve stilare non è completamente indipendente dai desideri e dalle preferenze soggettive”.427

In altri ordinamenti giuridici non si è proceduto all’emanazione di leggi ad hoc, come nel caso della Francia, dove è stata assunta, come nei primi anni si era fatto anche in Italia, un’impostazione individualista, egualitaria ed universalista, che riconduceva il reato ad una fattispecie generica; a differenza di altri paesi come la Gran Bretagna, dove si è promossa una prospettiva pluralista e comunitarista con

425M. Ismail, intervento al convegno sulle Mutilazioni genitali femminili, presso Università degli Studi

di Milano, 30/03/ 2007, cfr. www.aidos.it

426C. Pasquinelli, La ricerca sul campo: risultati e considerazioni, cit., p. 45.

427 M.C. Nussbaum, Capacità personale e democrazia sociale, cit., pp. 51; 60. Aristotele viene

richiamato dall’autrice anche in merito alle funzioni del legislatore nel favorire le capacità interne vengono variamente indicate come capacità seconda e capacità razionale rispettivamente in De Anima e Metafisica.

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una legislazione specifica sin dal 1985. Si tratta in questo caso di una prospettiva che pone al centro l’individuo, inserito in uno spazio comune regolamentato, sebbene non siano peregrine le esasperazioni che la stessa Martha Nussbaum ha più volte denunciato nei suoi scritti. “Al di là delle notevoli differenze fra civil law e common law, il problema delle capacità attraversa la storia del diritto, nella strada che conduce al superamento di preclusioni e al riconoscimento di nuovi diritti. Per intenderci, una strada in cui si lasciano dietro istituti quali la schiavitù, i minori diritti della donna, dello straniero e così via”.428

Le modifiche registratesi in seno alla pratica mutilatoria e alle forme in cui viene effettuata, costituiscono un indicatore controverso del processo di modernizzazione che ha investito l’Africa. L’infibulazione (Type III), ha subìto negli ultimi anni alcuni cambiamenti: si è ridimensionata la forma più cruenta, quella nota come infibulazione faraonica, ormai improbabile nei centri urbani dove è subentrata la tendenza alla medicalizzazione della pratica in ospedale così da ridurne i rischi. Lo

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