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IV: Un discorso universalistico sensibile alle differenze: il caso delle mutilazioni genitali femminili.

IV.I Sulla corporeità.

IV.10 Narrazione, immaginazione e biografie vulnerabili.

La complessità dell’oggetto studiato, le reticenze nel discutere una questione che attiene alla sfera dell’intimità e della sessualità personale, le difficoltà di un argomento che viene ancora inteso come un tabù culturalmente distante ed incomprensibile, hanno suggerito un approccio attraverso cui indagare il fenomeno nel suo aspetto qualitativo e personale più che quantitativo, data la particolarità delle storie di vita dei soggetti interessati e la singolarità delle biografie influenzate dai processi di immigrazione, dal bisogno di mantenere modelli tradizionali, dalla sessualità e dai rapporti fra i sessi, dai mutamenti in seno ai contesti sociali. Si è sostenuto un metodo di approccio non intrusivo nella vita delle persone sebbene relazionale e dialogico: le interviste narrative, che hanno permesso di evidenziare molti aspetti della problematica e di rilevarne criticità e condizioni di un possibile percorso risolutivo.

La realtà territoriale siciliana, sebbene solo di recente attenta alla problematica in oggetto, presenta le problematiche afferenti la pratica di mgf con caratteristiche non molto dissimili da quelle già osservate in altri contesti territoriali d’Italia, confermando le indicazioni generali ricavabili dalla vasta letteratura sul tema. Le donne africane coinvolte sono state selezionate sulla base della nazionalità di provenienza (Burkina Faso, Nigeria, Senegal, Mali) ed in funzione della residenza nel territorio Catanese. Si tratta di donne che hanno direttamente vissuto una forma di mgf e ciò ha reso ancora più complesso instaurare una relazione comunicativa che si è tuttavia rivelata particolarmente significativa per la comprensione del fenomeno.

Capacità narrative e immaginativa possono contribuire in modo significativo a trasformare la consapevolezza delle persone e metterle in relazione tra loro al di là delle appartenenze e dei ruoli.437 Dal dialogo con un gruppo di donne migranti

436Cfr. M.C. Nussbaum, Judging other cultures, cit., p 124.

437 Cfr. B. Caputo, Tahara a Milano, tahara in Italia? Circoncisione femminile e vite di migranti

egiziani nel villaggio globale, in D. Carillo – N. Pasini, Migrazioni Generi Famiglia. Pratiche di escissione e dinamiche di cambiamento in alcuni contesti regionali, cit., p. 136. Emblematico il caso riportato di una ginecologa egiziana che interviene per modificare la posizione di una coppia di

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provenienti dai paesi a maggiore incidenza escissoria, il tabù della pratica mutilatoria emerge come tratto comune, anche in persone che appartengono a classi sociali elevate e che, per mestiere o per cultura, vivono e lavorano nel territorio catanese a contatto con molti immigrati connazionali.

La spiegazione culturalista appare particolarmente diffusa nel riferire la pratica di

mgf, poiché si tende a centrare la riflessione sulla specificità locale, espressione di

una cultura che avalla la pratica escissoria e tende ad alimentare i conflitti di appartenenza, secondo precise logiche etnocentriche che attribuiscono ad alterità culturali anche nello stesso territorio caratteristiche assiologicamente negative a cui conferire colpe e responsabilità. È il caso della Nigeria come di altri paesi che presentano al loro interno una notevole varietà di atteggiamenti e di pratiche escissorie tanto che in questo paese, da anni teatro di sanguinosi conflitti politici e religiosi interni, l’appartenenza etnica viene talvolta associata al tipo di pratica diffusa: tra gli Ibo l’escissione del clitoride, tra gli Yoruba l’escissione del clitoride e delle piccole labbra e tra gli Hausa, per lo più musulmani, è diffusa l’infibulazione.

In particolare durante l’incontro con due amiche nigeriane di religione islamica e cristiana, l’intensità emotiva del dolore rievocato e vissuto simbolicamente nella testimonianza biografica, viene sentito da entrambe come espressione di un’appartenenza ad una comune cultura, al di là della professione religiosa, diversa da quella che io rappresento in qualità di interlocutrice che le ascolta, e allo stesso tempo come il disagio di un atteggiamento ormai lontano e superato con la migrazione, sebbene palesemente impresso nei corpi e nella mente di queste donne ancora adesso provate dalla rievocazione degli eventi.

È in questo processo normativo che le emozioni si rapportano alla condizione di vulnerabilità, evidenziando gli spazi di esposizione a cui è soggetto il singolo individuo. La Nussbaum afferma che la vulnerabilità sia una condizione strettamente connessa alle emozioni.438 L’essere senzienti rispetto alle emozioni è indice della consapevolezza che abbiamo dell’essere soggetti in qualche modo esposti alla vulnerabilità. “Se trascuriamo tutte le reazioni emozionali che ci legano a questo mondo, […] noi trascuriamo anche una gran parte della nostra umanità, e precisamente quella parte che sta alla base della spiegazione del perché noi abbiamo una legislazione civile e penale, e di quale aspetto essa prenda. (In altri termini,

genitori sulla pratica della tahara attraverso la strategia immaginativa di identificazione dei genitori con i figli.

438Concetto espresso in più occasioni dall’autrice che dedica tra i suoi lavori, M. C. Nussbaum,

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possiamo capire come e perché la nostra vulnerabilità implichi l’emozione comprendendo in che modo la negazione delle emozioni implichi una negazione di quella vulnerabilità)”.439 La Nussbaum tenta, di smontare quella concezione della dignità a cui aveva fatto riferimento lo stesso kant,440 che prescindeva dai beni e dalla fortuna, che si presenta come un valore incommensurabile e infinito. La dignità allora prescinderebbe dai beni esteriori, dall’esposizione alla fortuna. “Se violenza e abuso fisico non possono compromettere in alcun modo la dignità, non è molto facile allora, dire in che cosa consiste il male nel percuotere o violentare”.441 Martha Nussbaum pone attenzione al carattere vulnerabile della dignità umana ed al fatto che possa venire scalfita dagli eventi.442

La Nussbaum suggerisce allora una metodologia che sia innanzitutto in grado di guardare ai problemi umani, in modo da superare quegli ostacoli che impediscono di riconoscere questione comune il problema di tutelare la dignità della vita umana nell’ambito di quelle capacità ritenute rilevanti per la vita stessa.

L’immaginazione ha poi un ruolo centrale nel definire la possibilità di comprendere l’alterità che appare talvolta la barriera insuperabile di una realtà inaccessibile. “Tutto quello che possiamo fare è avere fiducia nella nostra immaginazione, per poi criticarla (ascoltando, se possibile le voci critiche di coloro che stiamo tentando di comprendere), per poi darle di nuovo fiducia. È possibile che alla fine una qualche comprensione scaturisca da questa dialettica fra critica e fiducia. Perlomeno, il risultato avrà una buna probabilità di essere migliore dell’ottusità che regna così diffusamente nelle relazioni umane”.443

Coltivare l’umanità significa esercitare una capacità che Nussbaum indica come centrale per la vita di una persona: l’immaginazione narrativa.444 La capacità di

giudicare criticamente se stessi e le proprie tradizioni grazie ad una riflessione che ci

439Ivi, p.24.

440 Sulla concezione filosofica e politica di kant più volte riferita alla somiglianza con Cicerone sui

doveri di giustizia ciceroniani e la dignità umana che si configura in senso teleologico ma tristemente fallimentare sul piano dei doveri di aiuto materiale che cicerone circoscrive alla comunità di appartenenza. si veda M. C. Nussbaum, Giustizia e aiuto materiale, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 10;13; 24-29.

441 M. C. Nussbaum, Compassione e terrore, cit., p. 34.

442 Sul fronte educativo e formativo la Nussbaum si appella anche ad una impostazione educativa dei

bambini di tipo roussoniana che ponga attenzione alla sensibilizzazione di questi verso la naturale condizione di debolezza e vulnerabilità umana. Anche l’immaginazione aperta all’alterità può rappresentare un ottimo supporto ad una capacità creativa e non egocentrica e ad una educazione delle emozioni posta in una visione critica della realtà. Ivi, pp. 42- 43.

443Ivi, p. 45.

444Sulle tre fondamentali capacità indicate dall’autrice come occasione per assumere una cittadinanza

umana coltivando l’umanità nel mondo attuale si veda M. C. Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, cit., pp. 24-26.

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porti al confronto con altre realtà, essendo ormai il mondo in cui viviamo un complesso di relazioni internazionali che la capacità immaginativa permette di rinsaldare in modo da accrescere ciò che socraticamente viene espresso come la possibilità di vivere una vita esaminata.445 È nell’uso del senso critico che Nussbaum

colloca l’immaginazione, che permette ad ogni individuo di ampliare il senso della realtà, arricchendolo di nuovi significati che possono derivare dalla relazione che ognuno intreccia con l’altro, nel difficile compito di comprendersi, al di là di forzature paternalistiche e di comode posizioni di tolleranza neutrale. L’errore talvolta commesso nella riflessione sulle culture altre, è quello di costruire una rappresentazione identitaria prettamente tradizionale, uniforme e priva di complessità ritenendo altresì che assumere valori provenienti dall’esterno sia segno di debolezza o denoti fragilità culturale.446

Nella direzione del pensiero di Nussbaum sembra riferirsi anche la posizione del filosofo ganese Anthony Appiah, circa le questioni che investono l’identità africana, affermando che i problemi che affliggono quei territori possono essere affrontati adeguatamente soltanto in una logica che vede le questioni africane alla stregua di problemi umani originatisi da un contesto particolare e non, come purtroppo si è fatto per molto tempo, considerare tali questioni come problemi tipicamente africani che hanno una specificità che li isola da ogni altro sguardo. L’immaginazione narrativa accresce la capacità critica e favorisce le condizioni per cui si possa affrontare l’interazione morale. “L’immaginazione narrativa è dunque uno strumento necessario per prepararsi ad affrontare correttamente l’interazione morale. Abituarsi ad agire in maniera empatica e a riflettere sull’interiorità di chi ci troviamo di fronte concorre alla formazione di un certo tipo di cittadino e di una certa forma di comunità: una comunità che approfondisca e sviluppi la sensibilità simpatetica nei confronti dei bisogni degli altri e che comprenda in che modo le circostanze orientano questi bisogni, nel rispetto dell’individualità”.447 L’immaginazione che permette di instaurare tra gli individui un rapporto empatico e di comune sentire trova forza nella

445 È questo il modo della riflessione filosofica che Nussbaum suggerisce di adottare per attribuire

valore all’esistenza. Tale prospettiva assume un valore fondamentale in ambito educativo. Come afferma la Nussbaum: “non c’è nessun metodo più efficace per stimolare gli studenti che metterli di fronte al tema della differenza, dimostrando che spesso ci si sbaglia nel credere che certe circostanze o avvenimenti siano neutrali, necessari o naturali. […] in un mondo complesso come quello in cui viviamo, un’indagine di tipo socratico implica l’idea di pluralismo” Ivi, pp.48-49.

446Ivi, p. 154. 447Ivi, pp. 104-105.

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percezione della condizione umana come vulnerabilità che caratterizza la natura umana e che espone l’uomo ai mutamenti della fortuna.448

Amartya Sen riconduce la sua riflessione a ritroso nella tradizione filosofica fino ad Adam Smith, col quale riconosce la presenza di un legame particolare tra gli uomini, sebbene le relazioni umane dovrebbero essere consolidate da legami che non siano solo espressione di un coinvolgimento emotivo. “Supponiamo che il grande impero cinese, con tutte le sue miriadi di abitanti, fosse all’improvviso inghiottito da un terremoto, e pensiamo a come rimarrebbe colpito un europeo dotato di umanità, nel venire a sapere di questa terribile calamità. Credo che prima di tutto esprimerebbe con molto ardore la sua sofferenza per la sventura di quel popolo infelice; farebbe molte malinconiche riflessioni sulla precarietà della vita umana e sulla vanità di tutti gli sforzi dell’uomo, che in un attimo possono venire annientate […]. E quando tutta questa raffinata filosofia fosse terminata, quando i sentimenti d’umanità fossero stati una buona vota espressi, tornerebbe ai suoi affari o al divertimento, riprenderebbe il suo riposo o il suo svago o riposo con lo stesso agio e tranquillità di prima, come se nessuna simile catastrofe fosse accaduta. Il minimo guaio che dovesse capitare a lui provocherebbe un disturbo più reale. Se sapesse di dover perdere il suo dito mignolo l’indomani, la notte non dormirebbe, ma, a patto che non li abbia mai visti, russerebbe profondamente e tranquillamente sulla rovina di cento milioni di suoi fratelli, e la distruzione di quell’immensa moltitudine gli sembrerebbe ovviamente un oggetto meno interessante di quella sua irrisoria disgrazia”.449

Anche nella discussione etica attuale si guarda con un certo sospetto alla dimensione emotiva della condotta umana ed in particolare alla compassione, responsabile in molte occasioni di suscitare atteggiamenti tanto fervidi quanto volubili, certamente difficili da intendere con una certa ragionevolezza. La volubilità del sentimento di compassione può essere legata e talvolta pericolosamente subordinata alla propensione e alla sensibilità personale ad una certa concezione di bene, di giustizia o ad altre istanze riconducibili all’appartenenza sociale e culturale.450

Pertanto possiamo affermare con Nussbaum che “l’empatia può non essere a rigore necessaria per riconoscere l’umanità degli altri […] ma in genere saremo nel

448Ivi, p. 106.

449A. Smith, Teoria dei sentimenti morali, cit., pp. 293-294.

450 Per una critica sull’argomento si veda P. Costa, Martha Nussbaum: la compassione entro i limiti

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giusto nel trovare spaventosa e psicopatica una persona priva di empatia. Sospetteremmo in questa persona un’incapacità di riconoscere l’umanità. […] L’empatia ha importanza perché si frappone tra noi ed una forma di male particolarmente atroce –perlomeno per coloro nei confronti dei quali la proviamo. Le abitudini mentali connesse a quest’esercizio dell’immaginazione ci rendono difficile distogliere lo sguardo, negando la loro umanità, da quelle persone con le cui esperienze siamo spinti a provare empatia. […] Quando inaspettatamente l’empatia appare sulla scena -o attraverso il desiderio, o attraverso qualche esperienza individuale che attinge alle sue radici- il risultato è il crollo del meccanismo mentale su cui poggia la negazione della realtà etica”.451 Sentire compassione significa riconoscere nella persona una condizione di vulnerabilità che accomuna la sua esistenza a quella nostra. “Il carattere discontinuo e proiettivo della compassione solleva problemi sia nell’educazione morale, sia nell’etica”.452 Analizzando più in dettaglio il sentimento di compassione, la Nussbaum rileva che questa sia “un’emozione rivolta alla sofferenza o alla mancanza di benessere di un’altra persona. Richiede il pensiero che l’altra persona sta male, anzi molto male […]. Dunque include una valutazione della gravità di varie situazioni difficili. Chiamiamola giudizio di gravità”.453 In effetti la Nussbaum concordando con una

lunga tradizione filosofica, considera la compassione come una fragile e inadeguata per un ragionamento sulla scelta pubblica, cercando di porre l’accento su principi morali generali che fossero imparziali e che si concentrassero piuttosto sul valore della dignità umana. Il rispetto per la dignità umana, secondo la Nussbaum potrebbe rappresentare a primo acchito una valida contro-tradizione alternativa che potrebbe avere un’estensione molto più ampia e una maggiore capacità di coinvolgimento degli esseri umani come fini, membri di un comune spazio umano.

L’immaginazione può rappresentare un’attività positiva nella direzione della comprensione interpersonale anche tra stranieri morali. “La mia argomentazione indica la necessità di proteggere gli spazi in cui le persone esplorano ed affrontano aspetti della propria umanità che sono fonte di problemi e possono provocare vergogna, a se stessi e agli altri. Ho sostenuto che l’immaginazione e la fantasia, spesso connesse all’arte e alla letteratura, offrono modo alle persone di poter

451 M. C. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, cit., p. 402.

452 M. C. Nussbaum, Nascondere l’umanità. Il disgusto, la vergogna, la legge, cit., p. 73.

453M. C. Nussbaum, Compassione e terrore, cit., p. 28. l’autrice fa inoltre notare come la compassione

sia una prospettiva che riguarda sostanzialmente il punto di vista di chi prova l’emozione sulla base della sofferenza dell’altro.

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imparare ad esplorare gli aspetti problematici della loro umanità senza provare eccessiva ansia, sviluppando e arricchendo così il senso della propria personalità. Questa esplorazione di sé intensifica la capacità di immaginare le esperienze degli altri; entrambe queste capacità hanno un’importanza decisiva non soltanto per stabilire buone relazioni personali tra le persone, ma anche per il funzionamento di una sana società liberale e progressista”.454

Il dialogo ci permette di entrare in una relazione empatica con l’interlocutore, grazie al quale poter comprendere criticità di una storia di vita altrimenti inaccessibile alla nostra intelligenza etica. In molte occasioni la Nussbaum riconosce la funzione educativa e la rilevanza comunicativa sul piano etico di questa relazione.455 La studiosa non esita a considerare l’immaginazione narrativa “uno strumento necessario per abituarsi a guardare l’altro in maniera empatica, per avvicinarsi a lui cercando di entrare nel suo mondo interiore”.456 La pratica di escissione/infibulazione, incarna sovente una condotta invisibile, celata, eludibile da chi ne subisce gli effetti. È con l’immaginazione, ribadisce Luisella Battaglia discutendo dell’etica delle capacità, che possiamo diventare buoni interpreti del pluralismo in cui viviamo. Capacità narrativa significa essere lettori intelligenti della vita degli altri, per intendere al meglio la complessità della realtà di cui si è parte e salvaguardare quella capacità di immaginazione morale che è sempre sotto assedio da parte della paura e dei pregiudizi. In questo, la cultura umanistica può rappresentare un importante sostegno. Se anche l’istruzione si orienta verso la promozione dello sviluppo umano allora anche la capacità e la libertà di vita possono costituire ottimi antidoti contro gli stereotipi culturali e religiosi tutt’oggi presenti nella realtà in cui viviamo. Da Tagore ad Alcott, afferma Nussbaum, sono stati molti i tentativi di suscitare attraverso l’educazione alla narrazione, capacità di pensiero e immaginazione in modo da rendere le relazioni umane più significative.

La pratica delle mgf è stata negli ultimi decenni oggetto di interesse della letteratura africana e di quella internazionale. Elisabeth Bekers,457 nel suo studio sull’esplorazione letteraria dell’escissione, mette a confronto le proposte narrative provenienti da più voci per indagare quale rappresentazione delle donne e della

454 M.C. Nussbaum, Nascondere l’umanità. Il disgusto, la vergogna, la legge, cit., p. 344.

455 Si veda in merito in Diventare persona le figure femminili di Vasanti e Jayama o in Giustizia

sociale e dignità umana il caso di Jamie.

456 L. Battaglia, Bioetica senza dogmi, cit., p. 300.

457 E. Bekers, From Women’s Rite to Human Rights Issue: Literary Explorations of Female Genital

Excision since “Facing Mount Kenya” (1938), in T. Levin-A. H. Asaah, Empaty and Rage. Femal Genital Mutilation in African Literature, Banbury UK, Ayebia, 2009, pp. 15 e ss.

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pratica emerga e se esista una critica interna alla cultura tradizionale, riflettendo variamente l’influenza della religione, della lingua e della geografia nei gruppi etnici interessati dalla pratica. Un tratto significativo delle opere che si sono occupate di questa problematica è certamente l’ispirazione autobiografica ( si pensi a Possessing

the Secret of Joy di Alice Walzer o a Red Strangers di E. Huxley). Anche la strategia

narrativa differisce in ogni autore, rilevando come in alcuni casi emerga la violenza del rito che in altri elaborati appare assente e pressochè secondaria tanto da escludere la stessa esperienza del dolore, come nella monografia di Yomo Kenyatta. L’autore ha prodotto un’eccellente scritto su vita e costumi africani nel contesto keniano. Nel suo noto Facing Mount Kenya, Kenyatta descrive l’usanza della clitoridectomia delle ragazze, oggetto di molteplici critiche da parte di opere missionarie europee di evangelizzazione attraverso programmi di alfabetizzazione curati dalle opere missionarie presenti in Gikuyu. Tale iniziativa aveva suscitato già negli anni quaranta la diffusione di scuole Karng‘a, indipendenti, non controllate da missionari. La pratica delle clitoridectomia veniva recepita e analizzata dall’autore come un’istituzione del diritto tribale che presenta importanti implicazioni educative, morali e sociali fondamentali per definire identità e appartenenze. Nella sua monografia etnografica del 1938, Keyatta prima come attivista e scrittore, poi come presidente del Kenya che difese la clitoridectomia come la vera essenza della iniziazione femminile, considerava la pratica come fattore centrale nel dare alla ragazza uno status sociale nella comunità Gukuyu.458 Kenyatta proponeva una descrizione minuziosa di un rituale solenne e partecipato dalla comunità, che conferisce riconoscimento e dignità alle giovani donne. L’autore si concentrava sulla compostezza e la partecipe volontà delle giovani donne al rituale descritto come pratica pressochè priva di rischi, in cui l’esperienza del dolore appare del tutto marginale.

Nello studio di Elisabeth Bekers, emerge inoltre la differente impostazione adottata dagli autori di seconda generazione che hanno scritto della pratica in un contesto postcoloniale, in cui la descrizione dell’escissione viene condotta con

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