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Con il capability approach si delinea un paradigma che sostiene un’idea più complessa di razionalità in cui la sua espressione tradizionale, comunemente utilizzata in economia, sia arricchita di componenti per troppo tempo trascurate che riguardano i fattori etici ed emotivi che influenzano in modo rilevante il comportamento umano e la riflessione morale.50

Scorrendo le pagine del recente lavoro di Amartya Sen, The Idea of Justice, ci si accorge che la pretesa dignità razionale dell’indagine condotta circa i termini della relazione tra soggetti, non possa ricadere nella esclusiva valenza della riflessione razionale intesa nella sua forma rigorosa, né essere pretesa a priori ma ricercata

49Aristotele (a cura di C. Mazzarelli), Etica Nicomachea, Milano, Bompiani, 2000, X, 8, 1179a 20-25,

Le questioni attinenti il comportamento trovano il loro carattere essenziale nei fatti della vita. Espressione presente anche in Etica Nicomachea, cit., II, 2, 1103b2-29.

50Cfr. A. Sen, Razionalità, economia e società, in G.Crepaldi-R. Papini, (a cura di), Etica e

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anche alla luce di altre istanze rappresentative di una condotta morale come l’attenzione rivolta alle opportunità e alle conseguenze. Nel contesto della vita sociale, la relazione tra noi e gli altri si gioca anche nel riconoscimento dell’altro in tutta la sua complessità e nel concreto rispetto reciproco tra le parti coinvolte. Pertanto “a volte è necessario spingersi oltre le istanze della razionalità […] considerando anche le istanze della condotta ragionevole51 che il soggetto esprime

verso il suo interlocutore. In questo contesto argomentativo che si rivela tuttavia decisamente più complesso da sostenere, dobbiamo prestare maggiore attenzione alle prospettive e alle idee altrui, come se avessero anch’esse un ruolo nella valutazione delle nostre decisioni e delle nostre scelte”.52

Nella filosofia pratica che interviene nella comprensione delle problematiche umane, si riconosce dunque il compito di una razionalità che assume l’impegno della ragionevolezza, riferendosi ad un marcato contenuto storico, contingente e ad una dimensione mutevole e dinamica che permetta di adeguarsi in modo progettuale ai diversi contesti in cui si realizza l’esistenza umana. Rispetto alla necessità di assumere una linea di riflessione convincente, possiamo partire dal presupposto che sia “necessario affidarsi al confronto razionale con sé e con gli altri, assai più che a quella che potremmo chiamare tolleranza disimpegnata, con le sue comode e facili soluzioni del tipo: tu hai ragione nella tua comunità, io nella mia”.53L’autonomia degli individui si configura poi nella capacità di vivere in accordo con le proprie scelte pratiche. Stefano Zamagni, riferendosi all’idea di capacitazione come realizzazione di libertà positiva, riconduce la sterilità di certe discussioni etiche all’incapacità di distinguere tra razionalità e ragionevolezza, riconoscendo poi che i giudizi di ragionevolezza siano orientati verso il valore e che la ragionevolezza possa definirsi come la ragione dell’uomo per l’uomo. Senza un’adeguata comprensione della razionalità umana, si rischia di cadere nella deriva astratta della metafisica e di non risolvere con chiarezza quella dialettica razionale-emozionale che connota l’agire umano. Già Sen aveva suggerito nei suoi studi sulla Rational Choice Theory (RCT), la rilevanza di una razionalità allargata non circoscritta solo a ben precise

51Si veda A. Sen-B. Williams, Utilitarismo e oltre. Giustizia, benessere, diritti nell’era del mercato

globale, Milano, Il Saggiatore, 2002, pp. 12-27. Anche in Finnis le forme fondamentali della fioritura umana si presentano come beni realizzabili secondo la ragionevolezza pratica. L’autore insiste sulle esigenze della ragionevolezza pratica che determina la realizzabilità di valori. J. Finnis, The ethics of war and peace in the catholic natural law tradition, in T. Nardin (a cura di), The ethics of war and peace: Religious and secular perspectives, Princeton, Princeton University Press, 1996, pp. 25-26.

52 A. Sen, L’idea di Giustizia, cit., p. 208. 53Ivi, p. 6.

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possibili espressioni come “la coerenza interna della scelta; la massimizzazione dell’interesse personale e la massimizzazione dell’interesse in genere”,54 affermando che la massimizzazione non fosse una componente necessaria per la scelta razionale e sostenendo altresì che “il comportamento massimizzante può a volte essere palesemente stupido e mancare di solide basi razionali”.55 Ciò che appare ancora più rilevante è che esista, non ci piace solo pensarlo, una scelta razionale basata su un ragionamento che non favorisce gli obiettivi del singolo individuo ma li subordina ad una prospettiva sociale e ad una dimensione altruistica; discorso che Sen riconduce all’etica sociale di Immanuel Kant e di Adam Smith.

Il filosofo dell’economia classica Adam Smith, più volte interpellato nella trattazione di Sen come in quella della Nussbaum, sostiene con convinzione in

Teoria dei sentimenti morali che le relazioni tra gli uomini siano caratterizzate dalla

simpatia e che la simpatia sia un fattore discriminante della possibilità di sostenere o meno istanze riguardanti una certa condotta. Secondo Smith ogni uomo sarebbe capace di comprendere le motivazioni del comportamento degli altri, di instaurare una concezione relazionale della realtà e di assumere, anche in certe circostanze, la prospettiva dello spettatore imparziale, forma utilizzata per esprimere una valutazione ragionevole del comportamento altrui, al di là degli interessi e delle motivazioni personali, secondo un giudizio riguardante solo ciò che risulti in generale moralmente approvabile.56 Valutare dunque la capacità di una persona significa stabilire i termini del suo potere di partecipare alla vita della società in cui vive, facendo sì che tale capacità personale, di essere e di agire secondo la propria disposizione, potesse essere appannaggio di tutti. Se la società si presenta come realtà multiforme, allora bisogna considerare le istanze culturali che la compongono. Si pensi al noto esempio proposto da Adam Smith, ripreso più volte da Amartya Sen, sull’importanza della libertà di apparire in pubblico senza provare vergogna, e quindi della necessità di disporre di beni diversi a seconda della società di appartenenza, al fine di apparire rispettabile e ricevere accoglienza nella comunità in cui si trascorre l'esistenza.

Il discorso sulle capabilities avanza tuttavia anche un’altra pretesa: che esistano capacità fondamentali a cui ogni individuo possa fare riferimento in una prospettiva

54Cfr A. Sen, Razionalità e libertà, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 25 55Ivi, p. 50.

56A. Smith parla della capacità di simpatizzare e del giudizio morale che garantisce un requisito di

imparzialità grazie alla posizione dello spettatore imparziale, di veda A. Smith, La Teoria dei sentimenti morali, Milano, Rizzoli, 1995, pp. 368; 386-389.

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globale perché prescindono da appartenenza, concezioni di vita e culture particolari. Tali capacità valorizzano la dignità umana e sanciscono diritti fondamentali inalienabili. L’espansione delle libertà ci porta a concentrare l’attenzione non solo “su quei fini che rendono importante lo sviluppo stesso, e non solo su alcuni dei mezzi che -inter alia- svolgono in questo processo un ruolo di primo piano”.57 La possibilità di promuovere il progresso in un dato contesto problematico è da rivolgere alla possibilità che in quel contesto siano promosse le libertà, ciò che rende efficace la realizzazione di misure positive sulla vita delle persone.

La riflessione condotta nel paradigma delle capacità promosso da Sen e Nussbaum, riflette il principio del pluralismo etico, già sostenuto da J. S. Mill nel suo noto On Liberty, in cui si argomenta con convinzione che tra identità e alterità esista una relazione positiva, anche in circostanze di conflitto e discordanza insanabile. La capacitazione è dunque la possibilità di mettere in atto stili di vita differenti esercitando la libertà di scegliere tra differenti combinazioni di funzionamenti.

Si discuterà in seguito su quali siano i funzionamenti e le rispettiva capacità da considerare effettivamente rilevanti per la vita delle persone. “Mentre la combinazione dei funzionamenti effettivi di una persona rispecchia la sua riuscita reale, l’insieme delle capacitazioni rappresenta la sua libertà di riuscire, le combinazioni alternative di funzionamenti fra cui essa può scegliere”.58 In questo modo l’approccio delle capacità sposta l’attenzione verso la rilevanza sociale del paradigma, poiché è nella discussione pubblica che possiamo saggiare le nostre credenze, i nostri valori, rivedere i nostri obiettivi, nonché esaminare argomenti di particolare rilevanza sociale.

L’approccio delle capacità si mostra inevitabilmente pluralistico nel contemplare la possibilità di considerare funzionamenti diversi a seconda del contesto e delle esigenze individuali e pone l’attenzione sul peso delle libertà sostanziali ovvero sull’insieme di capacitazioni tenendo conto della possibile differenza che si regista tra lo spazio delle capacità e quello delle realizzazioni effettive o del vettore di funzionamento considerato.59 Il modo di procedere dell’approccio risponde in modo soddisfacente all’idea di una riflessione bioetica incarnata che superi le mere astrazioni per accogliere nel concreto una dimensione di indagine che prenda corpo a partire dall’esperienza reale. Lo afferma Luisella Battaglia e lo conferma

57A. Sen, Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, cit., p. 9. 58Ivi, p. 80.

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l’elaborazione proposta da Martha Nussbaum che sostiene come la pretesa del CA sarebbe quella di raggiungere ogni realtà ed in modo particolare le situazioni di seria vulnerabilità nel mondo, pertanto l’approccio delle capacità non può essere proposto in una forma astratta e incomprensibile ad un villaggio di un paese arretrato. Piuttosto che partire dalla teoria delle capacità umane è opportuno partire dall’esperienza concreta: “the universal value of pratical reason and choice would have meant little in the abstract. To make sense, it had to become concretely situated in the stories they told about themselves and their lives”.60

L’obiettivo per le capabilities è dunque la realizzazione umana intesa come pieno sviluppo della dignità di ogni individuo, ponendo attenzione alle derive prodotte dall’ambiente di vita o da percezioni deformate della realtà. “Per meglio cogliere lo svantaggio di queste persone, occorre una metrica che tenga conto di fattori più oggettivi, quali le doti personali; insieme a fattori economici; sociali o ambientali”.61

L’idea che una prospettiva universalista debba correggere preferenze espresse e tuttavia ritenute adattive, suscita non poche perplessità negli ambienti femministi a cui guarda anche Nussbaum e richiama una critica alla nozione di preferenza, già espressa nella storia del pensiero filosofico da Kant, Mill e Adam Smith, poi ripresa da teorici contemporanei come Sen ed Elster. Nella proposta di J.S. Mill la riflessione sulle preferenze individuali induce ad una valutazione insieme psicologica e sociologica delle relazioni tra individui, tanto da giungere alla conclusione che in molte circostanze si verificano situazioni paradossali: la schiavitù finisce per fare dello schiavo un perfetto collaboratore. La questione delle preferenze adattive assume un carattere ancora più dilemmatico quando si tratta di affrontare certe condotte intuitivamente ingiuste senza prestare il fianco a forme di imperialismo che sarebbero giustificate dal fatto di assumere la presunzione di una condotta effettivamente non voluta ma indotta. Il CA insiste nell’affrontare le questioni connesse con le preferenze adattive, assumendo l’interesse ad indagare in modo sostanziale e non formale le preferenze individuali, che approcci differenti come l’utilitarismo e il welfarismo avevano trattato su un piano formale, senza riuscire quindi ad affrontarne le contraddizioni di fondo.

60 M.C. Nussbuam, Sex and social justice, cit., p. 48. si veda anche L. Battaglia, Bioetica senza

dogmi, cit., p. 187. Anche M.C. Nussbaum, L’intelligenza delle emozioni, cit., pp. 181 e ss. Sull’idea che il pensiero femminile sia più incline alla contestualità e all’etica della cura piuttosto che all’astratto diritto e sull’universalismo formale si veda anche S. Moller Okin, Le donne e la giustizia. La famiglia come problema politico, Bari, Dedalo, 1999, pp. 40 e ss.

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Nella nota opera On liberty, Mill tenta di risolvere il dilemma discutendo vivacemente di come l’uomo non possa fare affidamento sulla propria preferenza senza aver posto adeguata attenzione al confronto dialogico: “per coltivare l’intelligenza c’è uno strumento più importante degli altri è quello di studiare i fondamenti delle proprie opinioni”.62 L’autore sostiene che “essere tenuti a rispettare rigide regole di giustizia per riguardo degli altri, è qualcosa che sviluppa i sentimenti e le capacità che hanno per loro oggetto il bene altrui”.63 Con queste parole Mill tracciava la prospettiva sociale della libertà che bisogna tutelare da interferenze e condizionamenti, anche attraverso misure restrittive della libertà stessa. In alcune circostanze relative alle scelte delle donne in ambito matrimoniale infatti, la posizione di Mill appare ancora più ardua rispetto a quella che assume Martha Nussbaum e ritenuta paternalistica da alcuni critici. L’autrice pone nella parte conclusiva di Women and Human Development il fatto di poter accettare la poligamia dei mormoni nelle circostanze in cui le donne avrebbero altrimenti potuto assumere una posizione dissidente. Sulla poligamia tra mormoni Mill aveva invece intuito un significato differente: “da parte delle donne coinvolte in questo tipo di rapporto di cui parrebbero vittime, esso viene accettato volontariamente né più né meno che qualsiasi altra forma di matrimonio; e per quanto sorprendente possa apparire la cosa, essa trova la sua spiegazione in quelle idee e in quelle usanze comunemente diffuse in questo mondo, per cui alle donne si insegna a considerare il matrimonio come l’unica cosa che conti, e si capisce quindi come spesso una donna preferisca essere una moglie fra le altre, piuttosto che non esserlo affatto”.64

La filosofia di Mill contribuisce dunque a rafforzare l’idea della Nussbaum che la preferenza per capacità che si considerano fondamentali, possa favorire una preferenza non adattiva ma generata da apprendimento, secondo una precisa distinzione analizzata da Elster. L’autore di Sour Grapes, a cui Nussbaum e Sen attingono nell’ambito della riflessione sulle preferenze adattive ed informate, afferma che sia improbabile che un individuo, una volta raggiunto un risultato concreto sulla base di una preferenza informata, sia intenzionato ad abbandonarla e a ritornare in uno stato precedente di disagio o di privazione. Bisognerebbe rendere possibile la determinazione di questa scelta ma valutando prima se l’individuo in questione abbia usufruito dell’intera gamma di capacità fondamentali a cui attingere nella

62 J.S. Mill, La libertà, Milano, Milano, RCS, 2003, p. 112. 63Ivi, p. 151.

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formulazione della scelta per poi decidere, pienamente informato e non intimidito, di rinunciarvi. Le scelte e i desideri appartengono insieme alle emozioni e alla ragion pratica, alla personalità di ogni individuo ed appare difficile oltre che irrispettoso pensare di poter preventivare una scelta personale sulla base della semplice chiarificazione informativa. La capacità deliberativa dell’individuo dipende da una serie di attività non solo desiderative ma conoscitive e critiche che rimandano alla nozione aristotelica di deliberazione desiderativa. L’approccio delle capacità promuove in effetti desideri informati perché promuove conoscenze e confronti che rilevano come l’agire individuale sia espressione di una imprescindibile prospettiva relazionale, come aveva ben intuito Mill: “nessuno è mai totalmente isolato, è impossibile che qualcuno si arrechi da sé un danno serio e permanente senza che esso si ripercuota almeno su coloro che gli sono più prossimi, e spesso anche molto oltre”.65

Biggieri e altri studiosi hanno tentato un lavoro di operazionalizzazione delle capacità fondamentali nell’ambito dell’evoluzione delle relazioni sociali, focalizzando l’attenzione su ciò che i minori hanno ragione di fare e di essere scegliendo cose che attribuiscono qualità alla loro vita. Il lavoro d’indagine era rivolto ad un gruppo di venti bambini di strada di Kampala, capitale dell’Uganda ai quali era stato chiesto: What are the most important opportunities a child should

have during his/her life? Dall’indagine condotta, emergevano in ordine di incidenza

alcune relevant capabilities: life and physical health, love and care, bodily integrity

and safety66.

Le preferenze adattiva costituivano un aspetto degenere della volontà autonoma attraverso l’autocontrollo, come spiega J. S. Mill67 nel suo Sull’Asservimento delle

donne, in cui le libertà di agency delle donne sono rieducate in funzione di

circostanze consuetudinarie che possono addirittura risultare invalidanti per le donne, sebbene queste tendano progressivamente a mostrare un consenso estorto. Il valore della libertà espresso nella filosofia di Mill, sembra esporsi pericolosamente ad una

65Ivi, p. 175.

66Cfr. M. Biggeri R. Anich, The Deprivation of Street hildern in Kampala, in “Mondes ed

Développement”, 2, 2009, pp. 82 e ss.

67 La nozione di capacità associata allo sviluppo umano trova notevoli sostenitori nella tradizione

culturale occidentale e non occidentale. Nussbaum suggerisce la posizione di autori come Aristotele, J.S. Mill, Tagore in India. Sull’influenza marxiana che vede nella nozione di capacità l’accesso della persona a ciò che è veramente umano in linea con l’idea kantiana di dignità o valore umano inviolabile per la persona. Sarebbe pertanto coerente la nozione di capacità individuale con l’idea kantiana della persona come fine, rafforzando l’idea che le capacità debbano essere promosse per ogni individuo singolarmente, come espresso nella seconda massima dell’imperativo kantiano.

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concezione della diversità intesa come bene in ogni circostanza, questione che può generare non poche difficoltà in relazione alla possibilità di giustificare l’ammissione di pratiche consuetudinarie violente come le mutilazioni genitali femminili (da ora anche mgf). Si tratta di questioni che esprimono l’imbarazzo di ammettere ad esempio “il consenso delle donne a pratiche tradizionali che possono implicare violazione dei loro diritti e quella dell’uscita dal gruppo come soluzione ai maltrattamenti associati all’appartenenza”.68 Appare sullo sfondo una questione che investe la riflessione pluralista e la necessità di dover in alcune circostanze, porre la priorità di un valore, la tutela dell’integrità fisica, sugli altri, la diversità e il pluralismo delle concezioni.

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