Aristotele rappresenta, nella prima fase di definizione ed inquadramento dell’approccio delle capacità, un importate riferimento al quale viene ricondotta l’elaborazione formulata da Martha Nussbaum, sebbene anche la formulazione proposta da Amartya Sen vi ricorra in alcuni tratti. La nozione di star bene, centrale nell’approccio delle capacità, è riferibile alla nozione aristotelica del prosperare
112Certamente le due forme di incapacitazione sono tra loro complementari e il modo di entrare in
relazione può decretare in modo significativamente diverso la conversione di risorse in capacità realizzabili per l’individuo. Su questa linea si definisce la critica che Sen avanza alla teoria della giustizia di Rawls che non chiarisce il problema della conversione di beni in capacità, trascurando soggetti particolarmente vulnerabili come i disabili. Il discorso sulla condizione umana può acquisire una dignità generalmente condivisibile e si potrebbe affermare che proprio la consapevolezza dell’umano, di una identità che abbraccia tutte le possibili attuazioni, costituirebbe la cifra del processo di sviluppo umano.
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umano, intesa come vita umana che si realizza nelle attività proprie dell’uomo. La nozione di dynamis (dal verbo δύναμις: potenza, capacità114) indica la proprietà di qualcosa che può passare all’azione o ricevere l’azione di un agente. Dynamis è il principio di mutamento e di movimento o cambiamento che si trova in un essere; la facoltà di essere cambiati da altro per cui una cosa è mossa da altro o da se stessa in quanto altra.115
Già nel libro primo dell’Etica Nicomachea si valorizza il discorso morale che scaturisce dall’agire umano rivolto alla vita pratica, in cui l’individuo liberamente può compiere ogni forma di bene a cui ritiene di poter riconoscere un valore, in modo coerente con il riferimento specifico alla realtà umana.116 La virtù etica va esercitata nell’esperienza, se la realizzazione dell’uomo avviene secondo esperienza libera essa non può essere priva della dimensione di socialità in cui la stessa esperienza umana si compie. Aristotele diventa dunque il valido punto di avvio della riflessione concernente le capacità ed i funzionamenti, argomenti che lo stagirita affronta prendendo spunto dallo studio sulla natura umana e dalla connaturata tendenza alla socialità presente in ogni individuo. Con l’approccio delle capacità si riconosce una prospettiva etica indirizzata a migliorare le condizioni di vita degli uomini, secondo un orientamento che riconosce la possibilità di un accordo condivisibile sulla base dell’autentica conoscenza della natura umana.117
Il tema della buona vita trova espressione nella concezione di flourishing life che si realizza con l’attuazione delle capacità proprie dell’uomo, sottolineando che esistono diverse «funzioni» che noi realizziamo, semplici o complesse che siano e che assumano una rilevanza considerevole nella formulazione dell’idea di qualità della vita umana; intuizione aristotelica condivisa da Sen e Nussbaum. Entrambe le
114Nussbaum indica, sulla base del pensiero del Marx dei Manoscritti, quella peculiarità delle
funzioni umane che definiscono la capacità dell’uomo di agire come essere umano. Cfr. K. Marx, Manoscritti economico filosofici del 1844, cit., pp. 113-119. Ancora il Marx dei Manoscritti sarà una delle fonti da cui l’autrice trae la sua riflessione sulle preferenze adattive: una preferenza che può essere manipolata, denunciando la condizione alienata della coscienza deprivata della sua propria dignità.
115Cfr. Aristotele, Metafisica, (a cura di G. Reale), Δ, 12, 1019a17-1019a22, Milano, Bompiani, 2000. 116Come commenta Antonio Da Re in, L’etica tra felicità e dovere. L’attuale dibattito sulla filosofia
pratica. Bologna, Edizioni Dehoniane, 1987, p. 50. L’identità umana qui espressa si fonda su una base bio-antropologica, come afferma anche Luisella Battaglia. Cfr L. Battaglia, Bioetica senza dogmi, cit., p. 5.
117Cfr. M.C. Nussbaum, Terapia del desiderio. Teoria e pratica nell’etica ellenistica, Milano, Vita e
Pensiero, 1998, pp. 48; 51; 65. A. Sen non condivide l’idea di derivare il concetto di bene e la stessa condotta etica dalla conoscenza della natura umana. Si veda a tal proposito E. Berti, Aristotele nel Novecento, Roma-Bari Laterza, 1992, p. 222. Aristotele, ribadisce Antonio Da Re, “diviene il modello di un’etica distinta dal sapere teoretico e maggiormente rispettosa dell’esperienza morale” in A. Da Re, L’etica tra felicità e dovere. L’attuale dibattito sulla filosofia pratica, cit., p. 19.
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concezioni filosofiche, afferma Nussbaum costituiscono tentativi di utilizzare le nozioni centrali della filosofia aristotelica in modo da avanzare progetti politici efficaci.118 Anche Luisella Battaglia concorda nel sottolineare l’attualità del pensiero aristotelico che concentra l’attenzione su quelle capacità rilevanti che attribuiscono dignità alla vita delle persone, rilevando l’attualità nella discorso sulla dimensione pratica dell’agire umano.119
Libertà e capacità di scelta di cui un soggetto dispone sono assunti come condizioni dell’agire pratico e condizioni di espressione positiva di chi agisce per proprio conto nella complessa realtà sociale. “Principio della scelta sono il desiderio e il calcolo dei mezzi per raggiungere il fine. Dunque, la scelta non può sussistere né senza intelletto e pensiero né senza disposizione morale, giacché un agire moralmente buono o cattivo non può sussistere senza pensiero e senza carattere. Il pensiero di per sé non mette in moto nulla, bensì ciò che muove è il pensiero che determina i mezzi per raggiungere uno scopo, cioè il pensiero pratico”.120 È chiaro che una certa concezione del bene che noi possiamo condividere si esprime in un certo vocabolario assiologico che si consolida nella tradizione e che trova conferma nell’esperienza che gli individui compiono.
Il concetto di functioning presenta chiare radici aristoteliche, esprimendo, sul piano della prassi, differenti cose che una persona è nella condizione di fare ed essere. I funzionamenti attengono alle condizioni realizzabili per la vita delle persone ed interessano molti aspetti dell’esistenza. Le capabilities di un individuo fanno riferimento alle combinazioni alternative di funzionamenti che una persona è in grado di acquisire, in base alle proprie attribuzioni. Ciò sembra coerente con il fatto che “il principio aristotelico della realizzazione di sé conformemente alla natura e alla ragione è un principio di ordine individuale e non universale”.121 La combinazione dei funzionamenti di una persona rappresenta ciò che ha effettivamente raggiunto, mentre le capacità rappresentano la libertà di raggiungere un certo funzionamento, ossia le combinazioni di funzionamenti tra cui un individuo può scegliere. Le capacità si presentano pertanto come libertà: libertà sostanziali legate al raggiungimento di un funzionamento effettivo. Capacità e funzionamento
118 M.C. Nussbaum, Capacità personale e democrazia sociale, cit., p. 21. Nussbaum fa riferimento
alla elaborazione politica della filosofia aristotelica operata da Green che ha concentrato i suoi studi sull’importanza di garantire l’obbligatorietà dell’istruzione.
119L. Battaglia, Bioetica senza dogmi, cit., p. 3. Cfr. B. Williams, L’Etica e i limiti della filosofia,
Roma-Bari, Laterza, 1987, pp. 43-45.
120Aristotele, Etica Nicomachea, cit., VI, 2, 1139a35-1139b.
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sono strettamente correlati nel definire le condizioni di realizzabilità di una persona in quanto sono tra loro in una relazione riferibile al rapporto che intercorre tra la possibilità di agire e l’agire attualizzato.122
Anche Amartya Sen riconosce la rilevanza di “radici […] chiaramente aristoteliche: riguarda ciò che una persona può desiderare –in quanto gli dà valore- di fare, o di essere”.123 L’autore riconosce nella filosofia aristotelica anche la dimensione sociale della riflessione etica espressa nell’“idea di bene comune come capacità di esercitare la funzione propria dell’uomo, e la concezione di quest’ultima non come semplice felicità (happiness), intesa utilitaristicamente come soddisfazione dei desideri, ma come pienezza (fulfilment), piena realizzazione di sé, «fioritura di tutte le capacità umane», vita fiorente. Egli ha dichiarato che, quando ha sviluppato la sua dottrina, non era pienamente consapevole della sua connessione con l’aristotelismo, perché il termine aristotelico eudaimonìa era comunemente tradotto con happiness”.124
Bisogna poi rilevare, come fa notare Ian Carter, la vicinanza esistente tra la concezione aristotelica di funzionamento e ciò che viene espresso nei capabilities
approach, affermando il carattere fortemente prescrittivo presente nell’uno e
nell’altro caso. In effetti Sen al pari di Aristotele, per spiegare il concetto di capacità utilizza la medesima espressione linguistica facendo riferimento alla nozione di
ergon-funzione.125 Sen intende promuovere un’idea di sviluppo come un “processo integrato di espansione di libertà sostanziali interconnesse l’una con l’altra”.126 Questa espressione chiarisce il senso della proposta teorica di Sen che intende integrare in senso complessivo istanze sociali, economiche, etiche e politiche in modo da derivare un’idea soddisfacente di sviluppo umano.
Di matrice aristotelica è poi l’auspicio e la necessità, afferma Martha Nussbaum, di non ancorare l’indagine etica ad una visione extra-storica e astratta ma di favorire una comprensione che indaghi nel merito la condotta umana nella concretezza
122 B. Williams, The Standard of Living: Interest and Capabilities, cit., p.96.
123A. Sen, Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, cit. p. 79. Si vedano
anche, A Sen, Commodities and Capabilities, North Holland, Elsevier Science Publishers, v 7, 1985,pp. 25-30. A. Sen, Capability and Well-Being, cit., pp.46-48; anche D. Crocker, Functioning and Capability: The Foundations of Sen’s and Nussbaum Development Ethic, in “Political Theory”, 20, 1992, pp. 582 e ss.
124E. Berti, Aristotele nel Novecento, Bari, Laterza, 2008, p. 224. 125Ibidem.
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dell’esistenza.127 Martha Nussbaum, richiamando la dottrina aristotelica, pone la questione della vita buona e di quale forma essa debba assumere all’interno di una discussione etica sociale. Bisognerebbe tuttavia chiarire a monte quale forma di vita porre come riferimento e quale nozione di natura umana considerare accettabile e condivisibile per il discorso etico. L’etica aristotelica si delineava secondo una precisa dimensione antropologica, essendo attenta a stabilire la funzione dell’uomo sulla base della quale indicare l’idea di vita da cui far scaturire un’analisi di tipo normativo. La funzione specifica che caratterizza l’uomo, si esprime come vita attiva tanto nella sua forma desiderativa (che si subordina alla ragione) quanto nella sua forma razionale.
“The methodology that produced this account is somewhat more difficult to explain, for while Nussbaum tells us that her internalist essentialism is Aristotelian, it is not the standard […] way of interpreting Aristotle’s views on human nature. Nussbaum claims that the familiar passages in Nicomachean Ethics 1.7 where Aristotle presents his «human functioning» argument, are frequently misinterpreted so as to present Aristotle as attempting an externalist account of human nature”.128 Ricondurre l’indagine alla filosofia di Aristotele implica l’obiezione di sostenere una concezione di natura sovente accusata di metafisica. Accusa mossa da alcuni filosofi contemporanei come Mac Intyre e Williams che riconducono ad Aristotele l’accusa di “fondare l’etica su una concezione di realizzazione personale derivata da una «biologia metafisica» che fonda i giudizi di valore su fatti neutrali e scientifici piuttosto che sulle esperienze esistenziali e assiologiche degli esseri umani”.129 Tutto ciò spiega l’esercizio delle facoltà propriamente umane. Essendo detta anche questa «vita» in due sensi, bisogna porre quella che è secondo l’attività; infatti, ad avviso unanime secondo Aristotele, questa è detta «razionale» in senso più proprio.130
Nel discorso sulla virtù, Aristotele affronta il confronto tra pathos, dynamis ed
hexis, indicando che l’agire si realizza secondo disposizione, hexis, che guida la
nostra iniziativa soggettiva in senso positivo o negativo rispetto alle passioni, ovvero
127M.C. Nussbaum, Diventare persone. Donne e universalità dei diritti, cit., p. 26. La Nussbaum
ricorda in questa occasione che durante la sua collaborazione insieme ad Amartya Sen al WINDER (Istituto mondiale di ricerca per lo sviluppo economico dell’ONU a cui collabora dal 1987) emergeva la forte affinità tra il pensiero aristotelico e l’elaborazione che Sen stava producendo in quegli anni nell’ambito dello sviluppo umano.
128 L. M. Antony, Nature and Norms in “Ethics.”, 111, 2000, p.33. 129 M.C. Nussbaum, Capacità personale e democrazia sociale, cit., p. 82.
130Cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, cit., I, 6, 1098a 3-10. In questo passo Aristotele rimarca la
distinzione tra capacità come potenzialità di una vita secondo ragione e attualità ovvero effettivo esercizio della facoltà razionale.
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a tutto ciò che attiene l’esistenza umana e genera piacere e dolore. La capacità è ciò per cui abbiamo la possibilità di provare una passione. La disposizione aggiunge alla capacità il fatto di essere in grado di provare passioni secondo una dimensione mediana, insieme ragionevole e virtuosa.131 Dunque la capacità rappresenta “il semplice fatto di riuscire a provare delle passioni, astraendo da una qualificazione di tipo morale, che invece è presente nella definizione della virtù”.132 L’azione umana viene intesa dal filosofo come una scelta caratterizzata da libertà ed autonomia personale in cui l’uomo si interroga su come dovrebbe essere la sua vita, cercando di trovare risposte adeguate alle sue esigenze sociali e umane. Nell’elaborazione che la Nussbaum fa delle istanze aristoteliche, è presente una peculiarità rilevante e originale rispetto al panorama della riflessione neoaristotelica continentale e anglosassone contemporanea133 e ciò ha riguardato la possibilità di affrontare questioni etiche secondo una linea indicata come non-relative virtus in modo da non cadere nelle forme del comunitarismo dominante o del relativismo culturale ingenuo che “conduce […] all’oblio di ogni istanza di valutazione razionale critica: con quel rischio, temuto da Nussbaum, che infine anything goes”.134
La critica che Nussbaum muove a Sen, che si inquadra nella diversa valutazione del pensiero aristotelico, viene ricondotta alla dimensione delle virtù non relative e del fatto che esista un’oggettività della condotta virtuosa subordinata alla natura umana. Su questa linea si muove un’altra critica che l’autrice rivolge alla concezione di Sen circa la nozione di funzionamento umano: si tratterebbe di chiarire se esista una dimensione di oggettività nella considerazione normativa dei funzionamenti e nella definizione di un metodo di valutazione dei funzionamenti per stabilire quali siano quelli che meglio rispondono alla possibilità di contribuire al buon vivere umano. Le obiezioni mosse dalla Nussbaum permetterebbero poi di eliminare il carattere di incompletezza dell’approccio delle capacità rilevante nell’elaborazione seniana, rendendo più solida e unitaria la teoria ma allo stesso tempo esponendo, con non poche difficoltà, la sua costitutiva dimensione pluralista al riconoscimento soltanto di virtù non-relative.
La buona vita intesa in senso aristotelico richiede che l’uomo si realizzi come capacità esperibile e pretende che sia l’umano come identità di specie il riferimento
131Ivi, II, 4-5, 1105b19-1106a 13; VI, 7-8, 1141b 14-23. Aristotele definisce la capacità come ciò in
base a cui siamo capaci di provare passioni… sono stati abituali. Le capacità le abbiamo per natura ma non diventiamo buoni o cattivi per natura.
132A. Da Re, Filosofia morale. Storia, teorie, argomenti, Milano, Mondadori, 2003, p. 21. 133 Si veda G. Zanetti, Introduzione in M.C. Nussbaum, La Fragilità del bene, cit., p. 26-27. 134Ibidem.
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di tale pretesa; ciò nutre quella forma di universalismo che alimenta la concezione delle capacità attenta a che ogni individuo, singolarmente e nella propria storia di vita, sia in grado di realizzarsi come identità, conformemente alla visione liberale della società che caratterizza questo paradigma. La posizione aristotelica secondo Enrico Berti appare attenta sia alla considerazione della vita come giusta sia sull’idea della vita come buona. Nella piena realizzazione della vita concorrono, per l’autore, le leggi che hanno il compito di favorire le condizioni perché ogni individuo possa attuare una piena e libera realizzazione della propria vita.135
Per Nussbaum, come era stato per Aristotele, è sempre possibile identificare le aree fondamentali di esperienza umana sulla base di un consenso universale, poiché le idee di attività e di abilità si configurano come qualcosa che in tutte le culture si presenta nella forma di un sapere spontaneo accumulato nelle credenze condivise. “L’aristotelismo si configura come un modo per rispondere alle obiezioni derivanti dal relativismo culturale, in quanto fornisce sostegno filosofico all’universalismo”.136 Spetta poi alla politica chiedersi come l’insieme delle capacità nello spazio delle funzioni possa favorire la libertà della persona di scegliere tra vite possibili. Il fatto che sulle esperienze fondamentali che indicano funzioni proprie degli esseri umani e che vanno considerate come costitutive della loro stessa natura, pone le condizioni perché sia possibile un consenso universale.137 “Ma questi fatti generali, -afferma Edoardo Greblo- non dipendono da un’immagine metafisica della natura umana, quanto piuttosto da quegli sviluppi della storia dell’umanità nei quali sono incorporate quelle possibilità di vita che valutiamo in termini positivi. Sono proprio i punti di vista contestualmente definiti in cui non possiamo non essere collocati che ci permettono di individuare alcune caratteristiche fondamentali di una «buona» vita umana e di definire quali sono le privazioni o gli arricchimenti che riguardano l’essere umano come fine in sé, anche a prescindere dalle opinioni delle persone
135E. Berti, In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica, Roma-Bari,
Laterza, 2007, p. 277-278. Berti sostiene che nell’Etica Nicomachea venga indicato l’indirizzo metodologico valido per affrontare le questioni connesse alle valutazione etica. Cfr. E. Berti, L’etica alla ricerca della persona, in “Il Mulino”, 40, 1991, p. 586.
136 G. Giorgini, Liberalismi eretici, Trieste, Edizioni Goliardiche, 1999, p. 216.
137 Greblo afferma che: “in questa concezione, pensata sin dall’inizio come valutativa, dato che si basa
su una concezione moralizzata della natura umana, si possono, infatti, rinvenire i presupposti per trovare elementi di convergenza tra le culture nell’individuare alcuni aspetti dell’esperienza come costitutivi dell’essere umano” si veda E. Greblo, Dai diritti alle capacità. L’universalismo contestuale di Martha Nussbaum, in “Filosofia politica”, XVI, 2, 2002, p. 270.
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direttamente interessate e dalla loro eventuale adesione a condotte di vita per noi inaccettabili”.138
L’idea di buona vita intesa come sviluppo umano delle capacità pone come elemento cardine dell’emancipazione della vita la libertà positiva. Quella libertà pretende oggi una dignità globale, che è evidentemente assente nella concezione aristotelica la cui contestualità storica riduce lo spazio di libertà alla condizione di una ristretta comunità di cittadini.
Secondo Sen, la prospettiva delle capacità può essere utilizzata nella valutazione delle politiche pubbliche e del benessere individuale, anche al fine di comparazioni interpersonali. Le capacità, e soprattutto alcuni tipi di capacità, possono essere piuttosto difficili da misurare; ciò nondimeno rimangono espressione di un orizzonte normativo e valoriale, dal quale nessuna valutazione soggettiva può prescindere.139 “Il concetto di funzionamento, che ha origine in Aristotele, riflette ciò che una persona può apprezzare di fare o essere”.140 Anche Sen richiama l’etica aristotelica, basata sulla realizzazione di funzionamenti dotati di valore e sulla capacità di generare e godere di tali funzionamenti in modo da riconoscere, secondo il punto di
vista aristotelico, il bene umano. Tale intento è espresso anche nella concezione etica
delle virtù che Nussbaum coglie a partire dalla tradizione aristotelica, assume l’idea che la capacità deliberativa sia esprimibile come razionalità che contribuisce a realizzare la buona vita. Essendo la giustizia, nella concezione antropologica aristotelica, una virtù comunitaria che esprime il carattere sociale dell’uomo, portato per natura a vivere insieme con gli altri.141 Si sostiene, sebbene con qualche limite di impostazione, che la libera scelta individuale si configuri come realizzazione del proprio piano di vita riconducibile con la coerente convergenza verso il bene comune o la giustizia come ciò che è utile alla comunità sull’opinione comune ed indirizzato, come la disciplina medica, a migliorare le condizioni di vita degli uomini, secondo un orientamento che tenga in considerazione la chiarificazione individuale e l’accordo comune, sulla base dell’autentica conoscenza della natura umana.142 Sen riconosce il valore dell’elaborazione di Nussbaum circa l’idea di capacità nella
138Ivi, p. 252.
139 A. Sen, La felicità in L.Bruni-P. L. Porta, Felicità e libertà. Economia e benessere in prospettiva
relazionale, Milano, Guerini e Associati, 2006, p. 43.
140 A. Sen, La disegualianza. Un riesame critico, cit., p. 228. 141 Aristotele, Etica Nicomachea, cit., IX, 9, 1169b 18-20.
142Cfr. M. C. Nussbaum, Terapia del desiderio. Teoria e pratica nell’etica ellenistica, Milano, Vita e
Pensiero, 1998, p. 48; 51; 65. A. Sen non condivide l’idea di derivare il concetto di bene e la stessa condotta etica dalla conoscenza della natura umana. Si veda a tal proposito E. Berti, Aristotele nel Novecento, cit., p. 222.
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discussione aristotelica sulla comunità politica e individua il contributo aristotelico più significativo nelle questioni concernenti l’equità, la distribuzione sociale delle